Una raffigurazione del diavolo - Dèmoni e Demòni
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Cosa sono i demoni e qual’è il loro potere secondo la Bibbia

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Demoni caprini e Satiri

In altri luoghi, anche altri termini ebraici sono a volte tradotti come demoni. Tuttavia, in ogni caso, il contesto del termine è un attacco alle pratiche idolatriche del culto di Baal, o un riferimento negativo alla mitologia cananea. Ad esempio, in 2 Cronache 11:15, un resoconto delle pratiche pagane introdotte da Geroboamo nel Regno del Nord, la Bibbia CEI traduce il termine con saturi.

¹⁵ Geroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i satiri e per i vitelli che aveva eretto.

2 Cronache 11:15 (CEI 2008)

Questo versetto appare differenze sia nella Bibbia di re Giacomo (KJV: King James Version), sia nella Nuova Versione Standard Rivista (NRSV: New Revised Standard Version), entrambe molto usate nei paesi anglosassoni:

¹⁵ E lo ordinò sacerdote per gli alti luoghi, e per i demoni, e per i vitelli che aveva fatti.

(Bibbia di Re Giacomo, KJV)

¹⁵ e aveva costituito i suoi sacerdoti per gli alti luoghi, per i demoni caprini e per i vitelli che aveva fatto.

(Nuova Versione Standard Rivista, NVSR)

Qui la parola ebraica tradotta con satiri o demoni caprini è שׂעיר (sa’iyr). Il significato più comune della parola שׂעיר (sa’iyr) è infatti capra, in particolare “capro” o cervo (per esempio in Lv 4:24) e appare ben 53 volte dell’Antico Testamento. Una forma femminile della parola ricorre due volte per riferirsi a capra (Lv 4:28 e 5:6). La radice di questa parola in ebraico è שׂער (se’ar), che significa pelo, sia di animali (Gen 25:25) che di persone (Gdc 16:22). Un altro affine derivato di questa parola è שׂערה (se’orah), che di solito è tradotto con peloso, cioè un ciuffo di pelo o di barba.

Satiro dall'Historiae animailum di Conrad Gesner
Satiro dall’Historiae animailum di Conrad Gesner

La connotazione di שׂעיר (sa’iyr) è quella di un animale peloso, il che è appropriato poiché molte capre in Medio Oriente sono a pelo lungo o capre d’angora. Tuttavia, ci sono quattro occorrenze nel testo ebraico in cui il termine שׂעיר (sa’iyr) assume una sfumatura di significato leggermente diversa, ovvero sàtiri: (2 Cronache 11:15 che abbiamo già visto, Lv 17:7, Is 13:21 e 34:14), mentre allo stesso tempo conservano il significato fondamentale di capro

Levitico 17:7 recita:

Essi non offriranno più i loro sacrifici ai satiri, ai quali sogliono prostituirsi. Questa sarà per loro una legge perenne, di generazione in generazione”.

Levitico 17:7 (CEI 2008)

affinché non offrano più i loro sacrifici ai demoni caprini. a cui si prostituiscono. Questo sarà uno statuto perpetuo per loro di generazione in generazione.

Levitico 17:7 (Nuova Versione Standard Rivista)

Il contesto qui è la regolamentazione dell’uccisione e del consumo di carne, proibendo specificamente l’uccisione di animali nei campi aperti o anche all’interno del campo senza sussumere la morte sotto il culto del patto di Dio. Direttamente proibita nel versetto 7 è l’offerta di sacrifici ai satiri o demoni caprini invece che a Yahweh. Diventa chiaro, allora, che il capro non è solo un comune caprone, ma si riferisce a qualcosa che è un falso oggetto di culto, specialmente con il termine prostituta che è comunemente usato nell’Antico Testamento per descrivere, con un’immagine chiara, l’infedeltà del popolo nell’adorare divinità pagane.

In 2 Cronache 11:15, שׂעיר (sa’iyr ) è collegato a vitelli e alti luoghi che sono entrambi associati a pratiche religiose cananee pagane. Allo stesso modo, in Levitico 17:7, capro si riferisce a immagini idolatriche, rappresentate fisicamente o parte della mitologia cananea.

Le altre due ricorrenze di שׂעיר (sa’iyr) sono entrambe in Isaia, dove i sàtiri si trovano nelle versioni italiane CEI (13:21; 34:14) e i demoni caprini nelle versioni inglesi NVSR (13:21; 34:14). Sebbene in un contesto diverso con un’enfasi diversa, il significato è simile in entrambi i casi.

Nel versetto 34:14 viene menzionata anche Lilith. In entrambi i passaggi in Isaia, l’accento è posto sugli animali selvatici che abitano i luoghi desolati del deserto. Questi versetti sono descrizioni altamente poetiche della desolazione della terra sotto il giudizio di Dio, in particolare Babilonia ed Edom. L’immagine è quella di città così completamente distrutte e ricoperte di spine che solo gli animali selvatici possono viverci.

Tra gli animali selvatici, il testo ebraico si riferisce a שׂעיר (sa’iyr). Seppure si potrebbe sostenere che il termine si riferisca alla capra comune, questo era un animale addomesticato nei tempi biblici. Anche se vagava per le colline, in realtà non era un animale “selvaggio”. In altre parole, capra non si adatta alle immagini descritte per simboleggiare una terra devastata e inabitabile.

