Xenoglossia
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Xenoglossia: quando le persone parlano lingue mai imparate

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La Xenoglossia (a volte nota anche come Xenolalia) è un fenomeno tanto affascinante quanto controverso, che ha incuriosito scienziati, linguisti, psicologi e appassionati del paranormale per secoli. Il termine deriva dal greco xenos (ξένος), che significa “straniero”, e glossa (γλῶσσα), che significa “lingua”, e descrive la capacità di una persona di parlare o comprendere una lingua straniera senza averla mai appresa in modo convenzionale.

Il fisiologo e premio Nobel Charles Richet (fonte: wellcomecollection.org)
Il fisiologo e premio Nobel Charles Richet (fonte: wellcomecollection.org)

Il termine Xenoglossia fu introdotto per la prima volta nel 1905 dal parapsicologo francese Charles Richet (1850-1935). Racconti di questo fenomeno compaiono già nel Nuovo Testamento, e affermazioni moderne sono state avanzate da parapsicologi e ricercatori della reincarnazione, come Ian Stevenson (1918-2007). Tuttavia, sono stati sollevati dubbi sulla reale esistenza della Xenoglossia, poiché non esistono prove scientificamente valide a supporto di alcuno dei casi riportati. Immaginate una persona che, improvvisamente e senza alcun contesto precedente, si esprime fluentemente in una lingua che non ha mai studiato, né sentito prima. È uno scenario che sfida le normali spiegazioni e solleva interrogativi profondi sulla mente umana, la memoria e la possibile esistenza di dimensioni sconosciute della coscienza.

Nel corso degli anni, sono stati riportati diversi casi di Xenoglossia, spesso legati a situazioni di ipnosi regressiva o esperienze paranormali, come presunti ricordi di vite precedenti. L’ipnosi regressiva è una tecnica che utilizza l’ipnosi per riportare una persona indietro nel tempo, spesso alla propria infanzia o a presunte vite passate, con lo scopo di recuperare ricordi nascosti o traumi. Questo ha portato a una vivace discussione tra studiosi e ricercatori: la Xenoglossia è davvero un fenomeno soprannaturale, o potrebbe esserci una spiegazione più razionale, magari nascosta nei recessi più oscuri del cervello umano? Alcuni sostengono che le persone, inconsciamente, abbiano potuto acquisire conoscenze linguistiche in modi inconsueti, come attraverso brevi esposizioni infantili o assorbimenti indiretti da fonti non ricordate.

La scienza ufficiale, tuttavia, è generalmente scettica nei confronti di questa idea, e molti esperti ritengono che i casi documentati possano essere il risultato di suggestioni, coincidenze, o addirittura frodi. D’altra parte, gli appassionati di parapsicologia vedono nella Xenoglossia una prova tangibile di fenomeni oltre la portata della scienza attuale, come la reincarnazione o la comunicazione spirituale.

Questo articolo esplora a fondo il fenomeno della Xenoglossia, analizzando i casi più noti, le teorie che cercano di spiegarla e le implicazioni di un eventuale riconoscimento di questo fenomeno come reale.

Tipologie di Xenoglossia

Come anticipato, la Xenoglossia è un fenomeno in cui una persona è in grado di parlare o scrivere in una lingua che non ha mai appreso o a cui non è stata esposta. Questo fenomeno è spesso menzionato nelle discussioni sui fenomeni paranormali o come possibile indicatore di esperienze di vite passate. La Xenoglossia è generalmente suddivisa in tre categorie:

  • Xenoglossia reattiva (o responsiva): è un tipo di Xenoglossia in cui il soggetto è in grado di rispondere in modo coerente e immediato a domande poste in una lingua sconosciuta. Questo fenomeno implica non solo la capacità di comprendere la lingua, ma anche di utilizzarla in modo appropriato durante una conversazione. Ad esempio, una persona potrebbe essere in grado di capire un testo parlato o scritto in una lingua straniera senza aver avuto alcuna esposizione precedente a essa.

    Un esempio precoce di Xenoglossia reattiva risale al 1862, quando il mesmerista principe Galitzin ipnotizzò una donna tedesca analfabeta, che non conosceva il francese. Durante lo stato di trance, la donna iniziò sorprendentemente a parlare fluentemente in francese.
  • Xenoglossia recitativa (o espressiva): riguarda l’uso di parole o frasi in una lingua sconosciuta senza una vera comprensione o coerenza (spesso frammentaria o meccanica) e si focalizza sulla comprensione della lingua. La Xenoglossia recitativa si concentra più sull’emissione meccanica di suoni o frasi senza reale comprensione o padronanza della lingua. I casi di Xenoglossia recitativa spesso comportano un discorso o una scrittura fluenti in una lingua, con grammatica e pronuncia corrette.

