È motivo di delusione notare come molti blogger e studiosi del paranormale trattino marginalmente il fenomeno del fuoco fatuo, limitandosi a ripetere concetti noti con timidi accenni storici, forse per includere l’argomento nei loro elenchi senza realmente approfondirlo. Resta incerto se ciò derivi da una mancanza di conoscenza o da una sottovalutazione dell’interesse dei lettori.
Nel mio blog, ho scelto di esplorare anche quei fenomeni che personalmente considero non reali o di cui si pensa esista una spiegazione univoca, che sia essa folcloristica o scientista, ma sempre offrendo un’analisi dettagliata e significativa dal punto di vista storico e antropologico. Credo che affrontare un argomento significhi fornire un’esposizione completa e accurata. Leggere un articolo su Archaeus garantisce al lettore una comprensione globale dell’argomento trattato.
Con questa premessa, che sottolinea una certa critica, o meglio, una riflessione sui metodi di alcuni colleghi, vi invito a prepararvi per un’esplorazione approfondita e complessa del mondo del fuoco fatuo. Vi auguro una lettura coinvolgente!
Cos’è il Fuoco fatuo

Un fuoco fatuo appare come una piccola fiamma di tonalità blu o celeste, tipicamente vicino al suolo in luoghi come cimiteri, paludi e stagni nelle brughiere. Si crede che queste luminescenze siano generate dalla combustione di gas come metano e fosfano, derivanti dalla decomposizione di materia organica senza ossigeno. La produzione di luce durante una reazione chimica, chiamata chemiluminescenza, è responsabile della visibilità di questi fenomeni. Ma è davvero così? Continuate a leggerlo per scoprirlo!
Nel corso della storia, il fuoco fatuo è stato oggetto di leggende e miti. In diverse culture, veniva interpretato come manifestazione dell‘anima o di uno spirito. Questi fuochi, infatti, sono detti anche luci fantasma (o fiammelle spiritiche) e candele dei cadaveri (o fiammelle dei cadaveri).
I Penobscot, un popolo indigeno nordamericano, li definiscono creature di fuoco (o demoni di fuoco), spiriti che presagiscono la morte e che, secondo la leggenda, scremano il latte appena munto con le dita luminose. In alcune culture africane, queste apparizioni sono etichettate come fuochi della strega, ritenute manifestazioni di streghe in volo o segnali inviati per intimorire. Le spiegazioni scientifiche suggeriscono cause naturali come il gas di palude o fenomeni elettrici e magnetici, ma rimane anche la possibilità di una misteriosa “energia terrestre” non ancora identificata. Nell’ultimo paragrafo (le mie conclusioni) spiegherò cosa ne pensa davvero la comunità scientifica.
Come nasce il fenomeno folcloristico
Il fenomeno noto come fuoco fatuo è presente in molte storie popolari europee e viene chiamato con diversi nomi, come Jack-O’-Lantern (Jack della lanterna), lanterna del frate o hinkypunk. Nel nostro paese sono chiamati anche fiammelle o corpi santi, in analogia ai fuochi di sant’Elmo, ovvero bagliori elettrici che si verificano quando l’aria si ionizza sotto l’influenza di un campo elettrico intenso durante una tempesta e che in passato traevano in inganno i viandanti facendo loro credere di vedere una luce vacillante simile a quella di una lanterna.
In ambito letterario, il fuoco fatuo è spesso usato come simbolo di un sogno o un obiettivo irraggiungibile, o per descrivere qualcosa di misterioso o inquietante. Queste luci misteriose sono menzionate in storie e leggende di varie culture e paesi; tra gli esempi più noti ci sono la Luce di St. Louis in Saskatchewan, la Spooklight tra il Missouri e l’Oklahoma, le luci di Marfa in Texas, le sfere di fuoco Naga sul fiume Mekong in Tailandia, la luce di Paulding nel Michigan e la luce di Hessdalen in Norvegia.
Origini del Fuoco fatuo

Il termine fuoco fatuo ha origine dal latino fatuus che significa leggero, ma anche indovino. Gli antichi Romani soprannominarono “fatuello” il Dio Fauno che rendeva oracoli in una selva presso fiume Anio, volgarmente detto Teverone, dove vi era la fonte detta Albuna (o Albunea), nome di una Sibilla che si trovava lì con un libro in mano.
Nelle antiche narrazioni, il fuoco fatuo era spesso descritto come una piccola fiamma errante che infestava le aree vicino ai cimiteri o perseguitava i viandanti notturni nelle zone umide, conducendoli verso una fine inevitabile. Il suo movimento imprevedibile suggeriva l’esistenza di un’intelligenza maligna, spesso associata ad una creatura fatata o all’anima di un defunto, condannata a un’esistenza purgatoriale sulla Terra, in un’epoca di transizione tra credenze pagane e cristianesimo.
Folletti e fantasmi del Fuoco fatuo
In passato, soprattutto nei paesi anglosassoni, questi spiriti si manifestavano in molteplici forme e, a seconda della regione, erano chiamati con diversi nomi: Kit with the canstick, Joan the wad (spiriti che traevano in inganno i viaggiatori), The Lantern Man, Will o’ the Wykes, Peg-a-lantern, Jacky Lantern, e così via. Soprattutto questi ultimi hanno poi gettato le basi per le leggende del folklore inglese come Will-O’-the-Wisp e irlandese come Jack-O’-Lantern (Jack della Lanterna), il personaggio dalla testa di zucca illuminata, la cui storia ha origini irlandesi (celtiche) in cui un uomo spesso ubriaco di nome Jack, inganna il diavolo e, a causa dei suoi comportamenti riprovevoli, viene escluso sia dal Paradiso che dall’Inferno, costretto a vagare per l’eternità con solo la luce di una lanterna. Jack-O’-Lantern ha ispirato la festa di Halloween.
La storia di Will-O’-the-Wisp, invece, è originaria dello Shropshire, una contea cerimoniale situata nella regione delle Midlands Occidentali in Inghilterra, al confine con il Galles, ed è stata raccontata da Katharine Mary Briggs (1898-1980) nel suo An Encyclopaedia of Fairies (Un’enciclopedia delle fate) del 1976. Narra di un fabbro malvagio che, giunto alla fine della sua vita, riceve una possibilità di redenzione da San Pietro ma, incapace di cambiare, viene condannato a vagare sulla Terra con un pezzo di carbone ardente, che avrebbe dovuto guidarlo verso la redenzione. Tuttavia, Will utilizza il carbone per attirare le persone nelle foreste e nelle paludi, portandole alla morte per divertimento.

