Messaggeri di morte
Avete mai sentito parlare degli Acheri? Oggi la maggior parte delle persone crede che creature come ninfe dei boschi, omini, elfi, fate e simili esistano solo nella mitologia, nella tradizione delle tribù native e nelle menti degli irlandesi.
I messaggeri di morte fanno parte del folclore di praticamente ogni cultura. Prendono diverse forme: da quella di mostri spaventosi a strani fenomeni e, in genere, il loro compito principale è semplicemente quello di avvertire le persone di un destino imminente. Ad alcuni di questi esseri soprannaturali, tuttavia, il folclore ama aggiungere un tocco sinistro. Come se il messaggio di morte non fosse abbastanza, le tradizioni cercano attivamente anche le vittime da danneggiare, ancor di più da uccidere. E ciò che fa paura è che, occasionalmente, si presentano come figure modeste e innocue, in agguato all’interno delle stesse comunità delle loro sfortunate prede.
Spesso nel folclore vengono accostate figure contrastanti: bambini e fanciulle che ricordano la purezza e l’innocenza a demoni e mostri raccapriccianti. E gli acheri ne sono un esempio. Nella migliore delle ipotesi, un semplice presagio di morte. Nel peggiore dei casi, un demone che diffonde la peste sotto le spoglie di un bambino indifeso. Se questo non è abbastanza inquietante, aspettate di conoscere la storia degli acheri.
Cosa sono gli Acheri?
Gli acheri sono figure leggendarie della mitologia basca, che si presentano come spiriti e appaiono sotto forma di bambine, generalmente vestite di bianco e con un gran cappello, solitamente in prossimità di luoghi di tortura o parricidi. Si dice che gli acheri siano anime dannate che vagano sulla terra in cerca di riposo eterno, e che appaiano per tormentare e spaventare le persone. La figura degli acheri è spesso associata all’oscurità, alla morte e agli spiriti maligni.
Per descrivere gli acheri, non andiamo molto lontano dai “bambini minacciosi” della moderna cultura pop, specialmente del genere horror. Avete presente Damien Thorn del franchise di The Omen, o i bambini di Grano rosso sangue (Children of the Corn) del 1984 e persino Stewie Griffin di Family Guy? Ecco, non siamo poi così lontani dalla descrizione degli acheri. Nell’immagine qui a fianco potete vedere i quattro personaggi.
In alto a sinistra Harvey Stephens nel ruolo di Damien Thorn in The Omen (1976); in alto a destra un fotogramma da Grano rosso sangue (Children of the Corn) del 1984; in basso a sinistra il personaggio Stewie Griffin creato da Seth MacFarlane e in basso a destra Yūya Ozeki nel ruolo di Toshio Saeki nel film The Grudge del 2004, remake di Ju-On del 2000.
Gli acheri, secondo la leggenda, sarebbero creature malvagie con radici che puntano sia alla mitologia indù che al folklore dei nativi americani, ma su questi ultimi è un errore. Nel caso dei nativi americani, in special modo le tribù Ojibway (chiamati anche Ojibwa e Ojibwe), conosciuti dai bianchi come Chippewa, questi esseri sono dei “morti non morti” e vengono chiamati Baykak. La somiglianza con gli acheri è solo per via dell’aspetto di fanciulle. Anche Nathan Brown nel suo libro The Mythology of Supernatural del 2011, in cui racconta l’origine di simboli e creature mostrate nella serie tv Supernatural, afferma la loro origine indiana. Nella serie TV, infatti, l’acheri appare nell’episodio 21 della seconda stagione con il titolo Scontro tra prescelti (prima parte).
La leggenda degli acheri appartiene quindi solo al popolo Kumaoni delle regioni di Kumaon e Garhwal nello stato di Uttarakhand nel nord dell’India. La confusione è per via di un romanzo del 2000 di Richar Seib dal titolo Dead Storm, in cui accenna agli acheri e alle leggende dei nativi d’America. Da allora anche altri autori di romanzi hanno sfruttato l’idea per rendere più avvincenti le loro storie, come ad esempio Corker Johnston che nel suo libro Acheri Demon Haunting (2013), a metà fra il documentaristico e la fiction, cerca di spiegare la somiglianza tra la leggenda degli acheri e quella dei baykak con un paleocontatto con un’antica razza aliena.
Per quel poco che sappiamo, gli acheri sarebbero Spiriti della Natura creati nel momento di una morte tragica e prematura. Il loro spirito, tormentato e interrotto troppo presto, tornerebbe sul piano mortale per causare la sofferenza dei vivi. Nella credenza popolare indiana, purtroppo, spesso prendono di mira altri bambini, causando loro lo stesso destino e condannandoli a diventare anche loro degli acheri.
Acheri come spettri femminili
Non c’è una defininizione univoca sull’aspetto degli acheri. Alcune fonti li rappresentano come spiriti di fanciulle morte tragicamente, a causa di abusi, omicidi o malattie incurabili. Sarebbe proprio la scomparsa prematura a innsescare la vendetta contro i vivi e lo farebbero in sembianze di fragili ragazzine per attirare le proprie vittime.
