Fantasmi nell'Antica Roma
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Fantasmi nell’antica Roma

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L’Eterno Riposo

Nella liturgia cristiana, Requiescat in pace veniva spesso utilizzata nelle preghiere e nelle cerimonie funebri come un’invocazione di pace e perdono per l’anima del defunto. Poi, nel Medioevo, divenne una formula comune nelle epigrafi e nei monumenti funerari e fu utilizzata anche nei testi liturgici e nelle preghiere di intercessione per i defunti, come ad esempio L’Eterno Riposo (in latino Requiem aeternam), una preghiera cristiana che si rivolge a Dio chiedendo l’eterno riposo dell’anima dei defunti. Questa preghiera è una delle più note e importanti nella liturgia cristiana, ed è spesso associata alla commemorazione dei morti e alle celebrazioni funebri.

«Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescant in pace. Amen».
(ovvero, «Dona loro il riposo eterno, o Signore, e splenda ad essi la luce eterna. Riposa in pace. Amen»)

– preghiera de L’Eterno Riposo
Miniatura (manoscritto miniato) di un piccolo libro corale contenente messe vespertine e altri servizi par S. Leonardi (c. 1900)
Manoscritto miniato de L’Eterno Riposo

La pratica di ripetere tre volte la preghiera de L’Eterno Riposo è radicata in una tradizione antica che ha le sue radici nel Vangelo e nella Bibbia. Tale ripetizione ha una valenza speciale nella spiritualità cristiana, in quanto la triplice affermazione di una cosa rappresenta una conferma e un rafforzamento della sua importanza. L’esempio più celebre di triplice negazione e riparazione, è legato a San Pietro, uno dei discepoli di Gesù. Nelle scritture, San Pietro negò tre volte di conoscere Gesù prima della crocifissione, ma in seguito, Gesù lo riabilitò chiedendogli tre volte «Mi ami tu?». Questo triplice confronto servì a riaffermare la lealtà e l’amore di San Pietro verso il Signore, sottolineando il potere del perdono e della redenzione.

Un altro esempio della triplice ripetizione si trova nelle preghiere del Papa durante l’Angelus, una preghiera cristiana che commemora l’Annunciazione dell’Angelo a Maria. Durante la recita dell’Angelus, la preghiera del Gloria viene ripetuta tre volte per enfatizzare la lode e la devozione a Dio.

Inoltre, la triplice ripetizione è associata a un concetto di pienezza e completezza nella tradizione cristiana. Essa serve a sottolineare l’importanza e la profondità del contenuto della preghiera, nel caso specifico de L’Eterno Riposo, che prega affinché le anime dei defunti possano trovare pace eterna. Questa triplice ripetizione rafforza la fiducia nella misericordia divina e nella speranza di un riposo eterno per le anime dei defunti.

Un altro significato riconducibile a questa concezione è che, proprio come il sonno è seguito dal risveglio, così la “dormizione” del corpo è seguita dal “risveglio” attraverso la resurrezione della carne. Questa prospettiva afferma che, una volta che il corpo muore, l’anima, separata dalla forma corporea, non cessa di esistere, ma prosegue in uno dei tre stati possibili: il Paradiso (dove si condivide la comunione con i santi), il Purgatorio o l’Inferno.

I Fantasmi in sogno di Apuleio

Un affascinante esempio di incontro con lo spirito di una persona amata che ritorna in sogno proviene dalla penna dello scrittore Lucio Apulèio Madaurense, noto semplicemente come Apuleio (125-170). Le Metamorfosi (in latino Metamorphoseon libri XI), noto anche come L’asino d’oro (Asinus aureus), ci introduce a un uomo di nome Trasillo, la cui vicenda amorosa si intreccia con quella di un amico, Tlepolemo, e un fantasma vendicativo.

