Munaciello

Munaciello: Mistero e Fascino del Folletto Napoletano

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Nell’immaginario popolare della tradizione napoletana, poche figure sono tanto affascinanti e misteriose quanto il Munaciello (in napoletano: ‘O Munaciello), noto anche come Monaciello. Questo piccolo spirito folletto, vestito come un monaco in miniatura, è un personaggio che incarna una miscela unica di paura, rispetto e curiosità.

Il Munaciello è noto per le sue marachelle e i suoi scherzi, ma anche per la sua generosità. Si dice che possa portare fortuna o sfortuna, a seconda del suo umore e del comportamento di coloro che incrocia. Nonostante la sua fama di dispettoso, è anche conosciuto per la sua tendenza a lasciare doni preziosi a coloro che lo trattano con rispetto.

Nel corso dei secoli, le storie del Munaciello hanno affascinato e spaventato, diventando una parte indissolubile del tessuto culturale di Napoli. In questo articolo, esploreremo le origini, le leggende e l’influenza culturale di questa figura enigmatica, cercando di capire perché, nonostante il passare del tempo, il fascino del Munaciello rimane immutato.

Origini del Munaciello

Le leggende che spiegano la presenza e le imprevedibili attività del Munaciello sono numerose e molto diverse tra loro. Una di queste è particolarmente drammatica e arricchisce la figura del folletto spiritico di grande pathos. La mitologia del Munaciello ha radici antiche e gli esperti di folklore popolare sostengono principalmente tre versioni.

Prima versione

La prima versione, citata tra gli altri dalla scrittrice e giornalista italiana Matilde Serao (1856-1927) nel suo libro Leggende Napoletane (1881), sostiene che il Munaciello fosse una figura realmente esistita. Questa teoria fa risalire le sue origini al 1445, durante il regno di Alfonso V d’Aragona (1396-1458), detto il Magnanimo, quando si verificò uno degli amori proibiti descritti dalla tradizione napoletana, tra Caterina Frezza e Stefano Mariconda, due giovani innamorati il cui amore era destinato a finire tragicamente. Caterina, figlia di un ricco commerciante, amava Stefano, un giovane di umili origini che lavorava duramente ogni giorno per costruirsi un futuro migliore con lei. Stefano sognava di avere una famiglia con Caterina, di riempire la loro casa di bambini e di vivere vicino al borgo dei pescatori.

Il loro amore era fortemente osteggiato, soprattutto dalla famiglia di Caterina, e i due si vedevano di nascosto durante la notte. Stefano raggiungeva Caterina attraversando un pericoloso sentiero sui tetti di Napoli. Durante uno di questi incontri notturni, Stefano fu attaccato e cadde, morendo sotto gli occhi di Caterina. Dopo la sepoltura di Stefano, Caterina, incinta, si ritirò in un convento, dove diede alla luce un bambino piccolo e malformato.

Nonostante le preghiere di Caterina alla Madonna, le condizioni del bambino non migliorarono. La madre iniziò a vestirlo con un abito da monaco bianco e nero, sperando in un miracolo. Questo fatto diede origine al soprannome Munaciello attribuitogli dalla gente. La figura del bambino, con una testa troppo grande e un corpo troppo piccolo, suscitava disgusto e sospetto, che presto si trasformarono in insulti e offese da parte dei napoletani che abitavano le vie del quartiere Porto. Fu un breve passo attribuirgli poteri soprannaturali, sia benigni che maligni: se il cappuccio dell’abito era rosso, era considerato di buon auspicio, mentre il cappuccio nero era associato alla sfortuna.

Immagine rappresentativa dell'uccisione del Munaciello (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)
Immagine rappresentativa dell’uccisione del Munaciello (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)

Dopo la morte della madre, la situazione peggiorò e il Munaciello venne incolpato per ogni tipo di evento sfavorevole, dalle malattie alle nuove tasse, e subì attacchi fisici. Infine, scomparve misteriosamente e la voce popolare disse che era stato portato via dal diavolo. Tuttavia, Serao riporta che qualche tempo dopo furono trovate delle ossa in una fogna che avrebbero potuto essere quelle del Munaciello, suggerendo che i parenti Frezza avessero infine deciso di ucciderlo.

