Fantasmi nell'Antico Egitto

Oltre la Morte: i Fantasmi nell’Antico Egitto

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Il Ritorno degli Spiriti

Le credenze e le pratiche legate all’aldilà nell’antico Egitto presentano una complessa evoluzione attraverso la storia millenaria di questa civiltà. Sebbene le credenze possano variare nel tempo e nelle diverse regioni dell’antico Egitto, alcuni temi comuni persistono attraverso i secoli.

Uno di questi temi ricorrenti riguarda il ruolo dei beni e delle offerte nella vita dopo la morte. Inizialmente, si credeva che i defunti dovessero essere sepolti con un assortimento di beni, che sarebbero stati portati con loro nell’aldilà. Secondo il libro Religion and Magic in Ancient Egypt (2002), questa pratica includeva la disposizione di offerte alimentari regolari sulla tomba del defunto, allo scopo di nutrire la sua forma spirituale. Tuttavia, con il passare del tempo e l’aumento del numero di defunti, l’idea di dover visitare costantemente tutte le tombe per lasciare cibo per gli spiriti dei propri cari si rivelò un onere insostenibile.

Alcune persone risolsero questo problema pagando preti devoti che si occupassero a tempo pieno di questo compito. Altri, invece, utilizzavano iscrizioni cariche di magia per fornire cibo ai loro cari defunti per l’eternità. Questo sottolinea l’importanza dell’offerta di cibo e del sostegno spirituale nell’aldilà, anche se le pratiche variano in base alle risorse e alle convinzioni individuali.

Ushabti a nome di Ramesse IV (XX dinastia) conservata al Louvre di Parigi
Ushabti a nome di Ramesse IV (XX dinastia) conservata al Louvre di Parigi

Oltre alle offerte alimentari e ai beni funerari, vi era anche la questione del lavoro nell’aldilà. Gli antichi egizi credevano che, nell’Oltretomba, i defunti sarebbero stati chiamati a svolgere compiti e lavori simili a quelli della loro vita terrena, come la raccolta del grano. In periodi successivi, emerse la pratica di seppellire i morti con piccole figurine umane, comunemente chiamate ushabti (o shabti), che avrebbero rappresentato i servi del defunto nell’aldilà, pronti a svolgere ogni incarico a lui affidato. Questi ushabti erano considerati una sorta di forza lavoro spirituale.

Tuttavia, è importante notare che in epoche precedenti, questa pratica aveva una dimensione più oscura. Secondo quanto riportato in un articolo sul sito web dell’American Society for Overseas Research, i primi faraoni erano accompagnati nella tomba da sacrifici umani. Questi riti erano parte di una credenza che richiedeva la presenza di persone reali nell’aldilà per servire il faraone defunto. Questi sacrifici umani costituivano una manifestazione estrema delle credenze legate al lavoro nell’aldilà, che si sono poi evolute in pratiche più simboliche e meno cruente con l’uso delle figurine ushabti.

In sintesi, le credenze sull’aldilà e sugli “spiriti umani” nell’antico Egitto sono caratterizzate da una complessa evoluzione nel corso della sua lunga storia. Mentre alcune tradizioni come le offerte di cibo e l’impiego di ushabti persistono come temi comuni, le pratiche e le credenze si sono adattate e modificate nel corso dei millenni, riflettendo la complessità dell’antica cultura egizia.

Lettere ai morti

Le persone dell’antico Egitto avevano molteplici modi per entrare in contatto con i propri cari defunti e chiedere il loro aiuto o assistenza. Sebbene molte storie riguardino fantasmi che apparivano direttamente davanti a una persona, questa non era l’unica modalità di comunicazione tra i vivi e i morti. Come sottolineato in un articolo pubblicato sul sito web della University College di Londra, c’era una pratica diffusa di scrivere Lettere ai Morti. Queste lettere erano un mezzo attraverso il quale i parenti sopravvissuti potevano rivolgersi alle loro controparti decedute, chiedendo favori o esprimendo affetto e preoccupazione. Mentre poteva sembrare un’enorme richiesta per gli spiriti, il fatto che ricevessero queste lettere implicava che erano considerati potenti e degni di attenzione.

