Introduzione
L’India è intrisa di una straordinaria ricchezza di credenze che abbracciano un’ampia gamma di tipologie di fantasmi e spiriti. Questa varietà di credenze riflette il profondo legame tra il soprannaturale e la cultura ricca e diversificata del paese. I fantasmi nella tradizione indiana sono radicati nella religione e nella culturala del paese, formando un tessuto intricato di miti, leggende e pratiche rituali che hanno influenzato la vita quotidiana dei suoi abitanti per secoli.
Nella tradizione indiana, i fantasmi non sono soltanto considerati fenomeni del mondo spirituale, ma incarnano anche una parte significativa della psiche collettiva. La diversità culturale del paese si riflette nelle numerose tipologie di spiriti riconosciuti e venerati. Queste credenze spesso si mescolano con l’induismo, il buddismo, l’islam, il sikhismo e altre tradizioni religiose, creando un panorama complesso di credenze paranormali.
Alcune tipologie di fantasmi della tradizione indiana
Tra le tipologie di fantasmi più conosciute troviamo principalmente i Bhoota e i Preta, che rappresentano le anime inquiete e affamate dei defunti, spesso intrappolate tra i mondi. Poi ci sono le Churail che incarnano le figure spaventose di donne decedute prematuramente, mentre Yaksha e Rakshasa sono creature demoniache, alcune delle quali possono essere benefiche, mentre altre sono malevole. Inoltre troviamo le Pisaca (o Pishacha), esseri malvagi noti per causare problemi e disgrazie. O le Bhavishyaani che possono prevedere il futuro e sono spesso associate alle Churail. Infine, si fa per dire, le Daayan, streghe malvagie con l’abilità di portare il caos nelle vite delle persone.
Le tipologie di creature soprannaturali della tradizione indiana non finiscono veramente qui, perché esistono moltissime altre entità di fantasmi come ad esempio i Vetala, spettri erranti spesso associati a luoghi abbandonati; le Chudail, donne spettrali in grado di mutare forma per ingannare, e le Nagin, spiriti di serpenti spesso legati a leggende che raccontano di donne che si trasformano in serpenti dopo la morte.
Tenete presente che il volume Ghosts, Monsters and Demons of India (2020) scritto dall’editore Rakesh Khanna assieme a J. Furcifer Bhairav, raccoglie ben 322 voci, ma con le sottocategorie, ci sono probabilmente circa 700 tra fantasmi, mostri e demoni.
I libri che cito nei miei articoli li possiedo e li lo letti, per cui quando faccio una citazione è perché ritengo che quel testo sia un punto di riferimento per quella specifica ricerca. Talvolta ho contattato gli autori (se viventi) per qualche chiedere qualcosa che non c’era nei testi e devo dire di aver quasi sempre trovato persone molto disponibili. Questo è il caso del volume citato prima.
Il libro raccoglie le entità come in un dizionario, dalla A alla Z, iniziando con l’Aavi dell’India meridionale, che rappresenta il sospiro che lascia il corpo al momento della morte e ne rimane una parte che potremmo definire fantasma, anche se l’assocerei più al Ba egizio o al perispirito di Allan Kardec (1804-1869); e poi il volume si conclude con lo Z di Zunhindawt di Mizoram, nel nord-est dell’India, che ha la disgustosa abitudine di bere da pozzanghere di urina altrui.
Contaminazioni indiane
Essendo una persona a cui piace aggiornarsi, doevete sapere che ho ben tre edizioni dello stesso libro, perché ci sono stati aggiornamenti sulle entità, perché molti lettori, abitanti di varie zone dell’India, continuano ad inviare agli autori, nomi di creature spettrali legate alla tradizione della loro località. Pensate che ho letto alcuni articoli che hanno recensito questo libro e gli articolisti non si sono neppure accorti che l’autore non è una donna: quello che reputano un nome, è in realtà un cognome.
L’autore, Rakesh Khanna, è cresciuto in California, ma nel momento in cui scrivo, vive a Chennai, in India, ed è il fondatore di una casa editrice indipendente chiamata Blaft, specializzata nella traduzione e nella pubblicazione di opere che potremmo definire pulp fiction, cioè un tipo di libri di consumo che puntano su temi di facile presa (sesso e sangue, crimine, violenza). Mentre Khanna metteva insieme un’antologia di narrativa pulp nella lingua tamil, in uso sia nell’India che nello Sri Lanka, notò diversi tipi di demoni citati nei racconti popolari locali, che erano molto specifici della zona. E questo gli fece tornare in mente la sua infanzia, ai giochi di ruolo e ai loro manuali dei mostri, come ad esempio Dungeons & Dragons, che fu pubblicato per la prima volta nel gennaio 1974.
