Possessione Spiritica
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Possessione Spiritica

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Lo stato di Trance nella Possessione Spiritica

Il termine trance viene spesso utilizzato in antropologia per indicare stati di coscienza diversi comuni in molte tradizioni di possessione spiritica. L’etimologia del termine risale alla parola latina transire, che significa attraversare, e alla parola francese antica transe, che si riferisce a morire o passare. Storicamente, in Europa, questo termine è associato a stati liminali di coscienza, come la soglia tra vita e morte.

Erika Eichhorn Bourguignon, in uno studio transculturale su ben 488 società, ha rilevato che il 90% delle società indagate utilizza qualche forma di stato alterato di coscienza (trance) istituzionalizzata, e una percentuale simile associa questi stati alla possessione spiritica.

Tuttavia, l’uso del termine trance in antropologia è ampio e richiede ulteriori specificazioni. Sebbene molte tradizioni di possessione utilizzino stati alterati di coscienza nei loro rituali, non è detto che impieghino tutti lo stesso tipo di trance per l’incorporazione. Ad esempio, la trance nel Vudù haitiano potrebbe differire da quella dei medium spiritici ualisti dei paesi occidentali o dai medium del Candomblé in Brasile. Le somiglianze a livello neurofisiologico potrebbero esistere, ma la dimensione soggettiva può variare notevolmente.

Brian Inglis
Brian Inglis

Inoltre, non si può stabilire con certezza che i singoli medium all’interno di una stessa tradizione esperiscano la stessa forma di coscienza alterata durante lo stato di trance. Spesso, i medium distinguono tra varie fasi di trance, oscillando da uno stato “leggero” a uno “profondo”. La trance è un termine che abbraccia un vasto spettro di stati di coscienza simili ma non identici. Questo concetto emerge chiaramente nelle definizioni accademiche, come quella proposta da Brian Inglis (1916-1993), giornalista, storico e presentatore televisivo irlandese, nel suo libro Trance: A Natural History of Altered States of Mind del 1989, dove sono descritte molteplici esperienze e stati di coscienza inclusi nello stesso concetto.

Da un lato, si applica a ciò che può essere approssimativamente descritto come un processo di possessione, nel quale la normale identità di un individuo sembra essere soppiantata, lasciandolo in uno stato di rapimento, paralisi, isteria, psicosi o controllato da un’altra personalità. All’altro estremo c’è il sonno. Tra questi due estremi si trovano condizioni in cui la coscienza rimane presente, ma emerge la mente subconscia, come accade nella leggera ipnosi o nei momenti di rêverie in cui l’immaginazione e la fantasia si liberano.

I momenti di rêverie sono quei periodi in cui la mente si lascia andare a pensieri liberi e vaghi, come in uno stato di sognante contemplazione. Questi momenti possono coinvolgere la riflessione, la fantasia, o semplicemente lasciare che i pensieri scorrono senza uno scopo preciso. La rêverie può essere una sorta di immersione in un flusso di pensieri piacevoli o creativi, spesso accompagnata da una sensazione di distacco dalla realtà immediata. È come immergersi in un mondo interiore, abbandonandosi alla fantasia e al fluire spontaneo dei pensieri.

Judith O. Becker, un’accademica ed educatrice americana, studiosa delle culture musicali e religiose del Sud e Sud-Est asiatico, del mondo islamico e delle Americhe, nel suo lavoro combina prospettive linguistiche, musicali, antropologiche ed empiriche. In modo leggermente più specifico, cerca di definire la trance come «uno stato mentale caratterizzato da un’intensa concentrazione, dalla perdita del forte senso di sé e dall’accesso a tipi di conoscenza e esperienza che sono inaccessibili negli stati non in trance.»

Queste descrizioni abbracciano una gamma ampia di esperienze e stati corporei diversificati, che spaziano da stati meditativi a momenti di trascendenza come le trance da possessione, sciamaniche, collettive o estetiche.

Il parapsicologo Edward F. Kelly e Rafael G. Locke, professore di ricerca ad Harvard in psicolinguistica e scienze cognitive, ampliano ulteriormente questa definizione identificando un ventaglio variegato di comportamenti e esperienze compresi entro il concetto di trance, che comprendono fenomeni come allucinazioni, pensieri ossessivi, disconnessione dalla realtà, azioni compulsive e momenti di disgregazione temporanea del rapporto con l’ambiente circostante. Approfondiscono la diversificazione del fenomeno distinguendo diversi livelli di trance, che vanno dall’esperienza visionaria che concede allo sciamano l’accesso al regno sacro e solitamente ricordata da quest’ultimo, fino alla trance da possessione, in cui l’elemento cardine è la presunta sostituzione temporanea della personalità ordinaria da parte di uno spirito, una forza o una divinità possedenti, fenomeno che solitamente lascia l’individuo completamente amnesico per l’intera durata della possessione. (Concetti espressi nel libro Altered States of Consciousness and Psi: An Historical Survey and Research Prospectus).

Recentemente, l’antropologo Arnaud Halloy ha avanzato l’argomento che la trance da possessione, ritenuta una categoria a sé stante all’interno della trance stessa, non sia un singolo fenomeno facilmente definibile, ma piuttosto rappresenti un continuo di alterazioni psicobiologiche che spaziano dall’attivazione emotiva lieve fino allo stato di possessione ideale.

L’antropologo Morton Klass (1927-2001) ha sottolineato l’importanza di una distinzione, proponendo di utilizzare il termine trance esclusivamente per descrivere l’esperienza sciamanica del viaggio dell’anima e delle incursioni in altri mondi. Ha proposto l’uso del concetto di Identità Dissociativa Strutturata per riferirsi ai casi di trance da possessione, nei quali la personalità del medium subisce alterazioni o viene spostata.

Lo storico delle religioni e antropologo Mircea Eliade (1907-1986) ha cercato di differenziare lo stato alterato dello sciamano da quello del posseduto, mettendo in luce la capacità dello sciamano di controllare gli spiriti senza diventare il loro strumento. Eliade ha anche evidenziato la discrepanza tra la trance sciamanica e quella medianica in termini di capacità dell’individuo di ricordare gli eventi accaduti durante la trance. Nello sciamanesimo, è fondamentale che lo sciamano ricordi ciò che accade durante il suo viaggio spirituale, in quanto deve portare personalmente informazioni dai mondi spirituali. I medium, al contrario, solitamente non ricordano gli eventi della trance, principalmente perché non erano presenti durante la possessione: il loro corpo era occupato da un’altra entità per l’intera durata della trance.

Ricerche recenti hanno evidenziato come la distinzione tra lo sciamano ideale, che controlla gli spiriti, e il medium ideale, completamente sotto il controllo degli spiriti, sia spesso sfumata. Peter J. Wilson ha anche criticato la distinzione tradizionale tra medianità spiritica e sciamanesimo, proponendo che la medianità spiritica, in particolare quella spiritualista euro-americana, possa essere considerata una variante dello sciamanesimo, con lo sviluppo della medianità interpretato come una sorta di “apprendistato sciamanico”.

È chiaro che ulteriori approfondimenti sulla fenomenologia e sulla neurofisiologia degli stati di trance siano necessari. Nel contesto della medianità spiritica, il termine trance potrebbe essere meglio compreso come lo stato di coscienza in cui si presume che la personalità del medium sia «privata di controllo da parte di un’intelligenza estranea».

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