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Il malocchio è una delle superstizioni più antiche e radicate, presente in numerose culture da almeno cinque millenni. Le prime testimonianze scritte risalgono ai testi cuneiformi sumeri del III millennio a.C., da cui la credenza si diffuse attraverso la Mezzaluna Fertile, toccando Palestina, Egitto, Nord Africa, Etiopia, Grecia e Roma, fino a raggiungere l’India, la Russia europea e l’Europa occidentale con i movimenti delle popolazioni celtiche.
L’espansione dei popoli indoeuropei e semitici contribuì alla diffusione della paura dell’invidia, spesso legata alle disuguaglianze economiche. Nel mondo antico, il malocchio era particolarmente diffuso nelle culture circum-mediterranee, fulcro della sua espansione. Secondo l’antropologo David D. Gilmore, rappresenta una delle credenze religiose più antiche della regione. Studi comparativi mostrano che solo il 36% delle culture globali ne conserva tracce evidenti.
Presente nei testi sacri di varie religioni, il malocchio si è adattato nel tempo e resta ancora oggi diffuso in paesi come Italia, Spagna, Grecia, Turchia, India e Sri Lanka, dove si praticano rituali apotropaici e si usano amuleti protettivi. Studi etnografici di Clarence Maloney e Alan Dundes (1750-1814) hanno evidenziato la costanza di questa credenza nelle dinamiche sociali ed economiche.




Nell’antica Roma, il malocchio era temuto per i suoi presunti effetti su uomini, animali e raccolti. Nel Medioevo, con la caccia alle streghe, fu reinterpretato in chiave demonologica e associato alla stregoneria. Nel XVIII secolo, Nicola Valletta (1750-1814) tentò di razionalizzarlo nel suo trattato Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura (1787), collegandolo al fascinum romano e contribuendo alla diffusione di amuleti come il corno rosso e il gesto delle corna.
Nonostante i progressi scientifici, il malocchio continua a influenzare la psicologia collettiva, spingendo molti a cercare rimedi contro questa minaccia invisibile. In questo articolo analizzeremo le sue origini, manifestazioni e interpretazioni, cercando di capire perché questa credenza persista nei secoli senza perdere la sua forza evocativa.
Malocchio e Fascino: due credenze a confronto
Conosciuto anche come iettatura (o jettatura), il malocchio è spesso liquidato come una semplice superstizione, ma affonda le sue radici in antiche credenze magico-animistiche. Diffuso dal Mediterraneo al Medio Oriente, dall’Asia alle Americhe, continua a influenzare molte culture, intrecciandosi con pratiche religiose, esoteriche e folkloristiche nonostante i progressi della scienza.
Malocchio e fascino, sebbene percepiti come fenomeni distinti, hanno profonde connessioni storiche e antropologiche. Mentre il primo è stato ampiamente studiato da etnologi e antropologi, il fascino ha ricevuto minore attenzione accademica. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela intrecci e trasformazioni nel tempo, dimostrando come entrambe le credenze abbiano attraversato i secoli con significati mutevoli.
Il Malocchio nella Storia e nelle Antiche Civiltà
La credenza nel malocchio ha radici profonde che risalgono alle prime civiltà della storia umana. Dall’Antico Egitto alla Mesopotamia, dalla Grecia a Roma, il concetto di uno sguardo invidioso o malefico capace di causare danni fisici e spirituali era già ben radicato. Testi sacri, iscrizioni e reperti archeologici testimoniano come culture diverse abbiano sviluppato proprie interpretazioni di questo fenomeno, associandolo spesso a divinità, demoni o forze soprannaturali. Allo stesso tempo, la paura del malocchio ha dato origine a una vasta gamma di amuleti, rituali e pratiche apotropaiche utilizzate per contrastarlo. In questa sezione esploreremo come il malocchio fosse concepito nelle civiltà antiche, analizzando le sue origini linguistiche, le credenze religiose ad esso collegate e i metodi di protezione sviluppati nei vari contesti storici.
Il Malocchio nell’Antica Roma
Il concetto di malocchio era profondamente radicato nella cultura e nella religione romana, influenzando sia la lingua che le pratiche quotidiane. Derivato dal greco baskanos, il termine latino fascinus indicava sia la capacità di infliggere danno con lo sguardo sia le contromisure per contrastarlo. L’idea che uno sguardo malevolo potesse portare sfortuna, malattia o persino la morte era così diffusa che persino imperatori e nobili adottavano amuleti e rituali per proteggersi.
Le credenze romane sul malocchio si basavano su un’eredità culturale greca, ma si arricchirono di specificità proprie, influenzando profondamente il linguaggio e la religione.
Origine e terminologia

