Fantasmi Giapponesi
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Fantasmi Giapponesi: un Viaggio nel mondo invisibile orientale

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Fantasmi antenati

Nell’antica cultura giapponese, si credeva fermamente nella trasformazione degli individui in spiriti dopo la morte, dando vita a pratiche di venerazione degli antenati di grande importanza. Onorare gli spiriti dei predecessori era considerato essenziale per mantenere un legame con il mondo degli spiriti e assicurare il benessere della famiglia. Questa venerazione avveniva attraverso preghiere e l’offerta di piccoli tributi posti in appositi santuari costruiti per questo scopo all’interno delle case familiari.

La mancata onoranza e il ricordo degli spiriti degli antenati erano visti come una pratica pericolosa, poiché si credeva che potesse portare alla trasformazione di tali spiriti in gaki (o gakki) di cui ho accennato qualche paragrafo precedente, conosciuti come spiriti affamati. Questi spiriti affamati erano descritti come esseri perpetuamente affamati e assetati, caratterizzati da pance ingenti. Si riteneva che, nel tormentare i vivi, potessero causare sfortuna e malattie. Pertanto, la venerazione degli antenati non solo preservava il legame con il passato, ma anche proteggeva la comunità dai pericoli associati agli spiriti affamati.

Contestualmente, si diffuse la credenza che gli antenati potessero diventare protettori delle fortune dei vivi. Tra le molteplici storie tramandate, quelle che coinvolgevano le madri decedute che continuavano a prendersi cura dei loro figli ancora vivi erano particolarmente comuni. Questi racconti narravano di legami affettivi che persistevano oltre la morte, in cui gli spiriti materni agivano come guardiani benevoli, contribuendo a preservare la prosperità e il benessere della discendenza.

Kappa

Un disegno rappresentativo di un Kappa giapponese
Un disegno rappresentativo di un Kappa giapponese

Anche le sorgenti d’acqua erano popolate da entità soprannaturali, tra cui gli spiriti dell’acqua noti come kappa. Questi spiriti erano spesso immaginati come piccoli diavoletti infantili, caratterizzati da un aspetto unico con scaglie blu-verdi, mani e piedi palmati. Un tratto distintivo del kappa era l’incavo sulla sommità della testa, utilizzato per contenere l’acqua che era vitale per la loro sopravvivenza quando si allontanavano da un corso d’acqua.

Inoltre, i kappa erano noti per la loro ambivalenza nei confronti dell’umanità. Mentre potevano diventare aggressivi, attaccando e divorando le loro vittime, in particolare concentrandosi sul fegato, esisteva anche la possibilità che offrissero aiuto al passante. Un metodo insolito per evitare danni da parte di un kappa consisteva nell’offrirgli un inchino molto basso. In questo modo, il kappa, rispondendo con un inchino di ritorno, versava l’acqua dalla sua testa, diventando così troppo debole per recare alcun danno.

Questa interazione con il kappa rifletteva l’importanza della cortesia e dell’etichetta nelle leggende giapponesi, suggerendo che il rispetto reciproco poteva trasformare una situazione potenzialmente pericolosa in un atto di benevolenza da parte degli spiriti dell’acqua.

Oni

Un disegno rappresentativo di un Oni giapponese
Un disegno rappresentativo di un Oni giapponese

Gli Oni, sono creature malevole diffuse in vari luoghi, prive di morale e inclini a causare danni e disastri. Tuttavia, la credenza suggerisce che essi possano essere convertiti sulla retta via. L’incremento del numero di Oni si registrò notevolmente dopo l’introduzione del buddismo in Giappone a partire dal VI secolo d.C. Queste creature sono divise in due categorie: gli Oni che dimorano negli inferi e quelli che risiedono nei cieli.

Gli Oni degli inferi presentano spesso un corpo rosso o verde, con teste che ricordano cavalli o buoi, e sono spesso associati a un carro fiammeggiante. Il loro compito principale è trasportare le anime verso l’inferno. Altri Oni, privi di forma fisica, possono essere uditi quando parlano, cantano o fischiano. Celebri per la loro abilità con la spada, gli Oni, in particolare il loro re Sojobo, allenarono nell’arte il famoso guerriero del XII secolo d.C. Minamoto no Yoshitsune (1159-1189).

