Possessione Spiritica
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Possessione Spiritica

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Possessione Medianica

Anche all’interno del contesto occidentale, è evidente che il termine medianità fa riferimento a una varietà di fenomeni. La medianità spiritista, come suggerisce la definizione, può essere suddivisa sostanzialmente in due categorie principali.

  • medianità mentale: si declina in due forme distinte: la medianità chiaroveggente, telepatica, chiaraudiente, clairsenziente, spesso chiamata anche piattaforma medianica, e la medianità in trance, in cui il corpo del medium sembra temporaneamente occupato da un’entità spirituale.
  • medianità fisica coinvolge la presunta capacità del medium di canalizzare energie sconosciute per creare cambiamenti fisici nell’ambiente circostante.

Questo articolo si focalizza principalmente sulla medianità in trance, una categoria che può essere associata all’etichetta antropologica di possessione spiritica (o spirituale). I fenomeni e le esperienze legati alla piattaforma medianica presentano somiglianze con la pratica antropologica dello sciamanesimo, mentre la tipologia di medianità fisica riconosciuta nell’Occidente rappresenta un fenomeno notevolmente singolare, con pochi paralleli interculturali.

Un esempio del secolo scorso potrebbe essere la possessione spiritica del medium Horace S. Hambling che negli anno Trenta eseguiva canalizzazioni e possessioni in trance, in cui lo spirito di un nativo amricano chiamato Moon Trail, parlaava attraverso di lui. 

Nel corso di questo articolo, il termine possessione spiritica sarà spesso utilizzato come sinonimo di medianità, poiché la maggior parte della letteratura esaminata riguarda la possessione spiritica avviata volontariamente.

Anche la canalizzazione implica l’invocazione di voci altamente evolute, che “possiedono” il canalizzatore per parlare a un pubblico umano.

Antropologia della Possessione Spiritica

James George Frazer

L’antropologia ha da tempo esplorato il fenomeno sociale e psicologico conosciuto come possessione spiritica. Già nel 1890, attraverso il vasto confronto culturale de Il Ramo d’Oro, lo storico e antropologo scozzese Sir James George Frazer (1854-1941) osservò che la convinzione riguardante «certe persone che a tratti sono ritenute possedute da uno spirito o una divinità» è un fenomeno diffuso a livello globale, dimostrando una consapevolezza della quasi universalità della possessione spiritica.

Il monumentale saggio Il Ramo d’Oro di James Frazer, un’opera che si è sviluppata nel tempo passando attraverso diverse edizioni, rappresenta un punto di riferimento nell’ambito dell’antropologia e degli studi sulle culture primitive. Inizialmente pubblicato nel 1890 e successivamente ampliato fino alla sua versione definitiva del 1915, questo testo affronta in maniera approfondita il mondo delle pratiche religiose, dei miti, delle superstizioni e dei rituali, tessendo collegamenti tra culture diverse sotto il prisma dell’evoluzione storica.

Il titolo stesso, Il Ramo d’Oro, trae origine da due narrazioni differenti: una di carattere mitologico legata all’episodio della Sibilla e l’altro un racconto protostorico relativo al rito dell’uccisione dei re nel bosco di Nemi. Frazer esamina le origini di usi, costumi, rituali e credenze, analizzando attentamente pratiche religiose e magiche, miti contemporanei e antichi provenienti da diverse parti del mondo.

È interessante notare che l’opera presenta due versioni: una più estesa e ricca di dettagli annotati, e una versione più concisa, priva di queste annotazioni, che secondo l’Encyclopædia Britannica, talvolta potevano contenere informazioni inesatte o provenire da fonti di seconda mano. Questa variazione di versioni mostra la complessità e l’evoluzione stessa dell’opera nel tempo, offrendo letture più dettagliate o più sintetiche, a seconda delle esigenze del lettore.

Edward Burnett Tylor
Edward Burnett Tylor

Tuttavia, le prime interpretazioni, come quella di Frazer, tendevano ad adottare un atteggiamento sprezzante. Frazer considerava questa “ispirazione temporanea” come uno “stato anormale”, mostrando un giudizio negativo nei confronti di questa pratica. Secondo questa visione, la possessione spiritica era vista più come un’illusione o un segno di follia. Persino l’antropologo britannico Edward Burnett Tylor (1832-1917), contemporaneo di Frazer, la considerava un residuo primitivo sopravvissuto nel pensiero umano.

la magia è tanto un falso sistema di leggi naturali quanto una guida fallace della condotta; tanto una falsa scienza quanto un’arte abortita

«La magia è tanto un falso sistema di leggi naturali quanto una guida fallace della condotta; tanto una falsa scienza quanto un’arte abortita.»

Il Ramo d’Oro (The Golden Bough) del 1925, di James G. Frazer

Curiosamente, nonostante il disprezzo pubblico di Tylor per lo spiritualismo, rimase comunque perplesso di fronte ai fenomeni che osservò mentre interagiva con alcuni dei grandi medium spiritisti dell’epoca vittoriana. Questo contrasto tra la sua disapprovazione generale e la sua stessa perplessità personale evidenzia la complessità e la sfaccettatura di questi fenomeni spirituali.

