Specchio Magico

Lo Specchio Magico: Un Portale tra Realtà e Mistero

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Alice Attraverso lo Specchio (Through the Looking Glass, 2016) fonte: Walt Disney
Alice Attraverso lo Specchio (Through the Looking Glass, 2016) fonte: Walt Disney

Lo specchio, da secoli, non solo serve come strumento funzionale, ma anche come ponte per connessioni spirituali e mistiche, suscitando la curiosità degli esseri umani. Gli specchi sono stati un componente fondamentale in numerose storie affascinanti, da quella della malvagia matrigna di Biancaneve a quella nel romanzo Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (Through the Looking Glass and What Alice Found There, 1871) di Lewis Carroll (1832-1898). Nel vasto universo della magia, gli specchi occupano un posto di rilievo. Non sono solo oggetti di uso quotidiano, ma strumenti potenti che possono aprire porte a mondi invisibili. Questo articolo esplorerà il ruolo intrigante e spesso sottovalutato dello Specchio Magico.

È comprensibile che gli specchi, nel corso della storia, siano stati avvolti da leggende e miti: non solo erano in grado di rivelarci nuove prospettive di noi stessi e del mondo che ci circonda, ma nelle loro prime forme erano oggetti rari e di grande valore. Specchi di pietra lucida (ossidiana) sono stati ritrovati in Turchia risalenti al 6000 a.C. e in America centrale e meridionale dal 2000 a.C. Dischi di bronzo lucido con manici di avorio, legno o metallo erano presenti in Egitto già nel 2900 a.C. e in Cina intorno al 2000 a.C.

Nel 465 a.C., alcuni specchi greci erano sufficientemente grandi da riflettere un’intera figura, ma la maggior parte era abbastanza piccola da essere portatile e spesso ornata con immagini di divinità. Tutti questi specchi erano considerati di grande valore:

«Per uno solo di questi specchi d’oro o d’argento cesellato, incastonati di gemme, le donne sono disposte a spendere una somma pari alla dote che lo Stato un tempo offriva alle figlie dei generali poveri!»

da Naturales Quaestiones, Libro I, paragrafo 17 (I secolo d.C.) di Seneca

In questo testo, Seneca Seneca critica l’eccesso e la stravaganza della vita di lusso, evidenziando come le persone siano disposte a spendere somme enormi per oggetti di vanità, come specchi d’oro o d’argento cesellato e incastonati di gemme, in contrasto con le modeste doti che lo Stato romano un tempo offriva alle figlie dei generali poveri.

Tuttavia, l’immagine riflessa ottenuta a tale prezzo non era precisa: la pietra e il bronzo erano entrambi materiali scuri, il metallo si graffiava e ossidava facilmente e i pochi specchi di vetro ritrovati erano curvi e quindi distorcevano l’immagine, un problema che persistette fino al XVI secolo e che spiega in parte la diffidenza nei confronti dell’immagine riflessa.

La storia degli specchi nella magia

Specchio egizio (ca. 1478-1390 a.C.) in argento e lega di rame (Foto: Brooklyn Museum)
Specchio egizio (ca. 1478-1390 a.C.) in argento e lega di rame (Foto: Brooklyn Museum)

Il fascino dello specchio magico non si ferma alla narrativa; rappresenta anche un campo di studio per scienziati e fisici. L’immagine riflessa nello specchio non è solo un’immagine di noi stessi, ma anche del mondo che ci circonda, risultato di un’interazione complessa tra ottica e fisica che ha affascinato gli scienziati per secoli.

Gli specchi hanno origini antiche: i primi erano realizzati in ossidiana, un vetro vulcanico scuro. Gli specchi in bronzo lucido, rame e argento erano comuni tra gli antichi egizi e greci. Solo nel XVI secolo si è arrivati alla creazione degli specchi di vetro. La storia degli specchi è affascinante e ci dà una visione dell’evoluzione della civiltà umana. La scienza degli specchi va oltre un semplice riflesso di noi stessi. Si tratta di un’interazione complessa di luce e fisica. Quando la luce colpisce uno specchio, rimbalza indietro in linea retta, creando un’immagine dell’oggetto di fronte. Questo riflesso è ciò che vediamo quando ci guardiamo allo specchio. Capire la scienza dietro gli specchi può aiutarci a apprezzare la loro bellezza e complessità.

Gli specchi sono anche legati a superstizioni e folklore. In molte culture, si crede che rompere uno specchio porti sette anni di sfortuna. In alcune tradizioni, gli specchi vengono coperti dopo la morte per evitare che lo spirito del defunto rimanga intrappolato al suo interno.

Gli specchi sono molto più di un semplice strumento pratico; sono una fonte di fascino e magia. Da tempo sono legati alla magia in diverse culture globali. Dall’epoca degli antichi egizi, che ritenevano che gli specchi potessero respingere gli spiriti maligni, agli europei del Medioevo, che li impiegavano per scopi divinatori, gli specchi hanno sempre avuto un’aura di mistero. Ancora oggi, gli specchi trovano applicazione nella magia, sia nella pratica della contemplazione allo specchio, sia nell’uso di specchi per illusioni e magia teatrale. In questo contesto, ci addentreremo nella storia degli specchi nella magia, dal loro impiego nelle antiche civiltà al loro ruolo contemporaneo nel mondo dell’illusione.

Lo Specchio Magico: posizione e rappresentazione nell’antichità

Gli specchi in vetro piano argentati (ovvero rivestiti di mercurio e stagno) sono un prodotto relativamente moderno, originario della Murano del XV secolo. Prima di questo periodo, gli specchi erano fabbricati attraverso un metodo ideato dai Romani (anche se sembra che sia stato dimenticato fino al XII secolo), che prevedeva la soffiatura del vetro in forme di ciotole, il rivestimento interno con piombo e la successiva trasformazione in specchi convessi. Nella regione della Mezzaluna Fertile in Medio Oriente (che nell’antichità si estendeva all’incirca sugli attuali stati di Egitto, Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria, Turchia, Iraq, Kuwait, Iran e Arabia Saudita), venivano levigati e utilizzati materiali di vetro naturale come l’ossidiana, la selenite, la mica e l’ardesia, così come l’antracite e la pirite nelle Americhe.

Uno specchio di ossidiana di 8000 anni fa (Foto: Jason Quinlan)
Uno specchio di ossidiana di 8000 anni fa (Foto: Jason Quinlan)

Il più antico specchio artificiale noto, fatto di ossidiana, è stato scoperto a Çatalhöyük in Anatolia, risalente al 6200 a.C. L’avvento della metallurgia ha permesso un progresso nella tecnologia degli specchi, consentendo la produzione di specchi in metallo lucido: i primi esempi in rame sono noti dalla Mesopotamia intorno al 4000 a.C. e dall’Egitto intorno al 2900 a.C. Gli specchi in lega di rame divennero oggetti preziosi nell’antico Egitto, sia come strumenti di bellezza che come simboli del Sole, associandosi al culto di Hathor, dea dell’amore e occhio solare di Ra. Lo specchio sembra anche essere stato una rappresentazione del simbolo della vita, l’ankh. Gli antichi egizi realizzavano spesso specchi in rame lucido, attribuendo loro il potere di riflettere la luce e respingere gli spiriti maligni.