Per questi motivi, le leggende sul fuoco fatuo rientrano a pieno titolo nei cosiddetti presagi di morte, di cui ho ampiamente scritto.
Origini del nome Fuoco fatuo
Seppure il fuoco fatuo abbia una vaga origine latina dall’antica Roma, della leggenda legata agli spiriti burloni (e cinici) non vi è traccia, neppure nel Medioevo, tranne che per un accenno a leggende di quel periodo nell’antica Germania. Per risalire all’origine del fuoco fatuo, infatti, bisogna attingere dal quarto volume (di dieci) del Dizionario conciso delle superstizioni tedesche (titolo originale: Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens), un’opera di riferimento folcloristica pubblicata tra il 1927 e il 1942 dal folclorista svizzero Hanns Bächtold-Stäubli (1886-1941) con la collaborazione del suo collega Eduard Hoffmann-Krayer (1864-1936).




In quest’opera, infatti, troviamo per la prima volta il termine tedesco irrlicht che significa letteralmente luce ingannevole o luce vagante che, nel folklore tedesco, rappresentava lo spirito burlone e malizioso della natura stessa. La scelta di una traduzione latina era intesa a dare un’impronta di autorità e serietà al concetto tedesco. Nell’opera si fa riferimento sia al fuoco fatuo quale spirito dispettoso, sia alla già consapevolezza di un processo chimico:
«Gli irrlicht sono considerati anche spiriti inquietanti che portano fuori strada, il che si basa ovviamente sulla confusione con i fuochi fatui. (…) Gli alchimisti mettevano insieme anche i fuochi fatui e si vantavano della loro capacità di farli brillare alla luce del giorno.»
Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens (Band 4: Hieb- und stichfest – Knistern) del 1931/1932
Ma i riferimenti proseguono e viene citato un certo Jüdin (Giuda) detto “il maledetto”, le cui leggende si basano sull’idea che fosse stato condannato come persona malvagia e indegna e per cui si credeva che il suo spirito malvagio apparisse sottoforma di figura umana o come fuoco fatuo per tormentare i vivi.

Durante il periodo medievale in Germania, le modalità di sepoltura erano fortemente permeate dalle credenze religiose e culturali prevalenti. In generale, le persone ritenute malvage o peccatrici venivano trattate in modo differente rispetto a coloro considerati virtuosi. Prima del millennio, si credeva che le anime virtuose ascendessero al Paradiso, mentre quelle malvagie affrontassero il fuoco dell’Inferno. Non esisteva, all’epoca, un concetto di Purgatorio come spazio intermedio per coloro che non erano completamente perversi. Per questi motivi, le sepolture medievali erano spesso collocate nei dintorni delle chiese, caratterizzate dalla mancanza di iscrizioni sulle tombe. Tuttavia, per coloro considerati malvagi, le pratiche potevano essere più severe, come la sepoltura in luoghi non consacrati o addirittura il rifiuto di una sepoltura cristiana. Questo avveniva poiché si credeva che il luogo e il modo in cui veniva sepolto un individuo avessero un impatto sul suo destino nell’aldilà.
In alcune circostanze, le persone considerate malvage venivano sepolte con rituali che riflettevano la loro condotta in vita, come essere posti a faccia in giù, il posizionamento di pesanti pietre per impedire loro di tornare o la sepoltura al di fuori dei luoghi sacri, come incroci o luoghi isolati. Queste pratiche erano finalizzate a prevenire che le anime malvage disturbassero i vivi o trovassero pace, manifestando la paura e il desiderio di punizione che la società medievale associava ai comportamenti immorali.

