Se vi immergete nel mondo dei film horror, come la serie de La Bambola Assassina (Child’s Play) o Annabelle, capirete rapidamente che le bambole dall’aspetto spaventoso sono da evitare assolutamente. Tuttavia, il grande schermo non è l’unico posto dove le bambole sono state associate a fenomeni paranormali o a comportamenti malevoli. La storia ha documentato numerosi casi di piccoli giocattoli, sia di porcellana che di peluche, che si ritiene siano al servizio delle forze oscure. In questo articolo vi racconterrò di alcune bambole infestate, piccoli terrori leggendari, tra cui uno proveniente dall’Italia.
La paura delle bambole
La fobia delle bambole è conosciuta come pediofobia, che rientra nella categoria più ampia della paura delle figure umanoidi, chiamata automatonofobia, e ha una stretta correlazione con la pupafobia, ovvero la paura delle marionette.
- Pediofobia: può influenzare significativamente la vita di chi ne soffre, portando a evitare situazioni o luoghi in cui potrebbero essere presenti bambole. Le cause precise della pediofobia non sono sempre facilmente identificabili, tuttavia, possono essere influenzate da una serie di fattori. Tra questi, le esperienze passate, come un evento traumatico o spaventoso legato alle bambole vissuto durante l’infanzia o l’età adulta, potrebbero innescare la pediofobia. Le influenze culturali, come le credenze o i significati particolari che alcune culture attribuiscono alle bambole, potrebbero contribuire alla paura. Infine, i media e la cultura popolare, attraverso la rappresentazione delle bambole in film horror o storie spaventose, possono influenzare la percezione delle bambole come oggetti inquietanti.
- Automatonofobia: è una fobia specifica che riguarda la paura di figure simili a quelle umane, inclusi manichini, figure di cera, statue, robot o animatronici. Questa paura può essere così intensa da influenzare la vita quotidiana di chi ne soffre. Le persone con automatonofobia si sentono a disagio e possono comportarsi in modo irrazionale quando vedono figure simili a quelle umane. Le cause di questa fobia possono essere varie, tra cui un’esperienza traumatica, fattori genetici o ambientali.
- Pupafobia: è un disturbo d’ansia specifico caratterizzato da una paura intensa, persistente e irrazionale di burattini o bambole. Le persone affette da questa fobia provano un terrore profondo non solo per i burattini e le marionette, ma in alcuni casi anche per le bambole articolate. Questa paura può essere così intensa da influenzare la vita quotidiana di chi ne soffre, portando a evitare situazioni o luoghi in cui potrebbero essere presenti tali oggetti. La radice di questa paura può essere rintracciata nelle teorie di Sigmund Freud (1856-1939), il padre della psicoanalisi.
Secondo Freud, esiste un concetto chiamato l’ominoso o il sinistro (Unheimlich), che si verifica quando un oggetto inanimato, come una bambola o un burattino, assomiglia troppo a un essere umano. Questa somiglianza può farci riflettere sulla nostra stessa mortalità, creando un senso di disagio e paura. Inoltre, la paura può essere amplificata dalla rappresentazione culturale di bambole e burattini come oggetti inquietanti o malvagi in film, libri e storie popolari. Queste rappresentazioni possono rafforzare l’idea che questi oggetti inanimati possano in qualche modo diventare “vivi” o avere intenzioni malevole, alimentando ulteriormente la paura.
Cosa si intende per bambole infestate
Le bambole infestate sarebbero pupazzi posseduti da demoni, presenze paranormali o spiriti. La leggenda vuole che questi giocattoli possano mostrare comportamenti strani come movimenti autonomi, cambiamenti di posizione e persino influenzare l’ambiente circostante con fenomeni inspiegabili.
L’origine delle leggende sulle bambole infestate risale a tempi antichi, poiché le bambole hanno fatto parte del gioco umano per millenni. Secondo gli studi di Linda Rodriguez McRobbie, una pluripremiata giornalista, autrice e podcaster americana (ma che vive in Inghilterra), il concetto di bambole infestate e malvagie ha iniziato a guadagnare popolarità nel XIX secolo, quando l’avanzamento della tecnologia cinematografica e dell’intrattenimento ha permesso di rappresentare le bambole, apparentemente inanimate, come esseri animati e pericolosi. Questo ha contribuito a diffondere l’idea che dietro certi giocattoli possa nascondersi una presenza sinistra o sovrannaturale.