I Romani assimilarono la terminologia greca relativa al malocchio adattandola al latino. Il termine baskanos, che indicava una persona in grado di infliggere danno con lo sguardo, venne assimilato come fascinus, mentre il verbo baskainein divenne fascinare, nel senso di “incantare” o “stregare”. Questo adattamento riflette l’evoluzione fonetica delle lingue indoeuropee e il processo di romanizzazione del concetto.
Il malocchio era strettamente associato all’invidia, un legame già presente nella cultura greca ma rafforzato in ambito romano. Il termine invidia e il verbo invidere (“guardare malevolmente”) divennero sinonimi di fascinare, confermando il legame tra lo sguardo e l’influenza negativa. Nella Vulgata, la traduzione latina della Bibbia, il verbo greco baskainein viene reso con invidere, e il sostantivo baskanos con invidus, dimostrando la persistenza di questa credenza.
L’influenza del malocchio si rifletteva anche nelle espressioni quotidiane. Una formula comune per scongiurare effetti negativi derivanti da un elogio era praefiscine dixerim (“che non sia un malocchio”), un’espressione che dimostra quanto fosse radicata la paura dello sguardo malevolo nella società romana.
Protezione dal Malocchio nell’epoca romana
Il timore del malocchio portò alla diffusione di amuleti e rituali protettivi, utilizzati in tutti gli strati sociali:
- Fascinum – Amuleto fallico ritenuto potente contro le influenze negative, inciso su edifici, mosaici stradali o indossato come pendente, specialmente dai bambini, considerati particolarmente vulnerabili.
- Bulla – Ciondolo protettivo indossato dai bambini fino all’età adulta, spesso contenente simboli apotropaici.
- Pietre preziose – Ambra, corallo e occhio di tigre erano considerati materiali capaci di assorbire e neutralizzare energie negative.
- Sacchetti protettivi – Contenevano erbe sacre o iscrizioni magiche, usati per garantire benessere e protezione.

Il fascinum non era solo un oggetto, ma anche il simbolo di una divinità minore, Fascinus, protettore della fertilità e della prosperità. Il suo culto era curato dalle Vestali, sacerdotesse incaricate di mantenere il fuoco sacro di Vesta, dea del focolare domestico e protettrice della città di Roma. Le Vestali celebravano riti per proteggere la comunità dalle influenze negative e usavano il fascinum come simbolo di forza e difesa.
Persino gli imperatori cercavano protezione dal malocchio. Si racconta che Augusto (63 a.C.-14 d.C.) portasse sempre con sé un pezzo di ambra, ritenuta una pietra capace di respingere le energie negative.
Il Malocchio nella letteratura romana
Le fonti letterarie confermano quanto il malocchio fosse diffuso e temuto in tutte le classi sociali:
- Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nella Naturalis Historia (XXVIII, 7), menziona persone capaci di avvelenare con lo sguardo, un riferimento diretto alla credenza nel malocchio.
- Virgilio (70-19 a.C.), nelle Bucoliche (VIII, 80), parla di streghe in grado di lanciare il malocchio, riflettendo il timore popolare per questa forma di magia.
- Petronio (27-66 d.C.), nel Satyricon, descrive episodi in cui il malocchio era considerato una minaccia reale, dimostrando quanto fosse radicata la credenza tra la popolazione.
Anche la terminologia latina evidenzia questa paura: espressioni come oculus malus (occhio maligno), oculus invidus (occhio invidioso) e oculus nequam (occhio malizioso) testimoniano quanto fosse diffusa la convinzione che lo sguardo potesse portare sciagura.




Nell’Antica Roma, il malocchio non era solo una credenza popolare, ma un concetto profondamente integrato nella cultura, nella lingua e nella religione. L’influenza greca, unita alle credenze locali, portò allo sviluppo di pratiche specifiche per contrastarlo, molte delle quali sopravvivono ancora oggi nelle tradizioni italiane e mediterranee. La paura dello sguardo invidioso continuò a influenzare la società romana per secoli, lasciando un’eredità ancora visibile nelle superstizioni moderne.
Lamia: il Fascino nella Mitologia

Il potere dello sguardo nella fascinazione ha una forte connessione con la mitologia. Un esempio è Lamia, la regina libica resa madre da Zeus, poi punita da Era con l’uccisione dei suoi figli. Secondo la leggenda, il dolore la trasformò in una creatura mostruosa, predatrice di bambini, e Zeus, impietosito, le concesse di rimuovere i propri occhi a piacimento, donandole una percezione profetica e un potere magnetico legato allo sguardo.
Questa figura mitologica riflette la credenza che bambini e donne belle siano particolarmente vulnerabili al fascino, ma che chiunque possa esserne vittima, poiché lo sguardo e la parola sono considerati strumenti di influenza occulta in molte culture.
Il Baskanos nell’Antica Grecia
Il termine greco baskanos (βασκανός) indicava il malocchio, una credenza diffusa nell’Antica Grecia secondo cui lo sguardo invidioso poteva trasmettere un’influenza negativa, colpendo la vittima a livello fisico e mentale. Questo fenomeno era strettamente legato all’invidia (phthonos), considerata una forza distruttiva capace di sottrarre energia vitale.
La paura del malocchio era così radicata che filosofi, poeti e scrittori ne discussero nelle loro opere. Omero, Esiodo, Pindaro, Eschilo ed Euripide menzionarono lo “sguardo malevolo”, mentre Platone, Aristotele e Plutarco tentarono di spiegarlo in chiave filosofica e scientifica. Aristotele, nelle Problemata Physica (Προβλήματα, III-IV secolo d.C.), ipotizzò che lo sguardo umano emettesse un’energia dannosa simile al calore, mentre Plutarco parlò del baskanos daimôn, il “demone del malocchio”, legandolo alla sfortuna.
Origine del termine e attestazioni linguistiche
Il termine baskanos e i suoi derivati (baskainein, “infliggere il malocchio”, e baskania, “maleficio”) compaiono nei testi dal V secolo a.C.. Il poeta Ferecrate (vissuto a metà del V secolo a.C.) fu il primo a usare il verbo, mentre Aristofane (ca 450-385 a.C.) impiegò baskanos per indicare individui maligni e diffamatori. La scarsa presenza del termine nei testi più antichi potrebbe dipendere da un tabù linguistico, per il timore di attivarne l’effetto.
In epoca romana, il concetto si arricchì di elementi demonologici: Strabone (ca 60 a.C.-ca 24 d.C.) descrisse i Telchini (Telhin), mitici artigiani di Rodi, come baskanoi, portatori di malocchio.




