Fantasmi nell'Antica Grecia
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I Fantasmi nell’Antica Grecia

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Introduzione

Prima di addentrarmi nelle credenze sui fantasmi nell’Antica Grecia, vorrei fare una premessa.
La pandemia ha fatto irruzione in un momento in cui la fiducia delle persone nel governo e nelle istituzioni era già traballante. Le lamentele riguardo alla scarsa attenzione rivolta alle informazioni sulla salute pubblica e alla sicurezza erano diffuse, mentre sospetti e dubbi circondavano le dichiarazioni dei funzionari della sanità e della sicurezza pubblica.

Il Partenone, tempio dedicato ad Atena, situato sull’acropoli di Atene

In questa atmosfera di incertezza, molte persone cercavano risposte nei luoghi più diversi, compresa la sfera religiosa, mentre gli osservatori laici indicavano fattori concreti, come il sovraffollamento nelle aree urbane e la mancanza di adeguate misure di precauzione, tra cui le semplici norme igieniche, per spiegare la diffusione inarrestabile della malattia. In un contesto in cui la fiducia nelle autorità e nelle istituzioni vacillava, si temeva che la stessa democrazia fosse sull’orlo del baratro. Poi, proprio quando sembrava che l’epidemia potesse finalmente essere tenuta sotto controllo, una nuova ondata devastante si abbatté sulle comunità.

Ma questa non è la narrazione degli eventi XXI secolo, ma un racconto che ci riporta all’Antica Grecia del 430 a.C.. In quell’anno, una malattia misteriosa, probabilmente tifo o febbre tifoide, si diffuse rapidamente nella città-stato di Atene, già pesantemente colpita dalla guerra contro Sparta. Gli ateniesi, in preda al panico, cercarono guida e protezione da una fonte di saggezza che aveva radici profonde nella loro cultura: i fantasmi.

I fantasmi nell’Antica Grecia

Nell’Antica Grecia, la credenza nei fantasmi era profondamente radicata, tanto da categorizzare questi esseri spettrali in tre tipologie diverse: ognuno con le sue particolarità e il proprio potenziale per influenzare il mondo dei vivi. Queste categorie, note come ataphoi, aōroi e biaiothanatoi, gettano una luce affascinante sulla complessità delle credenze greche riguardo ai fantasmi e il loro ruolo nella società dell’epoca.

I fantasmi ataphoi

Iniziamo con gli ataphoi (αταφοι), una categoria che comprendeva i defunti che non avevano ricevuto i rituali funebri adeguati. Questi spettri erano individui che, per varie ragioni, non avevano avuto la possibilità di ricevere l’adeguato tributo post-mortem, come le offerte di cibo e bevande. Un esempio emblematico di questa categoria è Elpernore, di cui vale la pena approfondire in quanto offre un’illustrazione vivida di questa credenza. Elpenore era un personaggio dell’epica omerica, apparso nell’Odissea. Dopo essere morto tragicamente cadendo da un tetto nell’isola di Circe, il suo spirito rimase intrappolato nell’aldilà poiché non aveva avuto una sepoltura appropriata. La sua vicenda rifletteva l’importanza che i Greci attribuivano ai riti funebri, che garantivano il passaggio dell’anima nell’aldilà e la sua pace eterna. Elpenore merita un approfondimento e quindi leggerete di più su questa figura spettrale nei paragrafi che seguiranno.

Gli aōroi (αόροι), d’altro canto, erano coloro che avevano subito morti premature o in circostanze insoddisfacenti. La morte prematura o insoddisfatta era considerata particolarmente problematica, poiché si riteneva che queste anime potessero rimanere legate al mondo dei vivi, a volte manifestando una vendetta o il desiderio di completare ciò che era stato loro negato. Ad esempio, una giovane donna che moriva prima di sposarsi o avere figli veniva spesso considerata morta prematuramente, e la sua anima poteva trasformarsi in uno spirito vendicativo o desideroso di completare la sua esperienza terrena.

Biaiothanatoi disegnato da @anda.obscura (Instagram)
Biaiothanatoi disegnato da @anda.obscura (Instagram)

Infine, ci sono i biaiothanatoi (βιοθανατοι), ovvero coloro che avevano subito morti violente. Questa categoria comprendeva le vittime di omicidi, conflitti armati e guerre, in particolare se combattute in territori stranieri. In tempi antichi, riportare i corpi dei caduti e garantire loro una sepoltura appropriata poteva essere una sfida significativa, e la mancanza di tali rituali era vista come un affronto alla pace dell’anima del defunto. Questa categoria è una testimonianza della profonda importanza attribuita alla sepoltura e ai riti funebri nell’Antica Grecia.

È interessante notare che in alcune circostanze, le guerre venivano persino sospese affinché entrambi gli eserciti potessero recuperare i loro morti e garantire loro un adeguato rituale di sepoltura. Questo dimostra l’importanza delle credenze greche riguardo ai fantasmi e alla necessità di onorare i morti attraverso riti e tributi appropriati. Nel mondo antico, la connessione tra i vivi e i morti era profonda e complessa, e le credenze riguardo ai fantasmi erano un riflesso di questa interazione tra il mondo materiale e l’aldilà.

È evidente che nelle credenze dell’Antica Grecia, il rito funebre rappresentava un passaggio cruciale e sacro per l’anima del defunto. La sepoltura adeguata era considerata un atto di estrema importanza, poiché aveva il potere di garantire il corretto transito dell’anima verso il suo destino nell’aldilà. Un corpo privo di una sepoltura appropriata rappresentava un’ombra ambulante, intrappolata in uno stato di transizione tra il mondo dei vivi e l’oltretomba. Questa condizione ambigua creava una sorta di limbo spirituale in cui l’anima non riusciva a completare il suo viaggio verso gli inferi, la destinazione finale delle anime secondo la mitologia greca.

