Chiave di Salomone

Chiave di Salomone: Misteri e Segreti dell’Antico Grimorio

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La Clavis Salomonica, o Chiave di Salomone (o Chiave Maggiore di Salomone), è un’opera del XIII secolo citata dall’alchimista ed esoterista Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim (1486-1535), conosciuto come Agrippa, nel suo De incertitudine et vanitate omnium Scientiarum et artium del 1531. Non è da confondere con Lemegeton Clavicula Salomonis, conosciuta anche come la Piccola Chiave di Salomone (o, semplicemente, Lemegeton), che è un grimorio anonimo risalente al Seicento che, essendo un testo prevalentemente manoscritto, ha subìto varie modifiche nel corso del tempo e nelle diverse tradizioni.

Una pagina della Chiave di Salomone
Una pagina della Chiave di Salomone

Redatta tra il Tardo Medioevo e il Rinascimento, la Chiave di Salomone è uno dei più celebri testi di magia di sempre, che incorpora elementi della tradizione cabalistica ebraica e dell’alchimia araba, forse il grimorio più importante, poiché questo testo è la fonte della maggior parte degli altri grimori. Sebbene circolasse in modo clandestino, fu molto ricercata e diffusa tra il pubblico popolare, ma ritenuta poco credibile dagli studiosi dell’epoca. È menzionato nella letteratura nel corso dei secoli, crescendo in dimensioni e contenuto. Sono state scritte così tante versioni di questo grimorio che è praticamente impossibile accertare in cosa consistesse il testo originale. Esistono trentacinque versioni conosciute in diverse lingue, tra cui latino, italiano, francese, inglese, ceco e tedesco. Per cui quando qualcuno afferma di possedere la Chiave di Salomone, sarebbe solo una delle tante versioni.

La Chiave di Salomone è attribuita al re Salomone (ca 1011-931 a.C.) che, secondo la Bibbia, è stato il terzo re d’Israele, successore e figlio di Davide (o David, ca 1040-970 a.C.), ritenuto un maestro di tutte le forme di conoscenza segreta. Nonostante l’attribuzione, si ritiene che il testo sia di origine greca e risalga al XIV o XV secolo.

A differenza di grimori successivi, la Chiave di Salomone non fa riferimento ai 72 spiriti imprigionati dal re Salomone in un vaso di bronzo. Come nella maggior parte dei grimori medievali, tutte le operazioni magiche descritte sono apparentemente eseguite attraverso il potere di Dio, cui sono rivolte tutte le invocazioni.

Anecdota Atheniensia

Un gran numero di grimori, attribuiti a Re Salomone, sono stati redatti nel periodo del Rinascimento (dalla metà del XV secolo, fino alla fine del XVI secolo). Questi testi sono stati influenzati principalmente da opere precedenti della Cabala teosofica ebraica e dai maghi musulmani. Opere, che a loro volta, incorporavano elementi della magia greco-romana dell’antichità tardiva. Esistono molteplici versioni della Chiave di Salomone, tradotte in diverse lingue, con variazioni che vanno da minime a sostanziali. Il manoscritto greco, noto come Il trattato magico di Salomone, è stato pubblicato in Anecdota Atheniensia (1927) dall’ellenista belga Armand Delatte (1886-1964), il cui nome completo era Armand-Louis-Joseph Delatte. Il suo contenuto presenta notevoli somiglianze con la Piccola Chiave di Salomone.

Un esemplare della Chiave di Salomone era posseduto dal classicista irlandese Robert Mitchell Henry (1873-1950), professore di latino alla Queen’s University di Belfast e, successivamente, professore di discipline umanistiche all’Università di St. Andrews, Edimburgo. Il titolo in copertina, Clavicola Salomonis expugnata, e la traduzione in tedesco, suggeriscono che questo manoscritto appartenga al gruppo di testi espurgati (manufatti letterari che sono stati alterati eliminando o variando le sezioni ritenute volgari o in qualche modo non adatte), con altri esempi risalenti al XVII-XVIII secolo.