Deve essere stato il caso del nostro Jüdin, che pur essendo stato sepolto come un uomo malvagio, c’erano testimonianze di sue apparizioni in forma umana che terrorizzava i viandanti.
Solo successivamente, intorno alla Germania del 1500, il fenomeno del fuoco fatuo cambiò nome divenendo irrwisch, parola che può essere interpretata proprio come fuoco fatuo, tant’è che il teologo tedesco Martin Lutero (1483-1546) iniziò a citarli nei suoi scritti dello stesso periodo. Quindi, il termine irrlicht nel folklore tedesco, non solo designava un fenomeno naturale, ma anche un’entità con caratteristiche quasi umane, capace di ingannare i viaggiatori conducendoli fuori strada. Questa associazione con l’inganno e la malizia rifletteva le credenze popolari dell’epoca, che vedevano nella natura forze nascoste e talvolta ostili all’uomo.
Ed è proprio dal termine irrwisch che deriva la locuzione inglese ignis fatuus, arricchendo il folklore europeo con un nuovo elemento misterioso e affascinante: il fuoco fatuo. Nel corso dei secoli, il fuoco fatuo è diventato un simbolo di ciò che è illusorio e ingannevole, mantenendo vivo il suo legame con le storie di spiriti e apparizioni.
Il Fuoco fatuo nelle diverse culture
Il fuoco fatuo, con la sua luce misteriosa e sfuggente, ha ispirato una miriade di storie e credenze in tutto il mondo. Questo fenomeno, che si manifesta come una fiamma tremolante o una luce evanescente, ha catturato l’immaginazione di molte culture, portando alla nascita di leggende e miti che si tramandano di generazione in generazione.
In ogni angolo del pianeta, il fuoco fatuo è diventato un simbolo del paranormale, un ponte tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti. In alcune culture, è visto come un presagio, un segno di avvertimento o un messaggero dell’aldilà. In altre, è considerato un guardiano di tesori nascosti, un indizio che guida gli avventurieri verso ricchezze sepolte.
La diversità dei nomi attribuiti al fuoco fatuo riflette la ricchezza delle interpretazioni culturali. Ogni denominazione porta con sé una storia unica, un insieme di credenze e pratiche che definiscono l’identità di un popolo. Queste storie non sono solo racconti fantastici; sono espressioni di valori, paure e speranze che si intrecciano con la vita quotidiana delle persone.
Attraverso questo viaggio nel folklore globale possiamo apprezzare come il fuoco fatuo sia più di un semplice fenomeno naturale. È un elemento della nostra storia collettiva, un filo che collega l’umanità attraverso i secoli e le culture, un mistero che continua a incantare e a stimolare la nostra curiosità.
Origini francesi del termine Fuoco fatuo
In Francia, il fuoco fatuo è chiamato feu follet ed è stato documentato per la prima volta in forma scritta intorno al 1491 come feu qui est fol, che si traduce in fuoco pazzo. Questa espressione è stata registrata in un almanacco pubblicato a Parigi, noto come Le Grand Calendrier et Compost des Bergers (1496), portato alla stampa grazie a Guidone Mercatore (in francese Guy Marchant), attivo a Parigi dal 1483 al 1504. Quest’opera non solo presentava rappresentazioni del feu qui est fol, ma includeva anche descrizioni e illustrazioni di vari fenomeni naturali che oggi risultano essere di complessa interpretazione, come chandelle ardant, feu montant, enticelles ardantes, chievres de feu saillantes, tra gli altri.
Le illustrazioni dell’almanacco erano ricche di dettagli e hanno influenzato le immagini nel testo filosofico Margarita philosophica, un’importante enciclopedia del tardo XV secolo del monaco e umanista Gregor Reisch (1467-1525), focalizzata sulla filosofia naturale, che dal 1503 utilizzava il termine ignis fatuus per descrivere il fuoco fatuo. Se il termine ignis fatuus faceva parte per lo più di una letteratura popolare, l’uso del termine fuoco fatuo faceva parte del folklore rurale.
L’origine del termine ignis fatuus è incerta, ma è stato usato in opere come il Compendium naturalis philosophiae dello studioso francescano Franciscus Titelmans (noto anche come Frans Hasseltensis, 1502–1537) e in un testo datato 1563 del predicatore William Fulke (1538-1589), dove è descritto come un fenomeno innocuo che spaventa i semplici. Questi riferimenti indicano un cambio di percezione da eventi soprannaturali a fenomeni meteorologici.




Nel 1838, François Jean Dominique Arago (1786-1853), noto fisico e astronomo, pubblicò Sur le tonnerre, un’opera che ha rappresentato un momento cruciale nello studio dei fuochi fatui e dei fulmini globulari.
I Fuochi fatui sono anime di neonati
In generale, nella tradizione popolare europea, si narra che le misteriose luci notturne siano in realtà anime di neonati che non hanno ricevuto il battesimo o che sono deceduti alla nascita, e che ora vagano tra il cielo e l’abisso.

Questa leggenda la possiamo trovare ad esempio nel Baliato di Guernsey, un’isola dipendente dalla Corona britannica, situata nel canale della Manica, di fronte alle coste nordoccidentali della Francia. Viene chiamato Feu Boulanger. Si dice che ci siano due modi per dare riposo a queste piccole anime: capovolgendo il proprio cappello (o mantello) o piantando un coltello nel terreno per permettere al Feu di liberarsi dalla sua maledizione.
Anche in Svezia si crede che queste luci siano manifestazioni delle anime di individui non battezzati, che tentano di attirare i viandanti verso l’acqua con la speranza di ricevere il sacramento del battesimo. Li chiamano Lygtemænd (folletti-lanterna). Talvolta questi folletti segnalerebbero la presenza di tesori nascosti nel sottosuolo o nelle acque, accessibili solo in presenza di tali luci. Per scoprire questi tesori, si riteneva necessario ricorrere a rituali magici o addirittura utilizzare la mano di un defunto.
Spiriti in cerca di redenzione e vampiri assetati di sangue
Così come abbiamo visto il Feu Boulanger nelle leggende nei dintorni della Manica, anche nella Louisiana, uno stato a sud-est negli Stati Uniti d’America, affacciato sul golfo del Messico, esiste una leggenda simile che prende il nome di fifollet o feu-follet (traendo origine dal vocabolario francese) e che si riferisce ad un’anima di un defunto che è stata rimandata nel mondo dei vivi per compiere un periodo di penitenza voluto da Dio.

