La Chiave Minore di Salomone (o Piccola Chiave di Salomone), nota anche con il titolo latino Lemegeton Clavicula Salomonis o semplicemente Lemegeton, è un grimorio sulla stregoneria scritto in forma anonima. Fu compilato a metà del XVII secolo, principalmente utilizzando materiali più antichi di diversi secoli. È suddiviso in cinque libri:
- Ars Goetia;
- Ars Theurgia-Goetia;
- Ars Paulina;
- Ars Almadel;
- Ars Notoria.
Non si conosce l’origine o il significato di Lemegeton. Il libro era noto anche come Liber Spirituum e Liber Officiorum. Si diceva che il Lemegeton fosse stato scritto originariamente in caldeo ed ebraico, ma queste affermazioni sono incerte. La composizione del Lemegeton Clavicula Salomonis, essendo un testo prevalentemente trasmesso in forma scritta, ha subito vari cambiamenti nel corso del tempo e attraverso le diverse correnti di pensiero.
Arthur Edward Waite (1857-1942), un esoterista e mistico statunitense, considerato il pioniere nell’indagine metodica della storia dell’occultismo in Occidente, ha definito il Lemegeton «un’opera di pretese molto più esaltate» rispetto alla Chiave di Salomone e che «dispiega tutte le gerarchie ed evoca spiriti a miliardi». Come la Chiave di Salomone, il Lemegeton sostiene di essere stato scritto originariamente in ebraico, ma i testi più datati sono in francese. Parte del Lemegeton fu pubblicata nel 1563 in latino dal demonologo e medico olandese Johann Wier (1515-1588), intitolata Pseudomonarchia Daemonum (Pseudo-Monarchia dei Demoni).
L’alchimista scozzese Michael Scot (italianizzato Michele Scoto, ca 1175-1236) ne tradusse una parte in inglese nella sua opera Discoverie of Witchcraft nel 1584, e Waite ne condensò e riprodusse una parte, presa da un manoscritto nel British Museum datato 1676. Il materiale nel Lemegeton probabilmente deriva in parte dal Testamento di Salomone e anche dal libro apocrifo di Enoch.




Com’è composto il Lemegeton
Nel vasto campo dell’occultismo, è comune che l’attenzione sia rivolta principalmente alla Ars Goetia (pronunciato in italiano: Ars Go-è-zia), il primo dei cinque libri del Lemegeton. Questo perché la Ars Goetia, con le sue descrizioni dettagliate sui demoni, ha un fascino particolare che risuona nell’immaginario collettivo. I demoni, con la loro aura di mistero e potere, tendono a dominare la scena, attirando l’attenzione sia degli appassionati che dei neofiti.
Tuttavia, è importante sottolineare che il Lemegeton non si limita alla sola Ars Goetia. Gli altri quattro libri del Lemegeton offrono una visione molto più ampia e variegata della pratica magica. Questi libri, infatti, si concentrano principalmente sul contatto con entità spirituali di natura più benevola, come spiriti e angeli.
Ma vediamo nel dettaglio di cosa trattano i cinque libri che compongono il Lemegeton:
- Ars Goetia: Questa è la sezione iniziale del Lemegeton e la più conosciuta. Descrive 72 demoni che si ritiene siano stati evocati e dominati dal re Salomone. Ogni demone ha un sigillo unico e poteri specifici, e la Goetia fornisce indicazioni dettagliate su come evocare questi demoni in modo sicuro.
- Ars Theurgia Goetia: Questa parte del Lemegeton riguarda l’evocazione di spiriti sia buoni che malvagi. A differenza della Goetia, che si concentra principalmente sui demoni, la Theurgia Goetia include anche spiriti che non sono necessariamente malvagi.
- Ars Paulina: Questa sezione del Lemegeton tratta dell’evocazione e del controllo degli angeli. In particolare, si concentra sugli angeli associati ai 360 gradi dello zodiaco.
- Ars Almadel: Questa parte fornisce istruzioni su come costruire l’Almadel, un dispositivo usato per contattare gli angeli. Gli angeli dell’Almadel sono di un ordine superiore rispetto a quelli menzionati nella Paulina e possono fornire conoscenze più elevate.
- Ars Notoria: L’ultima sezione del Lemegeton è un po’ diversa dalle altre. Invece di fornire istruzioni su come evocare spiriti o angeli, offre un sistema di preghiere e discorsi mnemonici che, si dice, possono conferire all’individuo una conoscenza istantanea di varie discipline accademiche.
È importante sottolineare che, nonostante la sua fama e la sua influenza sulla demonologia e sulla magia cerimoniale, il Lemegeton è, per molti credenti, un testo molto avanzato e potenzialmente pericoloso. La pratica della magia, in particolare quella che coinvolge l’evocazione di entità spirituali, dovrebbe essere intrapresa solo da individui esperti e con la dovuta cautela.
Sebbene la Ars Goetia possa essere la più nota tra i cinque libri del Lemegeton, gli altri quattro libri offrono una ricchezza di informazioni e pratiche che vanno ben oltre l’evocazione dei demoni, e meritano di essere esplorati con la stessa curiosità e rispetto. Johann Wier, così come l’esoterista britannico Aleister Crowley (1875-1947), hanno preferito concentrarsi sulla Goetia.
Lemegeton, eretico e malefico nel Medioevo