La Chiave di Salomone che troviamo oggi non è originale

Giuseppe Flavio (nato Yosef ben Matityahu)
Giuseppe Flavio

La Chiave di Salomone è fonte di molti altri grimori. Questo libro, attribuito al leggendario re Salomone, racconta di come egli chiese a Dio la saggezza e comandò un esercito di demoni per costruire grandi opere. Nel I secolo dell’Era Volgare (EV), lo storico ebreo Giuseppe Flavio (nato Yosef ben Matityahu, ca 38-100 d.C.) citò un libro di incantesimi per evocare e contrastare i demoni attribuito a Salomone. Alcuni storici ritengono che Giuseppe Flavio si riferisse alla Chiave di Salomone, al Testamento di Salomone o a un altro testo.

Non è comunque da confondere la Chiave di Salomone con il Testamento di Salomone, un antico testo presente tra i pseudepigrafi e presumibilmente scritto tra il I e ​​il III secolo d.C., costituisce un affascinante racconto leggendario su come Salomone, il celebre re di Israele, abbia edificato il magnifico Tempio di Gerusalemme sfruttando il comando sui demoni.

La Chiave di Salomone è stata menzionata nella letteratura per secoli e nel tempo è cresciuta in dimensioni e contenuto. Esistono molte versioni di questo grimorio, tanto che il testo originale è incerto. Una versione greca del 1100-1200 d.C. è conservata nel British Museum di Londra. A partire dal XIV secolo, le opere magiche salomoniche hanno acquisito sempre più importanza. Nel 1350, papa Innocenzo VI (1282- 1362) ordinò la distruzione di un grimorio chiamato Il Libro di Salomone; nel 1559, l’Inquisizione condannò nuovamente il grimorio di Salomone. La Chiave di Salomone fu ampiamente diffusa nel XVII secolo e ne esistono ancora centinaia di copie in diverse versioni. Si ritiene che il manoscritto originale fosse scritto in ebraico, ma non esiste alcun testo di questo tipo.

Questa foto appare in Bioographic Sketches and Selected Verses del Rev. Samuel Marcus Gollancz  (Londra 1930).
Questa foto appare in Bioographic Sketches and Selected Verses del Rev. Samuel Marcus Gollancz (Londra 1930)

Tuttavia, Un documento ebraico esiste in due forme, una delle quali è custodita presso la British Library (BL), su un manoscritto di pergamena, diviso in BL Oriental MSS 6360 e 14759. Il manoscritto BL fu inizialmente datato al XVI secolo dal suo primo curatore, Greenup (1912), ma ora si ritiene che sia leggermente più recente, risalente al XVII o XVIII secolo. Un secondo documento ebraico, scoperto nella biblioteca di Samuel Marcus Gollancz (1820-1900), fu reso pubblico nel 1903 dal figlio Hermann Gollancz (1852-1930), un rabbino britannico e studioso ebreo. Hermann ne pubblicò anche un’edizione in facsimile nel 1914.

Questo manoscritto era stato trascritto ad Amsterdam, in scrittura corsiva sefardita (gli ebrei sefarditi sono una popolazione ebraica della diaspora associata alla penisola iberica, Spagna e Portogallo) ed è meno leggibile del testo BL. Questo testo ebraico non è considerato l’originale. È piuttosto un adattamento ebraico tardivo di un testo latino o italiano della Piccola Chiave di Salomone. Il manoscritto BL è probabilmente l’archetipo della traduzione ebraica, e il manoscritto di Gollancz, una copia di quello della British Library.

Come è composta l’opera

La Chiave di Salomone è un’opera misteriosa e affascinante, articolata in due volumi distinti ma complementari, che costituiscono una vera e propria guida pratica per l’esecuzione di rituali magici. Al suo interno non si trovano solo formule e invocazioni, ma anche istruzioni dettagliate, vere e proprie “ricette operative” che illustrano come realizzare e utilizzare strumenti, amuleti, sigilli e simboli, fondamentali per mettere in atto ogni “esperimento” magico — o, per usare un termine più moderno e neutro, ogni operazione rituale.