Perseo Taglia la Testa a Medusa (Luigi Ademollo, 1832) Pubblico dominio
Perseo Taglia la Testa a Medusa (Luigi Ademollo, 1832)

Specchi in metallo decorati con significati religiosi, magici, cerimoniali e di status si trovano in antiche tombe in tutto il mondo. Specchi dell’Età del Ferro, in bronzo e ferro, sono stati ritrovati come oggetti funerari in Gran Bretagna e nel continente vicino, identificando donne (per lo più) di status speciale, molto probabilmente quelle benedette dagli dei come veggenti. Possedere un oggetto che permetteva al proprietario di vedere come lo vedevano gli altri sarebbe stato molto potente, ma questi chiaramente avevano anche funzioni cerimoniali, religiose e/o magiche (è stato suggerito che gli specchi servissero a intrappolare spiriti malvagi, ma questo sembra improbabile, almeno nei casi britannici, dove possono essere paragonati all’inclusione di spade nelle tombe dei guerrieri).

I retro degli specchi in bronzo presentano ornati disegni a compasso che avrebbero scintillato e incantato, suggerendo un controllo deliberato della luce riflessa, e venivano tenuti in coperture speciali che, insieme ad alcuni dei siti funerari, sembrano riflettere connessioni acquatiche con l’Oltretomba.

Dall’altra parte del mondo, gli specchi di bronzo rappresentavano i kami giapponesi, in particolare la dea del Sole, Amaterasu, molto prima che il loro culto diventasse noto come Shinto. Lo specchio di Amaterasu (yata no kagami) è uno dei tre regalia imperiali (sanshu no shinki, letteralmente i tre recipienti divini) che ella donò a suo nipote, Ninigi, dal quale gli imperatori affermano di discendere, con l’istruzione di onorarlo come il suo spirito. Lo specchio fu mostrato ad Amaterasu per attirarla fuori da una caverna in cui si era nascosta, e quindi è un recipiente per la sua divinità e riflette la sua volontà divina e imparziale.

Periodo medievale e post-medievale

Durante il Medioevo, gli specchi erano impiegati nella magia per scopi divinatori. Alcuni maghi medievali ritenevano che gli specchi potessero rivelare il futuro o permettere la comunicazione con gli spiriti. Gli specchi erano anche utilizzati per creare talismani e amuleti magici. Nonostante l’introduzione del vetro argentato, lo specchio in metallo lucido non è completamente scomparso. Verso il 1478, un artefice di medaglie italiano, che si autodenominava Lysippus il Giovane (un omaggio allo scultore greco del IV secolo a.C., Lisippo, ca 390-306 a.C.), creò una medaglia ritratto da donare ai suoi innamorati. Il retro era lucidato a specchio, mentre sul fronte era raffigurato il suo profilo e l’iscrizione: «Ammira da un lato il tuo bel volto, e dall’altro quello del tuo servo».

Medaglia con Lysippus il Giovane (Museo Civico Archeologico di Bologna)
Medaglia con Lysippus il Giovane (Museo Civico Archeologico di Bologna)

Tuttavia, il riferimento a Lisippo potrebbe suggerire l’intenzione di rappresentare le persone come appaiono realmente. Lo specchio riflette perfettamente la natura, mentre il ritratto è imperfetto, quindi l’iscrizione potrebbe essere stata rivolta alla Natura piuttosto che a un amante. Qui riscontriamo l’ambiguità dello specchio nel simbolismo occidentale del secondo millennio. Di solito, uno specchio simboleggia vanità, lussuria e orgoglio, come quando è abbinato a un pettine nelle mani di una sirena. D’altra parte, può indicare apprendimento, precisione o la saggezza di vedersi come si è veramente, come quando è tenuto da Prudenza (una delle quattro Virtù Cardinali) nell’arte rinascimentale italiana.

Ha anche un serpente o un drago, riferimento all’ingiunzione di essere saggi come i serpenti (Matteo 10:16), e, spesso, un compasso per indicare un giudizio misurato.

16Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 

Matteo 10:16 (CEI 2008)
Cesare Ripa (incisione 1625)
Cesare Ripa (incisione 1625)

Lo specchio può avere anche un significato cristiano diretto, come con lo specchio senza difetti tenuto dalla Vergine Maria concepita immacolatamente, o uno nelle mani di un vescovo che riflette il Suo volto. Ancora una volta, per lo storico dell’arte e scrittore italiano Cesare Ripa (ca 1555-1622), lo specchio rappresenta la falsità, mostrando un’immagine apparentemente perfetta che non ha sostanza, e ribaltando la realtà.

La Luna, che funge da specchio naturale, riflette la luce del Sole, trasformandola in un tipo di magia diverso, ideale per comprendere ciò che non è immediatamente evidente nella luce intensa del giorno. Catturare il riflesso della Luna, sia che si tratti di uno specchio, di una ciotola di liquido o di una pozza d’acqua, è un atto di doppia magia. Questa pratica è comune tra coloro che praticano la magia e sembra essere all’origine del folklore dei “raccoglitori di luna”. Secondo questa tradizione, si utilizzerebbe un rastrello speciale per posizionare e recuperare una ciotola galleggiante in uno stagno, con lo scopo di raccogliere la luce della Luna.

Lo Specchio Magico nel Cristianesimo

Per gran parte della storia del Cristianesimo, l’uomo è stato visto come un riflesso fioco di Dio, e la donna a sua volta come un riflesso fioco dell’uomo. Mentre ora vediamo questa prospettiva come falsa, potrebbe esserci una risonanza meno patriarcale con l’atto magico di catturare in uno specchio il riflesso della luce della Luna, essa stessa un riflesso della luce del Sole. Dopotutto, uomini e donne riflettono aspetti della divinità l’uno all’altro.

Gli specchi possono essere piccoli, come una medaglia, adatti per stare nel palmo della mano per la contemplazione della propria immagine, o qualcosa di oltre. Possono essere inseriti in medaglioni e, con l’immagine di un amato nel coperchio, quando si guarda dentro producono un potente dittico. Gli specchi a medaglione (insieme agli specchi come parte dei souvenir dei santuari) venivano utilizzati dai pellegrini cristiani medievali per catturare un’immagine di un santuario o reliquia attraverso la folla e concentrarla su un oggetto, di solito un pezzo di pane da mangiare o una spilla da ricordo, che non erano in grado, a causa della folla, di toccare al santuario per ricevere e conservare la sua benedizione.

Lo specchio magico ha risolto il problema. Oggi, la fotografia (quando consentita) svolge un ruolo simile, seppur più concreto.

Seneca critica l’eccesso e la stravaganza della vita di lusso, evidenziando come le persone siano disposte a spendere somme enormi per oggetti di vanità, come specchi d’oro o d’argento cesellato e incastonati di gemme, in contrasto con le modeste doti che lo Stato romano un tempo offriva alle figlie dei generali poveri.

