La demonologia apocrifa è un ambito affascinante e controverso che si discosta dalle dottrine ufficiali delle principali religioni, esplorando il mondo dei demoni, delle entità oscure e delle loro presunte interazioni con l’umanità. Questo campo si basa su testi, trattati e racconti che, sebbene non siano accettati come canonici o ufficiali, offrono un’interessante finestra sulle credenze popolari e sulle visioni alternative della spiritualità.
Origini della demonologia apocrifa

Le radici della demonologia apocrifa affondano in antichi miti, leggende e tradizioni orali che nel corso dei secoli si sono cristallizzate in racconti scritti. Si trova spesso associata a contesti religiosi come il cristianesimo, l’ebraismo, l’islam e altre credenze spirituali che contemplano entità malevole o oscure.
Lontano dalle canoniche descrizioni di demoni presenti nei testi religiosi ufficiali, la demonologia apocrifa esplora una vasta gamma di figure demoniache, le loro gerarchie, caratteristiche e presunti poteri. Questi testi, spesso di natura narrativa o trattatistica, possono differire notevolmente tra loro, fornendo visioni discordanti su questo mondo oscuro.
I demoni raffigurati come apocrifi sono presenti nei testi dell’Antico Testamento o apparteneti a libri diversi da quelli biblici.
Quali sono i libri considerati aprocrifi?
Gli Apocrifi sono un insieme di libri scritti dopo la “chiusura” della Bibbia ebraica (nel 444 a.C.). Fanno parte della Bibbia cattolica, ma non della Bibbia ebraica o protestante. Comprendono i Libri dei Maccabei e Giuditta.
Qual è la differenza tra Tanach, Apocrifi e Pseudepigrafi?
Il Tanakh (Bibbia ebraica) è composto da una raccolta di scritti che risalgono approssimativamente dal XIII al III secolo a.C. Questi libri furono inclusi nel canone ebraico dai saggi talmudici a Yavneh verso la fine del primo secolo d.C., dopo la distruzione del Secondo Tempio. Tuttavia, esistono molti altri scritti ebraici del Periodo del Secondo Tempio che furono esclusi dal Tanakh; questi sono conosciuti come Apocrifi e Pseudepigrafi.
- Gli Apocrifi (dal greco, libri nascosti) sono libri ebraici di quel periodo non conservati nel Tanakh, ma inclusi nell’Antico Testamento latino (Vulgata) e greco (Settanta). Gli Apocrifi sono ancora considerati parte del canone delle chiese cattoliche e ortodosse, e come tali, il loro numero è fissato.
- Il termine Pseudepigrafi (dal greco, falsamente attribuiti) fu dato agli scritti ebraici dello stesso periodo, attribuiti a autori che in realtà non li scrissero. Questo era diffuso nell’antichità greco-romana, sia in circoli ebraici, cristiani che pagani. I Libri venivano attribuiti ad autori pagani e nomi presi dal repertorio di personalità bibliche, come Adamo, Noè, Enoch, Abramo, Mosè, Elia, Ezechiele, Baruc e Geremia. I Pseudepigrafi assomigliano agli Apocrifi per caratteristiche generali, ma non furono inclusi nella Bibbia, negli Apocrifi o nella letteratura rabbinica.
Tutti gli Apocrifi e la maggior parte dei Pseudepigrafi sono opere ebraiche (alcuni contengono aggiunte cristianizzanti). Forniscono prove essenziali della letteratura e del pensiero ebraico durante il periodo tra la fine della scrittura biblica (ca. 400 a.C.) e l’inizio della sostanziale letteratura rabbinica nella seconda parte del primo secolo d.C. Hanno suscitato molto interesse accademico, poiché forniscono informazioni sul giudaismo al passaggio tra l’era biblica e la Mishnah (Legge Biblica e Legge Orale) e aiutano a spiegare come sia nato il Giudaismo Rabbinico e il Cristianesimo.
