Perché uno studio sui fantasmi indiani
Il panorama dei fantasmi in India è un affascinante mosaico di credenze, regioni e culture, che riflette la diversità e la profondità della storia e della società indiane. Molti mi hanno chiesto cosa importi conoscere le credenze di altre culture. Innanzitutto dubito che se esistessero i fantasmi avrebbero leggi e caratteristiche diverse da regione a regione. Stiamo parlando di un ipotetico mondo ultraterreno di cui non conosciamo nulla. Ma studiare le varie culture getta luce su una serie di inquietanti verità sociali di alcuni paesi, mettendo in evidenza, ad esempio, il lungo retaggio della caccia alle streghe in India, così come in altri paesi.
Questa pratica, che affonda le radici in tempi antichi, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia. In India c’è un episodio sorprendente che risale al periodo in cui il celebre viaggiatore marocchino Ibn Battuta (1304-1369) dimorò a Delhi tra il 1334 e il 1341. Durante il suo soggiorno, assistette a un processo contro una donna accusata di aver commesso un orribile atto di cannibalismo su un ragazzo. In un oscuro rituale, la donna fu gettata in un fiume con dei cocci pesanti legati al suo corpo. La sua innocenza o colpevolezza venne determinata dal fatto se galleggiasse o affondasse.
Nel caso in cui emergesse dalla prova, era ritenuta colpevole e il suo destino si trasformava in un terribile scenario: la condanna a essere bruciata viva. Questa pratica ebbe origine secoli dopo nel contesto dell’Alto Medioevo, sotto il nome di Ordalia dell’Acqua. Benché differisse in alcuni aspetti, come ad esempio la provenienza dal Codice di Hammurabi risalente al XVIII secolo a.C. della civiltà babilonese, la pratica condivideva alcune somiglianze. Tuttavia, l’interpretazione del risultato variava in base al periodo storico.
La condanna al rogo in Europa, nota per la caccia alle streghe, non fu introdotta prima del 1450 e perdurò fino al 1650. In questo contesto, emerge una connessione interessante tra la storia dei fantasmi indiani e mesopotamici e un periodo storico più recente. Mentre i rituali e le credenze differivano notevolmente nelle diverse culture e epoche, queste pratiche apparentemente oscure e crudeli hanno una risonanza che attraversa il tempo e offre uno sguardo sul lato oscuro dell’umanità attraverso i secoli.
La triste vicenda della donna indiana condannata per stregoneria, rivela quanto fosse comune etichettare una donna anziana come strega. Questa pratica, spesso perpetrata per appropriarsi delle proprietà delle vittime, dimostra quanto fossero vulnerabili le donne nel corso della storia indiana. Molte storie di fantasmi rappresentano donne assassinate, spesso in modo violento, che cercano vendetta contro coloro che le hanno fatte del male. Queste storie di fantasmi sono un riflesso di ingiustizie sociali profonde e di una storia di violenza contro le donne che ha lasciato una cicatrice indelebile nella memoria collettiva del paese.
Ma il folklore dei fantasmi in India non è ancorato solo nel passato. Vi sono anche storie di fantasmi ultramoderni, come quella di Rose, di cui parlarono molti tabloid in vari paesi del mondo. Rose era un’impiegata modello in un call center vicino a Delhi. Scomparve improvvisamente un giorno, lasciando il suo posto di lavoro, e le indagini rivelarono che non esisteva alcuna Rosie all’indirizzo fornito. Successivamente, si scoprì che l’ufficio era stato costruito sopra un cimitero in cui Rose era stata sepolta otto anni prima. Questa storia riflette l’interessante connessione tra la modernità e il soprannaturale.
Nonostante il progresso tecnologico, molte credenze sostengono che i fantasmi siano stati allontanati dalla “luce moderna”. Tuttavia, l’India ospita ancora una vasta gamma di fantasmi e mostri e diverse entità.
Fra le tante tipologie di fantasmi nella tradizione indiana, due sono fra quelle più note e su cui circolano più storie: i Bhoota e i Preta.
Bhoota, gli inquieti fantasmi della tradizione indiana
Un Bhoota (o Bhūta), rappresenta una figura soprannaturale ampiamente radicata nella cultura popolare, nella letteratura e nei testi antichi del subcontinente indiano. Queste entità sono comunemente associate all’idea di fantasmi, spesso identificati come le anime inquiete di individui deceduti. Tuttavia, le interpretazioni sulla nascita e la natura dei Bhoota possono variare considerevolmente in base alla regione e alla comunità.