Durante il periodo medievale e rinascimentale in Europa, la Goetia era vista comunemente come eretica e malefica, in netto contrasto con la teurgia e la magia naturalis, che erano spesso percepite come più rispettabili. L’alchimista ed esoterista Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim (1486-1535), conosciuto come Agrippa, nei suoi Tre libri di filosofia occulta, afferma: «Le componenti della magia cerimoniale sono la goetia e la teurgia. La goetia è sfortunata, a causa delle interazioni con spiriti impuri derivanti da riti di curiosità malefiche, incantesimi illeciti e maledizioni, ed è respinta e condannata da tutte le leggi.»
Arthur E. Waite ipotizzò che questo primo libro fosse il Lemegeton originale e che le altre parti fossero sconosciute a Wier e fossero state aggiunte in un momento successivo. La Goetia elenca 72 angeli caduti, i loro titoli, sigilli, doveri, poteri e gli angeli che possono contrastarli. Curiosamente, Wier ne elencò solo 69, e Scot ne elencò solo 68.
Perché proprio 72 demoni?

Il numero 72 potrebbe essere stato ispirato dallo Schemhamphorae (o Shem HaMephorash), un termine che si trova nella Cabala e che fa riferimento a un nome esoterico di Dio. Questo termine, che significa “il nome esplicito”, è originariamente un termine tannaitico (I-II secolo d.C.) che descrive il Tetragramma. Nel contesto della Cabala, il termine può indicare un nome di Dio che è composto da 4, 12, 22, 42 o 72 lettere (o triadi di lettere), con la versione da 72 lettere che è la più comune. Questo nome di 72 lettere è particolarmente importante per il Sefer Raziel HaMalakh (Libro di Raziel l’Angelo), un antico testo di magia ebraica e cabalistica, scritto prevalentemente in ebraico e aramaico. Esiste anche una versione latina del XIII secolo, realizzata durante il regno di Alfonso X di Castiglia (al secolo Alfonso Fernández, detto il Saggio, 1221-1284), chiamata Liber Razielis Archangeli (Libro di Raziel l’Arcangelo).
Il libro si ispira fortemente al Sefer Yetzirah (Libro della Formazione o Creazione) e al Sefer Ha-Razim (Libro dei Segreti). Esistono diverse versioni manoscritte del libro, alcune delle quali contengono fino a sette trattati. La versione stampata del Sefer Raziel è suddivisa in cinque libri, alcuni dei quali presentano una forma di Midrash mistico sulla Creazione; il Midrash è un metodo di esegesi biblica seguito dalla tradizione ebraica. Il Sefer Raziel HaMalakh contiene una dettagliata angelologia, usi magici dello zodiaco, gematria, nomi di Dio, formule magiche di protezione e un metodo per creare amuleti magici di guarigione.

Secondo la tradizione, il libro sarebbe stato rivelato ad Adamo dall’angelo Raziel. Tuttavia, gli storici ritengono che sia un testo medievale, probabilmente prodotto dai Chassidei Ashkenaz, un gruppo di pietisti ebrei. Si ritiene che la versione medievale sia stata compilata da Eleazaro di Worms (Eleazar Rokeach, 1176-1238), uno degli ultimi membri principali del movimento.
Lo Shemhamphorasch ha un ruolo significativo nella leggenda del golem, una figura antropomorfa nel folklore ebraico che è creata interamente da materia inanimata, come l’argilla o il fango. È importante ricordare che lo Shemhamphorasch è un testo molto avanzato e si crede sia potenzialmente pericoloso. Il testo funziona come nomi di potere. Quindi, i 72 demoni nel Lemegeton possiedono altrettanti abilità didattiche per le scienze e l’arte, così come la capacità di causare terribili malattie e disastri. Pochi hanno qualche capacità di guarigione. Arthur E. Waite li ha descritti nel suo Libro della magia nera e dei patti del 1898, come «due-e-settanta metodi per compiere tutte le abominazioni… Satanismo non diluito, più tutti i misteri della Venere non diluita.»
Re Salomone è davvero l’autore del Lemegeton?
Salomone (ca 1011-931 a.C.), noto anche come Šəlomo in ebraico moderno, Šəlōmōh in antico ebraico, Sulaymān in arabo, Σαλωμών o Σολομών in greco, e Salomon in latino, è una figura storica che, secondo le Scritture, fu il terzo monarca d’Israele, succedendo a suo padre, Davide.
Il suo periodo di regno si estende approssimativamente dal 970 al 930 a.C., ed è riconosciuto come l’ultimo sovrano del regno unito di Giuda e Israele. Le narrazioni bibliche lo descrivono come figlio di Davide e Betsabea, precedentemente sposata con Uria l’Ittita. Al termine del suo regno, gli succedette suo figlio Roboamo, che Salomone aveva avuto con la sua consorte ammonita Naama, ma solo come re di Giuda.
5A Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: “Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda”.
1Re, 3:5 (CEI 2008)