Lo Specchio Magico nell’Alchimia

Per molto tempo mi sono interrogato sul ruolo degli specchi nell’alchimia. Non si trovano nelle enciclopedie di magia e stregoneria, tranne qualche riferimento che già conoscevo. Tuttavia, lo specchio magico appare troppo frequentemente nelle narrazioni alchemiche per essere un semplice caso: ad esempio, in Biancaneve abbiamo lo “specchio magico sul muro” consultato dalla regina malvagia. Oppure, in Harry Potter, lo specchio delle Emarb (Brame al contrario), che mostra il desiderio più profondo di chi lo guarda.

Lo specchio delle Emarb in Harry Potter
Lo specchio magico delle Emarb in Harry Potter

Ho esaminato la famosa biografia di Rodolfo II d’Asburgo (1552-1612), imperatore del Sacro Romano Impero dal 1576 al 1612, e della sua stretta cerchia, dal titolo Praga esoterica. Alchimia, astrologia e magia nella città di Rodolfo II (2017), scritta da Peter Marshall e tradotta in italiano da Diana Mengo, che potrebbe offrire un suggerimento sull’uso dello specchio magico in alchimia. Nel capitolo 9, “I Magi”, scopro che l’alchimista inglese John Dee (1527-1608) si dedicòper la maggior parte della vita all’occultismo, alla divinazione e alla filosofia ermetica; utilizzava sia un uovo di cristallo che uno specchio fatto di ossidiana nera lucida, presumibilmente portato dal Messico dal condottiero Hernán Cortés (1485-1547). John Dee parlava regolarmente con gli angeli, che lo assistevano, ad esempio, nella previsione del futuro.

Dee non era l’unico, anche alcuni alchimisti italiani facevano uso degli specchi, come ad esempio, il conte di Cagliostro (1743-1795) e il famoso occultista del XVI secolo, Cornelio Agrippa (Agrippa von Nettesheim, 1486-1535). Non è da meno Geronimo Scotta, anche noto come Alessandro Scoto, è stato un astrologo, medico e alchimista italiano vissuto nel XVI secolo. Scotta dichiarava di possedere uno specchio magico, che sembrava funzionare come una “videochiamata”. L’ambasciatore spagnolo a Praga riuscì a vedere contemporaneamente la corte reale di Madrid, distante mille miglia. Tuttavia, Scotta non riuscì a persuadere Rodolfo II a guardarlo, quindi non se ne sa più nulla.

Da queste informazioni, non sembra che gli alchimisti di quel periodo utilizzassero gli specchi nella produzione della Pietra Filosofale. Piuttosto, uno specchio magico, insieme ai cristalli, era parte del loro arsenale di magia. Nel libro di Peter Marshall c’è un capitolo eccellente che fornisce brevi biografie dei principali alchimisti dell’Europa centrale. Marshall discute anche delle vite dei due alchimisti che hanno ispirato i personaggi della serie TV His Dark Materials – Queste oscure materie (2019-2022): Agrippa e Heinrich Khunrath (ca 1560-1605). Khunrath pubblicò anche un’incisione del suo laboratorio alchemico proprio a Praga.

Lo Specchio nell’arte magica di Alberto Magno e Caterina de’ Medici

I sovrani europei credevano e facevano uso degli specchi magici. Caterina de’ Medici (1519-1589), fervente credente nelle arti occulte, possedeva uno specchio magico che le rivelava il futuro della Francia. Caterina fu promessa in matrimonio all’età di soli quattordini anni al futuro sovrano francese, Enrico III di Valois (1551-1589). Dopo la morte di quest’ultimo, un evento predetto dal rinomato Nostradamus (Michel de Nostredame, 1503-1566), Caterina iniziò a cercare risposte sul futuro, in particolare sul destino dei suoi tre figli maschi.

Talmente affascinata dall’occultismo, Caterina commissionò la costruzione di un appartamento speciale nel castello di Chaumont, situato nella regione della Loira. Questo spazio aveva un unico scopo: ospitare un rito. Al termine di questo rito, che durava quarantacinque giorni, le sarebbe stato permesso di scrutare il futuro attraverso uno specchio magico.

La leggenda racconta che Caterina vide una scala, attorno alla quale ciascuno dei suoi figli fece un numero di giri corrispondente agli anni del suo regno (rispettivamente 1, 14 e 15). Successivamente, apparve Enrico IV di Borbone, detto Enrico il Grande (1553-1610), marito di una delle sue figlie, che fece ventidue giri prima di sparire. Non sorprende che, alla morte di tutti gli eredi legittimi di Caterina, Enrico di Borbone salì al trono e regnò per ventidue anni. Anche Enrico IV, si dice, si affidava a uno specchio magico per scoprire i complotti politici contro di lui.

Alberto Magno di Bollstädt, noto anche come Doctor Universalis, Alberto il Grande o Alberto di Colonia (nato tra il 1193 e il 1206 e morto nel 1280), era un vescovo, autore e filosofo tedesco dell’Ordine Domenicano. È riconosciuto come uno dei più eminenti filosofi e teologi tedeschi del Medioevo, sia per la sua vasta cultura che per il suo sforzo nel distinguere il campo filosofico da quello teologico. Aveva una profonda conoscenza delle scienze greche, latine e arabe. Esiste un grimorio attribuito ad Alberto Magno, dal titolo: Les Admirables secrets d’Albert Le Grand (in italiano: Gli ammirabili segreti di Albert il Grande), iniziato forse intorno al 1245 per ricevere la sua forma definitiva in latino intorno al 1493, una traduzione francese nel 1500, e la sua edizione francese più ampia e conosciuta nel 1703. Il suo titolo latino originale, Liber secretorum Alberti Magni de virtutibus herbarum, lapidum et animalium quorumdam, si traduce come Il libro dei segreti di Alberto Magno sulle virtù delle erbe, delle pietre e di alcuni animali.

Il bibliografo Jacques-Charles Brunet (1780-1867) lo descrisse come «tra i libri popolari, il più famoso e forse il più assurdo… È naturale che il Libro dei Segreti sia stato attribuito ad Alberto Magno, perché questo medico, molto erudito per la sua tempo, aveva, tra i suoi contemporanei, la fama di essere uno stregone.»

Nel grimorio menziona lo specchio magico e le sue particolari doti e scrive una formula:

«Acquista uno specchio e incidi su di esso “S. Solam S. Tattler S. Echogordner Gematur.” Seppelliscilo a un incrocio durante un’ora insolita. Il terzo giorno, vai sul posto alla stessa ora e dissotterralo, ma non essere la prima persona a guardarsi allo specchio. È meglio lasciare che sia un cane o un gatto a dare il primo sguardo.»

da Les Admirables secrets d’Albert Le Grand di Albertus Magnus (1703)

Lo Specchio: uno strumento potente

Uno specchio magico può essere piccolo come una medaglia, adattandosi perfettamente al palmo della mano per consentire la contemplazione della propria immagine o di qualcosa di oltre. Può essere inserito in medaglioni e, con la foto di una persona amata nel coperchio, creare un potente dittico quando osservati. Gli specchi nei medaglioni (insieme a quelli nei souvenir dei santuari) venivano utilizzati dai pellegrini cristiani medievali per catturare l’immagine di un santuario o di una reliquia attraverso la folla e focalizzarla su un oggetto, di solito un pezzo di pane da mangiare o una spilla souvenir, che non potevano toccare direttamente al santuario a causa della folla per ricevere e conservare la sua benedizione. La magia degli specchi risolveva questo problema. Oggi, la fotografia (quando permessa) svolge un ruolo simile, ma più tangibile.