Analogamente alla figura dello scartellato (il gobbo) e a quella dei femminielli, considerati esseri misteriosi in bilico tra i mondi del maschile e del femminile, anche il Munaciello era ritenuto capace di fornire numeri da giocare al lotto.

Dopo la morte del Munaciello, il popolo napoletano continuò a vederlo nei luoghi più disparati dei quartieri bassi, attribuendo alla sua sete di vendetta tutti gli eventi sfavorevoli della vita quotidiana. La sua esistenza come spirito divenne presto un fatto comunemente accettato:

«Chiedete ad un vecchio, ad una fanciulla, ad una madre, ad un uomo, ad un bambino se veramente questo munaciello esiste e scorazza per le case, e vi faranno un brutto volto, come lo farebbero a chi offende la fede. Se volete sentirne delle storie, ne sentirete; se volete averne dei documenti autentici, ne avrete. Di tutto è capace il munaciello…..»

Leggende Napoletane (1881) di Matilde Serao

La scrittrice continua fornendo vari esempi delle situazioni per cui si incolpava il Munaciello: se la massaia trova la dispensa aperta e tutto in disordine, se alla serva sbadata cade un vassoio pieno di bicchieri che si frantumano, se la sarta si punge un dito mentre cuce, se il brodo trabocca dalla pentola o il caffè dalla caffettiera, se il vino diventa acido, se le galline muoiono, se il prezzemolo ingiallisce, se la bottega va male, se i numeri del lotto non vincono per un soffio… e così via, è sempre colpa del Munaciello!

Seconda versione

Secondo un’altra leggenda di natura storico-letteraria, i munacielli erano in realtà i pozzari, ovvero gli addetti alla manutenzione del sistema idrico. Questi lavoratori, sfruttando le cavità sotterranee di Napoli, si muovevano abilmente tra i cunicoli, indossando un elmetto e un mantello da lavoro che somigliava al saio di un monaco. I cunicoli e l’acquedotto sotterraneo ebbero anche un ruolo strategico durante alcuni conflitti, aiutando sia gli assalitori a penetrare nella città sia i cittadini e le truppe a mantenere l’approvvigionamento idrico durante gli assedi prolungati.

Poiché i pozzari spesso non venivano pagati, si intrufolavano di notte nelle case dei ricchi per rubare oggetti di valore e argenteria. Attraverso i canali di scarico usati per calare i secchi d’acqua, riuscivano a entrare nelle case dei padroni e anche in quelle delle loro amanti, a cui donavano ciò che avevano rubato. Per questo motivo, il munaciello, come il pozzaro, non solo portava sfortuna e rubava, ma donava anche gioia e fortuna. Nel Novecento, le istituzioni utilizzarono ampiamente alcuni sotterranei come deposito per veicoli sequestrati. Diverse automobili e motocicli, trovati in questi luoghi, sono tuttora in parte conservati a scopo dimostrativo.

Immagine rappresentativa dei pozzari che rubano in una casa (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)
Immagine rappresentativa dei pozzari che rubano in una casa (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)

Terza versione

Una terza interpretazione dipinge il Munaciello come un demone piccolo e malizioso, noto per nascondere oggetti o lasciare monete con l’intento di attirare l’attenzione degli umani. Tuttavia, questa teoria non è accolta positivamente dal popolo napoletano, poiché mitologicamente il Munaciello non presenta le caratteristiche tipiche associate ai demoni.

Leggenda del Munaciello

Immagine rappresentativa del Munaciello (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)
Immagine rappresentativa del Munaciello (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)

Un antico detto napoletano afferma: «‘O munaciello: a chi arricchisce e a chi appezzentisce», ovvero, il Munaciello porta ricchezza a chi favorisce e sventura a chi contraria. Secondo la tradizione locale, è prudente non rivelare la sua presenza per evitare di attirare la sfortuna. Per propiziargli la benevolenza, si consiglia di lasciargli del cibo, che egli può trasformare magicamente in oro. Tuttavia, è importante mantenere segreta questa pratica; se la notizia si diffonde, il Munaciello scompare rapidamente. Inoltre, sembra apprezzare particolarmente le donne, sfiorandole leggermente.