I Tartaruchi

I Tartaruchi (singolare: tartaruchus) sono i custodi del Tartaro (inferno), secondo l’Apocalisse di Paolo, un testo non canonico del IV secolo. L’autore li descrive come utilizzanti una mano per soffocare le anime dannate e l’altra per impiegare un “ferro con tre ganci”. Temeluchus è l’unico tartaruchus nominato nell’opera. Questo genere di demoni rientrano nella demonologia apocrifa.
La parola italiana e portoghese tartaruga (o testuggine) deriva da questo sostantivo, così come potrebbero derivare le parole inglesi tortoise e turtle. Tuttavia, questa associazione semantica potrebbe soltanto suggerire un collegamento di significato piuttosto che una connessione diretta o storica con il concetto dei Tartaruchi nel contesto infernale.
I Tartaruchi nell’Apocalisse di Paolo
La Visio Pauli, nota anche come Apocalisse di Paolo, è un testo apocrifo del Nuovo Testamento che rientra nel genere delle visioni apocalittiche. In questo testo, si narra il presunto viaggio di Paolo di Tarso (4-64 o 67 d.C.) attraverso i regni ultramondani in una prospettiva escatologica. Il punto di partenza del racconto è tratto da un passaggio della seconda lettera ai Corinzi, in cui l’apostolo menziona di essere stato rapito fino al terzo cielo, senza però dettagliare il viaggio celeste (2 Cor. 12, 2-5).
2Nell’anno quinto del re Roboamo, il re d’Egitto, Sisak, salì contro Gerusalemme, perché i suoi abitanti si erano ribellati al Signore. 3Egli aveva milleduecento carri, sessantamila cavalli. Coloro che erano venuti con lui dall’Egitto non si contavano: Libi, Succhei ed Etiopi. 4Egli prese le fortezze di Giuda e giunse fino a Gerusalemme. 5Il profeta Semaià si presentò a Roboamo e ai comandanti di Giuda, che si erano raccolti a Gerusalemme per paura di Sisak, e disse loro: “Dice il Signore: “Voi avete abbandonato me, e io ho abbandonato voi nelle mani di Sisak”.
2 Corinzi 12:2-5 (CEI 2008)
Scritta originariamente in greco tra il II e il III secolo d.C. in Egitto, l’Apocalisse di Paolo ha subito numerose traduzioni e rielaborazioni successive. Queste revisioni hanno permesso di ricostruire la struttura narrativa del modello greco originale, sebbene il testo greco originale sia andato perduto. Nel corso dei secoli, grazie alla sua straordinaria popolarità e diffusione, questo testo ha esercitato una grande influenza su tutte le visioni apocalittiche successive, tanto da poter essere considerato il prototipo di queste rappresentazioni nel contesto medievale.
«Sia dunque consegnata all’angelo Tartaruco, sovrintendente ai tormenti, affinché la cacci nelle tenebre esteriori ove è pianto e stridore di denti, e quivi resti fino al gran giorno del giudizio.»
Apocalisse di Paolo, passo 16

Temeluchus, forse una traslitterazione confusa del greco Telémakhos che significa letteralmente “combattente lontano”, rappresenta il capo dei tartaruchi secondo l’Apocalisse di Paolo. È considerato il principale angelo del tormento e potrebbe essere identificato anche come Satana stesso. Oltre a essere descritto come «un angelo spietato, avvolto interamente dal fuoco», Temeluchus, chiamato anche Tartaruchus, sorprendentemente ha l’incarico di essere un angelo custode per i bambini, assegnato sin dalla loro nascita o durante l’infanzia. Temelechus, essendo un tartaruchi, rientra nella demonologia apocrifa.
In una versione dell’Apocalisse di Paolo più estesa trovaimo menzionato Temeluchus in due passi:
«Giusto è il giudizio di Dio e non vi è parzialità di persone davanti a Dio, perché chiunque abbia praticato la sua misericordia, riceverà misericordia da lui, e chi non ha avuto misericordia, neanche Dio avrà misericordia di lui. Sia dunque consegnato all’angelo Temeluchus, colui che sovraintende ai tormenti, e lo getti nell’oscurità esterna dove c’è pianto e stridore di denti, e sia lì fino al grande giorno del giudizio.»
