Fantasmi nell'Antica Roma
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Fantasmi nell’antica Roma

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Il ruolo del sarcofago in epoca romana

Nel libro di Crowley, le immagini di cui tratta spaziano nell’ampio territorio della realtà della morte. Esse servono a commemorare i defunti e a immaginarli nella loro nuova esistenza, che si tratti di un viaggio nell’Oltretomba o di apparizioni postume avvolte nei panni dei sudari. Tuttavia, tra le parti più appaganti del suo lavoro, Crowley ci accompagna all’interno delle suggestive atmosfere delle tombe, offrendoci una riflessione profonda sul modo in cui le immagini sepolcrali potevano agire sui sensi e sulle emozioni dei visitatori dell’antichità.

Caronte disegnato da Gustave Doré - Wikimedia Commons
Caronte disegnato da Gustave Doré

Immaginiamo di essere visitatori di una tomba dell’Isola Sacra, vicino a Roma, datata alla fine del II secolo. Scendiamo ripidi gradini in un ambiente buio, illuminati solo da lampade tremolanti, e al centro del nostro sguardo c’è un mosaico incastonato nel pavimento. Questo mosaico è insolito, in quanto le figure rappresentate – Caronte che rema l’anima di una donna attraverso il fiume Stige – sono composte da tessere bianche incastonate su uno sfondo nero, anziché il contrario. Questa scelta non è casuale. Come fa notare Crowley, le figure pallide sembrano emulare il pallore del visitatore vivente che si addentra esitante nella tomba oscura, intraprendendo un viaggio, seppur temporaneo, verso gli inferi.

Ma in un momento di crepuscolo, queste figure del mosaico, con il loro sfondo nero, sembrano improvvisamente liberarsi dalla penombra circostante, quasi come se fossero state “attivate” dall’oscurità stessa. Questo fenomeno evoca un’atmosfera spettrale e teatrale, simile agli spettacoli fantasmagorici che affascinavano il pubblico londinese alla fine del XVIII secolo. In quegli spettacoli, immagini spettrali venivano proiettate su un panno trasparente sospeso in una stanza buia come la pece, creando un’esperienza coinvolgente e surreale.

Questi esempi rivelano quanto fosse pervasiva la presenza dei fantasmi nell’antica Roma e quanto fossero legati alla dimensione teatrale di certe esperienze rituali e di visita alle tombe. Inoltre, il libro di Crowley svela il fascino di meccanismi come i passi di Caronia, utilizzati dagli attori per interpretare i fantasmi. Questi attori potevano letteralmente “sorgere” dal sottostante, sorprendendo e coinvolgendo il pubblico in modo magistrale.

Patrick R. Crowley
Patrick R. Crowley

Le sindoni, o drappi, rappresentano uno dei grandi temi d’indagine di Crowley. Quest’ultimo traccia le rappresentazioni di questi drappeggi soprannaturali nei sarcofagi e nei dipinti murali, collegandoli a concetti come la vergogna, il dolore e il lutto. Nelle opere d’arte funeraria e nei contesti sepolcrali, i drappeggi prendono spesso forme eteree, evocando un senso di sospensione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Queste rappresentazioni visive connettono il dominio delle emozioni umane, come la tristezza e la sofferenza, con l’ambiguità e la transitorietà dell’aldilà. I drappeggi possono simboleggiare la transizione tra la vita terrena e la vita ultraterrena, suggerendo che la morte rappresenti un passaggio misterioso e sconosciuto.

In questo contesto, la rappresentazione di fantasmi e il loro ruolo nei sarcofagi diventano un esempio eloquente di come l’arte fosse utilizzata per esplorare le complesse emozioni umane legate alla morte e all’aldilà. La presenza dei fantasmi, così come l’uso di drappeggi eterei, contribuisce a rendere tangibili i confini tra i due mondi e offre un’opportunità per riflettere sulla natura effimera della vita e sulla continuità dell’anima dopo la morte.

 Claude Lévi-Strauss
Claude Lévi-Strauss

Pensare insieme ai fantasmi, come ci suggerisce l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss (1908-2009), è un atto affascinante in quanto le forme che questi spiriti assumono possono rivelare molto delle nostre preoccupazioni e delle sfumate complessità del nostro mondo. In questo contesto, Patrick R. Crowley si immerge nell’antica Roma, sfruttando il potenziale evocativo e simbolico delle figure spettrali per esplorare questioni altamente intricate relative alla percezione, alla visualizzazione e alla fede. La sua abilità di osservazione ravvicinata e dettagliata rivive opere d’arte antiche, manufatti e le forme mutevoli e proteiformi dei fantasmi che li popolano.