Ciò che differenzia profondamente questo grimorio da testi più tardi, come la Pseudomonarchia Daemonum (XVI secolo) del medico olandese Johann Wier (1515-1588), oppure il più celebre Lemegeton o Clavicola di Salomone (XVII secolo), è l’assenza di un impianto demonologico sistematico. Nella Chiave di Salomone, infatti, non compare alcun elenco dei 72 spiriti maligni che la tradizione più tarda attribuirà all’autorità di Salomone stesso, né troviamo riferimenti alla leggendaria sigillatura dei demoni in un vaso di bronzo da parte del re. Al contrario, l’intero corpus sembra muoversi in un quadro teologico profondamente cristiano (e prima ancora giudaico), dove è Dio, e solo Dio, la fonte legittima del potere magico.

Alcune pagine del Pseudomonarchia Daemonum
Alcune pagine del Pseudomonarchia Daemonum

Tutte le operazioni iniziano con preghiere di purificazione, confessione dei peccati e invocazioni alla protezione divina. L’operatore — il “mago”, se vogliamo — non agisce mai come fosse padrone del potere, ma come strumento umile nelle mani di Dio, attraverso il quale le forze cosmiche possono essere allineate, purificate e incanalate. È un concetto molto distante dall’immaginario moderno del mago come figura solitaria e ribelle, e più vicino invece a quello dell’adepto, che si sottopone a un rigido codice morale e spirituale per ottenere la grazia di compiere determinati atti.

Il testo dedica inoltre ampio spazio al processo di preparazione rituale, che risulta estremamente meticoloso: ogni strumento, ogni oggetto impiegato, dev’essere realizzato seguendo precise prescrizioni. Si specificano i materiali da usare, come devono essere raccolti (spesso in giorni e ore astrologicamente favorevoli), come devono essere purificati e perfino le preghiere esatte da recitare durante ogni fase della realizzazione. Nulla è lasciato al caso: la magia, in questo contesto, è una scienza sacra, fondata su corrispondenze simboliche e su un linguaggio occulto che va compreso e rispettato.

Una delle componenti più affascinanti dell’opera è la presenza di numerosi disegni magici e amuleti, molti dei quali realizzati con simboli appartenenti all’alfabeto occulto Transitus Fluvii. Questo particolare alfabeto esoterico, spesso utilizzato anche in altri grimori dell’epoca, viene impiegato per codificare formule sacre e parole di potere, rendendole invisibili ai profani e accessibili solo a chi conosce le chiavi interpretative del testo.

L’alfabeto Transitus Fluvii

L’alfabeto esoterico Transitus Fluvii, conosciuto anche come Passaggio del Fiume (o Passage du Fleuve in francese), è formato da 22 simboli. Questo alfabeto è stato delineato da Agrippa nel suo Terzo Libro di Filosofia Occulta, pubblicato a Colonia nel 1533, ma redatto circa nel 1510.

L’alfabeto Transitus Fluvii ha le sue radici nell’alfabeto ebraico e mostra affinità con gli alfabeti Celestial e Malachim. Il primo è un sistema di scrittura codificato che è stato usato in contesti mistici, occulti e religiosi, principalmente nella tradizione esoterica; il secondo è un antico sistema di scrittura esoterica utilizzato principalmente nelle tradizioni cabalistiche e magiche. Il nome potrebbe alludere al passaggio del fiume Eufrate compiuto dagli ebrei nel loro ritorno dalla prigionia babilonese per ricostruire il Tempio di Gerusalemme.

L’alfabeto esoterico Transitus Fluvii

Il significato originale delle lettere è sconosciuto; tuttavia, gli studiosi sanno che era scritto da destra a sinistra, come l’ebraico, e che non veniva usato per questioni ordinarie. Talvolta i segni sono adornati con figure che ricordano vagamente forme umane. Secondo la leggenda, chiunque conosca i segreti del Transitus Fluvii è in grado di interpretare i linguaggi segreti della natura, inclusi il linguaggio silenzioso delle pietre e quello degli uccelli.