I Bhoota sono generalmente considerati irrequieti a causa di ostacoli che impediscono loro di progredire nell’aldilà o nella trasmigrazione. Questi ostacoli possono includere una morte violenta, questioni irrisolte durante la loro vita terrena o la mancanza di riti funebri appropriati. In base alla tradizione religiosa o culturale, il loro destino può essere influenzato dalla possibilità di raggiungere il nirvana (l’estinguersi dei desideri mondani), swarga (il paradiso) o naraka (l’inferno).
La fede nei fantasmi è profondamente radicata nella mentalità delle persone del subcontinente indiano da molte generazioni. Vi sono numerosi luoghi ritenuti infestati in tutta la regione, tra cui terreni di cremazione, edifici in rovina, palazzi reali, fortezze, bungalow nelle foreste e luoghi di cremazione sulle rive dei fiumi. I fantasmi occupano un ruolo di rilievo anche nella cultura bengalese, essendo parte integrante delle credenze socio-culturali sia delle comunità musulmane che induiste del Bangladesh e dei territori indiani del Bengala occidentale.
Le fiabe e le storie popolari spesso sfruttano il concetto di fantasmi e l’attività paranormale, mentre riferimenti a questi esseri si trovano diffusamente nella letteratura bengalese moderna, nel cinema, nella radio e nei programmi televisivi. In Pakistan, la parola jinn è utilizzata per riferirsi sia ai Jinn arabi che ai Bhoota, e l’influenza della mitologia araba e persiana ha dato origine a una concezione più variegata e fluida di questi esseri nella società pakistana. In questo contesto, i Bhoota possono rappresentare sia gli spiriti dei morti che entità sovrannaturali provenienti da altri regni, come i Jinn fatti di fuoco. L’identità dei Bhoota può variare da fantasmi di individui deceduti in modo doloroso a creature mistiche legate all’aldilà.
Si accenna al Bootha anche nel film horror americano antologivo V/H/S/99 del 2022, diretto da più registi e quinto capitolo della saga. Si tratta del primo episodio dal titolo Triturazione,
scritto e diretto da Maggie Levin, in cui il protagonista avverte gli amici che con lui stanno visitando abusivamente un luogo abbandonato, di avere molta paura dei Bootha, avendo sentito che possiedono chiunque contamini il loro luogo di riposo. E il Bootha si manifesterà.
Etimologia e idiomi del Bootha
L’etimologia e l’uso linguistico del termine Bhoota, offrono un’interessante finestra su come questa parola sia radicata nella cultura e nell’idioma del subcontinente indiano e abbia influenzato altre lingue e culture del sud-est asiatico. Il termine Bhoota deriva dal sanscrito bhūta (भूत), e porta con sé le connotazioni di passato e essere. È interessante notare che questa radice sanscrita, bheu/bhu-, ha affinità fonetiche con altre lingue indoeuropee, come l’irlandese bha, l’inglese be, il lettone but e il persiano budan. Questa connessione linguistica evidenzia quanto alcune radici linguistiche siano condivise in tutto l’indoeuropeo, dimostrando una sorprendente continuità tra culture e lingue apparentemente distanti.
Nelle lingue dell’India settentrionale come l’Hindustani, il Punjabi, il Kashmiri, il Bengali, il Sindhi e altre, il concetto di bhoot è ampiamente utilizzato nell’idioma quotidiano. Ad esempio, l’espressione “essere cavalcati dal bhoot di qualcosa” (bhoot sawaar hona) significa avere un interesse ossessivo per quella cosa o lavorare incessantemente verso quell’obiettivo. Al contrario, “smontare da un bhoot” (bhoot utaarna) significa liberarsi da un’ossessione o superare una falsa convinzione che in precedenza era molto radicata.
Il termine bhoot ha anche lasciato il suo segno nel sud-est asiatico. È entrato nella lingua giavanese attraverso il sanscrito come buta, riferendosi generalmente a uno spirito malevolo o gigante demoniaco che infesta luoghi. Inoltre, viene utilizzato in genere nelle storie Wayang, come Buta Cakil (o Buto Cakil), per riferirsi a giganti malvagi. Nel mondo malese, la parola ha subito un’evoluzione per significare una creatura simile a un jinn, menzionata negli Annali malesi. Esiste una leggenda di una tale creatura che abita nelle pianure del fiume Perak con tratti simili, sebbene di dimensioni gigantesche, e questa leggenda ha dato il nome a una città nel nord della penisola malese chiamata Bota.