Tutto ha inizio con una storia d’amore proibita, quando Trasillo si innamora della moglie del suo amico Tlepolemo, con conseguenze tragiche. Durante una caccia insieme, l’impulso della passione si trasforma in un atto di violenza, e Tlepolemo viene ucciso da Trasillo. Il fantasma di Tlepolemo appare in sogno a sua moglie, rivelandole i dettagli dell’omicidio e implorandola di vendicarlo. La moglie, profondamente addolorata e desiderosa di far giustizia per la morte del marito, decide di mettere in atto un piano di vendetta.

Apuleio
Apuleio

La donna invita Trasillo, che ha osato chiederle di poterla corteggiare, a casa sua, offrendogli vino con del sonnifero. Una volta che Trasillo è svenuto, ella agisce con ferocia, accecandolo con una forcina. Successivamente, corre alla tomba di suo marito, dove denuncia Trasillo come l’assassino e rivendica la sua vendetta, per poi porre fine alla propria vita con la spada. Trasillo, ormai cieco e intrappolato in un mondo di tenebre, si fa murare nella tomba di Tlepolemo, dove, incapace di sfuggire, muore di fame, una pena eterna per il suo crimine atroce.

Questo racconto di vendetta e giustizia postuma getta luce sulle credenze e le percezioni dell’antica Roma nei confronti dei fantasmi e delle loro interazioni con il mondo dei vivi. È una narrazione che attinge ai confini tra passione e violenza, amore e vendetta, portando alla ribalta il tema dei fantasmi come agenti di giustizia e redenzione nell’immaginario romano.

Il confronto tra i Fantasmi di Apuleio e quelli di Shakespeare

Nel racconto emergono anche personaggi e temi affascinanti legati all’evocazione di fantasmi e alla rivelazione di oscure verità. Oltre alla vicenda di Trasillo e Tlepolemo, troviamo il prete-mago egiziano Zatchlas che è il protagonista di un evento straordinario che coinvolge il fantasma del defunto Thelyphron. Questa inquietante apparizione spettrale svela alla folla riunita di essere stato avvelenato, un evento che agisce da fulcro centrale per la trama del romanzo.

Dipinto raffigurante William Shakespeare (noto come il Ritratto di Cobbe, 1610) - Dominio pubblico
William Shakespeare, 1610

Thelyphron rivela agli spettatori la sua tragica fine, rivelando che il suo avvelenamento è stato perpetrato da sua moglie, che all’apparenza sembrava mite e innocente, e dal suo amante. Questo rivelazione scioccante getta luce sulla perfidia e la complessità delle relazioni umane, dimostrando che le apparenze possono essere ingannevoli e che ciò che giace al di sotto della superficie può nascondere segreti oscuri. In questo senso, il romanzo di Apuleio anticipa tematiche che saranno esplorate in futuro da grandi opere letterarie, come Amleto di William Shakespeare (1564-1616).

La similitudine tra il fantasma di Thelyphron e il fantasma del padre di Amleto è notevole, poiché entrambi i fantasmi rivelano la verità su omicidi compiuti da membri della famiglia. Questi eventi sconvolgenti agiscono da catalizzatori per le vicende dei protagonisti e portano a una profonda riflessione sulle dinamiche familiari, la vendetta e la giustizia.

I Fantasmi che ritornano (anche nella letteratura antica)

Tito Maccio Plauto
Tito Maccio Plauto

Entrambi i fantasmi scritti da Apuleio furono utilizzati con grande abilità dal famoso drammaturgo romano Tito Maccio Plauto (tra 255 e 250 a.C.-184 a.C.) nella sua commedia intitolata Mostellaria, che tradotto significa La casa stregata. Questo capolavoro teatrale presenta gli archetipici personaggi dell’antica commedia romana: lo schiavo astuto e il padrone goffo. La trama ruota attorno al viaggio d’affari del padrone ateniese di nome Teopropide, che lascia temporaneamente la gestione della sua casa al suo figlio Filolache.