Apocalisse di Paolo, capitolo 15
«E quella anima sia consegnata nelle mani di Temeluchus, e lui deve essere portato giù all’inferno. Che lo conduca nella prigione più bassa e lo getti nei tormenti, lasciandolo lì fino al grande giorno del giudizio.»
Apocalisse di Paolo, capitolo 18
Nel capitolo 34, lo si vede torturare l’anima di un goloso e lussurioso sacerdote:
«E ancora una volta guardai il fiume di fuoco e vidi un vecchio che veniva trascinato, immerso fino alle ginocchia. E Temeluchus arrivò con una grande forca di fuoco con cui trafisse le viscere di quell’uomo anziano.»
Apocalisse di Paolo, capitolo 34
Nel capitolo 40, si vede tormentare uomini e donne che hanno commesso aborti e infanticidi:
«…vidi uomini e donne su uno spiedo infuocato, con bestie che li dilaniavano, e non potevano dire: Signore, abbi pietà di noi. E vidi l’angelo dei tormenti Temeluchus infliggere loro tormenti feroci dicendo: Riconoscete il Figlio di Dio. Perché vi è stato detto prima, ma quando vi venivano lette le Scritture di Dio, non ci facevate caso: dove il giudizio di Dio è giusto, poiché le vostre azioni malvagie vi hanno preso e vi hanno condotto in questi tormenti.»
Apocalisse di Paolo, capitolo 40
I Tartaruchi nell’Apocalisse di Pietro

L’Apocalisse di Pietro è un antico testo cristiano del II secolo, rappresentante della letteratura apocalittica con influenze ellenistiche. Non fa parte del canone standard del Nuovo Testamento, ma è menzionato nel frammento muratoriano etiope, in versioni apocrife del Nuovo Testamento che differiscono notevolmente. Si classifica come parte di due versioni incomplete di un testo originale greco perduto: una versione greca successiva e una versione esistente. È il più antico elenco sopravvissuto dei libri del Nuovo Testamento, che indica che alcune autorità non avrebbero permesso la sua lettura in chiesa.
L’autore dell’opera è sconosciuto, anche se si presume che possa essere stato scritto dal discepolo Pietro (pseudopigrafo). L’Apocalisse di Pietro descrive una visione divina di Cristo. Dopo aver chiesto segni della seconda venuta di Gesù (parousia), l’opera esplora un viaggio nell’Aldilà (katabasis) e dettaglia sia la beatitudine celeste dei salvati sia le punizioni infernali dei dannati.

In particolare, le punizioni sono descritte in modo vivido e fisico, seguendo vagamente il principio del “occhio per occhio” della legge del taglione: i blasfemi sono sospesi per la lingua, i bugiardi che falsificano testimonianze hanno le labbra mozzate, i ricchi insensibili sono costretti a indossare stracci e ad essere trafitti da pietre affilate e infuocate, come se fossero mendicanti, e così via. Quest’opera rappresenta uno dei primi esempi dello stesso genere della celebre Divina Commedia di Dante Alighieri (1265-1321), in cui il protagonista viaggia attraverso i regni dell’Aldilà.
La menzione di Temeluchus La menzione di Temeluchus nel capitolo 40 dell’Apocalisse di Paolo è prefigurata nell’Apocalisse di Pietro, precedente e frammentaria:
«E tutti coloro che sono nel tormento diranno con una voce sola: abbi pietà di noi, perché ora conosciamo il giudizio di Dio, che ci aveva dichiarato prima, e non abbiamo creduto. E l’angelo Temeluchus verrà e li castigherà con tormenti ancora più grandi e dirà loro: Ora vi pentite, quando non è più tempo per il pentimento, e nulla della vita rimane.»
