Preta, i Fantasmi affamati dell’India
Il termine Preta, noto anche come “fantasma affamato”, deriva dal sanscrito ed è utilizzato per descrivere una categoria di esseri soprannaturali presenti nelle credenze dell’induismo, del buddismo, del taoismo e nella religione popolare cinese. Questi esseri sono considerati destinati a sofferenze più estreme rispetto agli esseri umani, con particolare enfasi su una fame e sete inestinguibili. Le radici di questo concetto si trovano nelle tradizioni religiose indiane e sono state successivamente integrate nelle credenze delle regioni dell’Asia orientale attraverso la diffusione del buddismo.
Inizialmente, il concetto di Preta era associato all’idea che rappresentassero l’anima o lo spirito di una persona deceduta. Tuttavia, nel corso del tempo, questa concezione si è evoluta, trasformandosi in uno stato transitorio tra la morte e il conseguimento di una reincarnazione in accordo con il karma dell’individuo. Perché un Preta possa progredire nel ciclo della reincarnazione karmica, la sua famiglia deve svolgere una serie di rituali e offerte che guidino lo spirito sofferente verso una nuova vita. L’omissione di tali riti funebri, che si protraggono per un anno, potrebbe condurre l’anima a rimanere nella condizione di Preta per l’eternità.
Si crede che i Preta siano individui che, in una vita precedente, abbiano manifestato comportamenti falsi, corrotti, compulsivi, ingannevoli, gelosi o avidi. In virtù del karma accumulato, sono afflitti da un desiderio insaziabile per una particolare sostanza o oggetto. Tradizionalmente, questa sostanza è stata descritta come qualcosa di ripugnante o umiliante, come cadaveri o feci, ma in racconti più recenti, può essere qualsiasi cosa, anche se bizzarra. Oltre alla fame insaziabile, i Preta sono associati a visioni disturbanti. Condividendo lo stesso spazio fisico con gli esseri umani, percepiscono la realtà in modo distorto, vedendo oggetti comuni come qualcosa di disgustoso, ad esempio un fiume che appare come una corrente di sostanze avverse come pus o sporcizia.
Facendo alcune ricerche ho trovato tracce di Preta in diverse culture oltre a quelle già menzionate, come ad esempio in quelle del Bangladesh, dello Sri Lanka, del Giappone e persino nelle culture della Thailandia e della Cambogia. La rappresentazione dei Preta nelle culture asiatiche sottolinea l’importanza dell’equilibrio karmico e l’interconnessione tra i mondi visibili e invisibili, enfatizzando la necessità di pratiche rituali per liberare gli spiriti sofferenti.
Etimologia e idiomi del Preta
Il termine Preta, dal sanscrito प्रेत o dal tibetano ཡི་དྭགས་ (yi dags) è intrinsecamente legato al concetto di defunto, morte o spirito di una persona deceduta. Deriva dalla radice pra-ita, che letteralmente significa andato avanti o partito. Nel contesto del sanscrito classico, il termine Preta era inizialmente utilizzato per fare riferimento allo spirito di chiunque fosse deceduto, in particolare prima che venissero eseguiti i riti funebri ossequiali. Tuttavia, nel suo utilizzo più specifico, preta poteva indicare un fantasma o un essere maligno.
Questo concetto sanscrito è stato successivamente adottato e incorporato nel buddismo, dove è stato utilizzato per rappresentare uno dei sei possibili stati di rinascita. Ne consegue che il termine Preta, nel buddismo, si riferisce a un’entità che si trova in uno stato transitorio tra la morte e la successiva rinascita karmica, spesso caratterizzato da sofferenze e desideri insaziabili.
Nel contesto cinese, invece, il termine egui (餓鬼), che si traduce letteralmente come fantasma affamato, è stato adottato per rappresentare un concetto simile a quello del Preta sanscrito. Tuttavia, è importante notare che il termine cinese non costituisce una traduzione letterale del Preta sanscrito. Piuttosto, riflette l’adattamento del concetto nelle credenze e nella terminologia cinese.
In generale, sia nel sanscrito che nel cinese, queste parole indicano una categoria di esseri sofferenti e affamati, spesso associati a comportamenti negativi o karma negativo. Le similitudini tra le culture asiatiche riguardo a questi concetti sottolineano la loro interconnessione e la loro importanza nel contesto delle credenze religiose e spirituali dell’Asia.