Il suo regno è visto dalla comunità ebraica come un’epoca ideale, paragonabile all’età augustea di Roma. La sua saggezza, come descritta nella Bibbia, è considerata proverbiale. Durante il suo regno, fu costruito il Tempio di Salomone, che divenne famoso per i suoi numerosi significati simbolici. Dettagli sulla vita, le opere e la saggezza di Salomone sono anche narrati nel Kebra Nagast, un testo etiope compilato tra il IV e il VI secolo d.C., ma nella sua forma definitiva nel XII secolo.
L’episodio narrato dai capitoli 3, 4 e 5 del primo libro dei Re, è interpretato come una prefigurazione della Sophia di Dio, il Cristo. Sophia, che deriva dal greco antico Σοφία e significa “saggezza”, è una rappresentazione della Saggezza divina nel contesto teologico e religioso. Nella filosofia greca, Sophia rappresentava una conoscenza assoluta e certa, mentre nella teologia ebraica e cristiana, diventa un attributo di Dio, che precede la creazione e si manifesta in essa come un governo saggio e giusto dell’universo.
Sophia traduce il termine femminile ebraico המכח (hokhmah), che significa “saggezza”, descritta in Proverbi 8 e che corrisponde al Logos. Si tratta di un’ipostatizzazione, ovvero di un’entità emanata da Dio che utilizza per dare ordine al cosmo, declinata al femminile come una sorta di madre divina, che funge da mediatrice tra il mondo terreno e il Padre celeste.
1La sapienza forse non chiama
Proverbi 8,1 (CEI 2008)
e l’intelligenza non fa udire la sua voce?
Sophia, come Sapienza di Dio (חָכְמָה, Chokmah in ebraico), appare nella Bibbia nel libro dei Proverbi, così come in alcuni Salmi, nei libri deuterocanonici del Siracide e della Sapienza di Salomone e nel Nuovo Testamento. Nel giudaismo, Sophia corrisponde alla Shekinah, “la Gloria di Dio”, una figura che ha un ruolo chiave nella cosmologia cabalistica come espressione dell’aspetto femminile di Dio. Per gli gnostici cristiani, Sophia è un elemento centrale per la comprensione cosmologica dell’Universo, è la componente femminile di Dio, e coincide con lo Spirito Santo della Trinità. Ella è, pertanto, al tempo stesso Sorella e Sposa di Cristo poiché, così come Cristo, Ella viene da Dio.
Col passare del tempo, Salomone è entrato nell’immaginario della scienza popolare, esoterica e filosofica, diventando il padrone e il sovrano di tutto ciò che è nascosto, occulto e persino in relazione con il mondo inferiore, quello degli spiriti. In un Occidente oppresso dalla paura e dal sospetto verso la conoscenza che si diffondeva attraverso la stampa, spaventato dalla possibilità di scoprire i segreti dell’universo e allo stesso tempo affascinato dalla possibilità di dominarli secondo il dettato divino, Salomone diventa il padre letterario di una vastissima biblioteca di titoli che sono strettamente legati alle scienze più nobili, tra cui quelle naturali e speculative, ma anche a quelle più insidiose, l’alchimia e la magia, che nella cultura dell’età moderna sono il secchio delle prime.

In un arco di tempo che va dal III secolo d.C., quando l’ellenismo giudaico aveva trovato spazio, secondo l’apocrifo Lettera di Aristea a Filocrate fino al Settecento libertino e illuminista, si può tuttavia isolare, come campione di questo codice genetico la cui paternità salomonica viene sempre più messa in discussione. Nel 1728, il saggista e religioso spagnolo Benito Jerónimo Feijoo y Montenegro (1676-1764) poteva affermare con sicurezza ostentata, la non paternità dell’opera all’autore tradizionalmente riconosciuto come il re Salomone, la particolare storia del testo in questione, il Lemegeton Clavicula Salomonis, emerso da una bibliografia sterminata e confuso di apocrifi e pseudo-epigrafici. Quindi, il testo del Lemegeton ha una storia fatta di selezione, aggiustamenti, fraintendimenti e arricchimenti, così come vuole la più normale tradizione dei testi religiosi del mondo mediterraneo.
Perché, se solo in minima parte, il Lemegeton può essere visto allo stesso tempo come il “manuale d’uso” per i riti magici, è al contempo oggetto del rito stesso, indispensabile per la sua realizzazione; si tratta di riti che, come avranno modo di realizzare i censori più agguerriti di questo Sacratus (termine con il quale veniva diffuso nel periodo tardo-medievale il testo): «execrabilissimae consecrationes et detestabiles invocationes, scripturae, imagines, apertissimam idolatriae impietatem continent», ovvero, le consacrazioni più esecrabili e le invocazioni detestabili, le scritture, le immagini, contengono la più evidente empietà dell’idolatria.
Di un Salomone sapiente e detentore di segreti arcani ci sono tracce in alcune opere esoteriche, ovvero rivolte ad un gruppo di iniziati, come i Papiri magici egiziani (II a.C.) e le Apocalissi gnostiche (II-IV d.C.). Soliman ben Daud (Salomone figlio di Davide) compare anche nel Corano (Sura XXXVIII, 34-38) come signore degli abitanti delle ombre, rivisitazione della figura storica alla pari di quella di Alessandro Magno, detto “Bicorno”.
34Mettemmo alla prova Salomone, mettendo un corpo sul suo trono. Poi si pentì 35e disse: «Signore, perdonami e concedimi una sovranità che nessun altro avrà dopo di me. In verità Tu sei il Munifico». 36 Gli assoggettammo il vento, soffiava al suo comando (fin) dove voleva inviarlo, 37e (gli asservimmo) tutti i dèmoni, costruttori e nuotatori di ogni specie. 38E altri ancora incatenati a coppie.
Corano, Sura XXXVIII, 34-38
Nel testo della Piccola Chiave di Salomone (Lemegeton), Salomone è definito magosopho, unendo alla sapienza già contemplata nel testo biblico anche la scienza magica. Salomone non solo è citato come auctoritas, ma compare come auctor (o pseudo-autore) di altrettanti testi esoterici in ambito giudaico-ellenistico (alcuni dei quali rientrano negli apocrifi veterotestamentari), soprattutto in area alessandrina. Un esempio lo possiamo trovare nel testo Sull’origine del mondo, nome contemporaneo di un libro gnostico del III d.C. che fa parte dei codici di Nag Hammâdi (un insieme di testi gnostici cristiani e pagani rinvenuti nei pressi di Nag Hammadi, in Egitto, nel dicembre 1945).