Apocalisse di Pietro
Il nome di Temeluchus è a volte reso come Aftemelouchos, Aftemeloukhos, Tartaruchus, Tatirokos, Temelouchos e T’ilimyakos. Si tratta della stessa figura e ciascuno di questi nomi rientra nella demonologia apocrifa.
I Tartaruchi nel Secondo Libro dei Maccabei
Temeluchus appare nuovamente nel Secondo Libro dei Maccabei al versetto 13 del capitolo 12 (considerato canonico nella Chiesa ortodossa etiope), mentre il malvagio re Tsirutsaydan sta proclamando la propria immortalità:
«E prima che finisse di dire questa cosa, l’Angelo della Morte chiamato T’ilimyakos scese e colpì il suo cuore. Morì in quell’ora. Poiché non lodò il suo Creatore, fu separato dal suo bellissimo stile di vita e perì, venendo dalla sua abbondante arroganza e dalla malvagità delle sue opere.»
2Maccabei (etiopi) 12:13
I Tartaruchi nel Libro di Enoch
Il Libro di Enoch è un’antica opera apocalittica attribuita tradizionalmente a Enoch, un personaggio biblico menzionato nel libro della Genesi nell’Antico Testamento. Enoch è descritto come un antenato biblico, figlio di Iared e padre di Matusalemme, vissuto prima del Diluvio.
Il Libro di Enoch è una raccolta di testi che include diverse sezioni principali, tra cui il Libro dei Veggenti, il Libro dei Giganti e il Libro delle Parabole. Si tratta di un insieme di scritti apocrifi che narrano visioni, rivelazioni cosmiche e dettagli sul mondo celeste, offrendo una prospettiva sulla creazione, la caduta degli angeli ribelli, il giudizio divino e il destino finale dell’umanità.

Nella tradizione ebraica e cristiana, Enoch è considerato un uomo giusto e un profeta, descritto come colui che camminò con Dio e fu traslato in cielo senza vedere la morte. La sua figura è citata nel Nuovo Testamento nella Lettera di Giuda e viene menzionata anche nella Lettera agli Ebrei per la sua fede.
Il Libro di Enoch è stato riscoperto e riacquistato interesse nel corso dei secoli, influenzando diverse correnti di pensiero religioso e filosofico. Tuttavia, non è incluso nel canone ufficiale delle Scritture ebraiche o cristiane, essendo considerato un testo apocrifo, anche se alcuni gruppi ebraici ed etiopi lo considerano parte della loro tradizione religiosa.
Nel Libro di Enoch è menzionato Abaddon, considerato un principe dei tartaruchi in una versione arcana del Libro di Enoch dove il demone è descritto anche come guardiano del Tartaro.
L’interpretazione di Giovanni Cassiano
Uno dei maggiori interpreti della demonologia apocrifa è senza dubbio l’abate Giovanni Cassiano (ca. 360-433 d.C.), noto anche come Giovanni l’Asceta e Giovanni Cassiano il Romano, originario presumibilmente della Dobrugia, regione della Scizia (o Scitia). Fu sacerdote e fondatore di monasteri ed è commemorato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa.
Come Sant’Antonio che lo precedette nello stesso secolo, Giovanni Cassiano fu uno dei primi autori significativi sulla natura e sulle caratteristiche dei demoni e sui rimedi contro le loro vessazioni e possessioni. Tuttavia, la Chiesa alla fine rifiutò la sua opera ritenendola apocrifa.

Le credenze di Cassiano riguardo ai demoni e al Diavolo sono centrate su tre fonti di origine per gli esseri umani. Secondo lui, i pensieri provengono da Dio, dal Diavolo e da noi stessi. I pensieri divini mirano a elevare l’umanità verso uno stato superiore di sviluppo spirituale. Al contrario, i pensieri demoniaci, associati al Diavolo, cercano di distruggere le persone attraverso il piacere del peccato, attaccandole con astuzie segrete e inganni mascherati da “angeli di luce” per convincere che il male sia bene.