Lettere ai Morti

Inoltre, la ricezione di queste lettere poteva indicare che lo spirito defunto aveva condotto una vita adeguata nell’aldilà e aveva guadagnato un certo status spirituale, il che gli avrebbe permesso di presentare il caso davanti ad entità spirituali più potenti. Questa pratica era comune in Egitto e si estendeva per migliaia di anni, dimostrando quanto fosse radicata nella cultura egizia.

Le Lettere ai Morti avevano un formato generale che iniziava con alcune chiacchiere, spesso riguardanti il benessere dell’autore della lettera e notizie sulla vita quotidiana. Successivamente, l’autore della lettera avrebbe avanzato la richiesta, che poteva variare da richieste relative alla salute di una persona, speranze per la nascita di un bambino (spesso maschio) o assistenza in questioni legali. Queste richieste riflettevano le preoccupazioni e i bisogni dei vivi, che cercavano il sostegno dei propri cari defunti nell’aldilà.

I fantasmi nell’Antico Egitto: minacciosi e vendicativi per i Vivi

Mentre alcuni fantasmi nell’antico Egitto sembravano manifestarsi solo per chiedere aiuto o esprimere la loro tristezza, altri avevano una disposizione più irascibile. Gli antichi egizi potevano attribuire i disastri e le sfortune del mondo reale alle attività di questi invisibili ma irrequieti spiriti, convinti che gli spiriti vendicativi potessero causare problemi ai vivi.

Prendiamo, ad esempio, un uomo sfortunato vissuto attorno alla XX dinastia durante il Medio Regno. Anche se la sua situazione specifica rimane oscura, è evidente che stava attraversando tempi difficili. Come riportato nel libro The Attitude of the Ancient Egyptians to Death and the Dead (letteralmente traducibile in L’atteggiamento degli antichi egizi nei confronti della morte e dei morti) del 1935, scritto dall’egittologo britannico Sir Alan Henderson Gardiner (1879-1963), l’uomo sfortunato si lamerntò chiedendo cosa mai avesse fatto di male per essere così tanto perseguitato dalla malasorte; dopotutto affermava di essere stato un marito amorevole e fedele durante la sua vita e di non essere mai “entrato in una casa straniera”.

Ma dopo la sua morte, lo spirito di questo uomo aveva evitato accuratamente quelle “cattive case” (bordelli) per anni, nonostante ritenesse che non fosse giusto che una persona come lui dovesse farlo. Non è del tutto chiaro quale danno si aspettasse che la sua defunta gli moglie avesse inflitto, ma era chiaramente una questione seria e aveva a che fare con una serie di sventure che dovevano essergli capitate.

Le Lettere ai Morti costituiscono un corpo di antichi testi egizi che abbracciano un ampio periodo, spaziando dall’Antico Regno al Periodo Tardo. Queste lettere rappresentano un modo unico e straordinario attraverso cui gli antichi egizi comunicavano con i loro cari defunti, chiedendo il loro aiuto o intercessione per affrontare problemi e sfide nella vita terrena, che potessero riguardare questioni di eredità, malattie o fertilità. Queste lettere sono state rinvenute su una vasta gamma di supporti materiali, che includono ciotole, figurine, tessuti di lino, papiro, giare, ostraca e stele di pietra. La diversità di supporti testimonia l’ampia diffusione di questa pratica e la sua profonda radicazione nella cultura egizia.

Sia uomini che donne potevano essere i mittenti o i destinatari di queste lettere, e i testi generalmente seguivano una struttura comune:

  • Rivolgersi al defunto per nome, spesso incluso il suo titolo e la parentela con il richiedente.
  • Un saluto al defunto, spesso formulato come un’offerta, un augurio o un’invocazione.
  • L’esposizione del problema specifico, spesso legato a questioni ereditarie, malattie o fertilità.
  • Una richiesta per ottenere il risultato desiderato.

Risulta difficile stabilire il numero esatto di queste lettere, con stime che variano da diciannove a ventiquattro. Molte di esse hanno una provenienza sconosciuta, ma quelle conosciute sono state spesso rinvenute in cimiteri e tombe egizie. Ve ne presento alcune.

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