Metodi di protezione: amuleti e riti apotropaici
Per contrastare il malocchio, gli antichi Greci utilizzavano amuleti e simboli protettivi (apotropaia, “che allontanano il male”):
- Mati (Μάτι) – Amuleto a forma di occhio, spesso blu, ancora oggi diffuso nella cultura greca e mediterranea.
- Gorgoneion – Rappresentazione della testa di Medusa, incisa su scudi, armature e porte per respingere il male.
- Nodo di Eracle – Simbolo di protezione e guarigione, usato in amuleti e gioielli.
- Amuleti in osso o metallo – Spesso incisi con formule magiche o nomi di divinità protettrici.

Oltre agli amuleti, si ricorreva a rituali e gesti specifici per spezzare l’influenza del malocchio:
- Lo sputo rituale (ftou ftou ftou) – Si sputava simbolicamente tre volte per neutralizzare le energie negative, soprattutto dopo un complimento, per evitare di attirare invidia.
- Piante protettive – Aglio, alloro e iperico (erba di San Giovanni) erano ritenuti efficaci contro il malocchio e spesso bruciati nei rituali purificatori.
- Preghiere e formule magiche – Recitate da guaritori o sacerdoti, spesso accompagnate dall’uso di acqua e olio, pratica simile a quella del rito dell’olio ancora presente in Italia.
Il Baskanos tra filosofia e scienza
Il malocchio non era solo un fenomeno superstizioso, ma attirò anche l’attenzione di filosofi e studiosi. Platone, nel Fedone (Φαίδων, IV secolo a.C.), usò il termine baskania per descrivere il malocchio, mentre Aristotele cercò di spiegarlo con una teoria naturalistica basata sull’emissione di energia dallo sguardo. Plutarco ipotizzò che l’occhio umano potesse proiettare forze invisibili capaci di influenzare l’ambiente esterno.
Nel periodo ellenistico e romano, il malocchio divenne un tema ricorrente nella letteratura. Apollonio di Rodi (295-215 a.C.) e Eliodoro (VIII secolo d.C.) ne discussero diffusamente, dimostrando quanto la paura del Baskanos fosse radicata in tutte le classi sociali, non solo tra il popolo.
L’Occhio di Horus e il Malocchio nell’Antico Egitto
L’Antico Egitto, situato all’estremità occidentale della Mezzaluna Fertile, sviluppò una tradizione millenaria legata alla credenza nel malocchio, simile a quella della Mesopotamia. Il legame tra agricoltura, forze naturali e credenze magico-religiose favorì la diffusione di questa superstizione, che rimase costante dalla IV Dinastia fino all’epoca romana. Influssi mesopotamici, presenti già dal 2500 a.C., contribuirono alla diffusione di queste credenze, poi rielaborate in chiave egiziana.
Il Malocchio e la Protezione Magica nelle fonti antiche
Le prime attestazioni sul malocchio compaiono in epoca saitica, persiana e tolemaica, con riferimenti a divinità come Sekhmet, Neith e Chons, invocate per contrastare le influenze negative. Tuttavia, riferimenti alla protezione magica erano già presenti nei Testi delle Piramidi e nel Libro dei Morti, dove il simbolo dell’Occhio di Horus (Udjat o Wedjat) appare come amuleto contro le disgrazie.