Cassiano, così come Sant’Antonio, considera i demoni simili ai daimones dell’antica Grecia, creature che risiedono nell’aria e possiedono poteri soprannaturali. Questi esseri sono onnipresenti nell’aria stessa, ma per fortuna, restano invisibili agli occhi umani, poiché la sola visione potrebbe spingere gli individui alla pazzia. I demoni, simili agli esseri umani, condividono pensieri e percezioni simili e sono in grado di identificare le fragilità interiori e le vulnerabilità delle persone osservando il loro comportamento esteriore.
I libri 7 e 8 delle Conferenze (o Convegni), dedicati a Papa Leone I (ca. 400-461 d.C.), al vescovo di Fréjus e al monaco Elladio, riepilogano le importanti discussioni avute da Cassiano con gli anziani del monastero di Scete (oggi la regione di Wadi El-Natrun (Valle del Natrun) riguardo ai principi della vita spirituale e dell’ascetismo. Quest’opera si occupa di questioni specifiche legate alla teologia spirituale e alla pratica ascetica. In seguito, veniva letta nelle comunità benedettine dopo il pasto serale. Il titolo latino, Collationes, deriva dalla parola collation, nel senso di un “pasto leggero”.
Questi testi trattano delle conversazioni con l’abate Sereno (di Scete), concentrandosi ampiamente sul tema dei demoni. Attraverso la sua fede, il digiuno e la preghiera, Sereno riusciva a reprimere i suoi desideri sessuali e a resistere alle tentazioni demoniache. Secondo lui, i demoni non possono infiltrarsi direttamente e fondersi con lo spirito interiore degli esseri umani, ma sono capaci di individuare le inclinazioni naturali presenti al loro interno e sfruttarle per suscitare pensieri impuri. Ad esempio, se rilevano una predisposizione naturale alla gola, la utilizzano a proprio vantaggio. Tuttavia, prima di poter prendere possesso di un corpo, i demoni devono prima assumere il controllo della mente e dei pensieri dell’individuo.

Cassiano affermò che non tutti i demoni possono istigare ogni peccato all’interno di una persona: ognuno ha le sue specialità e sfrutta le opportunità in base ad esse. Inoltre, i demoni non riescono ad incitare molti peccati contemporaneamente, ma preferiscono concentrarsi su uno o due alla volta. Anche la forza e le capacità dei demoni variano individualmente: quelli più deboli cominciano prima, lasciando spazio a quelli più forti man mano che una persona oppone resistenza.
Secondo Cassiano, i demoni non possono affliggere le persone senza il consenso divino; non sono invincibili e hanno le loro preoccupazioni e incertezze nelle battaglie contro gli individui. Quando vengono sconfitti, si ritirano confusi e disperati. Cassiano osservò che già ai suoi tempi il potere dei demoni si era ridotto rispetto ai primi monaci del deserto, i quali non osavano addormentarsi contemporaneamente di notte per evitare l’attacco dei demoni.
Ci sono tanti termini e nomi per i demoni, disse, troppi da elencare:
«Ma sarebbe troppo lungo ricercare il tutto della Scrittura e percorrine i diversi tipi, come li chiamano i profeti, onocentauri, satiri, sirene, streghe, urlatrici, struzzi, monelli; e aspidi e basilischi nei Salmi; e sono chiamati leoni, draghi, scorpioni nel Vangelo e sono nominati dall’Apostolo il principe di questo mondo, i governanti di questa oscurità, e spiriti della malvagità.»
L’importanza delle prospettive di Cassiano emerge chiaramente nel suo forte convincimento riguardo alla presenza diffusa dei demoni, intenti ad attaccare le persone sfruttando la loro capacità di influenzare pensieri e desideri. Egli sottolinea che tali forze possono essere contrastate tramite la preghiera, il digiuno, il segno della croce e l’invocazione del nome di Cristo. Inoltre, Cassiano ha enfatizzato il legame tra i demoni e la pratica della magia, evidenziando come le arti magiche insegnate dai Guardatori alle “figlie di Caino” siano state corrotte dai demoni per scopi profani. Le arti magiche, gli incantesimi e le superstizioni venivano utilizzati per allontanare le persone dal sacro culto della Divinità, indirizzandole invece a onorare gli elementi, il fuoco o gli stessi demoni dell’aria.