Caratteristiche dei Preta
I Preta sono entità invisibili agli occhi umani, ma secondo alcune credenze, possono essere individuati da individui in determinati stati mentali o spirituali. La loro rappresentazione fisica li mostra come creature simili agli esseri umani, ma con pelle secca e mummificata, arti magri e contorti, addome eccezionalmente dilatato e colli lunghi e sottili. Questa forma fisica è spesso interpretata come una metafora della loro condizione mentale: sebbene abbiano desideri insaziabili, rappresentati per l’appunto un addome ingombrante e hanno una capacità estremamente limitata di soddisfare tali desideri, indicata dai loro colli esili.
Non è un caso che nell’arte giapponese, in particolare durante il periodo Heian (tra l’VIII e il XII secolo), i Preta sono raffigurati come creature emaciate con ventri gonfi e gole strette, spesso rappresentate mentre cercano di bere acqua versata nei templi. Accanto a loro, è possibile trovare demoni, come gli oni, mentre implorano disperatamente gli umani e raccolgono oggetti, manifestando una profonda agonia personale. In altre rappresentazioni, i Preta possono apparire come masse di fumo o fuoco. Molti di essi sono raffigurati nudi, mentre altri indossano il tradizionale fundoshi (褌), un tradizionale indumento giapponese, indossato sia da uomini che da donne, che consiste in una striscia di tessuto larga un shaku (尺) – un’antica unità di lunghezza giapponese corrispondente a circa un piede (30,48 cm) e lunga 240 centimetri. Questa striscia di tessuto viene avvolta attorno ai fianchi e poi attorcigliata nella parte posteriore per creare una sorta di perizoma.
In Cambogia, esiste una variazione speciale di Preta, nota come grák, che è una figura femminile considerata un essere maligno. Si crede che rappresenti lo spirito di una vecchia donna corrotta di nome Yey Plang, incaricata di preparare il cibo per la famiglia reale e i monaci nei templi vicino al palazzo reale durante il regno del re Monivong tra il 1927 e il 1941.
I Preta sono noti per dimorare in luoghi desolati e deserti della terra e la loro situazione varia in base al karma accumulato in vita. Alcuni di loro possono trovare cibo, ma hanno difficoltà a mangiarlo, altri vedono il cibo appassire o seccarsi davanti ai loro occhi. In generale, sono costantemente affamati e assetati, soffrono di temperature estreme, con il caldo che li brucia d’estate e il freddo che li congela d’inverno.
Esistono due principali categorie di Preta:
- quelli che vivono in gruppi;
- quelli che vagano nello spazio.
Tra i primi, ci sono tre sottotipi:
- quelli che soffrono di mancanza di cibo o bevande;
- quelli con bocche troppo piccole e stomaci enormi;
- quelli che subiscono oscuramenti specifici, come creature che vivono nei loro corpi.
L’altra categoria di Preta, quelli erranti, è costantemente in uno stato di terrore e tende a infliggere dolore agli altri. Le sofferenze di queste entità spesso ricordano quelle degli abitanti dell’inferno, il che può causare confusione tra le due categorie di esseri. La distinzione principale è che gli esseri dell’inferno sono confinati al loro mondo sotterraneo, mentre i Preta hanno la capacità di spostarsi e vagare in diverse direzioni nello spazio e nel tempo.
Relazioni tra Preta ed esseri umani
I Preta, spesso visti come poco più che una molestia per gli esseri umani, possono tuttavia rivelarsi una minaccia quando il loro desiderio si concentra su qualcosa di vitale, come il sangue o la carne. In alcune tradizioni, questi esseri cercano attivamente di ostacolare gli individui nel soddisfare i propri desideri, facendo uso della magia, delle illusioni o dei travestimenti. Possono addirittura rendersi invisibili o cambiare volto al fine di spaventare e confondere gli umani.
Tuttavia, la visione comune di questi spiriti è quella di esseri bisognosi di compassione. Pertanto, in alcuni monasteri buddisti, i monaci praticano l’offerta di cibi, bevande, incenso, luci, frutta o fiori ai Preta prima dei pasti. Questa pratica è un atto di generosità finalizzato a lenire le sofferenze di questi spiriti affamati.
Inoltre, in tutta l’Asia, sono celebrati numerosi festival dedicati ai Preta e ad altri “spiriti affamati”. Questi festival sono parte integrante della tradizione taoista cinese e della tradizione buddista tibetan e si svolgono in paesi come Cina, Cambogia, Tibet, Tailandia, Singapore, Giappone e Malesia. Ad esempio, in Cina, il Festival dei Fantasmi Affamati (中元节, zhōng yuán jié) si tiene tradizionalmente il quindicesimo giorno del settimo mese lunare secondo il calendario cinese.