Non è un caso che alcune teorie suggeriscono fosse utilizzato in certe regioni d’Europa anche dalle streghe, come una sorta di lingua comune per comunicare tra loro. Solo i membri di alto grado avevano accesso alle conoscenze necessarie per padroneggiare le complesse possibilità dell’alfabeto, mentre gli iniziati di rango inferiore dovevano accontentarsi di frammenti morfologici. In questo modo, il Transitus Fluvii divenne noto come il linguaggio delle streghe; un codice segreto (sebbene soggetto a interpretazione) utilizzato non solo per documentare le loro attività soprannaturali, ma anche per gestire questioni organizzative all’interno della loro società.

Al di là se venisse o meno utilizzato dalle streghe, il Transitus Fluvii era senza dubbio usato per scopi cerimoniali, vale a dire con le magie più potenti della stregoneria, come incantesimi, riti e maledizioni. Inoltre, si diceva che solo scrivere il testo fosse sufficiente per mettere una persona in uno stato di coscienza alterato e renderla più suscettibile ai segnali provenienti da altre dimensioni.

Voarchadumia contra alchimiam
Voarchadumia contra alchimiam

L’alfabeto compare anche in altre opere, come il Peculium Abrae. Grammatica hebraea una cum latino di Abramo di Balmes (ca 1440-1523), un medico e grammatico (che precede di dieci anni l’opera di Agrippa), e il Voarchadumia contra alchimiam di Giovanni Agostino Panteo (??-ca 1535), un sacerdote e alchimista veneziano. Panteo afferma che, mentre l’alfabeto ebraico fu consegnato a Mosè e l’enochiano a Enoch, il Transitus Fluvii fu rivelato ad Abramo.

Alcune curiosità: l’alfabeto appare nel film The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair (The Blair Witch Project) del 1999, diretto da Eduardo Sánchez e Daniel Myrick e menzionato nel libro An Enemy At Green Knowe di Lucy Maria Boston (1892-1990), una scrittrice inglese che scriveva per bambini e adulti.

I due volumi della Chiave di Salomone

Secondo la narrazione mitica del documento, come descritto nella sua introduzione, Salomone scrisse il libro per suo figlio Roboamo (972-914 a.C.), ordinandogli di nasconderlo nella sua tomba alla sua morte. Molti anni dopo, un gruppo di filosofi babilonesi scoprì il libro mentre riparava il sepolcro di Salomone. Nessuno riusciva a decifrare il testo, finché uno di loro, Iohé Grevis, suggerì di chiedere comprensione al Signore. L’angelo del Signore gli apparve e gli fece promettere di mantenere il testo nascosto agli indegni e ai malvagi, dopodiché riuscì a leggerlo chiaramente. Iohé Grevis lanciò quindi un incantesimo sul libro affinché gli indegni, gli imprudenti o coloro che non temevano Dio non potessero ottenere gli effetti desiderati da nessuna delle opere contenute nel libro.

Libro I
Il primo libro contiene evocazioni, invocazioni e maledizioni per richiamare e costringere gli spiriti dei morti e i demoni a eseguire la volontà dell’operatore. Fornisce anche istruzioni su come trovare oggetti rubati, diventare invisibili, ottenere favori e amore, e altro ancora.

Libro II
Il secondo libro descrive le varie purificazioni a cui l’operatore, denominato “esorcista”, deve sottoporsi, il modo in cui deve vestirsi, come costruire gli strumenti magici utilizzati nelle sue operazioni e quali sacrifici animali devono essere offerti agli spiriti.

Samuel Liddell MacGregor Mathers
Samuel Liddell MacGregor Mathers

La Chiave di Salomone era particolarmente importante per la Golden Dawn (più precisamente Hermetic Order of the Golden Dawn, in italiano Ordine Ermetico dell’Alba Dorata), un ordine nato alla fine del XIX secolo. dell’Alba d’Oro. Nel 1889, uno dei tre fondatori della Golden Down, l’esoterista britannico Samuel Liddell MacGregor Mathers (1854-1918), tradusse una versione da sette codici conservati al British Museum di Londra: uno in latino, uno in italiano e cinque in francese. Il materiale potrebbe risalire al XIV o XV secolo ed è principalmente di natura cabalistica mescolata con magia popolare che probabilmente proviene da una varietà di fonti.