Gli amuleti con l’Occhio di Horus, trovati nelle tombe della IV Dinastia, dimostrano che la credenza nella protezione dagli influssi nefasti era diffusa ben prima della comparsa del concetto esplicito di malocchio nei testi egizi. Secondo gli egittologi E.A. Wallis Budge (1857-1934) e Geraldine Pinch, questa credenza risale già all’Antico Regno, con l’Occhio di Horus utilizzato come simbolo difensivo contro malattie e sventure.
Durante il periodo ellenistico-romano, la fusione tra le culture egiziana, greca e romana rafforzò ulteriormente queste pratiche, con il greco come lingua principale e la diffusione di riti apotropaici simili a quelli mesopotamici e greci. L’iconografia dell’Occhio di Horus si diffuse in tutto il Mediterraneo, arrivando in Palestina e Israele, fino a influenzare il simbolo medico moderno Rx, che potrebbe derivare dalla rappresentazione rituale dell’Occhio di Horus nei processi di guarigione.
Il Mito di Horus e l’Occhio come simbolo protettivo

Il concetto di malocchio era strettamente legato alla simbologia sacra dell’occhio, in particolare all’Occhio di Horus, espressione della lotta tra bene e male. Secondo il mito, il dio Horus perse un occhio nella battaglia contro Seth, dio del caos, ma l’organo fu guarito da Thot, acquisendo poteri magici e diventando un amuleto di protezione, guarigione e rigenerazione. Questo simbolo non proteggeva solo i vivi, ma veniva usato nei corredi funerari per garantire sicurezza ai defunti nell’aldilà.
Amuleti raffiguranti l’Occhio di Horus, realizzati in faïence, oro e lapislazzuli, erano incastonati nei bendaggi delle mummie per proteggere il corpo dagli spiriti maligni. Il Tempio di Edfu, dedicato a Horus, contiene numerosi incantesimi contro il malocchio, mentre il Cippus di Metternich raffigura Horus circondato da occhi Wedjat e formule magiche. L’associazione tra sole, luna e gli occhi divini di Horus e Ra rafforzò l’idea dell’occhio umano come organo attivo, capace di influenzare la realtà e trasmettere il malocchio.
Il Malocchio di Apopis: il serpente del Caos
Tra le creature portatrici di malocchio, un ruolo centrale era occupato dai serpenti. Apopis (Apep), il gigantesco serpente primordiale, era la personificazione del caos e nemico del dio sole Ra. Il suo sguardo era considerato talmente potente da minacciare l’ordine universale, un concetto che potrebbe aver influenzato la successiva associazione tra serpenti e malocchio.
I testi egizi descrivono rituali esorcistici per neutralizzare Apopis, che coinvolgevano divinità come Thoth, Iside e Ra. Un metodo comune per contrastare il suo sguardo era l’invocazione di Seth, il cui colpo di lancia trafiggeva il corpo di Apopis. Un altro rituale prevedeva il colpire una palla con un bastone, rappresentazione simbolica dell’occhio del serpente, che veniva così distrutto ritualmente.
L’associazione tra malocchio e serpenti si riflette nella credenza che questi animali avessero occhi azzurri, elemento che contribuì alla percezione di esseri dotati di poteri magici. Questa connessione influenzò anche altre culture, come le maschere amuletiche dello Sri Lanka, che raffigurano teste serpentine e occhi sporgenti per allontanare le influenze negative, o gli amuleti di Medusa nella cultura greca.
Pratiche apotropaiche e amuleti contro il Malocchio
Gli Egizi temevano il malocchio e svilupparono numerosi rituali e amuleti per contrastarlo:
- Occhio di Horus – Simbolo di protezione per eccellenza.
- Scarabeo solare – Emblema di rinascita e protezione.
- Bes – Protettore della casa e dei bambini, raffigurato spesso in atteggiamenti grotteschi per allontanare il male.
- Bastet – La dea-gatta, considerata una manifestazione dell’Occhio di Horus, spesso raffigurata con un amuleto Wedjat al collo.