In questo contesto, l’arte funeraria e la cultura visiva dell’antica Roma diventano un terreno fertile per esaminare le sfumature della percezione umana e della rappresentazione del mondo ultraterreno. Le rappresentazioni di fantasmi e di creature dell’aldilà ci offrono uno sguardo privilegiato sul modo in cui le persone dell’antichità concepivano la morte, il destino delle anime e l’interazione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Le analisi di Crowley riportano in vita dipinti antichi, manufatti funerari e le sfuggenti presenze dei fantasmi, catturando l’essenza e l’incanto di un’epoca lontana, in cui il confine tra reale e soprannaturale si sfumava in un delicato equilibrio di credenza e rappresentazione artistica.

Trovo questo saggio di Crowley molto interessante perché getta nuova luce sulla relazione tra l’arte, la morte e il soprannaturale nel mondo antico, dimostrando quanto profondamente questi temi fossero intrecciati nell’immaginario e nelle esperienze di un’epoca lontana.

Nessuna prova di Fantasmi, ma forse esistono!

Samuel J. Johnson ritratto da Joshua Reynolds (1772)
Samuel J. Johnson

Il saggista britannico Samuel J. Johnson (1709-1784) una volta si interrogò in merito alla persistente questione dell’esistenza dei fantasmi, affermando che «ancora non è stato deciso se ci sia mai stato o meno un caso in cui lo spirito di una persona sia apparso dopo la morte». Questo interrogativo, osservò, è circondato da argomentazioni che sembrano suggerire la sua improbabilità, ma, allo stesso tempo, ogni convinzione sembra inclinata in favore dell’idea. La sua affermazione riflette l’ambivalenza che spesso caratterizza il nostro atteggiamento verso il soprannaturale e i fenomeni inspiegabili.

Oggi, molti di noi sperimentano ciò che è stato acutamente definito come la balcanizzazione del cervello quando si tratta dei fantasmi. Questo termine si riferisce alla nostra inclinazione a mantenere un atteggiamento razionale e scettico nei confronti di eventi paranormali, ma nello stesso tempo a nutrire ostinatamente piccole sacche di fede nelle narrazioni inquietanti che circondano il mondo dei fantasmi. Siamo, quindi, in una costante dicotomia tra la razionalità che ci dice che non può esserci nulla di soprannaturale e le esperienze personali, le storie e i racconti che ci lasciano con una spruzzata di incertezza e un brivido lungo la schiena.

Questo conflitto tra il razionale e il misterioso, tra lo scetticismo e la fede, è parte integrante della nostra esperienza umana. Benché la scienza e la logica ci spingano a respingere l’idea dei fantasmi, le storie tramandate attraverso le generazioni, le esperienze personali e le narrazioni spesso ci inducono a conservare almeno una piccola scintilla di credenza nell’inspiegabile. La balcanizzazione del cervello rappresenta una dimensione complessa della nostra psicologia, in cui l’ambiguità e il mistero coesistono con la razionalità, creando un terreno fertile per la persistenza del fascino dei fantasmi nelle nostre vite.

Conclusioni personali

Nel corso delle loro vite, tutti i Romani erano in qualche modo vigilati o influenzati da una combinazione di questi spiriti. Tuttavia, è interessante notare che nella letteratura religiosa e nella cultura romana in generale, non si riscontra la presenza di uno spirito specificamente associato al momento della morte di una persona. Il funerale, in realtà, era un rito dedicato ai vivi, piuttosto che un atto specifico per onorare i morti. Durante questa cerimonia, la famiglia offriva in sacrificio un maiale e procedeva a una pulizia rituale della casa. Successivamente, condivideva un banchetto con gli ospiti, simboleggiando la continuazione della vita nella dimora.

Una volta che i defunti si erano trasformati in spiriti, iniziava il periodo di culto e preghiere in loro onore. Questo atto considerava sia chi erano stati in vita sia chi erano diventati nell’aldilà. La convinzione comune tra i Romani era che i morti non cessassero di esistere, ma fossero trasformati dalla morte in un altro stato. Quindi, non era necessario avere uno spirito specifico che vegliasse o proteggesse i defunti al momento della morte o del funerale, poiché ora facevano parte dei morti divini e potevano prendersi cura di se stessi.

