Mary di Nemmegen

Mary di Nemmegen: la donna che sfidò il Diavolo

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Mary di Nemmegen (in tedesco Mariken van Nieumeghen o, in inglese conosciuta come Mary of Nijmegen), è un racconto di finzione del XVI secolo che narra la seduzione di una donna da parte del Diavolo e la sua successiva redenzione e vittoria su di lui. Il racconto fu pubblicato per la prima volta nel 1515 ad Anversa, da Willem Vorsterman (XV secolo-1543), uno dei primi tipografi di libri. Non si conosce con certezza l’identità dell’autore, ma alcuni studiosi ipotizzano che possa essere Ann Binns (o Byns), una poetessa appartenente a una camera di retorica di Anversa.

Il racconto si inserisce in un contesto storico e culturale in cui le donne erano viste come esseri fragili e vulnerabili alle tentazioni demoniache. Il destino di Mary è simile a quello di Faust, il protagonista di una celebre leggenda tedesca che vende la sua anima al Diavolo in cambio di potere, sapere e piacere. Tuttavia, Mary di Nemmegen si differenzia da Faust per il fatto che riesce a ottenere il perdono divino e a sconfiggere il Diavolo, mentre Faust è condannato all’inferno. Il racconto di Mary di Nemmegen può essere considerato una versione femminile e positiva della storia di Faust, che invece ha una versione maschile e negativa nel dramma di Christopher Marlowe (1564-1593), ovvero Doctor Faustus, scritto intorno al 1590, e successivamente nel capolavoro del Faust di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), pubblicato tra il 1808 e il 1832.

La storia di Mary di Nemmegen

La storia di Mary di Nemmegen si svolge nella regione di Gelders, nei Paesi Bassi. Un giorno, Mary si reca a Nemmegen per fare delle commissioni, ma si attarda troppo e si ritrova al buio. Non potendo tornare a casa, chiede ospitalità alla casa dei suoi zii, ma la zia la respinge con crudeltà. Mary, oppressa dal peso dei suoi pacchi e dalla disperazione, esclama che non le importa se Dio o il Diavolo la aiuteranno.

La sua invocazione viene ascoltata dal Diavolo, che le si presenta sotto le sembianze di un giovane sfigurato e con un solo occhio. Il Diavolo non può assumere una forma perfetta, ma deve avere sempre qualche difetto. Si offre di aiutare Mary, a patto che diventi la sua amante e rinunci al suo nome, perché «per una Mary (la Beata Vergine) io e tutta la mia compagnia andiamo peggio», le dice. In cambio, le promette di insegnarle tutte le sue scienze, di donarle oro e argento e di amarla più di ogni altra donna.

Mary, accettando la proposta del Diavolo, sigla un patto che la lega a lui. Desidera anche apprendere la magia e l’incantamento per poter evocare gli spiriti, ma il Diavolo la scoraggia da tale impresa. Da quel momento, è conosciuta come Emmekyn. Segue il Diavolo in diversi luoghi, tra cui Anversa. Emmekyn affascina la gente con la sua erudizione, e gli uomini si contendono il suo amore, arrivando a uccidersi per gelosia. Emmekyn si diverte, ma non dimentica mai il suo legame con la sua omonima, la Beata Vergine Maria.

Intanto, la zia, posseduta dal Diavolo, si lascia andare alla furia e si infligge una pena per aver rifiutato sua nipote: si taglia la gola e muore. Dopo sette anni di una vita dissoluta, Emmekyn si stanca e convince il Diavolo a partire da Anversa e a tornare a Nemmegen. Giungono nel giorno di una solenne processione e sfilata in onore della Beata Vergine. La vista di ciò commuove Emmekyn e la fa pentire.

Il Diavolo la solleva in alto nell’aria e la lancia giù, sperando di spezzarle il collo. Ma Dio non lo consente. Emmekyn cade sulla strada davanti a molte persone, tra cui suo zio, un sacerdote, al quale si confessa. Egli le dice: «Nessuno è perduto se non cade nella disperazione». Poi ottiene un’udienza con il papa per cercare l’assoluzione. È interessante notare che confessa solo i suoi peccati carnali e non il desiderio di avere sapere e conoscenza. Il papa le assegna una severa penitenza: Deve indossare tre anelli di ferro al collo e alle braccia. Dopo due anni, gli anelli si staccano per miracolo, segno che Dio le ha concesso il suo perdono.