Alcuni Oni erano collegati a specifiche malattie, mentre si credeva che altri possedessero animali, come la volpe o il procione, trasmettendo poi questa influenza alle persone. Si riteneva anche che le donne governate dalla gelosia o prive di sentimenti potessero trasformarsi in demoni. Gli Oni e molti altri esseri soprannaturali, tuttavia, potevano offrire doni e insegnare abilità alle persone. Pertanto, potevano anche essere sconfitti o allontanati mediante incantesimi e rituali eseguiti da coloro che detenevano la conoscenza necessaria.

Tengu

Tengu come mostro simile ad un aquila, disegno di Toriyama Sekien (Pubblico dominio)
Tengu come mostro simile ad un aquila, disegno di Toriyama Sekien

Nell’antica concezione giapponese, le foreste erano ritenute l’habitat degli spiriti maligni noti come tengu. Questi folletti (goblin) avevano la reputazione di lanciare incantesimi su coloro che non prestarono attenzione ai loro passi. Caratterizzati da un corpo umanoide con ali e un becco minaccioso sulla faccia rossa, i tengu erano considerati presenze temibili e ingannevoli. Le maschere tradizionali dei tengu sono ancora indossate in occasioni come le festività shintoiste, in cui svolgono il ruolo simbolico di guardiani del tempio. Questi esseri mitologici sono particolarmente associati a pratiche spirituali e rituali nelle foreste, dove la loro presenza era temuta.

La leggenda narra che i tengu fossero inclini a rapire bambini e tendere agguati ai preti buddisti. In particolare, cercavano di sedurre i monaci fuori dal sentiero della fede buddhista, tentandoli di allontanarsi dalla loro devozione e convertirli allo shintoismo. Questo aspetto della loro mitologia mette in luce il ruolo dirompente dei tengu nel contesto religioso, contribuendo a sottolineare la loro ambivalenza come entità spirituali che potevano influenzare la fede e la pratica religiosa delle persone.

Altre categorie di fantasmi giapponesi

Esistono altre sottocategorie di fantasmi giapponesi, meno noti, anche meno menzionati, ma che rientrano nella tradizione.

Supekutoru

Samurai

Un altro insieme di spiriti comprende i Supekutoru (侍の幽霊, Spettri di Samurai), spiriti di guerrieri o interi eserciti che hanno perso la vita in battaglia. Un esempio di questo genere di fantasmi giapponesi è legato alla disastrosa sconfitta del clan Taira e del giovane imperatore Antoku nella battaglia di Dannoura nel 1185 d.C., durante la guerra Genpei. La leggenda narra che il fantasma di un guerriero samurai sia riapparso sul luogo della battaglia e abbia chiesto a un suonatore di liuto cieco, noto come Hoichi, di eseguire per lui l’Heike Monogatari, un racconto epico che narra la storia di quella specifica battaglia.

In questa storia, Hoichi suonò per il fantasma del guerriero samurai per diverse notti, inconsapevole del fatto che non avesse un pubblico visibile. Solo quando un abate seguì il suonatore di liuto, si scoprì che Hoichi, sotto la pioggia, si esibiva accanto a una lapide commemorativa dedicata ai caduti, suggerendo che il fantasma del guerriero era presente spiritualmente, ascoltando la melodia dedicata alla storia della battaglia.

Sugawara no Michizane

Una categoria aggiuntiva di spiriti comprende individui che hanno subito ingiustizie durante la loro vita. Un esempio notevole di questi spiriti “irrequieti” è quello del politico Sugawara no Michizane, noto anche come Tenjin (845-903 d.C.), uno studioso che fu vittima di maltrattamenti a corte e successivamente esiliato. Dopo la sua morte, si verificarono incendi devastanti e un’epidemia nella capitale imperiale, eventi che molti interpretarono come segni di vendetta da parte di Tenjin.