Nel testo si fa riferimento ad un libro di Salomone che contiene la descrizione del processo “eonico” già confutato dal vescovo e teologo romano Ireneo di Lione (130-202 d.C.) nella sua Adversus Haereses (Verso le eresie), un’opera in cinque volumi che mira a smentire le principali forme di gnosticismo. L’obiettivo del vescovo di Lione era di negare l’esistenza di due figure di Cristo, una divina e l’altra umana, nate da due eoni differenti, un concetto molto apprezzato nella gnosi: di conseguenza, Ireneo sottolinea l’unicità e l’integrità del Cristo.
Il testo completo è sopravvissuto solo in una traduzione latina, probabilmente del IV secolo; dell’originale greco rimangono solo frammenti, anche se piuttosto numerosi. I libri IV-V sono stati conservati anche in una traduzione armena del VI secolo. Il titolo Adversus haereses è convenzionale e riassume il titolo completo Rivelazione e confutazione della gnosi falsa. Il testo ha come termine la pretesa di Sophia di conoscere i segreti del Padre: è la sophia gnostica che incarna il Gesù catholicos (da sempre chiamato Filius David); ma è anche la rappresentazione della sapienza salomonica e della sua ascesa mistica (e altrettanto occulta) ai vertici della conoscenza divina.
Questo è anche il contenuto del Libro dei Sette cieli, attribuito a Salomone dall’alchimista egizio di epoca romana, Zosimo di Panopoli (ca. 350-420 d.C.). L’ultimo dei libri in questo contesto che vengono attribuiti al sovrano giudeo è il Testamento, che contiene un catalogo di demoni e fa riferimento all’anello, simbolo della possibilità di dominare le creature degli inferi.
Tuttavia, sia il più grande filosofo e teologo tedesco del Medioevo, Alberto Magno (ca 1193-1280) nel XIII secolo, sia l’esoterista e astrologo tedesco Johann Heidenberg (italianizzato Giovanni Tritemio, dal latino Johannes Trithemius, 1462-1516) all’inizio del XVI, parleranno di un liber quattuor annulorum con chiaro riferimento all’anello di Salomone. Questi “anelli”, in qualità di cerchi, sono sottoposti a una «buona e perfetta operazione», ovvero l’azione, e la “forma”, ovvero il disegno.




Il Sacratus viene citato anche in un’opera del medico e astrologo italiano Pietro d’Abano (latinizzato in Petrus de Abano o Petrus Patavinus, Abano, 1250-1316), il Lucidator dubitabilium astronomiae (Un chiaritore di dubbia astronomia), dove i tanti e diversi volumi di Salomone vengono considerati invece un unico corpus. Il volume è citato come Liber Racialis (Libro razziale), così chiamato dal filosofo e teologo tedesco, Johannes Reuchlin (in italiano anche Giovanni Roiclinio, 1455-1522), secondo il quale da Abramo a Salomone sarebbe stata tramandata la chiave per accedere alla conoscenza divina. Questo trattato, voluto nella sua traduzione latina da Alfonso X di Castiglia tra il 1255 e il 1270, venne bruciato dall’inquisitore Nicolas Eymerich (1320-1399) a Barcellona negli anni Cinquanta del Trecento.
Fonti del Lemegeton