In una versione teatrale olandese della storia, viene inserito un intermezzo del dramma Processus Sathane. Masscheroen, il procuratore del Diavolo, si rivolge a Dio per chiedere giustizia, affermando che la colpevolezza dell’umanità dovrebbe essere equiparata a quella degli Angeli Caduti. Sostiene che Dio è diventato troppo clemente, e che le persone sono diventate sempre più perverse. Dio ammette che potrebbe avere ragione, e Masscheroen reclama il diritto per il Diavolo di agire come castigatore di Dio. La Vergine Maria interviene e fa un appello pietoso a Dio per la misericordia. Maria vince la causa. Mary di Nemmegen mostra che non importa quanto si sia peccato, c’è sempre la possibilità della salvezza e del perdono di Dio. Faust, invece, è destinato all’inferno senza alcuna speranza una volta che fa il suo patto e cade nel peccato.

Storia del dramma

Frontespizio di Mariken van Nieumeghen (Wikimedia Commons)
Frontespizio di Mariken van Nieumeghen (Mary di Nemmegen)

La versione più antica che si conosce di Mary di Nemmegen, stampata nel 1515 ad Anversa (conservata nella Biblioteca di Stato bavarese, Monaco) è designata come A. La storia ebbe molto successo e si diffuse rapidamente. Un’edizione in inglese fu realizzata dal tipografo olandese di Anversa, Jan van Doesborch (1470/80-1536), noto anche come Jan van Doesborgh o, nel nostro paese, Giovanni di Doesborch (o Giovanni di Doesborowe), con il titolo… Mary di Nemmegen nei primi anni del XVI secolo: questo manoscritto è di solito designato come D. Le vere origini della storia sono incerte, ma nel 2009, l’autore Dirk Coigneau ha avanzato l’ipotesi che potrebbe derivare dalla Siria, adducendo come prova una novella del VI secolo sull’asceta assiro del IV secolo sant’Abramo, un testo che secondo Coigneau presenta molte analogie con il Mariken van Nieumeghen.

La storia può infine essere considerata come una satira della società e della cultura del tempo, che erano corrotte e ipocrite, e che usavano la religione come pretesto per i propri interessi e privilegi.

Conclusioni

Più ci penso, più mi rendo conto che la storia di Mary di Nemmegen ha qualcosa di davvero potente. Non solo perché parla di demoni, patti infernali e poteri sovrannaturali — che già di per sé sono ingredienti accattivanti — ma perché dietro tutto questo c’è una donna che cade, si perde, e poi sceglie di rialzarsi. E lo fa in un’epoca, il XVI secolo, in cui le donne erano spesso viste come fragili, manipolabili, quasi predisposte al peccato. Mary invece rompe lo schema. Cade, sì… ma sceglie anche di salvarsi.

Questa figura femminile, ribattezzata Emmekyn dopo il patto col Diavolo, attraversa città e situazioni con una forza quasi inquietante. È ammirata, temuta, e a volte sembra quasi più demone che umana. Ma poi arriva quel momento nella processione mariana, e qualcosa cambia. Il suo pentimento non è forzato, non è imposto da nessuno. È una scelta interiore, un atto di coraggio che, secondo me, vale molto più delle sue magie.

Il bello di questa storia è che si muove su più livelli. C’è il livello simbolico, con il classico scontro tra bene e male, tra tentazione e salvezza. Ma c’è anche un sottofondo profondamente umano: la paura di perdersi, il desiderio di potere, il fascino del proibito e il bisogno disperato di redenzione. E tutto questo, raccontato attraverso il filtro del paranormale, risulta ancora più affascinante.

Particolare della statua di Mary di Nemmegen
Particolare della statua di Mary di Nemmegen

Mi colpisce anche quanto questa narrazione sia radicata nelle paure collettive dell’epoca. Il patto col Diavolo, le abilità sovrannaturali, le seduzioni oscure… erano temi che parlavano direttamente all’immaginario popolare, mescolando religione, superstizione e folklore. E Mary diventa così una sorta di archetipo femminile ribelle, che sfida il destino e poi lo riscrive.

Ci vedo una critica sociale sottilissima ma presente: dietro la maschera del racconto moralizzante, c’è la voce di un’umanità che lotta per non essere schiacciata dalle etichette, dai ruoli imposti, dalla paura di essere imperfetta. Mary è imperfetta, certo. Ma è anche viva, piena di contrasti, profondamente umana.

E poi diciamolo: il paranormale in questa storia non è solo un “genere”, è una lente. Serve a raccontare tutto ciò che razionalmente facciamo fatica a spiegare: il desiderio, il rimorso, la speranza. Il Diavolo qui non è solo il male assoluto, ma una parte del mondo, e forse anche una parte di noi.

Insomma, Mary di Nemmegen non è solo una favola gotica da riscoprire. È un pezzo importante della letteratura del XVI secolo, ma soprattutto è una storia che parla ancora a noi, alle nostre contraddizioni, alle nostre cadute e – perché no – alla nostra capacità di risorgere. È un racconto che non giudica, ma accompagna. E alla fine ci lascia una domanda: anche tu, se cadessi così in basso… avresti la forza di risalire?

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