Antica Roma

Invece, era per i vivi, che affrontavano quotidianamente le incertezze del futuro, che servivano le protezioni e le garanzie spirituali. Gli spiriti dei morti, così come gli spiriti eterni della terra, svolgevano il ruolo di guida e protezione per i Romani nelle loro vicende quotidiane. Tuttavia, quando questi spiriti venivano dimenticati o quando i rituali sembravano essere più un adempimento formale che un vero atto di devozione, poteva accadere che gli spiriti ritirassero il loro favore, portando a disgrazie più o meno gravi per i vivi.

Ecco perché, come accennato precedentemente, una tipica famiglia romana partecipava con devozione ai riti e alle feste di stato dedicati agli dei, ma allo stesso tempo si assicurava sempre di onorare gli spiriti del focolare, della casa e delle generazioni precedenti. Questo doppio approccio garantiva la protezione spirituale per i vivi e il rispetto per i defunti, mantenendo un equilibrio tra le esigenze delle due sfere.

Nello studio del folclore dell’antica Roma, emerge chiaramente che le manifestazioni dei fantasmi potevano assumere tre forme ben distinte e interessanti:

  1. Apparizioni spettrali terrificanti: In primo luogo, i fantasmi potevano manifestarsi spontaneamente, assumendo forme terrificanti e spaventose, spesso privi di intenzioni benevole. Questi spettri rappresentavano entità spaventose con cui era impossibile stabilire una comunicazione pacifica.
  2. Evocazioni tramite riti di negromanzia: In secondo luogo, i Romani praticavano la negromanzia, un insieme di rituali e pratiche attraverso i quali si credeva fosse possibile evocare i fantasmi dei defunti. Questi riti erano spesso utilizzati per ottenere informazioni o chiedere aiuto ai trapassati.
  3. Apparizioni in sogno: Infine, i fantasmi potevano anche manifestarsi attraverso i sogni. Questo tipo di incontro con il soprannaturale era spesso interpretato come una forma di comunicazione dall’aldilà.
Busto di Nerone
Busto di Nerone

Un esempio notevole di come i fantasmi fossero presenti nella cultura romana riguarda l’imperatore Nerone (37-68 d.C.). La madre di Nerone, Giulia Agrippina Augusta, meglio conosciuta come Agrippina minore (15-59 d.C.), era una figura di grande influenza nell’antica Roma. Dopo una serie di intrighi politici e rivalità familiari, Agrippina fu uccisa. Il motivo della sua morte è legato alle ambizioni e alle tensioni in famiglia. Nerone, tormentato dai sensi di colpa e dalla paura, cercò di placare il fantasma di sua madre tramite l’evocazione di uno stregone persiano. Questo episodio mette in evidenza la convinzione romana nell’interazione tra il mondo dei vivi e il regno dei morti attraverso i fantasmi.

Tuttavia, i fantasmi potevano anche svelare segreti o rispondere a domande. Un racconto famoso riguarda Periandro (VI-VII secolo a.C.), tiranno di Corinto, che evocò il fantasma della sua defunta moglie per scoprire dove avesse nascosto del denaro. La moglie, seppur con richieste strane e un po’ inquietanti, alla fine rivelò il segreto.

Litografia "Il fantasma della moglie di Periandro", di John Reinhard Weguelin, 1892
Litografia “Il fantasma della moglie di Periandro”

La curiosa associazione tra i morti e la conoscenza del futuro è un altro aspetto intrigante. Alcuni credevano che l’anima, separata dal corpo terreno, avesse la capacità di percepire i misteri nascosti dell’universo e di conoscere il futuro.

Tuttavia, è importante notare che non tutti i Romani credevano nella stessa misura nei fantasmi. Le credenze potevano variare notevolmente tra individui e culture. Ciò che è certo è che l’idea di fantasmi e il loro utilizzo facevano parte integrante della vita romana, influenzando la religione, la cultura e la narrativa, proprio come avviene oggi. I Romani erano affascinati dall’idea dei fantasmi e li impiegavano in varie sfaccettature della loro vita, sia per cercare fortuna che per tramandare ricordi di famiglia, oltre a raccontare storie di terrore, simili a quanto facciamo ancora oggi.

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