E si rese conto che i fantasmi occidentali sono molto diversi dalle loro controparti indiane. Innanzitutto perché i fantasmi della tradizione occidentale tendono ad essere rappresentati come sottili, trasparenti e fluttuanti nell’oscurità, mentre quelli indiani sembrano palpabili e interagiscono con la materia, come ad esempio raccogliere cose o farsi toccare dai vivi. Ad esempio, lo spettro Deyyam, può estendere la propria lingua prensile così tanto da poter riuscire, se volesse, a «regolare il volume della radio,
oppure per spegnere il bruciatore a gas di un fornello» da un’altra stanza.
Potrei citare i Barambha, spiriti maschili nella mitologia dei Warli di Maharashtra, una tribù indigena dell’India occidentale e che vive sulle montagne. Per quanto sia per lo più invisibile all’occhio umano, si narra che quando sceglie di mostrarsi, apparirebbe come una figura umana alta e bella, con la pelle e i capelli bianchi, «così come sono la sua camicia, il suo perizoma e l’asciugamano che tiene sempre drappeggiato sulla sua spalla». Infatti, una leggenda dei Warli attribuisce i bambini affetti da albinismo a questo tipo di spiriti. Questo fantasma avrebbe un debole per le giovani donne umane di cui spesso si innamora, intrufolandosi nelle camere da letto per provare a giacere con loro. Per tenerlo lontano basterebbe «legare un pezzo di cordoncino di cuoio intorno al collo», perché pare che il Barambha detesti l’odore del cuoio.
Una delle caratteristiche più distinte che differenziano i fantasmi indiani dai più familiari fantasmi occidentali è la loro assoluta diversità regionale. In India, il folklore delle creature soprannaturali varia ampiamente da una regione all’altra, e queste differenze rispecchiano la ricchezza della cultura del paese. Immersi tra le fredde vette delle montagne del Kashmir, i fantasmi locali sono spesso descritti con caratteristiche distintive, come berretti di pelliccia. Questi dettagli rendono le leggende dei fantasmi del Kashmir uniche e intimamente legate all’ambiente naturale della regione. Nel Bengala, una terra di fiumi rigogliosi, troviamo i mechhobhoot, creature che amano i pesci, una caratteristica che si adatta alla profonda connessione con l’acqua tipica di questa regione.
Nelle isole dell’Oceano Indiano, in particolare, si può trovare il Faru Fureta, un mostro della barriera corallina che è noto per il suo odor di «vecchie spugne e coralli puzzolenti». Questa creatura unica nella sua perversità è descritta come dotata di pugnali di cristallo al posto dei denti, una caratteristica che rende la sua leggenda particolarmente impressionante.
Un’altra affascinante dimensione delle credenze sui fantasmi in India è la loro diffusione oltre i confini nazionali. Secoli di commercio marittimo e migrazioni hanno portato le leggende dei fantasmi indiani in alcune parti del sud-est asiatico. Un esempio notevole è quello di Mohini Pey del Tamil Nadu, una figura che profuma di fiori di gelsomino, ma è anche capace di sottrarre la vita a chiunque ammalia. Questa figura è stata trapiantata attraverso gli oceani, tant’è che le leggende di fantasmi Tamil hanno iniziato a permeare il folklore della Malesia e di Singapore.
Le similitudini tra le credenze sui fantasmi in diverse regioni dell’India e in altre parti del sud-est asiatico sono affascinanti. Ad esempio, le “streghe con la testa staccabile“ sono presenti sia nell’India nordorientale, dove sono chiamate Than-Thin Daini, sia in altre regioni, come la Thailandia, dove sono conosciute come Krasue, e la Cambogia, dove sono denominate Ap. Questi paralleli tra le diverse culture rivelano la capacità di attraversare confini culturali e geografici.
In aggiunta alle meraviglie della diversità regionale, il folklore dei fantasmi in India riflette anche verità sociali inquietanti. La caccia alle streghe, una pratica antica, è stata spesso utilizzata come un pretesto per perseguire e punire le donne, spesso anziane, etichettate come streghe. La storia di una donna accusata di cannibalismo e successivamente bruciata viva è un esempio tragico di come la caccia alle streghe sia stata usata per scopi nefasti, come l’appropriazione delle proprietà delle vittime. Molte storie di fantasmi rappresentano donne assassinate che cercano vendetta contro coloro che le hanno danneggiate, riflettendo in modo inquietante i problemi sociali e le ingiustizie del passato.
L’India è stata una terra di invasori e migranti nel corso dei secoli, e questi flussi hanno portato le proprie leggende di fantasmi e mostri. Le antiche statue di Yaksha, divinità soprannaturali risalenti a oltre duemila anni fa, testimoniano le credenze animiste pre-indù. I governanti musulmani hanno introdotto creature come i djinn e gli Afrit (o Ifrit), esseri alati in grado di sputare fiamme, aggiungendo ulteriori strati di complessità alle credenze dei fantasmi dell’India.
Anche gli inglesi, durante il periodo coloniale, hanno portato con sé le proprie leggende di fantasmi bianchi, spesso descritti come esili e disperati. Questi fantasmi sono diventati parte integrante delle storie popolari dell’India, con alcuni famosi «inglesi morti qui i cui spiriti permangono».