Due dei codici utilizzati da Mathers contengono introduzioni pseudo-storiche, ispirate al sogno biblico di Salomone, in cui egli chiese a Dio un cuore saggio e comprensivo e ricevette grande saggezza e ricchezza. Una delle introduzioni afferma che la Chiave fu sepolta con Salomone nella sua tomba, seguendo le istruzioni date a suo figlio Roboamo. Il testo fu scoperto molto tempo dopo dai filosofi babilonesi, che non riuscivano a comprenderlo finché non pregarono Dio e furono illuminati da un angelo (così racconta la leggenda). Nell’altro codice, Salomone avverte il figlio Roboamo:

«Se non intendi usare per un buon fine i segreti che qui ti insegno, ti ordino piuttosto di gettare questo Testamento nel fuoco, piuttosto che abusare del potere che avrai di costringere gli Spiriti, perché ti avverto che gli Angeli benefici, stanchi ed esausti dalle tue richieste illecite, eseguirebbero con tuo grande dispiacere i comandi di Dio, così come quelli di tutti coloro che, con intenzioni malvagie, abuserebbero di quei segreti che Egli ha dato e rivelato a me.»

La Chiave di Re Salomone (1889), traduzione di Samuel Liddell MacGregor Mathers

Mathers riteneva che l’opera fosse originariamente di magia bianca, ma contaminata da elementi di magia nera provenienti da altre fonti. Sfortunatamente, eliminò alcuni passaggi che considerava appartenenti alla magia nera, in particolare quelli che coinvolgevano l’uso del sangue. In questo modo, ignorò o non prese in considerazione l’avvertimento attribuito a Salomone, secondo cui il mancato rispetto delle istruzioni esattamente come erano date avrebbe portato all’insuccesso. Invece, Mathers dichiarò che il compiere azioni malvagie avrebbe avuto conseguenze negative sul mago stesso.

«Devo inoltre avvertire l’operatore pratico contro l’uso del sangue; la preghiera, il pentacolo e i profumi, usati correttamente, sono sufficienti; e il primo si avvicina pericolosamente al cammino del male. Colui che, nonostante gli avvertimenti di questo volume, decide di praticare il male, sia sicuro che il male ricadrà su di lui e sarà colpito dalla corrente di ritorno.»

La Chiave di Re Salomone (1889), traduzione di Samuel Liddell MacGregor Mathers
Arthur Edward Waite
Arthur Edward Waite

Il mistico ed esoterista americano Arthur Edward Waite (1857-1942), noto per aver ideato un insieme di carte da tarocchi conosciuto come Rider-Waite, è stato il primo a intraprendere un’esplorazione sistematica della storia dell’occultismo occidentale, considerandola una tradizione spirituale anziché un ramo della proto-scienza o una degenerazione religiosa. Waite riteneva che la Chiave di Salomone fosse un’opera magica composta sia da pratiche di magia bianca che nera. Entrambi, Waite e Mathers, disprezzavano l’enfasi posta sui sacrifici di sangue nei rituali del grimorio e in quelli dedicati all’odio e alla distruzione, che Waite considerava «segni distintivi della Magia Nera». La Chiave di Salomone attribuiva grande importanza al ritrovamento magico di tesori con l’assistenza degli spiriti e anche all’interferenza nella libertà di volontà altrui, come nel caso di costringere una persona ad innamorarsi. Waite giunse alla conclusione che la Chiave di Salomone fosse «una bizzarra mescolanza di pomposo e ridicolo; è, in effetti, la vecchia storia della montagna e del topo, ma così grande è la fatica che, in questo caso, il topo viene partorito già morto».