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Anche altre divinità venivano invocate per contrastare il malocchio, tra cui Thoth, Nut, Neith, Khonsu, Amon e Sekhmet, ma due tra le più significative erano Bes e Bastet.
Gli oggetti rituali avevano un ruolo fondamentale nella difesa dal malocchio:
- Perle con raffigurazioni di occhi, utilizzate come talismani protettivi già nel XIII secolo a.C.
- Occhio blu indipendente, reperto esposto al Museo dell’Ermitage, probabile amuleto apotropaico.
- Ojo de Venado (Occhio di Cervo), un talismano messicano erede di questa antica tradizione.
Il Simbolismo della Fertilità e la Protezione di Madri e Neonati
La protezione dal malocchio si estendeva anche alla fertilità e maternità:
- Cinture di conchiglie di ciprea, associate alla fecondità e alla protezione durante il parto.
- Trucco per gli occhi (kohl e mesdemet), oltre a proteggere dagli agenti esterni, aveva anche un valore magico contro il malocchio.
- Amuleti fallici e testicoli, potenti strumenti difensivi, soprattutto in epoca romana.
L’uso di decreti divini su minuscoli rotoli di papiro, inseriti in bulle amuletiche, garantiva protezione da spiriti maligni e maledizioni. Alcune iscrizioni minacciavano chi lanciava il malocchio con la punizione di Sekhmet, Thoth, Iside e Horus, che si credeva potessero accecare chi portava sventura.
Ancora oggi, tradizioni egiziane e nordafricane conservano usi e riti legati alla protezione dal malocchio, dimostrando quanto questa credenza sia stata persistente nei secoli.
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L’Occhio Salato nella Mesopotamia Antica
Nell’antica Mesopotamia, il malocchio era conosciuto come Occhio Salato (termine moderno per descriverlo), un’espressione che evocava il potere corrosivo dello sguardo malevolo. Sumeri, Babilonesi e Assiri credevano che gli occhi potessero trasmettere energia negativa, influenzando salute e destino delle persone. Lo sguardo invidioso era ritenuto una forza distruttiva, capace di provocare danni fisici e materiali.
Nella lingua sumera, il malocchio era chiamato igi-ḫul (igi = “occhio”, ḫul = “malvagio”), mentre in accadico, la lingua dei Babilonesi e degli Assiri, veniva definito īnu lemuttu o īni limuttum, entrambi traducibili come “occhio malvagio”.
Il timore del malocchio era profondamente radicato nella cultura mesopotamica e si diffuse successivamente in civiltà come l’egizia, la greca e la persiana. Già nel III millennio a.C., i testi sumeri in cuneiforme attestano la credenza in questa forza malefica, mentre reperti archeologici dimostrano l’uso di amuleti protettivi risalenti alla preistoria.
Incantesimi e riti contro il Malocchio
Gli incantesimi anti-malocchio seguivano schemi precisi e spesso prevedevano il coinvolgimento degli dèi. Un incantesimo sumero del II millennio a.C. recita:
«L’occhio è il Male, la cosa più malvagia. […]
Enki rispose a suo figlio Asarluhi:
‘Figlio mio, lana nera e lana bianca
legargli la testa’.»
Il malocchio era considerato una forza pericolosa, spesso paragonata a un demone o a una bestia destinata al sacrificio. Per neutralizzarlo, si trasferiva la sua influenza su un animale, generalmente una pecora, che veniva poi sacrificata. Questo rituale, attestato nei testi sumeri e babilonesi, rimase in uso anche in epoche successive.
Tra i mezzi di protezione più diffusi figuravano:
- Colori rosso e blu, usati secondo il principio del simile che scaccia il simile.
- Gesto delle fiche e Mano cornuta, gesti apotropaici per scongiurare il malocchio.
- Amuleti e iscrizioni magiche, incisi su oggetti per allontanare le influenze negative.
Un altro potente strumento difensivo erano incantesimi e preghiere, spesso scritti su tavolette d’argilla o pronunciati da sacerdoti ed esorcisti specializzati.

Il Maššmaššu (Mashmashu), figura sacerdotale babilonese, era esperto nella protezione contro le forze oscure e praticava rituali di purificazione per spezzare il malocchio. Alcuni testi ritrovati nei templi mesopotamici descrivono rituali basati su acqua, sale e fumo d’incenso, elementi considerati purificatori per allontanare le influenze maligne.
Amuleti e divinità protettrici
Tra gli oggetti apotropaici più utilizzati spiccavano:
- Figurine di Pazuzu, demone con ali e corpo leonino, evocato non per il male, ma per contrastare gli spiriti maligni.
- Amuleti con simboli protettivi, indossati o posti nelle abitazioni per respingere le energie negative.
- Divinità protettrici, tra cui Ea (Enki), signore della saggezza e della magia, spesso invocato per annullare maledizioni e riequilibrare le energie cosmiche.
Persistenza della credenza nel tempo
Gli incantesimi mesopotamici anti-malocchio mostrano incredibili somiglianze con testi successivi in aramaico, greco, ebraico e mandaico. La tradizione di protezione attraverso amuleti e riti esorcistici rimase viva fino al periodo tardo-romano.
Nel periodo post-biblico, i Mandei, gruppo semitico, continuarono a praticare rituali di esorcismo contro il malocchio. Le loro ciotole magiche, spesso sepolte sotto le case, contenevano iscrizioni contro spiriti maligni come Lilith, associata alla morte dei neonati e agli sguardi malefici.
Dai Sumeri fino al Medioevo, il timore del malocchio si è evoluto, adattandosi a nuovi contesti religiosi e culturali, ma conservando gli elementi fondamentali: Invidia, Danno e Protezione magica.
La convinzione che lo sguardo possa influenzare negativamente una persona ha attraversato i millenni, lasciando tracce in molte culture e tradizioni ancora oggi diffuse.
Il Malocchio nelle Religioni e nei Testi Sacri
Oltre alla sua diffusione nelle culture popolari, il malocchio è presente anche nelle tradizioni religiose e nei testi sacri di molte fedi. Se nelle civiltà antiche il malocchio era spesso legato a figure mitologiche e poteri occulti, nelle grandi religioni monoteiste come il Cristianesimo, l’Ebraismo e l’Islam ha assunto un significato più spirituale, spesso associato alla lotta tra il bene e il male. Alcuni testi biblici e coranici fanno riferimento all’invidia come forza distruttiva, mentre le pratiche religiose hanno elaborato specifiche preghiere e riti di protezione. Questa sezione analizzerà le radici teologiche del malocchio, il suo ruolo nelle Scritture e le pratiche spirituali tramandate nei secoli per contrastarlo.
Il Malocchio nella Bibbia: una presenza ignorata
Sebbene il malocchio sia menzionato in diversi passi delle Scritture ebraiche e cristiane, per lungo tempo è rimasto ai margini degli studi critici. Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, le analisi esegetiche si concentravano su aspetti letterari e teologici, trascurando il contesto culturale che ne ha favorito la persistenza nel Cristianesimo e nell’Ebraismo. Le moderne traduzioni spesso reinterpretano piuttosto che tradurre fedelmente i termini legati al malocchio, oscurandone la rilevanza nei testi sacri.
Questo articolo mira a colmare tale lacuna, evidenziando la ricorrenza del concetto nei testi biblici e parabiblici e analizzando i valori riflessi da questa credenza. Nel mondo antico, il malocchio era associato alla teoria dell’estramissione, che vedeva l’occhio come un organo attivo, capace di emettere energia negativa. Tale concezione, alla base della plausibilità del fenomeno, è stata a lungo trascurata dagli esegeti.
Espressioni Culturali e Bibliche del Malocchio
Alla base della credenza nel malocchio vi è l’idea che l’occhio, oltre a percepire, possa emettere energia dannosa, concetto già presente nella teoria dell’estramissione. Sebbene l’occultista tedesco Siegfried Seligmann (1870-1926) ne avesse riconosciuto il potenziale, solo recentemente studiosi hanno esplorato questo aspetto nei testi biblici.