Chiunque vedesse l’acheri proverebbe simpatia, pensando che si tratta solo di una bambina malata, ma l’acheri userebbe questa simpatia per attirare le sue vittime. Il folclore afferma anche che assuma una seconda forma, ma questa è tenuta ben nascosta mentre fa conoscenza con le sue prede, ovvero quella di un orribile mostro con una struttura scheletrica, occhi rossi, lunghe dita artigliate e impaziente di far soffrire gli altri bambini come ha sofferto lui. Quindi, per quanto assuma per lo più sembianze femminili, in realtà non avrebbe alcun genere.
Secondo la leggenda, questi spiriti malevoli apprezzano i regali, in particolare gioielli, kajal per gli occhi (il kajal – o kohl – è una polvere usata per il trucco), scialli colorati e sari (tradizionali indumenti femminili indiani). Se gli acheri vengono regolarmente propiziati con tali doni, si dice che causano meno problemi ai vivi.
Gli acheri sono i protagonisti in una famosa ballata popolare dei Garhwali (un gruppo etnolinguistico indiano originario del Garhwal, nello stato indiano dell’Uttarakhand) conosciuta come Jeetu Bagdwal. La canzone narra la tragica storia di un giovane di nome Jeetu, che si dice sia vissuto circa cinquecento anni fa durante il regno di Raja Man Singh. In alcune versioni più moderne, il termine Acheri viene cambiato con angeli, fate o esseri danzanti.
Ne ho trovato traccia in un libro del 2020 dal titolo Ghosts, Monsters and Demons of India di J. Furcifer Bhairav e Rakesh Khanna e ve ne traduco un passaggio:
«Jeetu ha dovuto fare un viaggio al villaggio di sua sorella per invitarla a fare una pūjā (un atto di adorazione verso una particolare forma della divinità). Fu un lungo viaggio e, dopo aver percorso una certa distanza, Jeetu si fermò per riposare e suonare il flauto.
Gli Acheri che vivevano sulla vicina montagna di Khait Parvat ascoltarono la sua musica. Fluttuarono giù tra gli alberi e iniziarono a ballare intorno a lui in cerchio. Il suono dei campanelli sulle loro cavigliere ipnotizzò Jeetu, che si addormentò lentamente. Allora i fantasmi entrarono nel suo corpo attraverso i suoi occhi, le sue orecchie e le sue mani e cominciarono a bere il suo sangue.
Scuotendosi per svegliarsi, insistette affinché gli spiriti lo lasciassero andare in modo che potesse incontrare sua sorella. Ha promesso che una volta tornato e la pūjā fosse finita, avrebbero potuto prenderlo. Gli Ancheri acconsentirono.
Jeetu terminò il viaggio verso il villaggio di sua sorella, la riportò a casa e condusse con successo il resto della pūjā. Ma appena finiti i riti, gli Acheri scesero dalle colline e lo portarono via; e mentre se ne andavano, provocarono una calamitosa frana che uccise sua sorella e ogni altro membro della sua famiglia»
Ho trovato anche un video in cui un gruppo musicale indiano la canta:
Le prime tracce europee degli acheri
Non esiste nessuna traccia degli acheri in testi europei se non solo nel 1828, quando il primo vice commissario britannico della divisione Kumaon, George William Traill (1836-1897), ne fa menzione nel suo Statistical Sketch of Kumaon pubblicato per la prima volta nel 1828:
«Acheri, o fate, fantasmi di piccole bambine; questi risiedono sulle cime delle montagne, ma scendono al tramonto per tenere i loro festeggiamenti in luoghi più convenienti. Scendere dal treno da quelle parti, soprattutto dopo il tramonto, potrebbe essere fatale, in quanto gli Acheri puniscono con la morte tali intrusioni: occasionalmente molestano anche coloro che durante il giorno attraversano i luoghi delle loro dimore, in particolare le femmine, che possono avere addosso in quel momento qualche pezzetto rosso di vestiario: gli Acheri, provano una peculiare antipatia per quel colore.
Quando le bambine si ammalano improvvisamente, si deduce subito che è colpa degli Acheri che hanno lanciato il loro incantesimo o ombra (chiamata chaya) sul bambino, con l’obiettivo di ucciderlo e aggiungere un altroi fantasma al loro numero. Le illusioni ottiche e le ombre, viste in vari paesi montuosi, sono occasionalmente visibili anche su alcune delle montagne di questa provincia, che di conseguenza sono celebrate come la peculiare località degli Acheri, poiché le processioni di elefanti, cavalli, etc., che a volte appaiono sulle cime, sono naturalmente attribuite a quegli esseri.
Una collina di fronte a Srinagar è celebrata a questo riguardo; il treno delle ombre che, di tanto in tanto, sembra muoversi lungo il suo crinale, rimane visibile per alcuni minuti ed è perciò visto da numerosi abitanti della città. È quindi certo che queste ombre hanno origine in cause fisiche e non sono create dall’immaginazione degli individui. La teoria, con la quale questa illusione è spiegata in altri luoghi, è particolarmente applicabile qui, poiché le ombre in questione si vedono invariabilmente alla stessa ora, cioè quando il sole sta tramontando sotto l’orizzonte».