Il Pseudomonarchia Daemonum, un’appendice del 1577 al De praestigiis daemonum di Johann Wier, sembra essere la fonte principale dell’Ars Goetia del Lemegeton. Wier non fa riferimento a nessun altro libro del Lemegeton, il che suggerisce che il grimorio potrebbe essere stato tratto dal suo lavoro, e non viceversa. L’elenco degli spiriti è cambiato tra i due libri, con l’aggiunta di quattro spiriti nell’opera successiva e l’omissione di uno spirito (Pruflas). Quest’ultimo errore si trova anche in un’edizione della Pseudomonarchia Daemonum citata in The Discovery of Witchcraft del 1584 (scritto contro la credenza nelle streghe, per dimostrare che la stregoneria non esisteva) di Reginald Scot (or Scott) (ca 1538-1599) , il che suggerisce che l’Ars Goetia non potrebbe essere stata compilata prima del 1570.
In realtà, sembra che il testo dipenda più dalla traduzione di Scot sul lavoro di Wier, piuttosto che dal lavoro originale di Wier stesso. Alcuni dei materiali provengono dai già citati Tre libri di filosofia occulta di Agrippa, dall’Heptameron di pseudo-Pietro d’Abano e dal Calendarium Naturale Magicum Perpetuum, un grimorio del tardo rinascimento (1619-1620 circa) e una stampa esoterica di incisioni di calendari.
L’Officium Spirituum di Wier, che sembra essere correlato a un manoscritto del 1583 chiamato L’Ufficio degli Spiriti, sembra essere in ultima analisi un’elaborazione di un manoscritto del XV secolo chiamato Livre des Esperitz (30 dei 47 spiriti sono quasi identici a quelli nell’Ars Goetia).
In una copia successiva realizzata dall’ingegnere militare e matematico inglese Thomas Rudd (ca 1583-1656), questa sezione era etichettata come Liber Malorum Spirituum seu Goetia, e i sigilli e i demoni erano abbinati a quelli dei 72 angeli dello Shem HaMephorash, che erano a loro volta destinati a proteggere il mago e a controllare i demoni da lui evocati. I nomi angelici e i sigilli derivano da un manoscritto dal crittografo e alchimista francese, Blaise de Vigenère (1523-1596), le cui carte furono utilizzate anche dall’esoterista Samuel Liddell MacGregor Mathers (1854-1918) nelle sue opere per l’Ordine Ermetico dell’Alba d’Oro, la famosa Golden Down. Rudd potrebbe aver tratto la sua copia del Liber Malorum Spirituum da un’opera ora perduta di Johannes Trithemius, che era stato maestro di Agrippa, che a sua volta era stato maestro di Wier.
Questa sezione dell’opera fu poi tradotta da MacGregor Mathers e pubblicata da Aleister Crowley nel 1904 con il titolo Il libro della Goetia di Salomone il re. Crowley aggiunse alcune invocazioni non correlate all’opera originale, così come saggi che descrivono i rituali come esplorazione psicologica piuttosto che come evocazione di demoni.




Un libro di magia tascabile
Nella Venezia moderna, i testi manoscritti venivano diffusi per evitare la censura del governo e della Chiesa. L’efficacia di un testo dipendeva non solo dal contenuto, ma anche dalla forma, come la calligrafia e i simboli. Questi testi, come il Lemegeton, venivano spesso copiati a mano e circolavano facilmente. I lettori che diventavano copisti modificavano il testo per renderlo più accessibile, influenzando così il contenuto originale. Le immagini simboliche venivano spesso copiate separatamente da copisti esperti. Ogni copia del Lemegeton era unico, con variazioni nel layout e nel contenuto didattico. Questi testi erano spesso trasmessi casualmente, emergendo raramente per finire sul tavolo degli inquisitori. Il mistero e la funzionalità pratica del libro non derivavano tanto dalla coerenza interna, quanto dal fatto che fosse incomprensibile. Se fosse stato compreso, soprattutto dai lettori meno istruiti, non avrebbe avuto l’effetto desiderato.
Ne sono un esempio i documenti del processo contro la presunta strega Tarsia Malipiero, detta Laura (ca 1603-1660), protagonista di alcuni casi giudiziari nella Venezia del Seicento. Nei documenti si nota la varietà delle versioni del Lemegeton, due delle quali erano particolarmente diverse per quanto riguarda l’organizzazione interna del materiale e la parte didattica. Queste copie potrebbero essere arrivate a casa sua grazie a uno studente di medicina dello studio di Padova, un fatto che non solo conferma la trasmissione casuale del testo, che seguiva percorsi nascosti e raramente emergeva per finire sul tavolo di un inquisitore, ma che evidenzia anche il superamento delle barriere culturali, tipiche delle prime riunioni eterodosse.

La sfida di una recensione singolare
Come abbiamo osservato, non esiste una versione definitiva del Lemegeton, rendendo impossibile una recensione completa per ogni edizione del grimorio. Nel corso del processo del 1636, tre individui – Francesco Viola, un sarto di Napoli, Lunardo Longo e Pietro Rinaldi – sono stati accusati di eresia. Durante questo processo, è stata menzionata una versione latina del Lemegeton. Questa particolare edizione è stata scoperta nella residenza di Francesco Viola, il sarto napoletano precedentemente citato. Si tratta di una versione che si distingue dalle altre per l’assenza del proemio tradizionale, sostituito da un preludio introduttivo. Inoltre, a due sezioni classiche si aggiunge un trattato astrologico sulle influenze degli spiriti sui pianeti e una quarta parte dedicata alla consacrazione del Lemegeton.
Oltre al lavoro di Salomone, l’inquisitore ha scoperto nella casa del sarto un altro libretto anonimo che forniva istruzioni su come esorcizzare un demone, facendo riferimento a concetti non canonici. Questo manoscritto in volgare, probabilmente un prontuario tascabile, sembra essere una versione semplificata del Lemegeton Clavicula Salomonis, scritta in fretta e senza una struttura formale apparente.