Tuttavia, anziché seguire questo percorso redentivo, il fifollet sceglie di perseguitare gli esseri umani in cerca di vendetta. Sebbene le sue azioni siano generalmente considerate scherzi innocenti e senza malizia, si dice che in rare occasioni il fifollet possa manifestarsi in una forma più sinistra, arrivando persino a nutrirsi del sangue dei bambini, così come il più tradizionale dei vampiri.
In Argentina e Uruguay, il fenomeno prende il nome di luz mala (luce malvagia), un mito profondamente radicato e temuto, specialmente nelle campagne. Si manifesterebbe come una sfera di luce vivida della stessa luminiscenza del fuoco fatuo, librandosi vicino al suolo e, secondo le credenze locali, rappresenta uno spirito malefico che minaccia di rubare l’anima a chiunque osi avvicinarsi.
Spiriti di streghe e custodi di tesori
In Messico, il fenomeno è invece associato a streghe che assumerebbero la forma di tali bagliori. Esiste anche una credenza che vede queste fiammelle come segnali che indicano la presenza di ricchezze nascoste sottoterra, come oro o altri tesori, che si dice possano essere scoperti soltanto attraverso l’innocenza dei bambini. Queste manifestazioni luminose sono spesso chiamate luces del dinero (luci del denaro) o luces del tesoro (luci del tesoro), suggerendo la loro connessione con antiche leggende di prosperità sepolta e segreta, così come nel folklore finlandese.
Anche in Finlandia e in altre regioni nordiche, in cui i fuochi fatui hanno radici nella mitologia col nome di Aarnivalkea (conosciuti anche come virvatuli, aarretuli e aarreliekki), si pensava che il periodo iniziale dell’autunno fosse il momento propizio per la ricerca di fuochi fatui e dei tesori celati. Si supponeva che chi nascondeva un tesoro lo rendesse raggiungibile solamente durante il solstizio d’estate, marcando il luogo e il momento esatto con un fuoco fatuo, così da poterlo recuperare successivamente. Nel tempo la leggenda dei tesori sepolti e nascosti, si è orientata verso un’interpretazione meno legata allo spiritismo e oggi si dice che chi trova un seme di felce proveniente da una leggendaria felce fiorita, possa essere guidato da questo verso i tesori, ottenendo inoltre il dono dell’invisibilità. Poiché le felci in realtà non fioriscono e si riproducono per mezzo di spore situate sotto le foglie, la leggenda afferma che la felce fiorisca in occasioni estremamente rare.

Anime erranti sotto forma di fiammelle
In Giappone, il fenomeno del fuoco fatuo è noto come Hitodama (人魂, sfera umana), sfere di fuoco che vagano principalmente durante le ore notturne. Si attribuisce loro l’appellativo di anime erranti, suggerendo che siano spiriti liberatisi dalla carne mortale. Queste luci sono considerate presagi di sfortuna, con la credenza che chiunque le veda sia destinato a morire o a perdere qualcuno di caro in breve tempo.

Non è affatto vero quello che riportano alcuni articoli in cui gli sono associati al mito dei Kitsune, spiriti sia buoni e magnanimi che cattivi e maliziosi con poteri e l’abilità mutaforma, protagonisti di numerosi anime e manga, ma anche di spettacoli del teatro classico giapponese. Molto probabilmente la citazione è sbagliata, forse vogliono riferirsi ai kitsunebi. Secondo la ricercatrice giapponese Kimimori Sarashina, sono misteriose fiamme che, soprattutto nelle estati calde, appaiono facilmente quando il tempo cambia e diventa improvvisamente nuvoloso.
Le Aleya, invece, note anche come luci fantasma delle paludi, sono un fenomeno luminoso osservato nelle zone umide del Bangladesh e del Bengala occidentale. Queste fiammelle sono spesso collegate a manifestazioni di gas delle paludi che possono disorientare i pescatori, talvolta con conseguenze fatali. Nella cultura locale, si crede che questi fuochi fatui siano gli spiriti dei pescatori deceduti. Un fenomeno simile sembra apparire anche nelle notti scure nelle praterie di Banni e nel deserto del Rann di Kutch, seguendo il confine meridionale tra India e Pakistan. Le chiamano Chir batti, anche se il nome subisce variazioni nelle diverse regioni dell’India a seconda della cultura locale.
Anche in Corea, il fenomeno del fuoco fatuo, noto come dokkebi bul, è creduto come un essere soprannatutale con il potere ingannevole di disorientare i viandanti.
In Colombia, il fuoco fatuo è noto come la Bolefuego o la Candileja e incarna lo spirito di una nonna malvagia che ha cresciuto i suoi nipoti senza principi morali, trasformandoli in criminali. Per questo, nell’aldilà, sarebbe stata condannata ad errare per il mondo, circondata da piccole fiamme o trasformata in una fiammella stessa.
Fuochi fatui: folletti dispettosi

Nel sud-ovest dell’Inghilterra, i fuochi fatui sono conosciuti come Hinkypunk e rappresentano gli spiriti di coloro che sono morti per cause “soprannaturali”. Nel folklore gallese, invece, il fuoco fatuo non è uno spirito come nella tradizione inglese, ma è per lo più un folletto chiamato Pwca (o Púca, Pooka, Phouka), una creatura del folklore celtico delle Isole Normanne, ovvero le isole nel canale della Manica. I Pwca erano considerati portatori sia di buona che di cattiva sorte, potevano aiutare o ostacolare le comunità rurali e marine.
La leggenda narra che queste creature dalla pelliccia scura (anche se alcuni racconti li descrivono dal pelo bianco) cambiassero forma e potessero assumere anche l’aspetto di animali, quali cavalli, capre, gatti, cani e lepri. In alcuni casi i Pwca potevano anche avere una forma umana, ma sempre con qualche appendice animalesca, come la coda, le orecchie da cervo e, seppur raramente, descritti con le corna. Lo scopo di queste creature leggendarie era far perdere i viaggiatori nella nebbia e nelle paludi per condurli a morte certa.
Una leggenda simile la ritroviamo nella luce incantata nel Devon e in Cornovaglia, nota per trarre in inganno i viaggiatori, allontanandoli dai sentieri noti e sicuri per condurli nelle paludi. In Cornovaglia, il fuoco fatuo viene collegata alla Pixy-Light che, secondo le credenze antiche norvegesi, proteggeva le tombe, anche se spesso è associata ad uno spirito di un folletto dispettoso che assume la forma di un cavallo e si diverte a confondere gli altri cavalli con il suo nitrito, portandoli fuori rotta.
Serpenti mitologici e palle di fuoco stregate