Quando il Munaciello si manifesta di persona, si dice che appaia di notte, specialmente a coloro che sono disperati e hanno esaurito tutte le altre opzioni per risolvere i loro problemi. Senza parlare, sembra invitare chi lo vede a seguirlo, conducendolo a un luogo dove è nascosto un tesoro. Il Munaciello non chiede nulla in cambio per l’uso di questi tesori, che si dice possano essere il frutto di guadagni onesti o di gesti generosi. Si racconta che molte persone abbiano improvvisamente guadagnato ricchezze grazie al suo intervento, tanto che quando qualcuno riceve un inaspettato arricchimento, si sospetta che il Munaciello possa essere stato coinvolto.

Dove dimora il Munaciello

Il Munaciello non è percepito allo stesso modo da tutti; la sua descrizione, pur avendo somiglianze tra le varie testimonianze, varia a seconda del luogo. Inoltre, sembra che la sua presenza sia stata avvistata e creduta in diverse località di Napoli, a seconda della zona.

Centro storico di Napoli

La leggenda popolare narra che il Munaciello viva tra le rovine delle antiche abbazie e monasteri del centro storico o a Villa Gallo, una delle antiche dimore di Napoli, situata nella zona dei Colli Aminei e appartenuta a Marzio Mastrilli, duca di Gallo (1753-1833), Ministro plenipotenziario del Regno di Napoli a Vienna dal 1786.

Successivamente, divenne di proprietà della regina madre Maria Isabella di Borbone-Spagna (1789-1848), seconda moglie e la sola regina consorte di Francesco I delle Due Sicilie (1777-1830). Nel corso degli anni, la villa ha subito diverse modifiche architettoniche ed è attualmente sede di una comunità religiosa dei padri Rogazionisti del Cuore di Gesù, un istituto religioso maschile di diritto pontificio.

Da un’antica cronaca napoletana si racconta anche di una giovane vedova che viveva con i suoi figli in un appartamento in Piazza Garibaldi a Napoli. La loro vita era difficile e piena di privazioni, ma in quella casa c’era un ospite speciale: il Munaciello. La donna lo trattava sempre con rispetto e gentilezza. Toccato dalle sue lacrime e grato per le sue attenzioni, lo spiritello decise di aiutarla.

Così, la donna iniziò a trovare soldi nascosti in vari angoli dell’appartamento. Suo fratello, senza esitare, giocò i numeri al lotto: 14 per i soldi, 15 per la meraviglia, 1 per il fantasma. Vinse un terno secco sulla ruota di Napoli e con i proventi acquistò un edificio su Corso Umberto I (dove ora si trova una farmacia), che trasformò in un albergo. I guadagni permisero di sostenere lui, la sorella e i nipoti.

Secondo la tradizione, in via dei Tribunali, nel centro storico di Napoli, c’è una casa abitata da un Munaciello molto irascibile. Questa casa, temuta dai napoletani, venne affittata da uno studente di filosofia per pochi soldi. Dopo qualche mese, il Munaciello iniziò a manifestare la sua presenza con rumori improvvisi e oggetti che sparivano. Lo studente, pensando fossero topi, comprò un gatto. Offeso dall’indifferenza del giovane, il Munaciello fece cadere la mensola della cucina piena di piatti e porcellane, ma lo studente diede la colpa ai chiodi poco robusti.

Il Munaciello, non arrendendosi, iniziò a suonare il campanello a qualsiasi ora del giorno e della notte, ma il giovane pensava fossero i ragazzi del quartiere. Sempre più irritato dall’arroganza del ragazzo, lo spiritello fece un baccano tale con piatti, pentole e coperchi che si sentiva a chilometri di distanza. Tuttavia, lo studente continuava a dormire. Infine, il Munaciello si mostrò al giovane, sperando di spaventarlo, ma il ragazzo pensò fosse un sogno. Esausto e sconfitto, lo spirito fece promettere al giovane di non rivelare mai nulla di quanto visto: «Vedrai che non te ne pentirai!». Il Munaciello mantenne la promessa e il giovane divenne ricco e famoso.

