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Scrittura Automatica, comunicare con i morti

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Ma quanto c’è di vero nella scrittura automatica?

Tra le controversie più interessanti nella storia recente della parapsicologia e degli studi correlati c’è l’affermazione fatta nel 1933 dal ricercatore inglese del paranormale Harry Price (1881-1948), secondo cui il medium Rudi Schneider (1908-1957) aveva prodotto in una particolare occasione, i suoi effetti psichici con mezzi fraudolenti. I retroscena di questo evento, e le polemiche che ne sono seguite, sono descritti in un dettagliato articolo redatto dalla ricercatrice e parapsicologa inglese di origine tedesca Anita Gregory (1925-1984), membro della Society for Psychical Research (SPR) e nota per aver indagato sul famoso caso del Poltergeist di Enfield a Londra, Inghilterra, tra il 1977 e il 1979.

A sinistra, Villa Borley Rectory. A destra in alto, Rudi Schneider con Harry Price. A destra in basso, Anita Gregory.
A sinistra la villa Borley Rectory. In alto Rudi Schneider con Harry Price. In basso a destra Anita Gregory

L’articolo di oltre cento pagine, attinge a molti materiali che al momento della pubblicazione, nel 1977, erano ancora inediti. Le questioni coinvolte vanno dalla progettazione di esperimenti in un’area insolita della scienza, attraverso il rapporto tra scienza marginale e ortodossa, al ruolo dei divulgatori della scienza come Harry Price, nonché all’etica della scienza stessa. Nel caso aveste bisogno di consultarlo potete scrivermi attraverso i canali social.
Harry Price disse che la presunta scrittura automatica avvenuta nella famosa Borley Rectory, descritta come “la casa più infestata d’Inghilterra”, era come lo scarabocchio sul muro di una casalinga che tenta di nascondere una relazione extraconiugale.

Lo spirito di Charles Dickens e la scrittura automatica

A destra Charles Dickens e a sinistra Thomas P. James
Charles Dickens e Thomas Power James

Un altro famoso caso riguarda in qualche modo il più grande romanziere dell’epoca vittoriana, Charles Dickens (1812-1870), che si è occupato di ricerca psichica e spiritismo tanto da essere uno dei padri fondatori del Ghost Club, un’organizzazione di investigazione e ricerca sul paranormale, fondata a Londra nel 1862. Ebbene, quando Dickens morì nel 1870, lasciò incompiuto il suo romanzo Il mistero di Edwin Drood. Una leggenda racconta che questo fece infuriare Dickens al punto da incanalarsi in Thomas Power James (meglio conosciuto come TP James), che era un editore a Brattleboro, nel Vermont, e per mezzo della scrittura automatica dalla vigilia di Natale del 1872, portò a termine il romanzo con sessioni trisettimanali.

Cosa ne pensa la scienza della scrittura automatica

Ma al di là di questi casi sensazionalistici, la scienza si è sempre schierata contro sin da un articolo sull’ipnotismo pubblicato nel 1890 da Morton Henry Prince (1854-1929), medico americano specializzato in neurologia e psicologia anormale, affermando che «la scrittura automatica non è un atto riflesso puramente inconscio, ma il prodotto dell’individualità cosciente», aggiungendo che la mano che sta scrivendo è sotto il controllo di una personalità ipnotica separata durante le trance.

Quattro anni più tardi anche lo psichiatra Charles Arthur Mercier (1851-1919) scrisse nel British Medical Journal1 che per l’interpretazione spiritualista della scrittura automatica «non c’è bisogno né spazio per l’azione degli spiriti, e l’invocazione di tale forza spiritica è il segno di una mente non semplicemente non scientifica, ma disinformata». Sempre nel XIX secolo, la medium francese Hélène Smith, pseudonimo di Catherine-Elise Müller (1861-1929), affermò di aver scritto automaticamente per trasmettere messaggi da Marte in lingua marziana.

Quattro immagini: a sinistra in alto, Morton Henry Prince e in basso Hélène Smith con Théodore Flournoy. In alto a destra, Charles Arthur Mercier. In basso, un primo piano di T. Flournoy.
In alto a sinistra un ritratto di Morton Henry Prince, a destra Charles Arthur Mercier.
In basso a sinistra Hélène Smith con Théodore Flournoy e a destra sempre Flournoy.

Il professore di psicologia svizzero Théodore Flournoy (1854/5-1920), dopo una meticolosa indagine, concluse che la lingua “marziana” «aveva una forte somiglianza con la lingua madre della signora Smith, il francese, e la sua scrittura automatica era tipica di romanzi dell’immaginazione subliminale, derivati ​​in gran parte da fonti dimenticate, come ad esempio dei libri letti da bambina». Per descrivere questo fenomeno, Flournoy coniò il termine criptomnesia.

Anche secondo lo psichiatra inglese Harold Dearden (1882/6-1962), la scrittura automatica sarebbe un metodo psicologico per “toccare” la mente inconscia e che non c’è nulla di misterioso in essa. In un articolo del 1986 nel giornale di psichiatria clinica del 1986, il professor A.B. Joseph ha indagato su due pazienti di sesso femminile che presentavano ipergrafia ictale, una sindrome ipergrafica di scrittura automatica, da un disturbo affettivo con epilessia del lobo temporale.

Ora, dubito che chiunque pratichi la scrittura automatica sia affetto da ipergrafia ictale, ma se non fossero gli spiriti a guidare la scrittura e fosse solo una forma di scrittura inconscia? Non spetta a me giudicare. Sicuramente resta affascinante, se ha tutte le caratteristiche per essere automatica e non una messa in scena. Nel 2012 ci fu uno studio su dieci psicografi: utilizzando la tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo, si è potuto notare differenze nell’attività cerebrale e nella complessità della scrittura durante presunti stati di trance rispetto allo stato di scrittura normale.


1British Medical Journal

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