Una visione alternativa della Possessione Spiritica

L'antropologo Paul Stoller nel 2018 (fonte: Wikimedia Commons)
Paul Stoller nel 2018

In tempi più recenti, l’antropologo Paul Stoller ha avanzato l’idea che le analisi antropologiche sulla possessione spiritica possono essere raggruppate in cinque quadri interpretativi principali. Questi quadri, delineati da Stoller, vanno oltre il tono sprezzante adottato dai primi antropologi e includono approcci funzionalisti, psicoanalitici, fisiologici, simbolici (interpretativi/testuali) e teatrali. Questi diversi punti di vista offrono lenti di osservazione attraverso cui analizzare e comprendere la fenomenologia della possessione spiritica.

La proposta di Stoller di utilizzare questi cinque quadri come strumenti di strutturazione analitica offre un metodo ricco e multidimensionale per esplorare la complessità di questo fenomeno. Ognuno di questi quadri fornisce un angolo di visione unico, permettendo una più ampia comprensione delle varie dimensioni culturali, psicologiche e sociali legate alla presenza degli spiriti nelle pratiche umane. La loro inclusione nella prossima analisi arricchirà il quadro complessivo della possessione spiritica, evidenziando la sua ricchezza e varietà di significati attraverso diverse prospettive interpretative. Interessante il suo saggio Embodying Colonial Memories (Spirit Possession, Power and the Hauka in West Africa) del 1995 (ho letto la ristampa del 2013).

Prospettive pragmatiche sulla Possessione Spiritica

Ioan Myrddin Lewis
Ioan Myrddin Lewis

Gli approcci funzionalisti si focalizzano sul ruolo peculiare che i fenomeni sociali giocano all’interno di una comunità, contribuendo a mantenere l’unità e la solidarietà sociale. Una delle teorie funzionaliste più influenti riguardanti la possessione spiritica è stata proposta da Ioan Myrddin Lewis (1930-2014), popolarmente noto come IM Lewis, professore emerito di antropologia presso la London School of Economics, la quale suggerisce che i gruppi impegnati in queste pratiche svolgano un ruolo sociale cruciale.

Secondo questa visione, la possessione spiritica offre a individui, specialmente a donne o a gruppi emarginati all’interno di società dominanti, un canale accettabile per esprimere sentimenti di disagio o dissenso. Secondo Lewis, quando una persona è posseduta, essa viene considerata immune da colpe o responsabilità per le sue azioni, in quanto gli spiriti assumono la responsabilità. Questa prospettiva interpreta le pratiche di medianità e possessione come forme di “protesta implicita” dirette verso le strutture dominanti o i valori culturali preponderanti.

Gli antropologi hanno applicato tali approcci funzionalisti in una varietà di contesti globali. Si sono studiati casi di culti legati alla possessione Zar nel Sudan settentrionale, manifestazioni di possessione tra i Digo in Kenya, episodi di epidemie di possessione spiritica inaspettata in contesti lavorativi malesi e persino situazioni di cerchi spirituali in ambito domestico nel Galles degli anni Sessanta del secolo scorso. Questi casi evidenziano la diversità e l’ampiezza della pratica della possessione spiritica in contesti culturali diversi, sottolineando le sue molteplici funzioni sociali e significati all’interno delle comunità umane.

Possessione Spiritica nel Tarantismo

Il tarantismo è una tradizione culturale del sud Italia, particolarmente associata alla regione della Puglia, che si riferisce a una credenza popolare secondo cui il morso di un ragno, la taranta (o tarantola), potrebbe causare uno stato di alterazione mentale e fisica, noto come tarantismo. Questo stato, secondo la credenza popolare, poteva essere curato attraverso la musica e la danza.

Tarantismo salentino
Tarantismo salentino

La credenza tradizionale sosteneva che le vittime del morso della tarantola avrebbero potuto sperimentare sintomi come agitazione, confusione mentale, convulsioni e stati di depressione. La tradizione vuole che queste persone fossero curate attraverso un rituale di guarigione che coinvolgeva suoni e ritmi frenetici di musica tradizionale, come la tarantella, e la danza estatica.

Si credeva che il ritmo e l’energia della musica e della danza potessero aiutare ad esorcizzare il veleno del morso e liberare la vittima dallo stato di tarantismo. Il rituale poteva durare per diversi giorni e veniva considerato un modo per guarire non solo il corpo, ma anche lo spirito della persona afflitta.

A volte, questa attrazione si manifesterebbe in modi che possono essere aggressivi o violenti. Intorno al luogo del rituale, non solo c’erano fazzoletti colorati, ma anche oggetti richiesti specificamente dalla persona colpita dal tarantismo. Questi oggetti potevano essere recipienti d’acqua, contenitori di erbe profumate, corde, sedie, scale, spade e altri strumenti vari. Successivamente, iniziava una fase di movimento rituale in cui la persona afflitta mostrava segni di possessione spiritica che potevano manifestarsi attraverso episodi epilettici, stati depressivi e malinconici o una sorta di stordimento fittizio. Durante questo periodo, il malato sperimentava convulsioni, adottava pose particolari che lo estraniavano dall’ambiente circostante e talvolta assumeva comportamenti che sembravano identificarsi con la tarantola stessa.

Questa tradizione, pur avendo origini nel folklore e nelle credenze popolari, ha assunto nel corso del tempo anche valenze culturali e musicali, diventando parte integrante della storia e della cultura della regione Puglia.

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