Nell’Antico Testamento, il malocchio è evocato da espressioni come ra‘ ‘ayin (“occhio cattivo”) e ‘ayin harah (“occhio malvagio”), che riflettono una visione dualistica del mondo, in cui il bene si oppone al male. Nella traduzione greca della Bibbia, la Settanta, compaiono i termini ophthalmos ponêros (“occhio malvagio”) e ophthalmos phthoneros (“occhio invidioso”), sottolineando il legame tra malocchio, invidia e cupidigia.
Questa concezione si inserisce in un contesto in cui l’occhio era ritenuto capace di influenzare la realtà, rafforzando la credibilità del malocchio nell’immaginario antico. Nei testi biblici, il tema è spesso associato alla giustizia e alla morale sociale, evidenziando l’importanza dell’etica per prevenire gli effetti negativi dell’invidia e della malvagità.
Le Sacre Scritture fanno riferimento al concetto di occhio cattivo in diversi contesti, spesso associandolo all’invidia, all’avidità e alla mancanza di generosità.
- Deuteronomio 15:9 – “Bada bene che non ti entri in cuore questo pensiero iniquo: ‘È vicino il settimo anno, l’anno della remissione’; e il tuo occhio sia cattivo verso il tuo fratello bisognoso e tu non gli dia nulla: egli griderebbe al Signore contro di te e un peccato sarebbe su di te.”
→ Qui l’occhio cattivo rappresenta la mancanza di generosità e il timore della perdita economica, collegando il malocchio all’egoismo. - Proverbi 23:6-8 – “Non mangiare il pane dell’avaro e non bramare le sue ghiottonerie, perché, come uno che pensa solo a se stesso, ti dirà: ‘Mangia e bevi’, ma il suo cuore non è con te.”
→ Il versetto evidenzia l’ipocrisia di chi, pur offrendo ospitalità, cela invidia e secondi fini, rafforzando il legame tra malocchio e inganno. - Siracide 14:10 – “Un occhio cattivo è invidioso anche del pane ed è proprio questo che manca sulla sua tavola.”
→ Il testo enfatizza il rapporto tra invidia e privazione, suggerendo che l’avidità possa concretamente influenzare la prosperità altrui.
Il Malocchio nel Nuovo Testamento
Nei Vangeli e nelle lettere apostoliche, il malocchio assume una valenza più simbolica e morale, divenendo metafora della condizione interiore dell’individuo. L’occhio rappresenta la purezza del cuore: uno sguardo limpido riflette giustizia e amore, mentre un occhio cattivo indica invidia e cupidigia. In questo contesto, il malocchio non è più solo un’energia negativa, ma una distorsione della visione e della moralità, invitando alla vigilanza interiore per vivere in armonia con gli altri e con Dio.
- Matteo 6:22-23 – “La lampada del corpo è l’occhio; se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso. Ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso.”
- Luca 11:34-35 – “La lampada del corpo è il tuo occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso.”
Entrambi i versetti usano l’occhio come metafora della moralità: uno sguardo puro illumina l’anima, mentre uno corrotto porta alle tenebre, riflettendo una visione distorta della realtà.
Altri passaggi, come Matteo 20:15, Marco 7:22 e Gàlati 3:1, collegano il malocchio a inganni spirituali, invidia e corruzione morale, ribadendo la necessità di una conversione interiore.
Implicazioni Culturali e Sociali
Pur considerato una superstizione, il malocchio rifletteva timori e valori profondi delle comunità antiche, permeando la vita sociale e culturale. Nei testi biblici, è strettamente legato all’invidia e assume una doppia funzione: presagio di sventura e monito a coltivare purezza d’animo e altruismo.