Statistical Sketch of Kumaon di George William Traill (1828)
Per più di un secolo e mezzo gli acheri sono rimasti personaggi del folklore dell’India e da allora non sono stati aggiunti nuovi particolari a quella storia di Traill.
Portatori di malattie
La leggenda vuole che il momento in cui l’acheri agisce sulla vittima sia annunciato da canti e suoni di tamburi nei villaggi, il che è un avvertimento di una malattia imminente o, peggio, della morte. L’acheri è noto per diffondere malattie incurabili, in particolare ai bambini. Lo scopo di questo essere malevolo sarebbe quello di portare alla morte un bambino in un processo lungo e spesso doloroso, perché il demone vorrebbe che che le sue vittime soffrano come abbia sofferto lui e con ogni vita che prende diventa più forte.
Quindi potremmo dire che l’acheri prosperi sulla miseria umana, quindi maggiore è la tristezza intorno alla malattia del bambino, più potente diventa questo demone. Viene associato quindi a una malattia respiratoria estremamente contagiosa che può diffondersi nei villaggi in un batter d’occhio. E come una malattia si propaga: più uccide e più condanna altre vittime a subire lo stesso destino e trasformarsi in acheri.
Nonostanete sia sostenuta l’idea che gli acheri fossero umani prima che le loro vite venissero prese troppo presto, ci sono alcuni studiosi che sostengono il contrario e cioè che acheri non sarebbero mai stati esseri umani nel passato, ma che siano solo esseri elementali dispettosi e malevoli con lo scopo di diffondere la peste nel mondo fisico.
In alcuni villaggi gli acheri vengono chiamati fate delle colline (o delle montagne), come se fossero esseri che vivono sulle montagne o dentri caverne. La leggenda racconta che in genere cacciano al tramonto e con la loro capacità di mutaforma, riescano a controllare caratteristiche specifiche del loro aspetto per abbinare ciò che pensano piaccia di più alle loro vittime. Questo perché la tradizione vuole che si nutrano della miseria umana e togliere la vita ai bambini in un processo lungo e spesso atroce è il modo più efficace per farlo.
In qualche modo, gli acheri somigliano sia alla banshee dei miti irlandesi e scozzesi, sia agli psicopompi della mitologia nelle religioni monoteistiche, figure che svolgono la funzione di accompagnare le anime dei morti nell’oltretomba. Si pensi per esempio al Caronte dantesco. Altre figure simili agli acheri indiani sono i Ju-on del folclore giapponese, che abbiamo visto al cinema nella saga di The Grudge.
Come evitare di incorrere nell’ira di questi esseri?
Anche sui deterrenti contro gli acheri c’è molta confusione tra la leggenda indiana e quella dei nativi americani degli Ojibway. Questi ultimi, un tempo stanziati nell’odierno stato del Michigan e sulle coste settentrionali del Lago Superiore e del lago Huron, usavano avvolgere attorno al collo un panno rosso, appartenuto ad una donna forte e ribelle; questo espediente avrebbe tenuto lontano gli spiriti baykak spesso confusi con gli acheri.
Nel caso però della leggenda indiana, il colore rosso farebbe infuriare questi spiriti malevoli e quindi era vietato proprio indossare indumenti o nastri rossi. Ho letto persino di incantesimi di magia rossa, evidentemente da chi non sa neppure cosa sia. La magia rossa ha a che vedere con la sfera sentimentale e non appartiene al popolo indiano.
Alcuni antropologi hanno scoperto tracce di credenze simili in cui questi spiriti, probabilmente gli stessi acheri, porterebbero la morte anche agli anziani e a coloro che possiedono un basso livello di difese immunitarie. Inoltre hanno ipotizzato che gli acheri fossero creduti esseri elementali, a volte demoni, con il semplice scopo di diffondere la peste nel mondo fisico. Una descrizione non dissimile da alcuni demoni mesopotamici.
Che siano in origine fate o mostri orribili e scheletrici, poco importa, perché il loro scopo resterebbe quello di uccidere.
Nel caso in cui la peste si fosse già diffusa nei villaggi, alcuni sacerdoti/sciamani, battevano vigorosamente su un piatto di ottone, finché la vittima, la prima preda contagiata dagli acheri, non cadeva in trance. Successivamente veniva posta su un altare attorniato da torce e candele e portata in un luogo isolato con la speranza che gli acheri si placassero.
Gli Acheri oggi
Al giorno d’oggi, specialmente con il costante progresso della medicina e della tecnologia, la maggior parte di questi metodi anti-acheri, è rimasta nella tradizione di alcuni villaggi. È possibile che gli acheri fossero solo la personificazione delle pestilenze, in un periodo storico in cui non potevano essere spiegate. Dopotutto, per le scarse conoscenze di alcune tribù, era più facile sconfiggere o placare un singolo mostro, piuttosto che una malattia diffusa. Alla fine, però, tutto si riduce al bisogno innato dell’essere umano di sopravvivere, un tratto che possediamo ancora oggi, mentre continuiamo ad affrontare gli effetti di una pandemia globale.