Questa leggenda è riportata anche da Matilde Serao nel suo libro Il ventre di Napoli del 1884, in cui ricorda che la splendida palazzina dove risiedeva il giovane studente si trovava nel cuore della città, in Salita Santa Teresa. Nessuno ha mai voluto affittare quell’edificio, poiché la gente aveva paura degli spiriti che si diceva vi dimorassero, al punto che era conosciuta come “A casa d’ ‘e fantasm”.

Chiesa di Sant'Eframo Vecchio
Chiesa di Sant’Eframo Vecchio
Via Santa Teresa degli Scalzi
(foto di CityClass)
Via Santa Teresa degli Scalzi (foto di CityClass)

Un altro luogo in cui è stato visto lo spirito del Munaciello è Sant’Eframo Vecchio, situato in cima a via Carlo de Marco (nei pressi dei Ponti Rossi) nel cuore del centro storico. Si narra di un’abitazione dove è stato avvistato e temuto dai residenti locali, soprattutto dopo che un funzionario dell’acquedotto di Napoli ha rivelato la sua presenza. A raccontarlo è lo zio, il signor L.N.:

«Mio nipote, che lavora come capo-reparto all’acquedotto di Napoli, un giorno si trovò a passare per quella casa per misurare l’acqua. Alla porta gli aprì una persona di bassa statura, che gli chiese cosa volesse. Mio nipote rispose che doveva controllare il contatore dell’acqua. Dopo circa trenta secondi, quel piccolo uomo si trasformò in un gigante! Mio nipote, terrorizzato, scappò immediatamente. Da allora, nonostante io sia sempre stato appassionato di questi argomenti, non ha voluto raccontare la storia a nessuno. Qualcuno potrebbe pensare che sia stato un caso di suggestione, ma mio nipote non è tipo da lasciarsi suggestionare facilmente…»

Marina del Cantone

Torre di Montalto a Marina del Cantone (NA) - foto di Cesare Scorcioni
Torre di Montalto a Marina del Cantone (NA) – foto di Cesare Scorcioni

La leggenda popolare afferma che uno dei rifugi del Munaciello si trovi a Marina del Cantone, nella Torre di Montalto (nota anche come Mont’Alto), una storica fortificazione costruita nel 1570 e situata nella località Sant’Agata sui Due Golfi a Massa Lubrense. La torre si erge tra i picchi di Montalto e Mortella, dominando un’ampia porzione di mare che spazia da Capri a Li Galli e al Capo di Conca. Equipaggiata con potenti cannoni, la torre era strategica per sorvegliare sia la Baia di Jeranto che quella di Nerano. Oggi, purtroppo, la Torre di Montalto è ridotta a un rudere e può essere visitata solo esternamente.

Secondigliano

Panoramica del Corso Secondigliano (Pubblico dominio)
Panoramica del Corso Secondigliano (Napoli)

Così come a Secondigliano, un quartiere residenziale e commerciale nella parte settentrionale di Napoli, dove si racconta di una donna che, aprendo un cassetto prima di cena, vide una strana luce, poi trovò un topo che tentò di catturare. Ignara di quello che sarebbe accaduto, mise l’animale in un vaso e lo coprì con una piantina. Il topo si rivelò essere il Munaciello, poiché la piantina si sollevò e l’animale scappò velocemente.