Musei delle bambole
Nel vasto panorama dei musei mondiali, spiccano istituzioni che celebrano l’eleganza e il fascino delle bambole antiche. Tra queste gemme culturali si erge il Museo delle Bambole di Bologna, un luogo intriso di storia e grazia. Questa struttura è il custode della rinomata collezione di Marie Paule Védrine Andolfatto, una signora di origini francesi appassionata di bambole che annovera oltre cinquecento esemplari di bambole realizzate in una varietà di materiali pregiati, tra cui legno, cera, cartapesta, porcellana, biscuit, tessuto, feltro, celluloide e vinile. Accanto a queste creazioni, spiccano anche modelli di mobili in miniatura, accessori raffinati e giochi femminili, tutti testimonianze di un’epoca in cui il dettaglio e la bellezza erano imperativi.
Un altro importante museo si trova nel cuore di Londra e rappresenta uno dei tesori nascosti della città: il Museo dei Giocattoli di Pollock (Pollock’s Toy Museum), attualmente chiuso temporaneamente. Questo affascinante museo è ospitato in due case a schiera collegate, che creano un’atmosfera di labirinto dickensiano con pavimenti scricchiolanti in legno, soffitti bassi e scale ripide e tortuose. All’interno, le piccole stanze sono piene di una vasta e caotica collezione di giocattoli antichi e vintage, che abbraccia un’ampia gamma di epoche e stili.
Tra le varie meraviglie esposte, si trovano macchinine e trenini di latta, giochi da tavolo degli anni Venti (del XX secolo), e una varietà di figure di animali e persone realizzate in legno, plastica o piombo. Ci sono anche cavalli a dondolo con un aspetto vagamente inquietante e orsacchiotti di peluche risalenti ai primi del Novecento. Tra le curiosità più affascinanti, si dice che vi sia anche un topo modellato in argilla del Nilo, risalente a quattromila anni fa.
Ma è soprattutto il reparto delle bambole a catturare l’attenzione dei visitatori. Si possono ammirare bambole con “occhi assonnati”, con sguardi fissi e di vetro, e altre con facce di porcellana o dipinte in modo “realistico”. Vi sono bambole vittoriane risalenti a centocinquant’anni fa, alcune rare con volti di cera, altre dai volti allegri o dall’espressione severa. Ci sono anche bambole provenienti da diverse parti del mondo, come le snelle bambole di legno olandesi del XIX secolo e quelle vestite con abiti tradizionali giapponesi o cinesi.
Alcuni visitatori del museo trovano difficile affrontare la stanza delle bambole, che è l’ultima tappa del percorso prima di uscire dal museo; alcuni preferiscono tornare indietro fino all’ingresso invece di attraversarla. Spesso sono gli adulti, non i bambini, a sentirsi a disagio di fronte alle bambole antiche e questo fenomeno si verifica più frequentemente durante l’inverno, quando la luce del sole scompare presto e le stanze diventano un po’ più buie. Per i visitatori è come attraversassero una casa infestata. E la maggior parte delle persone che si sentono a disagio, anche se non soffrono necessariamente di pediofobia, ma piuttosto provano una sensazione di disagio facilmente sopportabile, spesso amplificata culturalmente. Le bambole (non tutte) provocano inquietudine, non è una vera paura.
Un angolo del museo è dedicato interamente alle bambole dal volto di porcellana, elegantemente vestite con abiti del XIX secolo, sedute su carrozze vintage o riposanti su letti in ferro battuto. Questo angolo evoca l’atmosfera di un orfanotrofio vittoriano miniaturizzato e sovraffollato, aggiungendo un tocco di nostalgia e mistero a questa straordinaria collezione di giocattoli del passato.