Secondo Cassiano, la magia si tramandò oltre il diluvio grazie a Ham, figlio di Noè, che acquisì conoscenze magiche dalle discendenti di Caino. Ham, consapevole che Noè non avrebbe mai permesso libri di magia sull’arca, registrò i segreti su piastre metalliche e rocce resistenti all’acqua. Cassiano affermò: «Una volta che il diluvio terminò, Ham li cercò con la stessa curiosità con cui li aveva nascosti, trasmettendo così ai suoi discendenti un serbatoio inesauribile di profanità e peccato.»
Cassiano osservò che i primi cenobiti (menbro di una comunità di monaci) garantivano che un monaco recitasse costantemente preghiere, salmi o letture, poiché credevano che i demoni fossero particolarmente attivi durante la notte. Egli sottolineò il ruolo dello spirito maligno descritto da Davide nel respingere la preghiera secondo il Salmo 35:1-3, poiché i demoni ostacolano attivamente la vita virtuosa, ma possono essere respinti tramite la preghiera.
1 Di Davide.
Signore, accusa chi mi accusa,
combatti chi mi combatte.2Afferra scudo e corazza
e sorgi in mio aiuto.3 Impugna lancia e scure contro chi mi insegue;
Salmo 35:1-3 (CEI 2008)
dimmi: “Sono io la tua salvezza”.
Nonostante queste informazioni, non si sa molto sulla vita di Giovanni Cassiano, se non che il suo nome era probabilmente solo Cassianus, mentre l’aggiunta di Johannes sarebbe avvenuta successivamente in onore del teologo greco antico Giovanni Crisostomo (344/354-407). Cassiano morì nel 435 e le sue resti furono inizialmente custodite nell’abbazia da lui fondata, dedicata a San Vittore. Tuttavia, durante la Rivoluzione francese, l’abbazia fu distrutta e con essa andarono perdute le reliquie di Cassiano. Nonostante sia stato fatto santo, il suo trattato sui demoni è considerata demonologia apocrifa.
Le informazioni per questo paragrafo su Giovanni Cassiano sono state possibili grazie alla Oxford University Press (per il volume Tradition and Theology in St. John Cassian del 2007) e a The Encyclopedia Of Demons and Demonology (2009) di Rosemary Ellen Guiley (1950-2019), una scrittrice americana su argomenti legati alla spiritualità, all’occulto e al paranormale.
Il Testamento di Salomone
Il Testamento di Salomone è un antico testo che fa parte di una raccolta di scritti noti come pseudepigrafi, cioè opere attribuite falsamente. Questo testo afferma di essere scritto dal re Salomone stesso e dettaglia i suoi incontri e il suo controllo su vari demoni. Descrive come Salomone abbia usato un anello magico, donatogli dall’arcangelo Michele, per comandare i demoni e controllarli nella costruzione del Tempio di Gerusalemme. Proprio per la sua natura incerta, questo testo rientra nella demonologia apocrifa.

Il Testamento di Salomone narra le conversazioni di Salomone con vari demoni, ottenendo informazioni sulle loro abilità, comportamenti e forme. Ogni demone è costretto a rivelare la propria natura e come può essere sconfitto o controllato. Il testo è essenzialmente un grimorio, un libro di conoscenze o incantesimi magici attribuiti a Salomone, che offre istruzioni su come affrontare i demoni e le loro attività.
È considerato un’opera significativa nel contesto dei testi magici antichi e ha influenzato varie tradizioni occulte nel corso della storia. Tuttavia, la sua autenticità storica è ampiamente dibattuta e spesso viene considerato come un prodotto del folclore e del mito antichi piuttosto che come un resoconto genuino della vita del re Salomone.