Molti rituali durante questi festival coinvolgono la simbolica combustione di beni materiali, come il joss, ovvero il denaro, e poi abiti, oggetti vari, mezzi di trasporto, proprietà e lussi. Questa pratica rappresenta il legame tra il concetto di Preta e il materialismo che ha caratterizzato la vita terrena del defunto. Alcuni spiriti desiderano, invece, la compagnia dei propri cari ancora in vita. Durante queste celebrazioni, le persone fanno offerte agli “spiriti affamati”, sperando in benedizioni da parte loro.
Differenze tra Preta nell’induismo e buddismo
Sebbene i Preta siano considerati in entrambe le religioni come spiriti affamati o esseri afflitti, ci sono alcune distinzioni chiave tra le due tradizioni:
I Preta nell’indusimo
Nei dettagli della religione induista, i Preta sono considerati esseri estremamente reali, costituiti principalmente da vāyu (aria) e akaśa (etere), due dei cinque grandi elementi che compongono il corpo umano sulla Terra. Gli altri tre elementi fondamentali sono prithvī (terra), jala (acqua) e agni (fuoco). La forma di un Preta è determinata dal karma o dalle azioni delle sue vite precedenti, in cui l’anima può nascere in corpi umanoidi che mancano di uno o più elementi. Un’anima in questo stato transitorio è considerata pura e la sua esistenza è paragonabile a quella di un deva (dio), ma si trova nell’ultima fase di nascita fisica. Gli elementi, ad eccezione di akaśa, sono considerati costituenti comuni in tutto l’universo, mentre gli altri quattro elementi sono comuni alle proprietà dei pianeti, delle stelle e dei luoghi dell’aldilà, come gli inferi. Questa è la ragione per cui i Preta non possono mangiare o bere, poiché gli mancano gli altri tre elementi essenziali e quindi non sono in grado di digerire o assumere fisicamente cibo.
I Preta costituiscono una parte cruciale del Sanātana Dharma (nome alternativo per l’induismo utilizzato in sanscrito e in altre lingue indiane) e sono legati a specifici rituali funebri che le famiglie in lutto devono seguire per guidare lo spirito del defunto nel suo successivo ciclo di rinascita karmica. Durante questi rituali, le famiglie offrono polpette di riso, che simboleggiano il corpo del defunto. Queste offerte vengono fatte in tre serie da sedici nel corso di un anno, il periodo necessario affinché un Preta completi la sua trasformazione verso la successiva fase della vita. Le polpette di riso aiutano a lenire il presunto intenso dolore fisico che il Preta subisce durante questo stato transitorio tra la cremazione e la rinascita.
Questo processo si divide in tre fasi: i sedici impuri, i sedici medi e i sedici più alti, che si verificano durante il periodo di lutto.
- Prima fase (sedici impuri): Le prime sei polpette di riso vengono offerte ai fantasmi in generale dopo la cremazione del corpo, mentre le dieci successive sono specificamente offerte al Preta o allo spirito del defunto. Si ritiene che queste dieci polpette di riso aiutino il Preta a formare il suo nuovo corpo, ora lungo quanto un avambraccio.
- Seconda fase (sedici medi): Le sedici polpette di riso vengono offerte al Preta, poiché si crede che durante ciascuna fase del dolore questi spiriti diventino ancora più affamati.
- Terza fase (sedici alti): Quattro polpette di riso vengono offerte al Preta e a cinque leader spirituali dei bramini, il che simboleggia la digestione dei peccati dei defunti durante la loro vita. Nel corso di questo processo di lutto, la famiglia del defunto deve seguire una serie di restrizioni per assistere il Preta e alleviare le sue sofferenze.
Le culture indiane attribuiscono una profonda importanza simbolica al cibo e alla digestione, in quanto separano i nutrienti essenziali dai rifiuti, e questa stessa logica viene applicata ai peccati del defunto, che vengono simbolicamente mangiati e digeriti dai parenti viventi durante i rituali. Durante il periodo di lutto, il principale luttuoso può consumare solo un pasto al giorno nei primi undici giorni successivi alla morte e deve astenersi dal dormire su un letto, dall’ingerire pasti abbondanti, dall’impegno in attività sessuali e dalla pratica di qualsiasi igiene personale. In questo modo, il lutto rappresenta simbolicamente il Preta in questo periodo di transizione tra la morte e la rinascita.