(autore: SuperShota12)
Nel continente americano, il fuoco fatuo assume diverse forme e nomi, arricchendo il folklore di ogni regione con storie affascinanti e talvolta inquietanti. In Brasile, è conosciuto come Boi-tatá, un termine che deriva dall’antico Tupi, derivante da più lingue native americane parlate nell’America meridionale, e significa serpente di fuoco. Questa creatura leggendaria, con i suoi occhi ardenti, è quasi cieca durante il giorno, ma di notte la sua vista è acutissima. La leggenda narra che il Boi-tatá sia un’enorme serpente sopravvissuto a un diluvio biblico, che emerge dalle caverne per cacciare, prediligendo gli occhi delle sue prede, da cui trae la sua luminosità incandescente.

Nel Missouri, la misteriosa palla di fuoco di Hornet, segnalata sin dal 1866, è forse uno dei misteri più duraturi. Le leggende locali la collegano agli spiriti di nativi americani o a un minatore fantasma in cerca dei suoi figli rapiti. Nonostante le teorie che propongono spiegazioni naturali come i riflessi dei fari o fenomeni geologici, la palla di fuoco di Hornet continua a sfuggire a una comprensione completa, mantenendo vivo il suo mistero e il fascino che esercita sulle persone.
Infine, nella Repubblica di Trinidad e Tobago, uno stato insulare dell’America centrale caraibica, il fuoco fatuo è chiamato Soucouyant, che si traduce in “strega palla di fuoco”. Secondo la leggenda, questo spirito maligno, sotto le sembianze di una fiamma, penetra nelle abitazioni e si nutre del sangue delle sue vittime, così come il fifollet visto nei paragrafi precedenti.
Ogni interpretazione del fuoco fatuo riflette le paure e le speranze delle culture che lo hanno concepito, creando un mosaico di miti e leggende che attraversano il continente americano.
Il fenomeno el Fuoco fatuo in Italia
Durante il XVII e l’inizio del XVIII secolo, particolarmente in nazioni come l’Italia e l’Inghilterra, si registrano le opere di alcuni eruditi universitari. Questi pionieri della ricerca si impegnavano nell’analisi del fuoco fatuo e di altri fenomeni naturali rari, tentando di adottare un approccio scientifico. Il loro scopo era quello di svincolare questi eventi da un groviglio di aneddoti eterogenei, spesso ancorati a una spiritualità profondamente radicata e quasi arcaica.
In questa fase iniziale, la ricerca non si avvaleva ancora di una metodologia scientifica matura, come quella che si sarebbe affermata in epoche più moderne. Si limitava maggiormente a compilazioni di casi singoli, senza l’uso sistematico del metodo scientifico, soprattutto se confrontato con gli standard più avanzati di tempi successivi.

Il chimico bolognese Jacopo Bartolomeo Beccari (1682-1766) si dedicava all’esplorazione delle aree rurali di Calcarata e nei campi di Bagnara, alla ricerca dei misteriosi fuochi fatui, localmente noti come cularsi. Benché a quel tempo si pensasse che il termine cularsi derivasse dal nome di una certa specie di uccelli, è più verosimile che le sue radici affondino in un passato più remoto, legato alle tradizioni del folklore gallico e celtico. Spesso Beccari si spingeva fino ai pressi di Rio Verde, a circa quindici chilometri da Bologna, conosciuta per la sua natura rigogliosa e per essere un’oasi di relax alle porte della città, dove riferiva di una luce a forma di parallelepipedo con un angolo tronco.
Nelle zone dell’Appennino Tosco Emiliano, come Pietramala, il Passo della Raticosa, la Versilia e la Garfagnana, sono note per il misterioso fenomeno del fuoco fatuo. Secondo le storie popolari, i viandanti che passavano vicino al Passo della Raticosa vedevano delle piccole fiamme danzanti sui campi e, pensando fossero segnali di pastori, le seguivano. Queste li conducevano spesso verso pericoli nascosti, come acquitrini o precipizi, e per questo la zona veniva chiamata Bocca d’Inferno.
A Vagli Sotto, in provincia di Lucca, si racconta di un fabbro che, per la sua avarizia, fu condannato a vagare eternamente con un tizzone ardente, attirando i viaggiatori nelle foreste per imprigionarli. Un’altra storia narra di un proprietario terriero che, inseguito dai fuochi fatui, decise di redimersi e di riportare la pace nella sua terra.