Suddiviso in cinquantasei capitoli, contiene indicazioni pratiche di magia, con titoli che indicano chiaramente lo scopo dell’esperimento. Le illustrazioni non sono particolarmente elaborate, costituite da figure stilizzate, facilmente riproducibili anche da persone non esperte. La struttura stessa degli esperimenti suggerisce un autore poco istruito, probabilmente l’accusato Lunardo Longo. Nonostante il padrone di casa napoletano non fosse più istruito, a differenza della Clavicula Salomonis e della sua tradizione manoscritta, questo taccuino si avvicina di più all’immaginario collettivo del libro di magia, cercando di soddisfare rapidamente l’utente di queste stregonerie.
I pentacoli disegnati su carta semplice sono il risultato materiale delle istruzioni contenute nel secondo e nel terzo libro di questa versione. Portano in cima il pentacolo ben descritto e il testo è scritto, nella maggior parte dei casi, con una scrittura pesante. Tutto ciò suggerisce che si tratta di un documento ufficiale, il risultato finale di un’evocazione, un “amuleto” consacrato pronto all’uso. Infatti, il fatto che il pentacolo sporga dal resto del foglio e si distingua come un oggetto indipendente dal testo sottostante, potrebbe suggerire che si tratta di un elemento rimovibile e staccabile, da conservare separatamente dalle istruzioni per l’uso.
I riti che emergono dal libello, sebbene altrettanto complessi, sono tuttavia apocrifi e nascono dalla fantasia dell’autore, costituendo quindi testimonianze uniche del loro contenuto. Nel quaderno di appunti di Francesco Viola si fondono alcuni elementi presenti nel terzo libro del Lemegeton, come ad esempio, la preparazione dell’officiante con un coltello di osso bianco, la riduzione in cenere della vittima sacrificale, l’uso di materiali “vergini”, mai utilizzati prima, ma anche con la scienza medica officinale monastica, che vede nelle piante e nelle erbe medicinali un aiuto per risvegliare gli umori sanguigni, e persino con la liturgia cattolica o ebraica.
Rimuovendo all’amuleto la sua struttura linguistica, privando il Lemegeton e gli altri prontuari della loro sovrastruttura esoterica, ci troviamo di fronte a un prodotto della cultura dell’età moderna, destinato a rispondere alle esigenze di una società che, al di là delle istituzioni e delle convenzioni, poteva sentirne il bisogno: poteva esorcizzare la paura del buio, luogo ideale in cui si nascondevano ladri, briganti e assassini, e dove l’immaginazione tesseva contorni fantastici per spiegare ciò che non si poteva spiegare; poteva sondare il terreno dell’affettività e della sessualità, un ambito che, sebbene privato, era regolato e invaso dalle prescrizioni morali della Chiesa cattolica; poteva desiderare oltre le proprie aspettative di vita onori, lunga vita, denaro e salute, cercando di superare i limiti che il caso aveva assegnato loro, per nascita, stirpe e sangue; poteva conoscere, come era avvenuto al re Salomone, un mondo altro, in cui naturale e soprannaturale si confondevano.
Le versioni alternative del Lemegeton sono innumerevoli, e ciò che desidero evidenziare in particolare è come questi materiali, pur essendo simili tra loro, siano stati capaci di assimilare e veicolare una varietà di immagini, concetti e metodi che spesso divergono da quelli stabiliti a livello dottrinale.
Queste variazioni non sono solo un riflesso della diversità di interpretazioni e applicazioni del Lemegeton, ma rappresentano anche la capacità intrinseca di questi testi di adattarsi e rispondere alle esigenze e ai contesti specifici dei loro lettori e utilizzatori. Questa flessibilità ha permesso al Lemegeton di rimanere rilevante e influente nel corso dei secoli, nonostante i cambiamenti culturali, sociali e religiosi.
Inoltre, queste variazioni evidenziano l’interazione dinamica tra le tradizioni esoteriche formali e le pratiche magiche popolari. Mentre le versioni dottrinali del Lemegeton forniscono un quadro teorico e simbolico, le versioni alternative spesso incorporano elementi pratici e accessibili che riflettono le credenze e le pratiche magiche comuni dell’epoca.
Infine, la presenza di queste variazioni nel Lemegeton sottolinea l’importanza del contesto nella comprensione e nell’applicazione dei testi esoterici. Le diverse versioni del grimorio non sono semplicemente varianti di un testo, ma rappresentano diverse vie di accesso e interpretazione del mondo esoterico e magico che il Lemegeton stesso cerca di descrivere. Questa molteplicità di voci e prospettive arricchisce la nostra comprensione del grimorio e del suo ruolo nella storia dell’esoterismo e della magia.
I 72 demoni della Goetia

Molti dei demoni descritti nella Goetia trovano le loro origini in fonti precedenti come la Pseudomonarchia Daemonum (1577) di Johann Wier e il Dizionario Infernale (1818) di Jacques Collin de Plancy (1794-1881). Questi testi si basavano su grimori medievali che affermavano di rivelare i segreti magici di Salomone.
Tuttavia, alcuni studiosi hanno argomentato che la Goetia contenuta nel Lemegeton non sia un vero testo salomonico, ma piuttosto un prodotto della demonologia cristiana, che riflette le paure e i pregiudizi dei suoi autori. Ad esempio, Gershom Scholem (1897-1982), celebre studioso del misticismo ebraico, ha descritto il libro così:
«Il notissimo testo medievale Clavicula Salomonis non ebbe affatto origini ebraiche, e solo nel XVII secolo apparve un’edizione ebraica che era un miscuglio di elementi giudaici, cristiani e arabi in cui la componente cabalistica era praticamente nulla.»
La Cabala (1982) traduzione di Roberta Rambelli, ed. Mediterranee
I demoni goetici del Lemegeton sono i 72 spiriti infernali che, a seconda della traduzione e della fonte, sono chiamati alternativamente demoni o spiriti. Questi demoni sono strettamente collegati ai 72 angeli cabalistici e sono subordinati a essi.