Un’altra testimone racconta una storia diversa sempre a Secondigliano.:

«Quando avevo circa dieci anni, vivevamo a corso Secondigliano. All’inizio del corso, sulla destra, c’era un vecchio palazzo dove abitava una mia amica. Lei mi diceva spesso: “Puoi venire a casa mia, ma fai attenzione perché qui c’è il munaciello!”. Io non le credevo e ci scherzavo su. Un giorno, però, mentre ero a casa sua, vidi qualcosa di strano. Un piccolo uomo, con un saio marrone e una cintura in vita, camminava sul terrazzo. Poco dopo lo vidi anche in bagno, seduto sul water. Io e le mie amiche, spaventate, attraversammo di corsa il corridoio e fuggimmo giù per le scale. La gente diceva che erano solo fantasie e suggestioni. Anni dopo, una zia che abitava in quella zona mi raccontò che sotto quel palazzo si era stabilito un gommista. Ogni mattina trovava tutte le gomme delle auto fuori dal negozio, rotolando in mezzo alla strada. A quanto pare, il munaciello non voleva quel negozio sotto il suo palazzo…»

Castellamare di Stabia

La leggenda del Munaciello è così radicata a Napoli che a Scanzano, una frazione di Castellammare di Stabia, è stata intitolata una strada come Via Monaciello. Si dice infatti che proprio su quella strada, situata nella parte alta della città vicino all’antico quartiere, apparisse il Munaciello ai passanti. Curiosamente, i racconti popolari degli anni Cinquanta affermano che il Munaciello non solo apparisse, ma aggredisse e malmenasse i malcapitati.

Via Monaciello a Castellammare di Stabia (NA)
Via Monaciello a Castellammare di Stabia (NA)

Il Munaciello nella cultura popolare

Un uomo con la gobba
Un uomo con la gobba

Il Munaciello è una celebre figura spettrale di Napoli, tanto conosciuta quanto lo Scartellato, ossia il gobbo con il cornetto rosso, le cui origini risalgono al Medioevo.

La leggenda del Munaciello ha ispirato diverse forme d’arte, tra cui teatro, cinema, poesia e letteratura. Dopo che Matilde Serao ha raccontato la leggenda del Munaciello, nel corso dei secoli questa figura è stata spesso citata in altre opere letterarie, in particolare teatrali.

Il Munaciello nelle opere teatrali e musicali

Antonio Petito (1822-1876), è stato un attore teatrale, drammaturgo e regista italiano. Era famoso per la sua interpretazione di Pulcinella, una delle maschere più amate e riconosciute del teatro. In famiglia era conosciuto come Totonno ‘o pazzo per la sua grande vitalità. Petito è considerato una delle figure più rilevanti del teatro napoletano dell’Ottocento.

Nel 1901, Antonio Petito scrisse Nu Munaciello dint a’ casa ‘e Pullecenella (Un Munaciello a casa di Pulcinella), una commedia fantastica che celebra il personaggio del Munaciello, offrendo un contributo significativo alla tradizione teatrale napoletana e alla diffusione del mito di questa figura spettrale. Nel 1995, l’attore e regista teatrale Tato Russo (Antonio Russo), in quel periodo sovrintendente e direttore artistico del Teatro Bellini di Napoli, ha creato la sua reinterpretazione dell’opera. Russo ha raccontato che questo lavoro gli fu commissionato durante il Festival di Benevento, celebre per le sue leggende di streghe, e che lo spettacolo debuttò tardivamente, poco prima delle 23:00, sfruttando l’atmosfera misteriosa del luogo per creare un’esperienza particolarmente suggestiva.

«’O Munaciello è un personaggio della tradizione esoterica napoletana, e durante la prima dello spettacolo, avvennero numerosi episodi strani che quasi mi convinsero della sua esistenza. Mi sono spesso chiesto se il Munaciello fosse uno spirito o solo una metafora delle azioni di qualcuno intorno a noi.»

Tato Russo

Anche Eduardo De Filippo, celebre drammaturgo del Novecento (1900-1984), ha trattato questo argomento in una delle sue commedie più famose, Questi Fantasmi!. Scritta nel 1945, questa commedia in tre atti debuttò il 7 gennaio 1946 al Teatro Eliseo di Roma con la Compagnia Il Teatro di Eduardo, guidata dalla sorella Titina De Filippo (pseudonimo di Annunziata De Filippo, 1898-1963). È stata la prima delle opere teatrali di Eduardo a essere rappresentata anche all’estero, con una prima al Théâtre de la Ville – Sarah Bernhardt di Parigi il 7 giugno 1955, nel contesto del Festival internazionale d’arte drammatica.