La storia della montagna e del topo proviene dal filosofo e politologo Antonio Gramsci (1891-1937), esposta in una lettera inviata dal carcere alla sorella Giulia il 1 giugno 1931. Ecco una sintesi della storia:

In un tempo passato, un bambino trovò il suo latte per colazione bevuto da un topolino. Il bambino pianse amaramente per la perdita, così il topolino si recò dalla capra per chiedere altro latte. Ma la capra non poteva produrre latte perché non c’era erba sufficiente da mangiare. L’erba non cresceva perché la terra era arida. La fontana non poteva irrigare la terra perché la guerra l’aveva danneggiata. Il muratore non poteva riparare la fontana per mancanza di pietre.

Il topolino, allora, si rivolse alla montagna per chiedere dei sassi, ma la montagna lamentò di essere stata disboscata dagli speculatori e privata dell’umus, ridotta a una massa inutilizzabile di ossa. Il topo narrò tutta la vicenda e promise che, una volta cresciuto, il bambino avrebbe piantato alberi come pini, querce, castagni… affinché, se la montagna avesse fornito le pietre, il bambino avrebbe potuto godere nuovamente del latte, ripristinando così il ciclo vitale.

Il testo originale si può leggere nel libro Lettere dal carcere di Antonio Gramsci (Einaudi, 1965) a pagina 249.

Alcune curiosità: il libro è menzionato nel Faust di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), nella scena in cui il barboncino si trasforma nel diavolo Mefistofele; ed è menzionato anche in Supernatural Horror in Literature ” di Howard Phillips Lovecraft (spesso citato come H.P. Lovecraft, 1890-1937).

Re Salomone è davvero l’autore?

La storicità di re Salomone, una figura centrale nella Bibbia ebraica (Tanakh), è oggetto di dibattito tra studiosi. Se le fonti bibliche descrivono re Salomone come il figlio di re Davide e re di Israele durante il X secolo a.C., noto per la sua saggezza, le ricchezze e la costruzione del Primo Tempio a Gerusalemme, non esistono prove archeologiche (fino ad oggi) che confermino l’esistenza storica di re Salomone. Alcuni siti, come Megiddo, Hazor e Gezer, mostrano evidenze di costruzioni monumentali attribuite al periodo solomonico, ma l’attribuzione diretta a Salomone è contestata.

Inoltre, non esistono testimonianze contemporanee extra-bibliche che menzionino re Salomone. Le principali fonti extra-bibliche sono testi successivi e leggende che possono essere influenzate dalla narrativa biblica. Molti storici e archeologi, soprattutto quelli con un approccio tradizionalista, ritengono che Salomone sia una figura storica basata sulle descrizioni bibliche, anche se alcuni dettagli possono essere esagerati o mitizzati. Mentre alcuni storici e archeologi più scettici ritengono che la figura di Salomone sia in gran parte leggendaria, una costruzione letteraria basata su tradizioni orali e scritte posteriori, con poca o nessuna base storica.

Re Salomone dipinto nel soffitto all'interno della Chiesa dell'Ascensione a Gerusalemme (fonte: CC BY 3.0/Tamarah)
Re Salomone dipinto nel soffitto all’interno della Chiesa dell’Ascensione a Gerusalemme
(fonte: CC BY 3.0/Tamarah)

La leggenda della Chiave di Salomone è ricca di mistero e intrighi che affondano le loro radici nell’antichità. La tradizione ebraica, cristiana e islamica attribuiscono a Salomone una vasta gamma di opere e conoscenze, molte delle quali sono entrate nella sfera del mito nel corso dei secoli. Una di queste opere è proprio la Chiave di Salomone, un testo mistico e occulto che si dice contenga incantesimi, sigilli e formule magiche. Tuttavia, non vi è alcuna prova storica che Salomone abbia scritto effettivamente questo testo.

Il titolo Chiave di Salomone potrebbe derivare dalla credenza che re Salomone avesse il potere di controllare i demoni e gli spiriti maligni, e che questa chiave fosse una sorta di guida per padroneggiare tale potere. Tuttavia, la prima menzione conosciuta della Chiave di Salomone risale al XIII secolo, quando venne attribuita a un misterioso autore pseudoepigrafo, forse un mago o un alchimista dell’epoca.