Le bambole fanno parte del gioco umano da migliaia di anni: nel 2004, una bambola di pietra di quattromila anni fa è stata portata alla luce in uno scavo archeologico sull’isola mediterranea di Pantelleria; il British Museum conserva diversi esempi di antiche bambole di pezza egiziane, realizzate in lino imbottito di papiro. Nel corso dei millenni, le bambole giocattolo hanno attraversato continenti e strati sociali, sono state realizzate con bastoncini e stracci, porcellana e vinile, e sono state ritrovate ovunque nelle mani dei bambini. E in virtù del fatto che le bambole sono persone in miniatura, non animate dalle proprie emozioni, è facile per una società proiettare su di loro ciò che vuole: proprio come potrebbero essere fatte di qualsiasi cosa, potrebbero essere trasformate in nulla.
L’evoluzione delle bambole
All’inizio del XX secolo, in un periodo in cui le donne stavano sempre più uscendo dalle mura domestiche per entrare nel mondo del lavoro, le bambole per bambini divennero sempre più popolari. Questi giocattoli spingevano le giovani a idolatrare il ruolo materno e la vita domestica. Nella seconda metà del XX secolo, l’avvento di Barbie e delle sue numerose carriere e opzioni di abbigliamento fornì alle ragazze aspirazioni alternative, mentre le action figure offrirono ai ragazzi una modalità socialmente accettabile di giocare con le bambole.
L’attuale tendenza delle bambole iperconsumistiche, come le Bratz e le Monster High, con proporzioni esagerate, riflette sia il modo in cui la società percepisce le ragazze, sia come le ragazze vedono se stesse. Questo fenomeno solleva questioni complesse che meritano un’analisi più approfondita. Quindi, le bambole, sia volutamente che involontariamente, portano con sé significati profondi. Tuttavia, uno dei modi più recenti in cui ci rapportiamo con queste figure è considerarle strani oggetti, e questo non è un termine casuale, ma una valutazione fondata su osservazioni scientifiche.
L’inquietudine e la “Valle Misteriosa”
L’inquietudine
La ricerca sull’inquietudine e il suo potenziale impatto è stata a lungo oggetto di interesse, sebbene sia ancora limitata. Il concetto di inquietudine ha radici nel XIX secolo e ha ricevuto attenzione anche nel 2013, quando il sociopsicologo Francis T. McAndrew e la studentessa laureata Sara Koehnke hanno condotto uno studio su più di milletrecento persone. La loro ricerca ha rivelato che la collezionare bambole è uno degli hobby più associati all’inquietudine.
Secondo McAndrew, l’inquietudine deriva dall’incertezza. Quando siamo di fronte a situazioni ambigue, diventiamo sospettosi e ipervigili. Questa reazione è il risultato di secoli di evoluzione, durante i quali l’essere umano ha dovuto riconoscere le minacce e allo stesso tempo mantenere coesione sociale. L’inquietudine, quindi, ci aiuta a focalizzare l’attenzione su potenziali pericoli e comportamenti insoliti, contribuendo alla nostra sopravvivenza. McAndrew suggerisce che coloro che manifestano una risposta inquietante possono aver avuto un vantaggio evolutivo nel lungo periodo, evitando potenziali pericoli e mantenendo relazioni sociali stabili.
Le bambole abitano un territorio di incertezza particolarmente perturbante perché appaiono umane, ma sappiamo che non lo sono. Il nostro cervello è predisposto a interpretare i volti per rilevare intenzioni, emozioni e possibili minacce. Siamo così abituati a identificare i volti che li vediamo anche dove non ci sono, come in figure casuali come macchie di Marmite o pezzi di pane tostato. Questo fenomeno è noto come pareidolia. Anche se sappiamo che una bambola non rappresenta una minaccia, il vedere un volto che sembra umano ma non lo è provoca un senso di disagio nei nostri istinti più primitivi.
Secondo McAndrew, le bambole inviano segnali sociali che possono generare reazioni contrastanti, come paura o il desiderio di protezione. Questi segnali dipendono dal tipo di bambola e dalla percezione individuale. La mimica non verbale svolge un ruolo fondamentale nell’interazione umana, ma è importante che sia bilanciata: troppo o troppo poco mimetismo può generare paura. Le bambole, pur non avendo la capacità di imitare completamente i segnali non verbali umani, possono comunque suscitare confusione nel nostro cervello, aumentando il senso di inquietudine.