Le superfici riflettenti brillano e catturano la luce. Monete, paillettes, perline di vetro o minuscoli specchi shisha indiani cuciti nei vestiti scintillano e deviano il Malocchio, affascinando e confondendo gli spiriti malevoli. Questa funzione attraversa i confini religiosi, con placche di specchi in argilla, caratterizzate da piccoli e grezzi specchi convessi al centro e progettate per essere appese, trovate in contesti archeologici tardo-romani e bizantini intorno al Mediterraneo orientale, utilizzate da cristiani, ebrei e pagani. L’idea riemerge nel XV secolo con spille di pellegrini in metallo contenenti specchi, prodotte inizialmente ad Aquisgrana., una città termale vicino ai confini della Germania con Belgio e Paesi Bassi. Questi oggetti combinano le funzioni di protezione contro il male e di cattura delle immagini delle reliquie

Pa Kua: Lo Specchio Magico come protettore di edifici

Oltre a proteggere le persone, gli specchi proteggono anche gli edifici. Nel sistema geomantico cinese del Feng Shui (風水, 风水, fēng shuǐ), lo Specchio magico Pa Kua (o Bagua) viene posizionato all’esterno per deviare le “frecce velenose” negative. È solitamente concavo per invertire e neutralizzare l’influenza negativa. Questa capacità degli specchi concavi di invertire l’immagine (provate a guardarvi in un cucchiaio) offre una funzione apotropaica simile all’effetto inverso dello specchio concavo di una torcia, dove la luce viene focalizzata in una direzione creando un potente raggio. Con lo Specchio magico Pa Kua, ciò che lo colpisce viene focalizzato, assorbito e annientato.

Uno specchio Bagua
Uno specchio Bagua

In Occidente, invece, gli specchi protettivi sono generalmente al chiuso, come le sfere di strega vittoriane appese alle finestre, le palline sugli alberi di Natale o gli specchi da parete, semplici o decorati. La superficie dello Specchio magico Pa Kua è modellato per disperdere ciò che lo colpisce, come le sfere di vetro specchiato, mentre gli specchi da parete sono solitamente piatti.

Domanda: forse l’influenza negativa, pur penetrando nella stanza per raggiungere lo specchio, viene riflessa così potentemente da deviare o scoraggiare, come il pericolo visto nella luce riflessa dagli occhi di un predatore di notte?

D’altra parte, la luce rifratta all’interno attira energie positive. Il vetro traslucido e trasparente e gli oggetti convessi lucenti (come le palline sugli alberi di Natale) possono diffondere buon umore nella stanza, sia in senso ottico che magico. Gli specchi ben posizionati possono dirigere sia la luce solare che le energie positive in tutta la stanza, e una sfera specchiata alla finestra può disperdere le influenze esterne e ridistribuire le energie interne contemporaneamente.

Lo Specchio Magico come portale (nella religione)

Specchio portale

Da Biancaneve ad Alice, da Jonathan Strange alla serie TV Stargate, gli specchi hanno sempre rappresentato portali verso altri mondi, modi di vedere luoghi, persone ed esseri diversi. Nel mondo moderno, schermi di TV, computer e telefoni hanno assunto in parte questo ruolo, diventando inquietantemente simili a specchi che riflettono i nostri volti e le immagini delle persone con cui comunichiamo online.

È interessante notare che, quando gli specchi portatili in vetro divennero comuni tra le classi nobili del XVI e XVII secolo, i cortigiani passavano molto tempo a osservare la propria immagine, venendo accusati di “guardare troppo lo specchio” e di essere “adulatori con la faccia da specchio” per adattare il loro comportamento a quello dei superiori. Non è forse simile a quando le persone oggi controllano costantemente i loro telefoni, preoccupate di come vengono percepite dagli altri, cercando di ottenere più “mi piace” e di mantenere un’immagine online adeguata?

Tuttavia, la vera magia degli specchi risiede nella loro funzione di accesso ad altri mondi, come condotti per entità spirituali ed elementari e come mezzi per vedere altri regni. Questo concetto si sovrappone al ruolo delle immagini sacre. Statue e immagini non servono solo a permettere ai fedeli di concentrarsi su qualcosa di concreto per “vedere” una divinità; esse portano anche il fedele alla vista di quella divinità. I monoteisti possono condannare questo come idolatria, ma non è diverso da una chiesa considerata la casa di Dio.

L’immagine di San Cristoforo all'ingresso della Chiesa dei Santi Pietro e Biagio a Cividale del Friuli (Udine) - (fonte ilcapochiave.it)
L’immagine di San Cristoforo all’ingresso della Chiesa dei Santi Pietro e Biagio a Cividale del Friuli (Udine) (fonte: ilcapochiave.it)

Le immagini nelle chiese cristiane medievali permettevano ai fedeli di essere visti oltre che di vedere figure sacre e contemplare storie bibliche. San Cristoforo era spesso raffigurato di fronte alla porta principale della chiesa. Vedere la sua immagine dava protezione contro la morte improvvisa, la morte senza confessione, e offriva protezione dalla stanchezza, malattia o incidenti. Nelle tradizioni ortodosse, le icone sono porte verso Dio o almeno verso un luogo sacro diverso. L’immagine di Maria, Madre di Dio, che tiene uno specchio, riflette forse il suo ruolo come portale, la porta dell’Incarnazione.

Nell’Induismo, la visione è un processo attivo e bidirezionale. Questo è il darshan, vedere ed essere visti dalla divinità, ed è il cuore del culto indù. Una statua indù destinata a ospitare una divinità è preparata con cura: prima viene scolpita e posta in posizione, poi lo scultore tradizionale esegue la cerimonia dell’Apertura degli Occhi dell’immagine. Questo comporta la scolpitura finale degli occhi e di altri orifizi con scalpelli speciali, seguita dalla meticolosa esposizione di specifici oggetti agli occhi appena aperti dell’immagine, come una mucca in alcune tradizioni, o il proprio riflesso in uno specchio in altre.

Nell’antico Egitto, la cerimonia corrispondente, utilizzata anche sulle mummie nei riti funerari, era quella dell’Apertura della Bocca. Un sacerdote utilizzava un’ascia di ferro raro per aprire simbolicamente la bocca e gli occhi della statua, mentre questa veniva onorata come l’entità spirituale che avrebbe ospitato. Gli occhi e la bocca sono punti chiave di entrata e uscita per il corpo. La visione era concepita come un fenomeno attivo, piuttosto che come una semplice ricezione passiva della luce.