Santuario Kitano Temmangu a Kyoto, foto di Masaaki Moriyama
Santuario Kitano Temmangu a Kyoto, foto di Masaaki Moriyama

In risposta a questi eventi, nel 905 d.C. fu eretto l’imponente santuario Kitano Temmangu a Kyoto in onore di Tenjin. Col tempo, Tenjin divenne il dio protettore della borsa di studio e dell’istruzione. Questa storia sottolinea un tema comune nel folclore giapponese, che suggerisce che gli spiriti non erano necessariamente malvagi per natura, ma piuttosto erano spesso animati da un senso di ingiustizia subita durante la loro vita. La tradizione giapponese spesso include la possibilità di placare questi spiriti attraverso onori e riti appropriati. Questa concezione riflette una comprensione più sfumata del soprannaturale, in cui il rispetto per gli spiriti, anche se tormentati da ingiustizie passate, poteva portare alla loro tranquillità e persino al loro sostegno.

Altri tipi di fantasmi giapponesi

Oltre ai luoghi comuni associati ai fantasmi, come templi e cimiteri, numerosi altri luoghi in Giappone, tra cui foreste e fiumi, erano considerati potenziali ambienti in cui si poteva imbattersi in spiriti maligni. La tradizione marinara, nota per le sue superstizioni, includeva una particolare figura spettrale in Giappone che talvolta seguiva pescatori e imbarcazioni in mare. Questo fantasma avrebbe richiesto ai marinai un secchio senza fondo e, in mancanza di tale offerta, minacciava di far affondare la barca. Un esempio che ho già accennato sono i Funayūrei.

Anche sulla terraferma, si credeva che gli spiriti di coloro che morivano in montagna potessero infestare i pendii e attirare gli scalatori verso il loro destino tragico. Queste credenze riflettevano una visione del mondo antico giapponese in cui il pericolo e il soprannaturale erano intrinsecamente legati, con creature come ghoul e goblin che sembravano celarsi dietro ogni angolo. Navigare in questo mondo richiedeva molta attenzione, poiché era essenziale evitare di restare intrappolati nei piani di queste entità, volte a sconvolgere l’ordine naturale della vita quotidiana.

Conclusioni

In conclusione, i fantasmi giapponesi, o Yūrei, sono molto più che semplici spettri. Essi rappresentano la complessità della cultura e della spiritualità giapponese, unendo elementi del Buddhismo, dello Shintoismo e del folclore locale. Queste entità soprannaturali, con le loro storie affascinanti e spesso inquietanti, continuano a permeare l’immaginario collettivo del Giappone, influenzando l’arte, la letteratura, il cinema e persino i videogiochi.

Gli Yūrei sono un promemoria potente del passato, un legame con le antiche tradizioni e credenze che hanno plasmato la società giapponese. Sono un simbolo del rispetto per i morti e della consapevolezza della transitorietà della vita. Allo stesso tempo, rappresentano le paure universali dell’ignoto e dell’aldilà, temi che risuonano in tutte le culture.

The Ghosts (ca. 1850) di Kuniyoshi Utagawa
The Ghosts (ca. 1850) di Kuniyoshi Utagawa

Studiare i fantasmi giapponesi ci permette di esplorare non solo le credenze spirituali del Giappone, ma anche le sue tensioni sociali, i suoi traumi storici e le sue speranze per il futuro. In questo senso, gli Yūrei sono finestre sul cuore e sull’anima di una cultura, specchi che riflettono le gioie e le paure dell’esperienza umana.

In un mondo sempre più globalizzato, è importante ricordare e rispettare le diverse interpretazioni del soprannaturale. I fantasmi giapponesi, con la loro ricca storia e la loro profonda risonanza culturale, sono un prezioso contributo a questo dialogo interculturale. Attraverso la comprensione e l’apprezzamento degli Yūrei, possiamo avvicinarci un po’ di più alla comprensione della complessa e affascinante cultura giapponese.

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