I fratelli De Filippo: Peppino, Titina e Eduardo
I fratelli De Filippo: Peppino, Titina e Eduardo

Da questo lavoro è stato tratto un omonimo film diretto dallo stesso Eduardo, con Renato Rascel (nome d’arte di Renato Ranucci, 1912-1991), Erno Crisa (nome d’arte di Ernesto Crisà, 1914-1968), e Franca Valeri (nome d’arte di Franca Norsa, 1920-2020). Nel 1962, Eduardo diresse e interpretò una produzione televisiva della commedia. Successivamente, nel 1967, il regista Renato Castellani (1913-1985) adattò la storia per il grande schermo con Vittorio Gassman (1922-2000) e Sophia Loren, trasformandola in una farsa all’italiana che differiva significativamente dall’originale di Eduardo.

Nell’autunno del 1981, Enrico Maria Salerno (1926-1994) diresse e adattò personalmente l’opera in italiano, mantenendo il dialetto solo per il personaggio del portinaio, interpretato dall’attore Antonio Casagrande (1931-2022), membro della compagnia di Eduardo De Filippo.

Ogni giorno, Pasquale trova nuovi oggetti e persino soldi in casa, soprattutto nella giacca del pigiama, ma sua moglie Maria non è affatto felice. La vera fonte dei loro guadagni è Alfredo, l’amante di Maria, che provvede a lei e, indirettamente, anche a Pasquale. Eduardo, con la sua abilità, lascia il pubblico nel dubbio se Pasquale sia realmente ignaro o semplicemente finga di esserlo, sfruttando la situazione a suo vantaggio.

Nel 1891, il giornalista e drammaturgo Roberto Bracco (1861-1943) compose la canzone ‘O Munaciello. Nel 1976, Roberto De Simone scrisse l’opera teatrale in tre atti intitolata La gatta Cenerentola, ispirata all’omonima fiaba del 1634 di Giambattista Basile (1583-1632). In questa versione, De Simone sostituì le fate della Sardegna con il Munaciello e introdusse nuovi personaggi come le lavandaie e i femmenielli. La Canzone del Munaciello è inclusa nell’opera. Il Munaciello è anche il protagonista di un racconto di Anna Maria Ortese (1914-1998) intitolato Il Monaciello di Napoli, pubblicato nel 1940 e ristampato nel 2001.

Il Munaciello al Cinema

Ornella Muti e Giancarlo Giannini in 'o Re
Ornella Muti e Giancarlo Giannini in ‘o Re

Il Munaciello è stato rappresentato anche sul grande schermo, debuttando nel film ‘o Re del 1989 diretto da Luigi Magni (1928-2013) e interpretato da Ornella Muti e Giancarlo Giannini. Questo film ha vinto due David di Donatello: uno per il miglior attore non protagonista (Carlo Croccolo, 1927-2019) e l’altro per i migliori costumi (realizzati da Lucia Mirisola, 1928-2017, che ha anche vinto il Nastro d’Argento). Nel film, il Munaciello è l’anima di un bambino mai nato che rivendica il suo diritto di esistere.

Il Munaciello appare due volte anche nel film autobiografico È stata la mano di Dio (2021) del regista napoletano Paolo Sorrentino.

Munaciello, il videogame

Munaciello - The San Carlo Theatre Adventure

Munaciello – The San Carlo Theatre Adventure è un videogioco gratuito per dispositivi Apple e Android, pubblicato a fine novembre 2023 e progettato per avvicinare i giovani al mondo dell’opera e della musica. Questa iniziativa del Teatro San Carlo di Napoli, in collaborazione con Stranogene srl, offre un’avventura ispirata ai classici videogame degli anni Ottanta, con una storia suddivisa in quattro mondi, ciascuno composto da cinque livelli.