Tipologie di fantasmi nell’antica letteratura greca

The Souls of Acheron (1898) di Adolf Hirémy-Hirschl
The Souls of Acheron (1898) di Adolf Hirémy-Hirschl

Nell’antica Grecia, una profonda fascinazione per il mondo degli spiriti e dei fantasmi era intrinseca alla loro cultura e si manifestava attraverso le credenze e le divinità associate a questo misterioso reame. Due dee del mondo sotterraneo erano particolarmente rilevanti in questo contesto: Melinoe (Μηλινόη) ed Ecate (Ἑκάτη).

Melinoe era considerata la sovraintendente delle offerte fatte ai fantasmi e agli spiriti dei morti. La sua figura emergeva dalla mitologia greca come una presenza inquietante che vagava nella notte. Si raccontava che fosse circondata da un sinistro corteo di fantasmi, emanando una sensazione di terrore in tutti coloro che osavano incrociare il suo cammino. La sua presenza rappresentava un legame profondo tra il mondo dei vivi e quello dei morti, e le propiziazioni offerte a lei dovevano essere fatte con estrema attenzione per placare gli spiriti inquieti.

Caronte, illustrazione del 1880 di Gustave Doré
Caronte, illustrazione del 1880 di Gustave Doré

Ecate, d’altra parte, era anch’essa associata ai fantasmi e agli spiriti erranti. Era spesso accompagnata dalle misteriose Lampade, che facevano parte del suo seguito. Analogamente a Melinoe, Ecate guidava una processione notturna di fantasmi, e il suo arrivo era annunciato dall’abbaiare dei cani. La sua figura incarnava il concetto di confine tra il mondo dei vivi e dei morti, ed era considerata una divinità chiave per placare e comprendere il regno degli spiriti. Era la traghettatrice di anime, così come il Caronte dantesco.

La rilevanza di Melinoe ed Ecate nella cultura greca antica indica quanto i greci fossero affascinati dal mondo dei fantasmi e degli spiriti. Queste divinità servivano da ponte tra il mondo terreno e quello sotterraneo, fornendo un’intuizione profonda nelle credenze e nella curiosità che circondavano il regno degli spiriti irrequieti. La loro presenza nella letteratura e nella mitologia greca riflette la complessità delle credenze e la continua ricerca dell’umanità per comprendere ciò che giace al di là del velo tra la vita e la morte.

I Traghettatori di anime: da Caronte a Ecate

Nel folclore e nella mitologia greca, il destino delle anime dopo la morte era un tema di profonda importanza. La credenza voleva che le anime dei defunti dovessero essere condotte verso l’aldilà da figure divine note come traghettatori di anime. Uno dei traghettatori più noti di questa mitologia era Ermes (Ἑρμῆς), il messaggero degli dei, che svolgeva un ruolo cruciale nel passaggio delle anime al fiume Stige negli inferi. Lì, un altro personaggio chiave entrava in gioco: l’anziano barcaiolo Caronte (Χάρων), incaricato di portare le anime attraverso il fiume verso le porte dell’Ade (Ἅιδης), che prendeva il nome dall’omonimo dio greco degli inferi.

Caronte: Il Traghettatore dell’Aldilà

Nella ricca mitologia greca e romana, Caronte è una figura leggendaria nota come il traghettatore di anime nell’Ade. Questo enigmatico personaggio svolgeva un ruolo cruciale nel trasportare le anime dei defunti da una sponda all’altra del fiume Acheronte (Ἀχέρων), un confine tra il mondo dei vivi e il regno dei morti. Tuttavia, il suo compito era riservato solo alle anime che avevano ricevuto gli onori funebri appropriati o, in una variante della leggenda, che erano in possesso di un obolo per il viaggio. Coloro che non soddisfacevano questi requisiti erano condannati a un’eternità senza pace, vagando tra le nebbie del sinistro bosco silente o confinati nel vestibolo per un periodo che alcuni autori indicano come cento anni.

Caronte era figlio di Erebo (Ἔρεβος), la personificazione delle tenebre, e Notte, la personificazione della notte. Questa discendenza da due potenze oscure e misteriose si rifletteva nel suo ruolo come traghettatore delle anime verso l’aldilà. La figura di Caronte non era limitata alla mitologia greca e romana. Nella mitologia etrusca, troviamo il suo equivalente in Charun, un personaggio simile nell’incarico e nell’aspetto. La sua influenza ha persino raggiunto l’astronomia, dove il principale satellite di Plutone porta il suo nome in onore del suo ruolo come guardiano delle porte dell’oltretomba.

Caronte aveva delle eccezioni alla sua regola di trasportare solo le anime dei defunti. Tra queste eccezioni vi erano figure mitiche e leggendarie come la dea Persefone (Περσεφόνη), gli eroi Enea (Αἰνείας), Teseo (Θησεύς), Piritoo (Πειρίθοος) ed Èracle (Ἡρακλῆς), nonché Odisseo (Ὀδυσσεύς, il vero nome di Ulisse), il vate Orfeo (Ὀρφεύς), la sibilla cumana (Σίβυλλα) Deifobe, Psyche (ψυχή) e, in tradizioni successive alla mitologia greca antica, Dante Alighieri (1265-1321).

«E ‘l duca lui: “Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”.»

– Inferno (canto III, 94-96), Divina Commedia, Dante Alighieri
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