Nella Gerarchia dell’Inferno, i dèmoni (in questo caso forse è meglio definirli demòni) sono classificati come Re, Duchi, Principi, Marchesi, Conti, Presidenti e un singolo Cavaliere. A ciascun demone viene generalmente assegnato un numero, che riflette l’ordine in cui furono convocati dal re Salomone per assistere nella costruzione del suo tempio. Sebbene alcune versioni del Lemegeton non forniscano dettagli sull’origine dei demoni, tutte seguono un sistema di numerazione simile. Le classifiche di ciascun demone possono variare leggermente tra le diverse versioni, ma in generale mantengono una coerenza. Per comprendere meglio la differenza tra dèmoni e demòni, suggerisco di leggere il seguente articolo nel quale ho scritto un paragrafo dedicato.
I 72 demòni sono:
- Re Bael
- Granduca Agares
- Il principe Vassago
- Marchese Samigina
- Re Marbas
- Duca Valefor
- Principe Aamon
- Duca Barbatos
- Re Paimon
- Re Buer
- Duca Gusion
- Il principe Sitri
- Re Beleth
- Marchese Leraje
- Duca Eligos
- Duca Zepar
- Conte Botis
- Duca Bathin
- Duca Sallos
- Re Purson
- Conte/Pres. Marax (o Morax)
- Conte/Principe Ipos
- Duca Aim
- Marchese Naberius
- Conte/Pres. Glasya-Labolas
- Duca Bune
- Marchese/Conte Ronove
- Duca Berith
- Duca Astaroth
- Marchese Forneus
- Presidente Foras
- Re Asmodeo
- Il principe/presidente Gaap
- Conte Furfur
- Marchese Marchosias
- Il principe Stolas
- Marchese Phenex
- Conte Halphas
- Presidente Malphas
- Conte Raum
- Duca Focalor
- Duca Vepar
- Marchese Sabnock
- Marchese Shax
- Re/Conte Vine
- Conte Bifrons
- Duca Vual
- Presidente Haagenti
- Duca Crocell
- Cavaliere Furcas
- Re Balam
- Duca Alloces
- Presidente Caim
- Duca/Conte Murmur
- Il principe Orobas
- Duca Gremory
- Presidente Ose
- Presidente Amy
- Marchese Orias
- Duca Vapula
- Re/presidente Zagan
- Presidente Valac
- Marchese Andras
- Duca Haures
- Marchese Andrealphus
- Marchese Cimeies
- Duca Amdusias
- Re Belial
- Marchese Decarabia
- Il principe Seere
- Duca Dantalion
- Conte Andromalius
Demoni ispirati a dèi mitologici
Molti spiriti/demoni dell’Ars Goetia nel Lemegeton somigliano spesso a divinità e mostri di diverse mitologie. Non è chiaro se fossero le autentiche divinità venerate dagli antichi, imitatori successivi, o semplicemente figure demonizzate dai demonologi cristiani (anche se l’ultima ipotesi è la più plausibile).
Ecco alcuni esempi di confronto tra le figure spiritiche/demoniache con la mitologia:
Demone Ars Goetia | Ispirazione mitologica |
Agares | Argo Panoptes, gigante dai cento occhi servitore di Era (mitologia greca) |
Aamon | Amon-Ra, dio egizio del sole |
Andras | Andraste, dea celtica della guerra |
Astaroth | Astarte, dea dell’amore e della guerra dell’area semitica nord-occidentale |
Bael | Hadad, dio mesopotamico dell’uragano (venerato in Siria) |
Balam | Balaam, indovino e stregone non-israelita |
Bathin | Nefti, dea egizia delle donne |
Bifrons | Giano (latino: Ianus), dio romano degli inizi, materiali e immateriali |
Haagenti | Bastet (anche Bastit), dea-leonessa egizia del culto solare |
Ipos | Anubi, dio egizio che funge da giudice dei morti |
Cimeies (o Kimaris) | Chimera, mostro greco |
Marax (o Morax) | Maat, dea egizia della verità e dell’armonia |
Naberius | Cerbero, cane a tre teste guardiano degli inferi greci |
Orias | Osiride, dio egizio dell’Oltretomba |
Phenex | Fenice, uccello mitologico della cultura greca |
Purson | Horus, dio egizo dei reali in cielo, della guerra e della caccia |
Raum | Khnum, dio vasaio egizio protettore del Nilo |
Sabnock | Sobek, dio egizio della fertilità, dei coccodrilli e della protezione |
Sitri | Seth, dio egizio delle tempeste e del caos |
Zagan | Dagon, divinità semitico-occidentale (cananaica) della fertilità e del raccolto |
Zepar | Zefiro, la personificazione greca del vento che soffia da ponente |
Influenze cabalistiche
Il testo originale antico, in parte ermetico, aveva una forte influenza della Cabala (Kabbalah) ebraica. Di conseguenza, esistono diverse versioni del libro, note come Piccola Chiave e Grande Chiave di Salomone, che sono divise in rituali denominati Goetia. Il Lemegeton fa frequentemente riferimento a entità soprannaturali chiamate Elohim (divinità), che nell’ebraismo possono essere identificati come angeli e demoni. Ognuno di questi esseri possiede un nome specifico, essenziale per la loro evocazione.
Questa interpretazione del termine Elohim, spesso presente nel testo, è piuttosto libera. In ebraico, Elohim è il plurale di Eloha e può riferirsi sia a persone dotate di un potere superiore a quello umano, sia a esseri soprannaturali. Dato che l’ebraismo è una religione monoteista, comprendere il significato di questa parola può risultare complesso. Nella Genesi, Dio parla al plurale, il che ha portato molti a credere che gli Elohim siano in realtà angeli e demoni (angeli caduti), che possono essere evocati attraverso il Lemegeton conoscendone il nome e il sigillo. Secondo la tradizione, il nome di un angelo o di un demone è estremamente potente e non deve essere usato con leggerezza.
Il testo fornisce inoltre istruzioni su come proteggersi dalle entità evocate, poiché, secondo il libro, padroneggiare quest’arte significa interagire con le forze più potenti e distruttive dell’universo.
Conclusioni
Se c’è un testo che davvero spacca l’universo dell’occultismo occidentale per mistero e fascino, quello è la Piccola Chiave di Salomone, più conosciuta col nome di Lemegeton. È uno di quei grimori che ti affascina già dal titolo, come se fosse la chiave (letteralmente) per aprire un mondo nascosto, fatto di spiriti, sigilli e nomi impronunciabili. E in effetti, un po’ lo è.
Il bello del Lemegeton è che non si limita a elencare formule e simboli. Mette ordine in un caos antico, creando una vera e propria classificazione di demoni, angeli e spiriti aerei, cosa che — per chi come me ha sempre avuto una certa curiosità per questi temi — è già di per sé qualcosa di notevole. È come entrare in una biblioteca del soprannaturale, dove ogni entità ha il suo ruolo, la sua gerarchia, il suo sigillo.
La sezione più famosa, quella che tutti conoscono almeno per sentito dire, è l’Ars Goetia. Qui trovi elencati 72 demoni, ognuno con i propri attributi, funzioni e un sigillo personale — una specie di carta d’identità esoterica, se vogliamo. Ma attenzione: non si parla di “demoni” nel senso da film horror. Queste entità sono forze, e come tutte le forze possono essere pericolose, sì, ma anche utili, se si sa come gestirle. E qui sta il punto che mi fa sempre riflettere: chi erano davvero questi spiriti? Ex divinità pagane demonizzate? Archetipi? O forse semplici invenzioni dei demonologi medievali?