Nel gioco, il protagonista Faustino, un orfanello del XIX secolo tornato in vita come Munaciello, si avventura nel Teatro San Carlo del 2024, afflitto da un’infezione che ne compromette la gestione e i ricordi. Faustino, nonostante la sua natura timida e ansiosa, deve intervenire per salvare il teatro, incontrando personaggi storici come i compositori Gaetano Donizetti (1797-1848) e Gioachino Rossini (1792-1868), Carlo III di Spagna (1716-1788), la cantante soprano Fanny Tacchinardi (1812-1867) e l’impresario teatrale Domenico Barbaja (1778-1841).

Durante l’avventura, Faustino collabora con un gruppo di esperti del soprannaturale intrappolati nel teatro, i quali credono che un poltergeist sia la causa dell’infestazione. Utilizzano droni con fotocamere speciali per catturare entità spirituali, costringendo Faustino a muoversi con cautela. Guidato dallo stesso teatro, Faustino impara a utilizzare i suoi poteri per liberare i ricordi e riportare in vita artisti e musicisti, esplorando aree come il foyer (l’atrio prospiciente la platea), i palchetti e il golfo mistico (detto anche buca d’orchestra – lo spazio riservato all’orchestra che suona dal vivo). La trama, arricchita dalla musica del teatro, stimola l’interesse per la storia del melodramma e intrattiene un pubblico di tutte le età.

Conclusioni

È impossibile non rendersi conto che il Munaciello è molto più di una semplice figura del folklore: è un simbolo potente della cultura napoletana, una piccola ombra guizzante che racchiude tutto il mistero, la dolcezza e la malizia della vita stessa.

Con il suo abito da monaco, il cappuccio calato sugli occhi e quelle scarpe con fibbie argente, il Munaciello incarna la dualità umana: può essere benevolo o dispettoso, portare fortuna o scompiglio, a seconda di come viene accolto.

Come nella vita, anche con lui il rispetto e la gentilezza possono portare prosperità, piccoli miracoli e benedizioni inaspettate. Ma se viene offeso o deriso… ecco che arrivano dispetti, sparizioni misteriose, monete che si trasformano in escrementi di capra.
Un’antica lezione: mai mancare di rispetto al mistero.

Il mito delle monete d’oro è uno dei più affascinanti: chi ha la fortuna di riceverne una deve mantenere il segreto sull’origine. Se si tradisce il patto con l’ignoto, la magia svanisce, lasciando spazio alla delusione e alla perdita.

E poi c’è il lato più tenero: i doni del Munaciello spesso vanno a belle ragazze spaventate o a chi è vittima delle sue mani curiose, a dimostrare che, dietro quell’apparenza mostruosa, si nasconde un cuore capace di compassione.

Immagine rappresentativa del Munaciello (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)
Immagine rappresentativa del Munaciello (proprietà esclusiva di Archaeus © 2024)

Non sono pochi i racconti di persone comuni che hanno ricevuto i suoi favori.
E ancora oggi, nei bui vicoli di Napoli, soprattutto gli anziani, alzano gli occhi sperando di scorgerlo — magari per un ultimo favore, o forse solo per sentire che il mondo conserva ancora un angolo di mistero.

Il Munaciello è molto più di uno spirito domestico o di un folletto dispettoso: è la personificazione della complessità della vita, il simbolo di come la speranza e la paura, la generosità e il timore, la bellezza e l’imprevedibilità possano convivere dentro di noi.

E proprio come la Bella ‘mbriana, spirito gentile e silenzioso che abita le case napoletane portando fortuna a chi la rispetta, anche il Munaciello ci insegna che il bene e il male non sono mai assoluti, ma si intrecciano nelle pieghe invisibili della quotidianità.

Il suo mito vive ancora oggi nelle storie che raccontiamo, nei sogni che sogniamo, nei desideri che teniamo segreti. E forse, proprio come il Munaciello, anche noi — tra dolcezza e coraggio, tra sorrisi e malinconie — possiamo imparare ad accogliere la magia della vita, con tutta la sua meravigliosa imperfezione.

Perché a volte, nei vicoli silenziosi e nei sogni dimenticati, il Munaciello cammina ancora accanto a chi sa credere nell’invisibile.

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