Le leggende sono numerose e variegate, come quella del cimitero Mensoli a Montalbino (frazione nel comune di Montespertoli, a Firenze), dove si diceva che i fuochi fatui fossero gli spiriti dei morti. Un gruppo di uomini, per sfidare questa credenza, inviò uno di loro, noto per la sua codardia, a piantare un chiodo nel muro del cimitero di notte. Il mattino dopo, lo ritrovarono morto, inchiodato al muro con lo stesso chiodo, forse vittima della sua stessa paura mentre cercava di scappare.
Queste storie sono solo una piccola parte del ricco patrimonio di leggende legate al fuoco fatuo presenti in tutta Italia.
Earth Lights, i Fuochi fatui alieni
Fin dalla seconda metà del 1600, in regioni del pianeta distanti tra loro, sono stati segnalati fenomeni luminosi, a volte sferici o di forme insolite, che si spostano vicino al suolo, in particolare su colline, montagne, vicino a corsi d’acqua, edifici religiosi o cimiteri. Questi fenomeni, spesso legati a credenze popolari e spiriti maligni, tendono a manifestarsi per lunghi periodi in luoghi specifici, tanto da ricevere nomi locali distinti. Tradizionalmente chiamati luci fantasma, sono molto simili ai fuochi fatui, ma con cause e manifestazioni ancora parzialmente sconosciute.
Questi fenomeni sono stati raggruppati sotto il termine Earth Lights (con l’acronimo EL) negli anni Ottanta del secolo scorso dal ricercatore e giornalista televisivo Paul Devereux, e hanno suscitato l’interesse di alcuni ufologi e scienziati, che dal 1975 hanno iniziato ad analizzarli con metodi geochimici, geofisici e fisici atmosferici. Nonostante ciò, la comunità scientifica mostra poco interesse per le EL, e persino tra gli ufologi c’è scetticismo sulla loro rilevanza. L’ufologo statunitense Jerome Clark, ad esempio, non le tratta nella sua enciclopedia, ma le discute criticando le teorie del neuroscienziato Michael Persinger (1945-2018) e dello stesso Devereux. Le Earth Lights potrebbero indicare fenomeni fisici ancora sconosciuti, e sebbene sia necessaria cautela, potrebbero portare a scoperte significative per la scienza.




Gli ufologi affrontano pregiudizi che ostacolano la comprensione degli UFO (Unidentified Flying Object o Unknown Flying Object), come la visione delle osservazioni come eventi casuali o la mancanza di fiducia nelle rilevazioni strumentali. Un approccio multicausale e un’analisi attenta delle prove sono necessari per superare questi pregiudizi e evitare teorie totalizzanti come quelle di Persinger sulle basi neurofisiologiche degli UFO (o, in italiano, OVNI: Oggetto Volante Non Identificato).
Le fiammelle di Berbenno
Un caso emblematico e ampiamente documentato di questi fenomeni lumimosi è quello che si è verificato a Berbenno di Valtellina, un pittoresco paese situato a soli undici chilometri da Sondrio, vicino al confine meridionale delle Alpi svizzere. Tra il 1877 e il 1920, sebbene le date esatte siano incerte, diverse località di questo comune, all’interno di un’area relativamente ristretta, sono state teatro di una straordinaria sequenza di manifestazioni luminose battezzate come le fiammelle di Berbenno.
Dalla fine del XIX secolo, importanti resoconti sul fuoco fatuo o, come in questo caso, di Earth Lights, furono documentati in pubblicazioni italiane di metapsichica e scienze naturali, tra cui la Rivista di Studi Psichici e l’Archivio di Psichiatria. Queste fonti di alta qualità hanno permesso di esplorare la natura straordinaria di tali eventi. Tre figure chiave hanno contribuito significativamente a questa conoscenza.

L’antropologo di fama Cesare Lombroso (1835-1909) si dedicò allo studio di Berbenno e di fenomeni analoghi. Parallelamente, monsignor Carlo Fabani (1858-1906), che era originario di Morbegno, un comune vicino al sito delle manifestazioni di luci misteriose, essendo un appassionato naturalista e membro attivo di numerose società scientifiche, si occuò del caso.. Come parroco della parrocchia limitrofa di Valle di Morbegno, si impegnò in ricerche approfondite sul campo per diversi anni, studiando gli enigmatici fenomeni di Berbenno con grande dedizione e rigore scientifico.
Lo stesso fece anche un certo Giuseppe Galimberti; non si conoscono informazioni su chi fosse e di sicuro non si tratta dell’omomimo pittore milanese che si cita perché al tempo delle fiammelle di Berbenno aveva solo cinque anni. Quello che si appura è che si sarebbe distinto per essere il pioniere nella documentazione degli eventi di Berbenno, fornendo un dettagliato resoconto e arricchendo la letteratura con una vasta gamma di dettagli. È strano, però, che un personaggio così determinante sia ad oggi uno sconosciuto.
Queste EL, che variavano in numero e colore, si muovevano controvento e rimanevano visibili per ore, sfidando le spiegazioni convenzionali del fuoco fatuo.

Recentemente, l’astrofisico italiano Massimo Teodorani ha approfondito lo studio dei fenomeni luminosi, pubblicando nel 2003 un libro che raccoglie i suoi articoli sull’argomento dal 1994. Ha anche collaborato con l’ufologa Jennifer Jarvis in un progetto chiamato Orbwatch per monitorare le presunte luci notturne ricorrenti sulle sponde meridionali del lago Ontario, un fenomeno osservato sistematicamente dal 1997.
In Italia, fenomeni simili al fuoco fatuo sono stati documentati a Busso, in Corsica, e a Sanremo, in Liguria. A Busso, intorno al 1911-1912, testimoni hanno descritto le luci come grandi lanterne bluastre o bianche, visibili per tutta la notte e indipendenti dal vento. Queste luci, secondo la leggenda di quelle zone, sarebbero l’anima inquieta del conte di Busso.
A Sanremo, nel 1627, potenti luci sono state osservate da migliaia di persone e indagate dalle autorità religiose con metodi sorprendentemente moderni e laici. Le testimonianze descrivono le luci come grandi torce o piccoli soli, spesso in gruppo e visibili per ore. Un esperimento di psicologia della percezione ha confermato che queste luci erano diverse dai fuochi naturali. Questi casi storici di fenomeni luminosi offrono un affascinante spaccato di eventi che mescolano il naturale con l’inspiegabile, meritevoli di ulteriori analisi.
Per questo paragrafo ringrazio WikiUfo.org, l’enciclopedia online, in lingua italiana e basata sullo standard Wikipedia, dedicata a UFO ed ufologia.
Altri noti fenomeni di massa
Un altro fenomeno del fuoco fatuo ha interessato anche la regione del Midwest degli Stati Uniti d’America, nello specifico nel Missouri. Si è trattato di fuochi fatui di massa dal colore giallo-arancione che sono apparsi di notte e che hanno portato nella zona molti curiosi turisti. Il fenomeno, infatti, pare riproporsi ancora oggi, tanto da diventare un punto di riferimento locale, con osservazioni che vanno dal tramonto all’alba. Nonostante le indagini, queste luci note come fuochi di Joplin, non hanno ancora trovato una spiegazione definitiva.