Molti dei demoni incontrati da Salomone provengono da tradizioni greche, egiziane, ebraiche, cristiane, arabe e altre. La maggior parte del testamento consiste nei dialoghi di Salomone con i demoni, alcuni dei quali hanno aspetti grotteschi, come uno privo di testa. Tra di loro vi sono due demoni legati fortemente alla sessualità: Asmodeo, noto dal Libro di Tobia, e un demone femminile chiamato Obyzouth, che presenta somiglianze con Lilith, incluso il tema dell’uccisione di neonati. La maggior parte degli altri demoni non è menzionata altrove con nomi specifici. Si racconta che il demone Abezethibou abbia indurito il cuore del faraone, piuttosto che Yahweh.
I demoni, elencati nell’ordine in cui appaiono, includono:
- Ornias
- Belzebù
- Onoskelis
- Asmodeo
- Tephras
- le sette sorelle stellari
(un riferimento alle Pleiadi) - Invidia
- Rabdos
- Rath
- Tribolaios
- Obizuth
- il drago alato
- Enêpsigos
- Kunopaston
- uno “spirito lussurioso” senza nome
- i 36 spiriti dei decani
- Efippa
- Abezethibou
Gerarchie demoniache e caratteristiche
I testi apocrifi spesso delineano gerarchie di demoni, attribuendo loro nomi, ruoli e poteri specifici. Alcuni possono descrivere demoni come governatori di peccati o vizi, mentre altri attribuiscono loro incarichi più specifici legati alla tentazione o alla corruzione dell’umanità.
Questi scritti esplorano le presunte interazioni tra demoni e esseri umani. Si raccontano storie di possessioni demoniache, scambi di anime, patti con il diavolo e altre forme di coinvolgimento malevolo con il mondo umano.
La demonologia apocrifa spesso include dettagli su rituali esorcistici, incantesimi di protezione o pratiche per respingere o sconfiggere i demoni. Questi possono variare notevolmente da quelli riconosciuti dalle istituzioni religiose ufficiali.
Interpretazioni e impatto culturale
La demonologia apocrifa è oggetto di intense controversie e dibattiti. Molti teologi e studiosi religiosi rifiutano questi testi, considerandoli eretici o non validi dal punto di vista dottrinale. Altri li vedono come importanti testimonianze delle credenze popolari e delle visioni spirituali non convenzionali.
Questa forma di demonologia ha avuto un impatto significativo sulla cultura e la letteratura. Opere di autori famosi come John Milton (1608-1674) con il suo Paradiso perduto (Paradise Lost) o Dante Alighieri con la sua Divina Commedia hanno inserito elementi della demonologia apocrifa nelle loro opere, esplorando il tema del male e delle entità infernali. Oggi troviamo la demonologia apocrifa come fonte di ispirazione per il cinema, il mondo videoludico e i fumetti, che talvolta propongono storie oscure e affascinanti.
Conclusioni
Addentrarsi nella demonologia apocrifa è come infilarsi in una biblioteca nascosta, piena di testi polverosi che parlano un linguaggio dimenticato, ma tremendamente evocativo. Sono storie che non hanno mai avuto il timbro dell’ufficialità, e forse proprio per questo conservano un fascino tutto loro: più libere, più visionarie, meno “ripulite”.
Personalmente, è proprio questo margine che mi affascina. Non mi interessano tanto le gerarchie infernali codificate, quanto quelle zone grigie, dove si intrecciano folklore, teologia, punizioni cosmiche e simbolismi arcaici. In quei passaggi tra testi scartati, trafiggono visioni di mondi che qualcuno ha voluto cancellare, ma che continuano a dire qualcosa.
Alla fine, anche parlare di demoni è un modo per parlare di noi. Delle nostre paure, delle nostre regole, delle trasgressioni che immaginiamo e condanniamo. E forse quei demoni degli apocrifi ci mettono ancora più a disagio perché ci sembrano più umani, più ambigui, meno “scolastici”. E quindi, più veri.
In copertina un particolare del dipinto The Harrowing of Hell (Lo strazio dell’inferno) di Hieronymus Bosch (1450 circa-1516)