Un’immagine divina può essere intesa come la divinità vista in una sorta di specchio. La sua presenza è reale, anche se non percepita nel suo pieno splendore, ma nell’unico modo sicuro in cui può essere vista dall’occhio umano. Come afferma David Morgan, professore di studi religiosi alla Duke University: «La visibilità è spesso una condiscendenza del trascendente alla soglia dell’esperienza umana.» Quindi, uno specchio, reale o simbolico, può essere un luogo d’incontro con le divinità.

Nel Shintoismo, il santuario domestico (kamidana, letteralmente “mensola sacra”) include uno specchio (shinkyō), in cui il devoto vede se stesso al posto del kami, creando una potente interconnessione: noi e Loro non siamo separati. Questo offre un’interessante prospettiva sulla visualizzazione delle immagini animate dietro vetro o plexiglass, nei musei o nei templi, per motivi di sicurezza o conservazione. Il trasferimento del potere sacro o magico dall’immagine è certamente diminuito, ma la barriera riflettente può agire come uno specchio parziale, permettendo all’immagine dello spettatore di sovrapporsi a quella della divinità, creando una connessione più profonda.

Gli Specchi d’Acqua nella magia

Stagno di rugiada vicino a Chanctonbury Ring , West Sussex (Inghilterra) - Fonte: CC BY-SA 2.0, foto di Stephen Dawson)
Stagno di rugiada vicino a Chanctonbury Ring , West Sussex (Inghilterra) – Fonte: CC BY-SA 2.0, foto di Stephen Dawson)

Gli specchi d’acqua, quali stagni e laghi, si crede siano le dimore di esseri ultraterreni, siano essi buoni (come la Dama del Lago), malvagi (come Grendel, il mostro umanoide nel poema epico anonimo dell’epoca medioevale Beowulf) o, semplicemente, al di là della moralità umana.

Le associazioni magiche, religiose e folcloristiche con l’acqua, date la sua importanza vitale, sono diffuse in tutto il mondo. I fiumi sono visti come potenti entità divine nel paesaggio, forze naturali che non possiamo ignorare. Laghi e stagni possono essere le sorgenti dei fiumi; anche se possono sembrare ambivalenti come i fiumi, spesso rivelano un lato oscuro. Tuttavia, come gli stagni di rugiada, forniscono acqua preziosa in luoghi aridi.

Uno stagno di rugiada è una vasca artificiale, solitamente posizionata sulla sommità di una collina, progettata per fornire acqua al bestiame. Questi stagni sono particolarmente utili in zone dove non è facilmente disponibile una fonte naturale di acqua superficiale. Il termine stagno di rugiada (conosciuto anche come stagno di nuvole o stagno di nebbia) appare per la prima volta nel nel 1865 in un articolo sul Journal of the Royal Agricultural Society, una pubblicazione periodica della Royal Agricultural Society of England (RASE), un’organizzazione fondata nel 1838 con l’obiettivo di promuovere l’agricoltura e le tecniche agricole in Inghilterra. Poi il termine è stato usato nelle varie lingue in diverse nazioni. Sebbene il nome possa suggerire diversamente, si ritiene che la loro principale fonte di approvvigionamento idrico sia la pioggia, piuttosto che la rugiada o la nebbia. Le leggene raccontano di sirene che attirano le persone verso la morte, annegandole negli stagni, ma sono anche luoghi che portano molte persone spirituali ad esplorare se stesse.

Sirena di Grimston (foto per libera concessione: Val Thomas)
Sirena di Grimston (foto per libera concessione: Val Thomas)

Mi sono imbattuto in un blog di una appassionata inglese di folklore e stregoneria, Val Thomas, che si è occupata di sirene. In un suo interessante articolo sul tema, racconta di essersi imbattuta in un’incisione medievale su una panca situata nel presbiterio di una chiesa a Norfolk. Questa incisione raffigura una sirena, conosciuta come la Sirena di Grimston. Secondo la descrizione di Val, questa sirena appare «molto più reale e sostanziale» rispetto alle rappresentazioni tipiche del genere fantasy.

Le braccia della sirena sono state mozzate al di sopra dei gomiti, probabilmente a causa delle devastazioni avvenute durante lo Scisma anglicano tra il 1547 e il 1554. Da ciò, deduce che è molto probabile che in origine l’incisione completa raffigurasse la sirena con un pettine e uno specchio nelle mani.

Vi suggerisco di leggere il suo blog se volete approfondire perché è molto piacevole e interessante!

Il pettine, insieme a forcine e forbici, è uno strumento di trasformazione che porta ordine dal caos, bellezza dal groviglio e conformità dalla selvaticità. Nel corso dei secoli, i capelli ordinati sono stati visti variamente come segno di un’élite guerriera, effeminatezza e decadenza, paganesimo e cristianesimo, e legati a regole sulla lunghezza dei capelli e a tutto l’apparato di status, sessualità, psicologia, religione e magia, generalmente interpretato in modo ipocrita per uomini e donne. Specificamente, la sirena terrebbe lo strumento razionale, il pettine, nella mano sinistra per contenere la mente razionale e permettere allo specchio magico di agire come un portale, per vedere attraverso il vetro ciò che non può essere espresso a parole.

L’arte della divinazione con gli specchi

Gli specchi hanno sempre affascinato molte persone nel corso della storia. Si crede che queste superfici riflettenti possiedano poteri mistici e per questo sono state usate in diverse pratiche di divinazione. L’idea di usare gli specchi per la divinazione si basa sulla convinzione che essi siano una porta verso il mondo degli spiriti, permettendo di comunicare con il regno spirituale. La divinazione, d’altra parte, è l’uso di una superficie riflettente per ottenere intuizioni e conoscenze sul passato, presente o futuro. Gli specchi, essendo riflettenti, sono stati impiegati a questo scopo per secoli.

Piani o concavi, gli specchi sono impiegati nelle pratiche magiche, ma allo stesso modo, altre superfici riflettenti e lucide, come le sfere di cristallo o i cristalli, e le ciotole di acqua o inchiostro (che utilizzava anche Nostradamus), si ritiene siano efficaci. L’esoterista ceco Franz Bardon (1909-1958) ha fornito indicazioni dettagliate su come creare specchi magici “caricati” o potenziati con l’ausilio degli Elementi, della luce, dei condensatori fluidi (dispositivi utilizzati per scambiare calore) e dell’Akasha, l’essenza fondamentale di tutte le cose nel mondo materiale.

La divinazione non è un’azione compiuta dallo specchio in sé, ma sarebbe il risultato dei poteri astrali e mentali sviluppati dal mago o dal veggente. Lo specchio magico agirebbe quindi come un mezzo per concentrare questi poteri. Il successo maggiore lo raggiungerebbe chi ha appreso a utilizzare la propria immaginazione per visualizzare le “immagini” in modo dettagliato. Senza questa capacità, si ritiene sia probabile che nello specchio magico si vedranno solo immagini distorte.