Fenomeni analoghi si sono verificati in Texas, ribattezzati le luci fantasma di Marfa e sono state avvistate per la prima volta nel 1883. Considerate tra i fenomeni più affascinanti e dibattuti della regione, queste luci, che si manifestano a sud-ovest delle Montagne Chinati, vicino a Marfa per l’appunto, sono descritte come sfere luminose che rimbalzano o si muovono rapidamente sul terreno. La loro natura giocosa e i movimenti imprevedibili hanno portato molti a speculare su possibili cause soprannaturali o extraterrestri, nonostante le ipotesi scientifiche che le attribuiscono a fenomeni atmosferici o riflessi di luce.
Anche in Colorado sono stati avvistati fuochi fatui di massa, noti come le fiammelle di Silver Cliff, fuochi di colore blu che emergono in un vecchio cimitero di minatori dal 1880 e hanno stimolato la curiosità e l’immaginazione di molti testimoni. Anche se alcuni hanno suggerito che potrebbero essere riflessi di lampioni stradali, la comunità locale ricorda di averle viste ben prima dell’installazione dell’illuminazione moderna.
Infine, anche nella foresta nazionale di Pisgah vicino a Morganton, nella Carolina del Nord occidentale, si sono avvistati fenomeni di massa che presentavano un comportamento più limitato e una varietà di colori. Sono conosciuti come le luci di Brown Mountain e si osservano dal 1913. Anche in questo caso, le spiegazioni variano da cause naturali come gas di palude e rifrazioni di luce a teorie più mistiche, ma non vi è alcuna spiegazione scientifica ufficiale del fenomeno, anche se potrebbe essere naturale.
Conclusioni (Il Fuoco fatuo è stato davvero risolto dalla Scienza?)
Il fenomeno del fuoco fatuo continua a essere avvolto nel mistero e non ha ancora trovato una spiegazione scientifica definitiva. Il CICAP, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (fondato nel 1989) si impegna a promuovere l’indagine scientifica e critica su argomenti controversi come le pseudoscienze, il paranormale e i fenomeni inspiegabili, con l’intento di diffondere un approccio razionale e lo spirito critico. Il CICAP ha confermato che, nonostante le numerose indagini, il fuoco fatuo rimane un enigma.
Luigi Garlaschelli, chimico e divulgatore scientifico di rilievo e membro del CICAP, ha evidenziato in un articolo del 2000, che nessuno è mai riuscito a catturare, analizzare o riprodurre un fuoco fatuo in laboratorio, e che la letteratura scientifica sull’argomento è estremamente limitata. Di conseguenza, l’idea che il fuoco fatuo sia causato dall’ossidazione di gas quali fosfina (PH3), difosfano (P2H4) e metano (CH4), che si generano durante la decomposizione di materiale organico, è stata categoricamente smentita. Ecco quanto riporta in sintesi l’articolo:
«Nessuno, fino ad oggi, ha mai catturato, analizzato o riprodotto in laboratorio un fuoco fatuo, e la letteratura scientifica sull’argomento è quasi nulla.»
dall’articolo (su cicap.org) “Fuochi fatui” di Luigi Garlaschelli (18-10-2000)
Non esistono analisi scientifiche che confermino questa teoria, e quindi, la mancanza di prove concrete ha portato alcuni a speculare su origini più esoteriche, legate al folklore dei fantasmi o a ipotetiche energie extraterrestri. Tuttavia, senza dati empirici a supporto, queste teorie non possono essere validate scientificamente.
Perché si crede che provenga dalla decomposizione di materia organica?

La credenza che il fuoco fatuo sia il risultato della combustione di gas come metano e fosfano, derivanti dalla decomposizione di materia organica senza ossigeno, deriva dall’antica Cina, nella quale si credeva che la fiammella fosse il risultato del sangue versato sul terreno durante le battaglie e che diventava fosforescente a causa di processi chimici.
Il filosofo Wang Ch’ung (27-97 d.C.), nella sua opera Lun-heng (80 d.C.), un lavoro trentennale che contiene saggi critici sulla scienza naturale, la mitologia cinese, la filosofia e la letteratura, sostiene che il fenomeno del fuoco fatuo sia dovuto alla decomposizione dei corpi.
La prima descrizione del fuoco fatuo come processo di combustione è menzionato con il logogramma (carattere cinese) 粦 (lín), attestato fin dalle ossa oracolari della dinastia Shang (ca 1675-1046 a.C.), la seconda dinastia cinese più storica, che regnò sulla Cina nordorientale, nella valle del Fiume Giallo. Nella documentazione è raffigurata una figura dalle sembianze umane circondata da punti che presumibilmente rappresentano le “luci splendenti” del fuoco fatuo. Shen Kuo (沈括S, 1031-1095), un eclettico maestro in molti campi di studio tra cui matematica, ottica e orologeria, menzionò il fenomeno del fuoco fatuo nei suoi Saggi sulla piscina da sogno, composto da circa 507 saggi separati che esplorano una vasta gamma di argomenti, raccontando di «una luce brillante che per oltre un decennio apparve in una palude e poi scomparve in un lago», dando vita a leggende e costruzioni dedicate alla sua osservazione.