Il testo stesso è composto da vari libri, ognuno dei quali offre istruzioni su come invocare, comandare o sigillare spiriti, demoni e angeli. È importante notare che la Chiave di Salomone è considerata un testo esoterico e non ha alcuna base storica o religiosa affidabile. È più appropriato considerarlo come parte del folklore occidentale e delle tradizioni magiche che hanno preso forma nel corso dei secoli. Molti studiosi moderni considerano la sua attribuzione a Salomone come una mera convenzione, piuttosto che una testimonianza della sua autenticità.

Conclusioni

La Chiave di Salomone è uno di quei libri che, anche solo sfogliandolo, ti fa sentire come se stessi sbirciando dietro il sipario della realtà. È un grimorio antico, certo, ma non è solo un insieme di formule magiche o simboli misteriosi: è una finestra su un modo di vedere il mondo completamente diverso dal nostro. Un mondo dove magia e scienza camminavano a braccetto, e in cui l’universo era percepito come un grande organismo vivente, pieno di connessioni sottili tra ciò che è visibile e ciò che non lo è.

La leggenda vuole che sia stato scritto niente meno che da Re Salomone, figura mitica per eccellenza, saggio e potente, capace di dialogare con spiriti e demoni. Ora, che l’abbia scritto lui o no, poco importa: il punto è che questo testo ha influenzato generazioni di studiosi, alchimisti, maghi, e oggi anche semplici appassionati come me. E sì, lo ammetto: c’è qualcosa di incredibilmente affascinante in quei rituali così meticolosi, nei sigilli, nei nomi angelici e nelle istruzioni dettagliate su come prepararsi spiritualmente e fisicamente prima di ogni operazione magica.

Quello che mi colpisce di più, però, è che dietro a tutto questo non c’è solo voglia di “fare magia” nel senso hollywoodiano del termine, ma piuttosto un desiderio profondo di entrare in sintonia con l’ordine dell’universo. È quasi una forma di meditazione attiva, dove l’intenzione e la volontà dell’uomo diventano strumenti per navigare un mondo invisibile, ma non per questo meno reale.

E nonostante sia un testo che affonda le sue radici nel Medioevo, la Chiave di Salomone ha saputo rimanere viva. Anzi, sembra quasi che oggi — paradossalmente, in un’epoca iper-tecnologica — ci sia ancora più fame di mistero, di simboli, di rituali. La vediamo spuntare ovunque: nei film, nei videogiochi, nei romanzi. E non si tratta solo di folklore: c’è qualcosa, lì dentro, che continua a parlarci, anche se in un linguaggio antico.

C’è anche un’edizione curiosa della Chiave, poco nota ma piuttosto affascinante, tradotta e rielaborata da Lauron William de Laurence (1868-1936), un editore americano che ha avuto un ruolo centrale nella diffusione dell’occultismo tra Otto e Novecento. Il suo stile era piuttosto teatrale, ma ha contribuito a rendere accessibili testi che altrimenti sarebbero rimasti confinati a pochi iniziati.

Alla fine, non credo sia solo una questione di magia. Per me, questo grimorio rappresenta qualcosa di più ampio: il simbolo della nostra sete di conoscenza, del nostro bisogno di dare un senso al caos. In un’epoca in cui siamo sommersi da informazioni ma poveri di significati, tornare a questi testi può sembrare anacronistico… eppure è proprio questo il punto. La Chiave di Salomone non ti offre risposte facili, ma ti costringe a fermarti, a riflettere, a entrare in uno stato mentale diverso.

In fondo, leggere (e rileggere) un grimorio come questo è un po’ come riscoprire una parte dimenticata di noi stessi. Quella parte che non si accontenta di ciò che si vede e sente, ma che cerca il senso nascosto delle cose, tra simboli, metafore e antichi nomi.

E forse è proprio lì, in quella ricerca, che si nasconde la vera magia.

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