Tavola Ouija

Tavola Ouija: tra falsi significati e autentici segreti da scoprire

34 minuti di lettura

La vera origine del nome OUIJA

La scoperta di uno storico collezionista

Come abbiamo già visto qualche riga più in lato, Ouija non significa Sì in francese e Sì in tedesco e ha anche una sua precisa pronuncia. Quindi da dove deriva quel nome? Ancora una volta la storia ci viene in aiuto per dipanare ogni dubbio a riguardo. Questa storia ce la racconta Robert Murch, il più importante collezionista, storico ed esperto a livello mondiale della tavola Ouija.

Nel 2011, Murch scoprì una serie di articoli sul Baltimore Sun e una serie di lettere scritte da Charles Kennard, il fondatore della società che diede i natali alla tavola Ouija, dove racconta come si arrivò a quel nome.

Baltimore Sun - Tavola Ouija - Archaeus, studio e ricerca sul paranormale
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Tutto risale al 1890, quando Kennard riunì i soci investitori per produrre la nuova tavola “parlante” sulla scia del movimento spiritista che si diffondeva rapidamente. La Kennard Novelty Company non aveva ancora un nome e il 25 aprile di quell’anno, Kennard si trovava in una pensione di Baltimore con l’investitore Elijah Bond e la cognata di questi, Helen Peters Nosworthy. Decisero di chiedere all’intero consiglio se avessero qualche idea sul nome. Helen era una donna colta e benestante e, secondo la descrizione in alcune lettere di Bond, era anche un’ottima sensitiva. Questo ha portato a rafforzare la leggenda che fu la tavola a indicare “Ouija” alla domanda che Bond, sua cognata e Kennard posero mentre tenevano le dita sulla planchette della tavola “parlante”.

Il consiglio avrebbe chiesto cosa mai significasse quel nome  e loro avrebbero risposto: “Buona Fortuna!”. Durante quella seduta, Kennard ricorda che Helen mostrò loro un medaglione della sua collanina, dove vi era raffigurata una donna il cui nome scritto più in basso era Ouija; quindi chiesero a Helen se durante la sessione avesse pensato a quel nome, ma lei negò.

Questa è stata indubbiamente una grande trovata pubblicitaria per assicurare che la tavola in questione rispondesse in qualche modo alle domande poste. La verità, però, è un’altra!

Ouija è il risultato di nome letto male

Maria Louise Ramée in arte Ouida (fonte: immagine di Pubblico dominio) - Tavola Ouija - Archaeus, studio e ricerca sul paranormale
Maria Louise Ramée in arte Ouida

Semmai fosse vero che la tavola rispose OUIJA alla richiesta del suo nome, qualcuno doveva aver guidato volontariamente la planchette sulla tavola, affinché apparisse il nome che tutti oggi conosciamo. A farlo non poteva di certo essere stata Helen Peters, perché sapeva bene cosa ci fosse scritto in quel suo medaglione. La donna raffigurata era Maria Louise Ramée (1839-1908), una nota scrittrice britannica di romanzi rosa e di avventura, impegnata come attivista per i diritti delle donne e usava lo pseudonimo OUIDA (deformazione infantile del nome Louise) per firmare le sue opere letterarie.

Era così nota che persino la regina Vittoria del Regno Unito (1819-1901) era una sua grande estimatrice e venivano stampati medaglioni con il suo volto e la sua firma. Quindi sicuramente sotto la sua immagine nel medaglione della Peters non c’era scritto OUIJA, bensì OUIDA. Se noi proviamo a eliminare la linea verticale della lettera D, il nome che leggeremo sarà OUIJA (come potete vedere nella GIF animata qui di seguito riportata).

Da OUIDA a OUIJA - Tavola Ouija - Archaeus, studio e ricerca sul paranormale
Da OUIDA a OUIJA (GIF Animata creata da Archaeus.it)

È chiaro, dunque, che quel nome stampato o inciso nel medaglione della Peters, era OUIDA e che qualcuno dei due (Bond o Kennard) deve aver letto male e quindi ha guidato la planchette sulla J anziché sulla D. Helen Peters non poteva aver sbagliato, perché la J e la D si trovano sui lati opposti della tavola. Quel “Good Luck” (ovvero, Buona Fortuna) fu spiegato da Kennard, quindi ha collegato il medaglione portafortuna alla frase “Buona fortuna”. Che sia stato lui a muovere la planchette sulla J? Difficile dirlo, perché poteva averlo fatto anche lo stesso Bond che riferiva i poteri sensitivi della cognata.

Helen Peters, la donna chiave del successo della tavola Ouija

Comunque sia, Helen Peters, che era anche un’azionista della società, accompagnò il cognato Bond all’ufficio brevetti per aiutarlo a ottenere il brevetto del nome. Quel brevetto fu respinto, non solo dall’ufficio di Baltimora, ma anche da quello a Washington DC, perché non c’erano prove dei poteri sensitivi della Peters. Dopo alcune pressioni, il brevetto venne rilasciato. Helen Peters, però, dovette lasciare la società per via di una grande faida nella sua famiglia a causa della scomparsa di una preziosa collezione di bottoni del periodo risalente alla Guerra Civile.

Nonostante le scrupolose indagini del consiglio di amministrazione, il ladro non venne mai identificato. Con l’uscita della Peters dalla società, venne nominato un altro membro della famiglia al suo posto. Questa triste vicenda portò ad un’inevitabile rottura dei rapporti familiari. Helen Peters, non solo rinnegò la tavola Ouija, ma avvertì altri a non usarla perché le sue risposte erano false; evidentemente si riferiva allo stesso nome che qualcuno aveva guidato attraverso la planchette.