Cos’è un Satiro

Come abbiamo visto, alcune versioni della Bibbia traducono la parola ebraica שׂעיר (sa’iyr) come diavoli, demoni, spiriti maligni o come “capri”. Altre, soprattutto le versioni più recenti, traducono il termine come sàtiro. Ma cos’è un sàtiro?

Il sàtiro è una creatura leggendaria che compare nelle mitologie di varie culture del mondo antico come custode di luoghi sacri o divinità, oppure come personificazione della dissolutezza e della baldoria. Era raffigurato come mezzo umano e mezzo animale, di solito con i piedi, la coda e le orecchie di una capra o di un cavallo a pelo lungo, e il busto, la testa e le braccia di un uomo.

Nella mitologia greca, i satiri erano gli accompagnatori, i guardiani e i compagni del dio Dioniso, il dio dell’allegria, del vino e della baldoria. Si pensava che abitassero le campagne, in particolare le aree desolate e le rovine. Il dio greco Pan, ad esempio, era spesso raffigurato nei dipinti come un satiro. Nella religione e nella mitologia greca, Pan è il dio della natura selvaggia, dei pastori e delle greggi, della natura delle montagne selvagge, della caccia e della musica rustica, e compagno delle ninfe. La sua figura è simile a quella del fauno.

Una raffigurazione di Pan
Una raffigurazione di Pan

Gran parte di ciò che sappiamo sui satiri nella mitologia antica proviene da fonti greche e romane. Tuttavia, sembra esserci qualche connessione tra l’idea di שׂעיר (sa’iyr) nell’antico Medio Oriente e il satiro nella mitologia occidentale. Alcuni hanno persino suggerito una connessione linguistica tra i termini. In ogni caso, il termine ebraico שׂעיר (sa’iyr), nei versetti esposti nel paragrafo precedente, sembra riferirsi a creature mitologiche della religione cananea, falsi idoli che il popolo adorava al posto di Yahweh.

Ci sono sfumature nei passaggi di Isaia delle creature mitologiche associate a queste particolari figure, ad esempio l’idea del satiro dietro l’uso di שׂעיר (sa’iyr). Tuttavia, il vero punto è che Isaia sta usando le creature come simboli metaforici di desolazione, di distruzione, di totale devastazione che si traduce in un luogo adatto solo a creature selvagge, reali o mitologiche, che abitano i luoghi umanamente inabitabili della terra.

Questo raccoglie le sfumature del “vuoto” che è associato agli idoli altrove (vedi gli esempi che farò più sotto). Cercare di collegare il termine con l’idea moderna dei demoni significa fraintendere drasticamente la funzione del linguaggio poetico (a volte chiamato linguaggio mitopoietico, cioè relativo alla creazione di mit.) negli oracoli profetici.

Un passaggio interessante nel secondo libro dei Re 23:8 può essere ulteriormente istruttivo a questo punto:

Fece venire tutti i sacerdoti dalle città di Giuda, rese impure le alture, dove i sacerdoti offrivano incenso, da Gheba a Bersabea; demolì l’altura dei satiri, che era all’ingresso della porta di Giosuè, governatore della città, a sinistra di chi entra per la porta della città.

2 Re 23:8 (CEI 2008)

Il contesto di questo passaggio sono le riforme religiose di Giosia in cui demolì gli altari e gli idoli pagani in risposta alla scoperta del libro della legge nel tempio. Il testo ebraico qui recita “alti luoghi delle porte” (השּׁערים, hashshe’ariym, “le porte”). Tuttavia, la traduzione in “cancelli” non si adattava al significato di questo versetto. La maggior parte degli studiosi testuali suggerisce che la lettera ebraica שׁ (sh) nel testo massoretico, dovrebbe essere corretta nella lettera ebraica שׂ (s). Suggeriscono che la lettura della lettera iniziale שׂ (s), così come שׁ (sh), fu influenzata all’occorrenza ripetuta della parola שׁער (sha’ar), ovvero, porta (porta di Giosuè, porte della città).

Con questa correzione, allora sì, la parola diverrebbe sàtiri: השּׂערים (hasse’iriym). Quindi, una migliore traduzione di questo passaggio sarebbe: «…ha abbattuto le alture dei sàtiri che erano all’ingresso della porta di Giosuè, il governatore della città…».

Quindi ancora una volta l’uso di שׂעיר (sa’iyr) indica un riferimento a un idolo pagano che veniva adorato impropriamente come simbolo della divinità cananea. Questa comprensione rende 2 Cronache 11:15 ancora più chiaro. Il contesto è il peccato di Geroboamo I nel bandire il sacerdozio levitico dal Regno del Nord e costruire idoli di tori e capre affinché il popolo li adorasse. In effetti, questa idolatria di Geroboamo I nel creare immagini di animali per rappresentare gli dei dei Cananei, divenne un paradigma nella teologia israelita del sovrano peccatore che rifiutò Yahweh per seguire i falsi dèi della terra (vedi 1 Re 12:25-33; 16:25-26).

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