La Bibbia suggerisce varie forme di protezione. La Mezuzah (מזוזה), affissa agli stipiti delle porte, contiene versetti della Torah ed è simbolo di protezione e benedizione per la casa. I Tefillin (תפילין), piccoli astucci in pelle con pergamene sacre, vengono indossati durante la preghiera mattutina per rafforzare il legame con Dio e proteggersi dalle influenze negative.
Oltre agli amuleti, la preghiera e la benedizione erano considerate strumenti potenti contro il malocchio, mentre la carità non solo offriva protezione, ma rafforzava la coesione sociale, promuovendo valori di generosità e sostegno reciproco. Queste pratiche non erano solo espressioni di fede, ma anche mezzi apotropaici per allontanare il male.
Il Malocchio nell’Islam e nei Testi Sacri
Nel Corano, il malocchio è menzionato come una minaccia reale, da cui è necessario proteggersi attraverso la preghiera:
1 Di’: «Mi rifugio nel Signore dell’alba nascente,
Sura Al-Falaq (L’Alba Nascente, 113:1-5)
2 contro il male di ciò che ha creato,
3 e contro il male dell’oscurità che si estende
4 e contro il male delle soffianti sui nodi
5 e contro il male dell’invidioso quando invidia»
Un’altra protezione è la Sura An-Nâs (114:1-6), che invoca l’aiuto di Dio contro le influenze maligne.
1 Di’: «Mi rifugio nel Signore degli uomini,
Corano, la Sura An-Nâs (Gli Uomini, 114:1-6)
2 Re degli uomini,
3 Dio degli uomini,
4 contro il male del sussurratore furtivo,
5 che soffia il male nei cuori degli uomini,
6 che [venga] dai dèmoni o dagli uomini».
Inoltre, molti musulmani portano con sé talismani con versetti coranici, detti ta’wiz, piegati e avvolti in tessuto o metallo per difendersi dalle energie negative.
Secondo un famoso ḥadīth riportato nel Sahih Muslim, una delle più autorevoli raccolte di detti del Profeta Maometto, si afferma:
«Il malocchio è reale, e se qualcosa potesse superare il decreto divino, sarebbe il malocchio.»
Per questo motivo, nelle comunità musulmane si pronuncia «Masha’Allah» (ما شاء الله, “Dio lo ha voluto”) quando si ammira qualcosa o qualcuno, per evitare di causare invidia involontaria.
Il Malocchio nel Folklore e nelle Tradizioni Popolari
Benché il malocchio abbia una lunga storia nelle religioni e nelle civiltà antiche, è nel folklore e nelle tradizioni popolari che ha trovato la sua massima espressione. In ogni cultura, dai villaggi rurali alle città moderne, si sono sviluppate credenze specifiche legate alla sua origine e ai modi per prevenirlo o annullarne gli effetti. In Italia, ad esempio, il malocchio è ancora oggi una superstizione diffusa, con riti tramandati oralmente e pratiche magico-religiose che sopravvivono soprattutto nelle aree meridionali. Gesti apotropaici, formule segrete, amuleti e riti divinatori come quello dell’olio nell’acqua sono solo alcune delle pratiche nate per contrastare la sua influenza. Questa sezione esplorerà le diverse varianti del malocchio nel folklore europeo e mediterraneo, soffermandosi sulle pratiche di protezione e sulle credenze tramandate attraverso le generazioni.