Bardon è rinomato per la sua trilogia sulla magia ermetica dal titolo Iniziazione all’Ermetica (1956), redatta per la Fratellanza Bianca, una confraternita di entità spirituali che, fin dall’antichità, avrebbe intrapreso la missione di orientare l’evoluzione globale dell’umanità, guidandola verso il suo inevitabile obiettivo finale: l’ottenimento della perfezione e della completa consapevolezza, necessarie per ascendere volontariamente ai livelli più alti della gerarchia dell’Essere. Questa Fratellanza Bianca viene citata anche dall’occultista e teosofa Helena Blavatsky (Eléna Petróvna von Hahn, 1831-1891) e dalla “collega” Alice Ann Bailey (1880-1949).

I tre libri di Bardon sono: Iniziazione all’Ermetismo, La Pratica dell’Evocazione Magica, La Chiave della Vera Qabbalah. Esiste anche un quarto testo, Frabato il Mago, che è considerato un’autobiografia ipotetica dell’iniziato, redatta dalla sua assistente Otti Votavova, e il libro Domande e Risposte fra Bardon ed i suoi Allievi.

«Immaginando il corpo così piccolo da passare direttamente attraverso lo specchio, si ottiene l’accesso al piano astrale. Con la pratica ripetuta, diventano visibili più dettagli e sono possibili incontri con i morti. Alla fine si percepiscono vibrazioni spirituali più sottili e raffinate, che consentono l’accesso a piani e esseri superiori. Concentrandosi sulle vibrazioni spirituali degli elementi, si possono visitare piani inferiori, come i regni dei gnomi, delle salamandre, delle silfidi e delle ondine.»

da Iniziazione all’Ermetica (1956) di Franz Bardon

Franz Bardon ha sottolineato che uno degli elementi più ardui nel lavoro con lo specchio magico è la visione del futuro. Ha affermato che l’atto di scrutare il futuro può limitare il libero arbitrio. In altre parole, se una persona conosce in anticipo gli eventi futuri, le sue decisioni e azioni potrebbero essere influenzate da questa conoscenza, limitando così la sua capacità di fare scelte libere e indipendenti. Questo potrebbe portare a un senso di fatalismo o determinismo, in cui la persona si sente impotente di fronte al corso predestinato degli eventi. Pertanto, Bardon ha avvertito i suoi studenti di usare con cautela questa capacità, ricordando sempre l’importanza del libero arbitrio nell’esperienza umana.

La Catoptromanzia

La Catoptromanzia (o cristallomanzia) è una delle tecniche di divinazione più antiche e si esegue utilizzando uno specchio magico. Si racconta che tale pratica fosse comune tra i magi persiani, così come tra gli antichi greci e romani. Le streghe della Tessaglia, nell’antica Grecia, erano solite scrivere i loro oracoli sugli specchi con sangue umano. Si crede che queste streghe abbiano trasmesso al filosofo e matematico Pitagora (ca 580-495 a.C.) il metodo di divinazione che prevedeva l’uso di uno specchio magico rivolto verso la Luna. I romani esperti in questa forma di divinazione erano noti come specularii.

Durante il Medioevo e il Rinascimento, i maghi facevano spesso uso di specchi, ciotole d’acqua, pietre levigate e cristalli per la divinazione, al fine di vedere il passato, il presente e il futuro. I maghi di villaggio utilizzavano spesso gli specchi per identificare i ladri. Indipendentemente dallo scopo, i maghi fissavano la superficie lucida fino a cadere in una leggera trance e vedere visioni che rispondevano alle domande poste.

Quando usato per la divinazione, lo specchio magico permetterebbe all’osservatore di distaccarsi dalla vista ordinaria e connettersi a immagini dal subconscio o da entità spirituali. I migliori specchi per questo sono quelli con riflessi imperfetti, che permettono alla mente di viaggiare. Nell’occultismo dell’epoca vittoriana, il compito era spesso affidato a donne, come ad esempio nella Golden Dawn (un ordine nato alla fine del XIX secolo da massoni-rosacrociani) in cui vi era la partecipazione attiva delle donne nelle operazioni di divinazione.

Il Putnam Museum and Science Center a Davenport, Iowa, USA, possedeva uno specchio magico senza esserne consapevole. Questo specchio a doppia faccia, realizzato in bronzo e originario del Giappone, fu acquistato dal collezionista d’arte americano Charles August Ficke (1850-1931) nel 1904-1905 e successivamente donato al museo. Quando la luce colpisce questo specchio, che a prima vista sembra comune, proietta l’immagine nascosta sulla parete, in questo caso quella di Amitabha Buddha, un Buddha celestiale descritto in alcuni sutra della scuola Mahāyāna e particolarmente venerato nell’Amidismo (Buddhismo della Terra Pura) che enfatizza i rituali e le pratiche devozionali. Non si conosce chi fosse l’abile fabbro che lo ha costruito, ma si presuppone che sia stato realizzato nella seconda metà del XIX secolo d.C. durante il periodo Meiji (i quarantaquattro anni di regno dell’Imperatore Mutsuhito (1852-1912).

Lo Specchio delle Streghe

Uno Specchio delle Streghe è un oggetto frequentemente utilizzato nella narrativa per pratiche magiche o per comunicare con entità soprannaturali. Può essere anche considerato un simbolo di divinazione o meditazione. Un altro uso del termine specchio delle streghe si riferisce a un tipo di specchio noto come occhio della strega (o specchio del banchiere). Questo specchio, rotondo e convesso, permette di osservare un’area senza dover spostarsi fisicamente. Grazie a questa caratteristica, gli specchi convessi permettono ai loro utilizzatori di vedere un’intera stanza senza muoversi o voltarsi.

Per questo motivo erano principalmente usati per la sorveglianza. Gli specchi delle streghe venivano spesso posizionati nei luoghi dove oggi si trovano la maggior parte delle telecamere di sorveglianza, come banche e negozi, da cui deriva il nome specchio del banchiere.

Come strumenti di potere, sorveglianza e deterrenza, gli specchi delle streghe entrarono a far parte delle abitazioni della borghesia già nel XV secolo. In questo periodo, i padroni diffidavano dei loro servitori. Essendo relativamente analfabeti e inclini a credere nelle superstizioni, i padroni credevano che gli specchi potessero continuare a osservarli anche in loro assenza. Così, lo specchio guadagnò il nome di specchio delle streghe.

Ritratto dei coniugi Arnolfini, al centro uno Specchio delle Streghe
Ritratto dei coniugi Arnolfini, al centro uno Specchio delle Streghe

La storia dello specchio delle streghe risale all’antichità, quando gli specchi erano considerati oggetti magici e mistici. Spesso associati alla divinazione e alla stregoneria, si credeva che le streghe usassero gli specchi per predire il futuro e comunicare con gli spiriti.

Nel Medioevo, le credenze superstiziose sugli specchi aumentarono, associandoli spesso alla stregoneria e alla magia nera. Si pensava che gli specchi potessero trattenere l’anima e causare malattie o sfortune riflettendo energie negative.