    Tra i casi più noti di Xenoglossia recitativa troviamo quello di una bambina indù di nome Swarnlata Mishra (1948-?), che tra i quattro e i sei anni riusciva a eseguire danze e cantare canzoni in bengalese senza avere alcuna esposizione alla lingua o alla cultura bengalese. Lei stessa affermava di essere stata una donna bengalese in una vita precedente.
  • Xenoglossia responsiva: consiste in uno scambio di domande e risposte immediate e coerenti tra lo sperimentatore e l’entità disincarnata che sta possedendo il medium.

Le ipotesi sull’origine della recitativa spaziano da una visione spiritualista, che la interpreta come una forma di comunicazione con entità spirituali, a quella psicologica, secondo cui il fenomeno deriva dal subconscio della persona, che potrebbe aver assorbito parole di lingue straniere durante l’infanzia e poi dimenticato. Gli scettici, invece, ritengono che la spiegazione più plausibile sia la frode da parte del medium durante le sedute spiritiche.

James G. Matlock, Research Fellow presso la Parapsychology Foundation, ha successivamente aggiunto il concetto di Xenoglossia passiva, che si riferisce all’influenza inconscia di una lingua non appresa sulla produzione orale, la lettura e la scrittura. La Xenoglossia scritta è nota anche come Xenografia.

Xenografia

Come abbiamo visto, la Xenoglossia è un fenomeno legato a stati alterati di coscienza, come trance, sonno o medianità. In questi casi, spesso chi parla non riesce a identificare la lingua usata, il che ha portato alcuni a credere che si tratti di una lingua angelica o ultraterrena.

Nell’ambito della Xenoglossia troviamo la Xenografia, la capacità di scrivere in lingue mai studiate. Anche in questo caso, c’è chi lo considera un fenomeno paranormale e chi lo attribuisce a capacità acquisite in precedenza e poi dimenticate. I casi di Xenoglossia, se autentici, rappresentano una sfida per l’ipotesi della Super-ESP (percezione extrasensoriale), poiché risulta difficile immaginare che un medium possa acquisire, tramite ESP, un lessico e una pronuncia accurati in una lingua straniera. I parapsicologi non hanno ancora una risposta certa, ma se l’ESP fosse davvero in grado di spiegare tali fenomeni, i suoi limiti conoscitivi sarebbero praticamente infiniti.

La Xenoglossia nel Cristianesimo

Come già accennato nell’introduzione di questo articolo, la Xenoglossia la possiamo ritrovare nel Nuovo Testamento biblico, nel quale si legge che ebbe luogo a Pentecoste. La Pentecoste è una festività cristiana che celebra la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, cade cinquanta giorni dopo la Pasqua, segnando l’inizio della missione evangelica della Chiesa. Il libro Atti degli Apostoli (2:1-13) descrive i Galilei che parlavano in lingue non native tratte da tutto l’Impero Romano, in modo che i visitatori di Gerusalemme potessero capirli mentre dichiaravano “le grandi opere di Dio”. L’autore del libro chiama questo fenomeno “parlare in lingue”.

45 E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; 46 li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio.

Atti degli Apostoli 10:45-46 (CEI 2008)
Pagani

Troviamo un passaggio anche in Atti 19:6:

6 e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare.

Atti degli Apostoli 19:6 (CEI 2008)

In altri casi c’è traccia della Xenoglossia anche nella prima lettera ai Corinzi:

2 Chi infatti parla con il dono delle lingue non parla agli uomini ma a Dio poiché, mentre dice per ispirazione cose misteriose, nessuno comprende.

1Corinzi 14:2 (CEI 2008)

Numerosi racconti di persone che possedevano capacità straordinarie di leggere, scrivere, parlare o comprendere una lingua straniera, come descritto nella Bibbia, sono stati riportati in cronache cristiane del Medioevo. Dichiarazioni analoghe sono state fatte anche da alcuni teologi pentecostali nel 1901.