Inoltre, la concezione che i gas naturali siano all’origine del fuoco fatuo è anche documentata a partire dal 1569, come citato negli scritti del teologo svizzero Ludwig Lavater (1527-1586) e, successivamente, da Alessandro Volta il quale, nel 1776, avanzò l’ipotesi che le interazioni tra i fulmini e il gas metano emesso dalle zone umide potrebbero spiegare il fenomeno. Questa teoria, tra l’altro, fu appoggiata sia dal chimico e filosofo inglese Joseph Priestley (1733-1804) nella sua opera Experiments and Observations on Different Kinds of Air (1755), sia dal fisico francese Pierre Bertholon de Saint-Lazare (1741-1800) nel suo trattato De l’électricité des météores (1787).
In passato, l’idea che il fuoco fatuo fosse generato da gas emessi dalle paludi era oggetto di scetticismo. Gli oppositori sollevavano dubbi sulla possibilità che questi gas si incendiassero da soli, notavano la mancanza di calore in alcune manifestazioni e trovavano insolito il modo in cui le luci sembravano allontanarsi se avvicinate. Inoltre, c’erano confronti con i fulmini globulari, anch’essi talvolta associati ai fuochi fatui. Un esempio di questa critica si trova nell’articolo Folk-Lore from Buffalo Valley apparso nel Journal of American Folk-Lore del 1891, scritto dall’archeologo americano John G. Owens (1865-1893).
Conclusioni
Il fuoco fatuo resta uno di quei fenomeni che, anche se incasellati in una definizione scientifica, continuano a sottrarsi completamente alla chiusura del discorso. Ce lo siamo spiegati, sì… ma solo in parte. E anche quella parte, se vogliamo dirla tutta, poggia su basi più deboli di quanto molti “esperti” vogliano ammettere.
La mancanza di analisi scientifiche concrete sul fenomeno è un nodo cruciale. E lo dico senza mezzi termini, perché è proprio questa lacuna che alimenta la mia polemica nei confronti di chi si proclama esperto di paranormale e poi finisce per ripetere – spesso con un tono di granitica certezza – informazioni raffazzonate, non verificate, riciclate da fonti discutibili. Un’abitudine tanto diffusa quanto dannosa, che denuncio fin dall’inizio di questo articolo. Perché se da un lato il fuoco fatuo è stato ampiamente “catalogato” per comodità, dall’altro il mistero resiste, e chi vuole parlarne dovrebbe avere il buon senso di riconoscerlo.
Certo, oggi le segnalazioni sono sempre più rare. Ma siamo sicuri che il fenomeno stia davvero scomparendo? Alcuni lo attribuiscono alle casse ermetiche usate nelle sepolture moderne o alla bonifica delle paludi. Può darsi. Ma sappiamo bene che né i cimiteri sono tutti uguali, né tutte le zone umide sono diventate parchi giochi o centri commerciali. Forse, molto più banalmente, abbiamo smesso di stare fuori la notte, nei luoghi dove un tempo si osservavano queste strane luci. Abbiamo smesso di guardare.
Eppure, il fuoco fatuo continua ad accendere qualcosa in noi. Una scintilla di curiosità, di stupore, di meraviglia vera. È uno di quei fenomeni che ci obbliga a interrogarci su come costruiamo il nostro sapere, su quanto davvero vogliamo capire – e quanto invece vogliamo solo riempire un vuoto con una spiegazione qualsiasi, purché rassicurante.
In fondo, non tutto deve per forza avere una risposta definitiva. E forse è proprio lì il bello. Il fuoco fatuo non illumina solo le paludi: illumina le nostre abitudini mentali, le zone d’ombra della nostra conoscenza, e soprattutto il bisogno tutto umano di raccontare, cercare, mettere in discussione. Anche quando la scienza sembra aver già chiuso il caso con una nota a piè di pagina.
Bibliografia:
- De spectris, lemuribus et magnis atque insolitis fragoribus (1569) di Ludwig Lavater (1527-1586);
- The Denham Tracts (1846-1859) di Michael Aislabie Denham (1801-1859);
- Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale Vol. 1 (1881);
- Rivista di Studi Psichici (1896) vol. 4;
- An Encyclopedia of Fairies: Hobgoblins (1976) di Katharine Mary Briggs (1898-1980);
- Handbook of Unusual Natural Phenomena (1977) di William Roger Corliss (1926-2011);
- The Encyclopedia of Ghosts and Spirits (1992) di Rosemary Ellen Guiley (1950-2019);
- The Encyclopedia of Ghosts and Spirits (1992) di Rosemary Ellen Guiley (1950-2019);
- Remarkable Luminous Phenomena in Nature (2001) di William Roger Corliss (1926-2011);
- Encyclopedia of Occultism and Parapsychology (2001) di John Gordon Melton;
- The Haunted Abbot: A Mystery of Ancient Ireland (2004) di Peter Tremayne;
- Element Encyclopedia of the Psychic World (2010) di Theresa Cheung;
- Leggende italiane (2023) di Marina Sarracino.