Gli specchi delle streghe divennero popolari grazie ai numerosi dipinti degli artisti fiamminghi del XV secolo, che li usavano per sperimentare con l’ottica e giocare con la prospettiva, grazie ai loro molteplici angoli di visione. Uno dei dipinti più noti è il Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) di Jan van Eyck (1390-1441), conservato nella National Gallery di Londra, in cui lo specchio convesso rivela piani secondari con nuovi personaggi, aggiungendo profondità alla scena.

Lo Specchio Magico nella leggenda dell’Ebreo errante

Cartaphilus, l'Ebreo Errante illustrato da Gustave Doré (XIX secolo) Pubblico dominio
Cartaphilus, l’Ebreo Errante (illustrato da Gustave Doré, XIX secolo)

Conoscete la leggenda dell’Ebreo errante? Cartaphilus, sarebbe stato un ebreo che schernì Gesù durante la sua Passione, non avendo riconosciuto in lui il messia, e per tal motivo quest’ultimo lo avrebbe maledetto, costringendolo a vagabondare per sempre sulla terra, senza riposo e senza poter morire, fino alla fine dei tempi. Ebbene, esiste anche una leggenda in cui Cartaphilus avrebbe chiesto ad Agrippa nel 1525 di evocare una visione della sua amata d’infanzia, ormai deceduta, nel suo specchio magico. Agrippa gli chiese di contare i decenni trascorsi dalla morte della ragazza e agitò la bacchetta magica a ogni conteggio.

Cartaphilus continuò a contare ben oltre la morte della ragazza. Arrivato a 149, Agrippa ebbe le vertigini ma gli disse di continuare a contare. Infine, a 1.150, apparve una visione della ragazza nell’antica Palestina. Cartaphilus la chiamò, disobbedendo agli avvertimenti di Agrippa, e la visione svanì. Cartaphilus svenne. Più tardi rivelò ad Agrippa che era lui l’ebreo che aveva colpito Cristo mentre portava la croce ed era stato condannato a vagare per la terra.

Lo Specchio Magico e i coniugi Warren

Un episodio che coinvolge Ed e Lorraine Warren (1926-2006) riguarda un particolare specchio magico, che secondo i Warren attirava problemi di natura demoniaca per chi lo possedeva. Oliver B., un signore di quarantacinque anni residente nel New Jersey, comprò uno specchio con una cornice artistica con l’intento di lanciare sortilegi e maledizioni su altre persone. Inizialmente, Oliver si esercitò a guardarsi allo specchio con grande concentrazione. Dopo mesi di allenamento, riuscì a visualizzare qualsiasi cosa desiderasse e l’immagine appariva. Secondo i Warren, riuscì a prevedere situazioni future da solo. Successivamente, iniziò a evocare immagini di persone che non gli andavano a genio o che gli avevano causato del torto. Proiettò l’immagine di una persona nel futuro e desiderò che accadesse qualcosa di negativo, con l’assistenza dei demoni che aveva evocato.

I coniugi Warren
Ed e Lorraine Warren

La scena si manifestò allo specchio e poi si realizzò nel mondo fisico. Alla fine, la magia di Oliver si ritorse contro di lui. Le sfortune che invocava per gli altri iniziarono a colpirlo. Inoltre, i Demoni invasero la sua abitazione e causarono disturbi inquietanti, come passi, respiro pesante, porte che si aprivano da sole, oggetti che levitavano e ululati spettrali nella notte. Dopo una settimana di fenomeni terrificanti, Oliver si rivolse alla Chiesa cattolica e fu indirizzato ai Warren, che condussero un’indagine. Ed Warren (1926-2006) annullò il rituale che Oliver aveva ripetutamente eseguito, eseguendolo al contrario. Questo fermò l’Oppressione Demoniaca, affermò Ed Warren, e annullò gli incantesimi della magia dello specchio. Oliver consegnò ai Warren lo specchio magico per essere esposto nel loro museo degli oggetti posseduti, il Warrens’ Occult Museum.

Quanto c’è di vero in questa storia? Come la maggior parte delle storie raccontate dai Warren, non ci sono riferimenti o testimonianze, ma solo la loro versione dei fatti.

Specchi magici nella cultura

Gli specchi hanno rivestito un ruolo fondamentale nella cultura popolare e nei media, spaziando dalla letteratura al cinema, alla televisione e persino alla musica. Sono stati spesso utilizzati come metafora per l’introspezione, simbolizzando la dualità tra bene e male, e anche come strumenti di divinazione e magia.

L’interpretazione degli specchi nella cultura popolare varia in base al contesto e al mezzo in cui appaiono. Ad esempio, in letteratura, gli specchi hanno spesso riflesso la psiche dei personaggi. Nel racconto di Robert Louis Stevenson (1850-1894), Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886), il dottor Jekyll utilizza uno specchio per riflettere sulla propria psiche e sulla dualità della sua natura. Lo specchio simboleggia i due lati della sua personalità, il bene e il male, e la sua lotta per mantenerli in equilibrio. Nella poesia Specchio di Sylvia Plath (1932-1963), lo specchio rappresenta il processo di invecchiamento e la perdita della giovinezza, riflettendo la paura del personaggio di invecchiare.

Nel cinema e in televisione, gli specchi sono stati usati per creare suspense e paura, oltre a simboleggiare la dualità tra bene e male. Ad esempio, nel film horror Candyman – Terrore dietro lo specchio (Candyman) del 1992, scritto e diretto da Bernard Rose e nel suo sequel del 2021 diretto da Nia DaCosta, lo specchio funge da portale verso un’altra dimensione, riflettendo lo spirito malvagio del protagonista. Nel film Il Cigno Nero (Black Swan) del 2010, diretto da Darren Aronofsky, gli specchi riflettono la psiche della protagonista, che lotta con la sua identità e la dualità della sua personalità. Nella serie televisiva Stranger Things (2016-in programmazione), gli specchi rappresentano la dimensione alternativa conosciuta come Sottosopra, riflettendo la realtà distorta dei personaggi.

Nella musica, gli specchi sono stati usati come metafora per l’introspezione e la ricerca dell’identità. Ad esempio, nella canzone Man in the Mirror (1988) di Michael Jackson (1958-2009), lo specchio rappresenta il bisogno di cambiamento e miglioramento personale. Nella canzone Mirrors (2013) di Justin Timberlake, lo specchio simboleggia il legame tra due amanti, riflettendo il loro amore e la loro devozione reciproca.

Fulminacci e Daniele Silvestri nel video del brano L'Uomo nello Specchio (2023)
Fulminacci e Daniele Silvestri nel video del brano L’Uomo nello Specchio (2023)

Troviamo altri esempi musicali anche in Italia, come L’Uomo nello Specchio (2023) di Daniele Silvestri, cantata assieme a Fulminacci (pseudonimo di Filippo Uttinacci), in cui racconta situazioni personali, vissute o solo osservate, e riflessioni sul quotidiano; nel videoclip Silvestri e Fulminacci sono l’uno lo specchio dell’altro, come il giovane e il meno giovane a confronto. Troviamo lo Specchio anche nell’omonimo brano dei Subsonica del 2014, in cui è uno strumento prezioso per mettere in luce ciò che gli adolescenti e coloro che lottano con disturbi alimentari spesso non riescono a percepire guardandosi allo specchio. E Lo Specchio è anche il titolo di un bellissimo brano di Gino Paoli, in cui il “magico” oggetto potrebbe non farci riconoscere più come la persona di un tempo, ma lo specchio degli occhi di chi ci ama ci fa restare sempre le stesse persone.