Caratteristiche dei Bootha
I Bhoota sono esseri mutaforma, capaci di assumere diverse forme di animali a loro piacimento, ma frequentemente si manifestano come figure umane. Tuttavia, è possibile riconoscerli dai loro piedi, che si presentano in una posizione invertita, un segno distintivo della loro natura spettrale. In virtù della sacralità o semisacralità attribuita alla terra nelle tradizioni del subcontinente indiano, i Bhoota fanno ogni sforzo per evitare il contatto con il suolo. Spesso si manifestano sospesi appena al di sopra della terra, talvolta con un solo piede a breve distanza dal terreno. Inoltre, i Bhoota non proiettano ombre e parlano con un suono dal timbro nasale.
Spesso si celano tra i rami degli alberi e prediligono indossare abiti bianchi quando appaiono. Alcune volte, i Bhoota infestano luoghi specifici, noti come bhoot banglas (ovvero i bungalow dei Bhoota), spesso associati a eventi in cui sono stati uccisi o che portano un significato profondo per loro.
Molte leggende di fantasmi nella regione combinano questi elementi. Ad esempio, narrano di protagonisti che, quando si trovano faccia a faccia con un Bhoota, non riescono a sfuggire o a reagire in modo appropriato. Invece, accettano involontariamente la compagnia del Bhoota, ad esempio, camminando con lui attraverso una foresta o addirittura offrendosi di dare un passaggio in macchina a un’apparentemente attraente donna bianca che aspetta sul ciglio della strada di notte, prima di rendersi progressivamente conto dei tratti inquietanti del compagno, come i piedi rovesciati o l’assenza di ombra alla luce della luna. La nota leggenda occidentale della Dama Bianca ha origine proprio nei Bhoota.
Si racconta che ai Bhoota piaccia il latte e per questo siano in costante ricerca e che una volta trovato non riescano a trattenersi e vi si immergano. Il consumo di latte contaminato dal Bhoota è considerato un mezzo comune attraverso il quale queste entità possono possedere gli esseri umani, un tema ricorrente nelle storie legate a essi.
Varianti del Bootha
I Bhuta (o Bhutam), sono una variante delle entità spirituali presenti nelle credenze e tradizioni dell’India, conosciute per rappresentare una vasta gamma di esseri, tra cui eroi divinizzati, creature feroci, divinità induiste e persino animali. Tuttavia, è importante notare che etichettarli come fantasmi o demoni rappresenta una semplificazione imprecisa, in quanto sono, in realtà, esseri di natura protettiva e benevola, anche se esistono racconti in cui hanno manifestato violenza e hanno provocato danni. Tuttavia, ciò non è rappresentativo della loro essenza intrinseca. La chiave per stabilire un rapporto positivo con i Bhuta sta nell’adorazione e nelle offerte, conosciute come Bhuta Aradhana.
L’adorazione dei Bhuta è un atto di rispetto e riconoscimento del loro ruolo nella spiritualità indiana. Attraverso questa pratica, le persone cercano di pacificare e onorare questi esseri, riconoscendo la loro importanza nel contesto della cultura e della fede. Le offerte fatte durante la Bhuta Aradhana possono variare, ma spesso includono cibi, fiori, incenso e preghiere.
Come difendersi da un Bootha
In numerose regioni indiane, si crede che i Bhoota siano spaventati dall’acqua e da oggetti in ferro o acciaio, pertanto detenere uno di questi oggetti offre una protezione contro di loro. Si ritiene che anche il profumo della curcuma bruciata possa tenerli alla larga, così come le fibre dell’erba apiacea bhutkeshi, spesso chiamata Capelli di Bhoota. Come in molte culture in tutto il mondo, si dice che invocare il nome di figure sacre e divinità possa allontanare i Bhoota. In alcune regioni, ci si avvale di un rituale che consiste nel spargere terra bagnata mescolata a polvere di curcuma bruciata come mezzo di protezione contro i Bhoota.
Secondo l’Induismo e tutte le religioni Dharmiche, si ritiene che l’anima non possa essere distrutta in alcun modo. Dato che i Bhoota sono considerati le anime perdute o afflitte di individui deceduti, gli esorcisti induisti non cercano di distruggerli, piuttosto eseguono un rituale basato sull’Atharva Veda chiamato atma-shanti. Questo rituale è essenzialmente una variante dello shraadh, che è un’osservanza in memoria dei defunti. L’atma-shanti viene condotto da coloro che si trovano perseguitati da un Bhoota, e attraverso questo rituale, si promette all’entità che si farà tutto il possibile per garantirne la rinascita o per portare a termine le sue opere rimaste incomplete. Queste azioni soddisfano i desideri del Bhoota e lo inducono a cessare di tormentare la sua vittima, ponendo fine alla sua persecuzione in modo permanente.