Dopo la Goetia, entra in scena l’Ars Theurgia-Goetia, che a molti passa inosservata ma che, secondo me, ha un fascino tutto suo. Qui si parla di 31 spiriti aerei, meno noti, forse, ma non meno potenti. È come se il grimorio ti dicesse: «Ok, ti sei scaldato con i demoni, adesso andiamo a un livello più sottile». E in effetti, comandare questi spiriti richiede una conoscenza ancora più dettagliata, non solo dei sigilli ma anche del contesto spirituale in cui operano. È roba da iniziati veri, non da dilettanti del sabato sera.
Poi ci sono le altre sezioni, spesso trascurate ma ricche di sorprese. L’Ars Paulina ti porta nell’universo dell’astrologia e degli angeli legati alle ore del giorno e ai segni zodiacali. È un approccio completamente diverso: qui il focus non è sul controllo, ma sulla connessione armonica. L’Ars Almadel, invece, è tutta un’altra storia: si tratta di costruire un dispositivo magico — l’Almadel, appunto — per contattare specifici angeli. È come una tecnologia spirituale ante-litteram, fatta di cera, colori e geometria sacra.
Ma il vero colpo di scena per me è l’Ars Notoria. Qui non si evoca nulla, non si comanda nessuno: si prega, si medita, si sviluppano memoria, eloquenza e sapienza. Ecco dove il Lemegeton mostra la sua natura più umana e profonda. Non è solo un manuale per evocare entità, ma anche un percorso di crescita interiore. È come se dicesse: «Vuoi dominare il mondo invisibile? Inizia dominando te stesso».
Quello che mi colpisce sempre del Lemegeton è la sua struttura, la coerenza con cui tiene insieme ambiti così diversi tra loro: dalla magia evocativa all’introspezione spirituale. È un equilibrio sottile, che ti spinge a riflettere su cosa significhi davvero conoscere e governare le forze invisibili. Perché non basta conoscere i nomi e i rituali: serve disciplina, studio e rispetto.
E non sorprende che abbia lasciato il segno anche fuori dai circoli esoterici. Lo ritroviamo nel cinema, nei videogiochi, nei romanzi… a volte in modo superficiale, certo, ma comunque presente. Questo perché il Lemegeton riesce ancora oggi a farci sentire quella fame di mistero, quel desiderio di superare i confini del visibile.
In definitiva, il Lemegeton non è uno di quei testi che si leggono tutto d’un fiato o che si comprendono al primo colpo. È un libro che ti mette alla prova, ti fa domande invece di darti risposte. E non importa se ci si avvicina da studiosi, curiosi o praticanti: ti costringe comunque a fare i conti con l’idea che il sapere vero richiede tempo, pazienza e responsabilità.
Non è solo un manuale di evocazioni o un elenco di entità da controllare. È una specie di mappa — complessa, frammentaria, esigente — per chi ha voglia di esplorare i confini tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare, se solo imparassimo ad ascoltare.
E forse è proprio questo il suo segreto: non ti promette potere, ma ti costringe a chiederti cosa faresti se lo avessi davvero.