Nella mitologia troviamo la leggenda greca di Narciso, un uomo di straordinaria bellezza che si perde nel suo riflesso acquatico; questo mito ha dato origine al concetto contemporaneo di “narcisismo”, che indica l’ossessione per se stessi e il proprio aspetto.

Ma non è solo nel mito greco che troviamo menzionati gli specchi con proprietà magiche. Nella fiaba europea di Biancaneve, uno degli specchi magici più noti è un elemento chiave. Questo specchio magico, utilizzato dal malvagio personaggio principale della Regina, permette di comunicare con una creatura magica che dice solo la verità. La famosa frase «Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?» è diventata iconica grazie alle numerose versioni della storia, soprattutto quelle prodotte dalla Disney.

Una rappresentazione di Dorian Gray allo specchio
Una rappresentazione di Dorian Gray allo specchio

Nel libro di Lewis Carroll (1832-1898), Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò (Through the Looking Glass and What Alice Found There, 1871), si trova uno degli specchi più amati della letteratura moderna. Così come lo può essere quello al centro della storia de Il ritratto di Dorian Gray (The Picture of Dorian Gray, 1890) di Oscar Wilde (1854-1900).

Nel romanzo fantasy epico di J.R.R. Tolkien (John Ronald Reuel Tolkien, 1892-1973), Il Signore degli Anelli: La Compagnia dell’Anello (The Lord of the Rings, 1955), si trova uno specchio magico sotto forma di una piccola pozza d’acqua situata nella foresta elfica di Lothlórien. Più recentemente, la serie di libri di Harry Potter di J. K. Rowling (Joanne Kathleen Rowling), presenta vari oggetti a forma di specchio con poteri magici.

Anche molti giochi di ruolo da tavolo includono regole che permettono l’uso di specchi per effetti magici, come il riflesso di incantesimi, la comunicazione con spiriti o creature magiche e il teletrasporto.

Conclusioni

A pensarci bene, lo specchio magico è uno di quegli oggetti che sembrano usciti da una fiaba… eppure continua a farci domande serissime su chi siamo davvero. Non è solo un “oggetto magico” da cliché: è uno strumento potente, tanto nella magia quanto nella psicologia, capace di spingerci oltre il visibile, dentro quei territori oscuri dove si mescolano intuizione, simbolo e coscienza.

La pratica della contemplazione allo specchio, per esempio — quella che si fa in una stanza buia, fissando il proprio riflesso fino a entrare in uno stato di trance — non è solo affascinante: è quasi ipnotica. E da un certo punto di vista, inquietante. Perché in fondo, guardare nello specchio non è mai solo guardarsi in faccia: è un viaggio dentro, un modo per aprire porte che normalmente teniamo chiuse a doppia mandata.

Lo specchio diventa così simbolo di dualità, di quel confine sottile tra realtà e illusione, tra coscienza e inconscio. E il bello è che questa ambivalenza la ritroviamo ovunque: nella magia rituale, certo, ma anche nello spettacolo. Basta pensare alla Sala degli Specchi, o al celebre fantasma di Pepper.

Lo spettatore, guardando nel rettangolo rosso, vede un fantasma accanto al tavolo. L’illusione nasce da una lastra trasparente a 45° (riquadro verde) che riflette una stanza nascosta a sinistra, detta Stanza Blu, identica alla scena reale. (Immagine creata da Wapcaplet)
Lo spettatore, guardando nel rettangolo rosso, vede un fantasma accanto al tavolo. L’illusione nasce da una lastra trasparente a 45° (riquadro verde) che riflette una stanza nascosta a sinistra, detta Stanza Blu, identica alla scena reale. (Immagine creata da Wapcaplet)
Se la stanza speculare è al buio, non si riflette sul vetro e rimane invisibile. Al contrario, la stanza vuota in alto è fortemente illuminata, rendendola chiaramente visibile allo spettatore attraverso la lastra trasparente. (Immagine creata da Wapcaplet)
Se la stanza speculare è al buio, non si riflette sul vetro e rimane invisibile. Al contrario, la stanza vuota in alto è fortemente illuminata, rendendola chiaramente visibile allo spettatore attraverso la lastra trasparente. (Immagine creata da Wapcaplet)
Quando si accendono le luci nella stanza speculare, mentre quella vuota viene leggermente
oscurata per mantenere
il giusto equilibrio visivo, il fantasma appare chiaramente nel riflesso sulla lastra, dando vita all’illusione. (Immagine creata da Wapcaplet)
Quando si accendono le luci nella stanza speculare, mentre quella vuota viene leggermente
oscurata per mantenere
il giusto equilibrio visivo, il fantasma appare chiaramente nel riflesso sulla lastra, dando vita all’illusione. (Immagine creata da Wapcaplet)

E qui apro una parentesi, perché il Fantasma di Pepper (o Pepper’s Ghost, come si chiama in inglese) è davvero un piccolo capolavoro di ingegno. Si tratta di una tecnica teatrale ancora usata oggi — nei parchi a tema, nei musei, perfino in certi show musicali — che sfrutta una lastra di vetro o plexiglas e un gioco di luci per far apparire “fantasmi” realistici sul palco. Il pubblico vede una figura fluttuante, che sembra comparire dal nulla, ma in realtà è solo un riflesso ben piazzato. Il trucco è stato reso famoso nell’Ottocento da John Henry Pepper (1821-1900), ma le sue radici affondano molto più indietro, fino al XVI secolo, con gli esperimenti ottici di Giovanni Battista Della Porta (1535-1615). E a pensarci bene, è da qui che comincia anche l’idea stessa di proiezione visiva: insomma, senza questi specchi “magici”, forse non avremmo nemmeno avuto il cinema. Altro che semplice trucco da teatro.

Ma quello che mi affascina di più è quanto lo specchio sia ancora oggi così attuale. In un’epoca iper-tecnologica, dove possiamo manipolare immagini, creare avatar, cambiare filtri… lo specchio resta lì, vecchio e magico come sempre, pronto a restituirci una versione di noi stessi che non possiamo controllare. Ed è proprio questa perdita di controllo, questo faccia a faccia col “sé nascosto”, che trovo tanto potente.

In fondo, lo specchio magico è uno dei pochi simboli che riesce a unire il mistero arcaico con la contemporaneità più spinta. È divinazione, è introspezione, è illusione scenica… ma soprattutto è domanda. Una domanda che ci riguarda da vicino: «Chi sei davvero, al di là del riflesso?»

E forse, il vero incantesimo dello specchio è proprio questo: non mostrare altro che noi stessi — ma in un modo che non avevamo mai osato guardare prima.

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