Filolache, ora senza supervisione, decide di prendere in prestito una considerevole somma di denaro per riscattare la schiava di cui è innamorato. Poi, con la sua nuova ricchezza temporanea, organizza una sontuosa festa nella residenza paterna. La festa è in pieno svolgimento quando il suo schiavo fidato, Tranio, giunge con notizie preoccupanti: Teopropide sta tornando a casa inaspettatamente e tornerà prima di quanto previsto.

La situazione si complica ulteriormente quando Tranio, per salvaguardare la festa e le facoltà di Filolache, decide di chiudere a chiave il giovane padrone e i suoi ospiti nella casa. Successivamente, Tranio incontra Teopropide all’esterno della residenza e, improvvisamente, gli racconta un’incredibile storia: afferma che la casa è infestata da un fantasma.

Mostellaria

Secondo la narrazione di Tranio, Filolache aveva avuto un sogno inquietante durante la festa, quando un fantasma era apparso tra le torce illuminanti, svelando che era stato assassinato in quella stessa casa molti anni prima da un ex proprietario avido che lo aveva ucciso per impossessarsi del suo oro. Il corpo dell’uomo era stato segretamente nascosto nella casa, rendendo pericoloso l’ingresso a chiunque. Teopropide, credendo senza esitazione al racconto di Tranio, rimane all’oscuro della vera natura degli eventi.

Il motivo per cui il pubblico romano avrebbe trovato questa situazione così divertente è dovuto al fatto che Tranio, preso dalla fretta e dalla paura, ha mescolato due tipi di fantasmi ben noti nell’immaginario popolare: la visita in sogno e l’apparizione tra le torce. Questo errore nel racconto, apparentemente bizzarro, aggiunge un tocco di comicità alla situazione, poiché un fantasma sconosciuto assassinato in casa molto tempo fa non avrebbe mai dovuto apparire in un sogno, ovviamente per la tradizione dell’epoca.

L’Immagine Fantasma dei Romani

Copertina del libro "The Phantom Image: Seeing the Dead in Ancient Rome" di Patrick R. Crowley (2019)

Patrick R. Crowley, nel suo meraviglioso libro The Phantom Image: Seeing the Dead in Ancient Rome del 2019, si distacca dalla tradizionale concezione di fantasmi, come descritto da Plinio il Giovane , ovvero figure umane evanescenti e inquietanti, che indicano i luoghi in cui riposano le loro spoglie incatenate. Invece, il libro di Crowley si concentra sulle antiche rappresentazioni visive legate al mondo dei fantasmi nell’antica Roma: pitture murali nelle tombe, mosaici e decorazioni dei sarcofagi. Questa opera, sottile ma ricca di contenuti, esplora il significato delle immagini dei fantasmi, entità così sfuggenti ed evanescenti, all’interno del contesto della cultura visiva dell’antichità.

Il libro inizia con un’immagine affascinante, un specchio di ossidiana lucida inserito nel muro, esattamente all’altezza degli occhi, all’ingresso del giardino della Casa degli Amorini Dorati a Pompei. Secondo quanto riportato nella Naturalis historia (Storia Naturale) scritta nel 77-78 d.C da Plinio il Vecchio, questa pietra rifletteva ombre piuttosto che immagini. Di conseguenza, quando un visitatore entrava nello spazio illuminato dal sole, vedeva se stesso come un’ombra anonima e senza volto, trasformandosi in un fantasma in un giardino dai colori monocromatici.

Inversioni visive di questo tipo, inquietanti e sconcertanti, venivano sfruttate anche da eserciti in contesti bellici. Gli scrittori e storici greci Erodoto (484-425 a.C.) e Pausania (110-180 a.C.), ad esempio, raccontano come i Focesi (abitanti dell’antica regione greca La Focide), applicassero gesso su viso e armatura per spaventare i nemici su un campo di battaglia illuminato dalla luna. Lo storico e senatore romano Publio Cornelio Tacito (55-120 circa), descrive invece come i guerrieri della tribù germanica degli Harii, dipingessero i loro scudi di nero durante la notte per «incutere terrore come un esercito di fantasmi».

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