Anna Caterina Emmerich (1774-1824) era una religiosa tedesca, monaca agostiniana, beatificata da Papa Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1920-2005). Soffriva a causa delle stigmate presenti sugli arti e sulla testa ed era famosa per le sue presunte capacità di veggente. Tra i suoi seguaci c’era il poeta Clemens Brentano (pseudonimo di Clemens Wenzeslaus Brentano de La Roche, 1778-1842), che trascrisse i racconti delle sue visioni. Durante queste visioni, Emmerich avrebbe rivissuto la Passione di Cristo e, in quei momenti di estasi, sarebbe stata in grado di comprendere i discorsi dei contemporanei di Gesù.

Nella storia della Xenoglossia ci sono stati altri presunti casi più recenti, come quello della mistica cattolica tedesca Teresa Neumann (Therese Neumann, 1898-1962) . A Neumann, oltre alle stigmate, considerate autentiche da una commissione medica presieduta dall’autorità cattolica di Ratisbona ma ritenute false da altre fonti, sono stati attribuiti altri fenomeni soprannaturali come bilocazione, profezie e la presunta conoscenza di lingue a lei sconosciute, come l’aramaico, il latino e il greco.

La Xenoglossia nello Spiritismo

Nel XIX secolo, gli spiritisti sostenevano che alcuni medium fossero capaci di parlare lingue straniere che non avevano mai appreso. Un esempio mediatico di Xenoglossia è stato riportato nel 2007, quando il pilota ceco di speedway (una competizione motociclistica) Matěj Kůs, dopo essersi risvegliato da un incidente, avrebbe parlato fluentemente inglese, nonostante la sua conoscenza della lingua fosse limitata. Tuttavia, queste affermazioni si basavano principalmente su testimonianze aneddotiche fornite dai suoi compagni di squadra cechi.

Il filosofo Stephen E. Braude ritiene che questa interpretazione sia eccessivamente riduttiva. Secondo lui, la capacità di articolare parole in una lingua sconosciuta, pur essendo senza dubbio straordinaria, può verificarsi in particolari contesti non necessariamente legati a fenomeni paranormali.

Il parapsicologo britannico Frederic WH Myers (1843-1901) riporta due esempi di presunta scrittura automatica da parte di bambine. Nel primo caso, una bambina di cinque anni scrisse delle parole con una grafia che sembrava adulta, ma il racconto è vago e mancano dettagli cruciali. La bambina aveva visto la sorella maggiore praticare la scrittura automatica, il che potrebbe aver influenzato il suo comportamento. È importante investigare se la vita familiare le avesse fornito sufficienti esposizioni alla scrittura per sviluppare queste abilità precocemente.

Nel secondo caso, una bambina di quattro anni, che non aveva mai appreso l’alfabeto o l’uso della matita, scarabocchiò “tua zia Emma” in modo che sembrava scritto da un adulto. Anche questo caso manca di dettagli esaustivi. È improbabile che la bambina non avesse mai visto parole scritte o osservato la scrittura. Non ci sono informazioni sulla sua visione, abilità manuali o capacità di imitare ciò che aveva visto. Entrambi i casi richiederebbero un’analisi approfondita, soprattutto per capire come le bambine avessero sviluppato le loro competenze linguistiche e per chiarire se tali eventi possano essere spiegati da altre cause, come l’esposizione alle attività di scrittura.

Lo scrittore statunitense di fantascienza Philip K. Dick (1928-1982) raccontò un fatto particolare nel suo ultimo romanzo La trasmigrazione di Timothy Archer (The Transmigration of Timothy Archer) del 1982:

«Se lo Spirito Santo fosse davvero stato una forma di Dio come Jahvè e Gesù, senza dubbio sarebbe stato ancora fra noi. Il ‘dono delle lingue’ non lo convinceva affatto. Nei suoi anni con la chiesa episcopale aveva assistito a molti episodi di quel tipo, e a lui parevano solo frutto di autosuggestione e demenza. Inol-tre, una lettura scrupolosa degli Atti rivelava che alla Penteco-ste, quando lo Spirito Santo era sceso sui discepoli dando loro ‘il dono delle lingue’, i discepoli avevano parlato in lingue stra-niere che la gente attorno a loro comprendeva. Il che non era Glossolalia nel senso moderno del termine, ma Xenoglossia

La trasmigrazione di Timothy Archer (The Transmigration of Timothy Archer) di Philip K. Dick (1982)

Di Xenoglossia se ne occupò anche il filosofo tedesco Carl du Prel (Karl, Freiherr von Prel, 1839-1899), un importante teorico e promotore della ricerca sulla sopravvivenza post-mortem, sui fenomeni psichici e sulla mente inconscia.

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