A sinistra un foto ritratto di Helen Peters (fonte: Talking Board Historical Society) e
a destra il ritratto disegnato dal marito di Helen, Ernest Nosworthy (fonte: robertmurch.com) - Tavola Ouija - Archaeus, studio e ricerca sul paranormale
A sinistra un foto ritratto di Helen Peters (fonte: Talking Board Historical Society) e
a destra il ritratto disegnato dal marito di Helen, Ernest Nosworthy (fonte: robertmurch.com)

Un anno più tardi Helen Peters sposò l’attore inglese Ernest Nosworthy, il cui ritratto della moglie da lui disegnato durante una permanenza a Norfolk, in Virginia, all’Hotel Gladstone, resta l’unica rappresentazione della giovane Helen.

La pericolosità della tavola Ouija

Non c’è alcun giornale stampato fra la fine dell’Ottocento e gli anni Settanta del secolo successivo, che menzioni a un rischio nell’usare la tavola Ouija o altre tavole “parlanti” stampate in seguito. Racconti popolari a parte, che ancora oggi riempiono commenti e post sui social network, la tavola poteva essere usata con serenità e la Chiesa stessa non chiedeva alcuna confessione qualora se ne facesse uso.

La tavola è sempre rimasta “innocua” fino alla pubblicazione del romanzo The Exorcist (L’Esorcista) del 1971, scritto da William Peter Blatty che divenne poi lo sceneggiatore e produttore dell’omonimo film del 1973 diretto dal regista William Friedkin (1935-2023). La storia del romanzo e del film racconta di una ragazzina che è posseduta da demoni (nel film si fa riferimento al demone Pazuzu, ma nel libro non viene rappresentato come il responsabile della possessione, né come demone) dopo aver usato la tavola Ouija per cercare di comunicare con uno spirito che si faceva chiamare Capitan Gaio nella versione italiana e Captain Howdy in quella originale, ispirato ad alcune canzoni e opere letterarie per ragazzi.

Un fotogramma tratto dal film L'Esorcista di William Friedkin e tratto dall'omonimo romanzo di William Peter Blatty (fonte: Warner Bros. Pictures)  - Tavola Ouija - Archaeus, studio e ricerca sul paranormale
Un fotogramma tratto dal film L’Esorcista di William Friedkin
Dal film L'Esorcista (fonte: Warner Bros. Pictures) - Tavola Ouija - Archaeus, studio e ricerca sul paranormale
dal film L’Esorcista (fonte: Warner Bros. Pictures)

La trama del film s’ispirerebbe a una storia accaduta a un ragazzo di nome Roland Doe della periferia di Washington DC verso la fine degli anni Quaranta e che abbia avuto eco su qualche rivista del bizzarro qualche tempo più tardi e che divenne poi fenomeno mediatico solo dopo l’uscita del romanzo e, soprattutto, del film L’Esorcista. Non accadde quello che si racconti, ci sono un libro e documenti storici a raccontare la vera vicenda di quel ragazzo (il cui nome cambia secondo le fonti) e, comunque sia, non fu l’uso della tavola Ouija, la causa della sua fissazione di essere posseduto, bensì quello del pendolo, strumento molto più utilizzato dal giovane e dalla zia; ma non è questo il momento per parlare della vera storia che ispirò il notissimo film.

Comunque sia, l’uscita del film scatenò l’idea che la tavola Ouija fosse pericolosa e da allora è entrato nell’immaginario collettivo. D’altronde, nel panorama del “paranormale”, molte persone credono più ai fenomeni mostrati nella fiction che a quelli realmente studiati in ambito pseudoscientifico (oltre che scientifico).

Epilogo della tavola Ouija

  • William Fuld non ha inventato la tavola, ma finì per possedere il brevetto; morì nel 1927 dopo una brutta caduta da una scala.
  • La famiglia Fuld vendette il brevetto della tavola Ouija alla Parker Brothers nel 1966. Nel 1991, la Hasbro acquistò, e li detiene tuttora, tutti i diritti della tavola Ouija. La tavola fu venduta come giocattolo sin dalla sua prima distribuzione.
  • L’uso spiritico si deve a una frase scritta ne Il Libro dei Medium di Allan Kardec, antecedente l’uscita della tavola Ouija, parafrasando a modo suo il brevetto dello psicografo (prima tavola parlante brevettata dal professor Wagner).
  • Il nome OUIJA non significa Sì in francese e Sì in tedesco (non ha senso e non ha fondamento), bensì è stata una lettura sfalsata del nome OUIDA in un medaglione di un’azionista della tavola stessa.
  • La sua pronuncia non è UI-IA, ma UI-JII (o in alternativa, UI-Jei) come si è potuto ascoltare in un video proposto nel paragrafo più in alto.

La tavola Ouija non può essere pericolosa nonostante molti sostenitori lo affermino (molti dei quali non hanno mai visto la tavola da vicino perché intimoriti dalla sua leggenda). Qualunque leggenda, video o racconto sinistro riguardante la tavola può essere molto discutibile senza prove dimostrabili.

Di seguito il documentario di Archaeus che ho realizzato nel 2020:

La Tavola Ouija: Origini e Miti¹ (2020) di Stefano Urso

¹Nel video c’è un errore di lettura: è stato letto guerra di successione anziché guerra di secessione.

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