Il Malocchio in Italia
In Italia, il malocchio è una credenza antica, risalente all’epoca pre-romana, particolarmente radicata nelle regioni meridionali. Viene visto come un’influenza negativa trasmessa attraverso lo sguardo, capace di portare sfortuna, malattie e disgrazie. Il termine invidia – dal latino in-videre (“guardare contro”) – riflette il legame tra lo sguardo e il male augurato, concetto presente anche nelle civiltà mesopotamiche, egizie ed ebraiche, che già prevedevano formule protettive contro l’occhio maligno.
In Campania esiste la figura dello jettatore, colui che porta sfortuna involontariamente, studiata dall’antropologo Ernesto De Martino (1908-1965). In Sicilia, invece, si crede che alcune persone nascano con l’occhio cattivo, capace di causare disgrazie. Il malocchio è spesso associato a malesseri improvvisi, come mal di testa, vertigini e stanchezza, e si riteneva che bambini, animali e donne incinte fossero particolarmente vulnerabili, portando alla diffusione di rituali protettivi.
I sintomi attribuiti al malocchio possono essere fisici e psicologici. Tra i primi si segnalano mal di testa, stanchezza cronica e sensazione di esaurimento energetico; tra i secondi, pensieri ossessivi, paure ingiustificate e stati depressivi. In casi estremi, si riferiscono sintomi come peso sul petto, soffocamento e incubi ricorrenti, interpretati come segnali di un’interferenza astrale. Tuttavia, è importante non attribuire automaticamente ogni malessere al malocchio e valutare attentamente le circostanze, anche con l’aiuto di un professionista.
Pratiche di protezione nella tradizione italiana
Sigmund Freud (1856-1939) vedeva la paura del malocchio come un residuo dell’animismo primitivo e del pensiero magico. Le scienze sociali, invece, la interpretano come un meccanismo di difesa psicologico e culturale contro l’incertezza. In Italia, la tradizione ha sviluppato numerosi amuleti e rituali di protezione, ancora oggi diffusi:
- Il corno rosso (cornicello) – Simbolo apotropaico che richiama le corna animali, ritenuto capace di deviare le energie negative, tipico del Sud Italia.
- Scartellato, il gobbo – Uno degli amuleti più comuni nei mercatini raffigura un gobbo con la parte inferiore del corpo a forma di cornetto, simbolo di fortuna. In origine, però, ogni gobba era considerata segno di malaugurio, ma col tempo solo quella femminile ha mantenuto un’accezione negativa.
- L’occhio di Santa Lucia – Una pietra trovata sulle spiagge, simile a una conchiglia, ritenuta un talismano contro le influenze negative.
- Il gesto delle fiche (o manu fica) – Il pollice stretto tra l’indice e il medio è considerato un segno di protezione contro il malocchio. Con la diffusione del Cristianesimo, questo gesto perse la sua funzione protettiva e venne associata alla volgarità, diventando la manu obscena, un gesto osceno citato anche in letteratura. Celebre è il suo utilizzo nell’Inferno di Dante Alighieri (1265-1321), dove Vanni Fucci lo esegue come atto di sfida blasfemo contro Dio:
Al fine de le sue parole il ladro
Dante Alighieri, Divina Commedia, Inf. XXV, 1-3
le mani alzò con amendue le fiche,
gridando: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!»
Quand’ebbe finito di parlare, il ladro alzò entrambe le mani col pollice tra l’indice e il medio, gridando: «Prendi, Dio, poiché le rivolgo a te!»
Parafrasi di Inf. XXV, 1-3
Sebbene il significato originario del gesto sia in parte perduto, in Italia sopravvive in alcune forme, come il gioco infantile del nasino o i gesti scaramantici popolari. In Sardegna, ad esempio, il gesto di toccare il naso mantiene una valenza apotropaica, ma può anche essere interpretato come un’ingiuria, a seconda del contesto.




Il rito dell’olio e dell’acqua
Uno dei metodi più diffusi per riconoscere e neutralizzare il malocchio è il rito dell’olio nell’acqua, praticato soprattutto nel Sud Italia (ucchjatúre in Puglia e Basilicata, fascinatura in Calabria, jettatura in Campania, affascinu in Sicilia, ogu malo in Sardegna). La diagnosi avviene versando alcune gocce d’olio in un piatto d’acqua:
- Se l’olio si disperde, il malocchio è presente.
- Se forma un cerchio, si attribuisce a un uomo.
- Se si allunga, si ritiene causato da una donna.
- Se rimane compatto, non c’è malocchio.
L’acqua del rituale viene poi gettata via, evitando che il malocchio si trasferisca a chi la calpesta.
«M’ànne pegghjate a d’úcchje, ténghe nu cazze de delóre de cape»
«Mi hanno preso con lo sguardo, ho un tremendo mal di testa»
Se il malocchio viene confermato, si procede con il contramalocchio (detto anche affascino), spesso eseguito da masciare (in Puglia) o anziane esperte. Il rito prevede la recitazione di preghiere segrete e il segno della croce sulla fronte dell’afflitto. Si ritiene che il rituale sia efficace quando l’operatore inizia a sbadigliare o lacrimare, segno che l’energia negativa viene assorbita.
Nelle tradizioni meridionali si parla anche di malocchio ferrato, una forma più potente legata a oggetti di ferro. In questi casi, per spezzarne l’effetto si immergono forbici, coltelli o chiavi nell’acqua del rito, simboli di protezione e taglio dell’energia negativa.

Formule e trasmissione segreta dei riti
Molte formule apotropaiche mescolano elementi cristiani e richiami a forze soprannaturali, come questa antica invocazione:
«Padre potentissimo! Madre la più tenera delle madri! Esemplare ammirabile della materna tenerezza! Figlio, fiore dei figli! Forma di tutte le forme! Anima, spirito, armonia di tutte le cose. Conservateci, proteggeteci, guidateci, liberateci da tutti gli spiriti maligni che ci assediano continuamente senza che noi lo sappiamo. Amen.»
Nel Sud Italia si tramanda che questi riti possano essere insegnati solo nella notte della Vigilia di Natale, un momento sacro per la trasmissione di conoscenze esoteriche.
Varianti regionali del malocchio
- Puglia e Basilicata – Il malocchio che colpisce famiglie o case viene contrastato con fumo di incenso e palma benedetta.
- Sardegna – Si praticano i suffumigi (Affumentos), con erbe e cera benedetta per purificare l’ambiente. È diffusa anche la formula Brebu, una preghiera popolare tramandata oralmente:
«Deu aldede, cun cussu colpu de ogiu,
podiad crepare, su pizzinnu.
Abbaida, bene meu, si no l’aida leadu ene.»
«Dio me ne liberi, con quel colpo d’occhio,
poteva morire, il bambino.
Guarda, bene mio, se non l’aveva preso bene.»
- Calabria – Il rito dello sfascino prevede segni di croce e preghiere segrete per assorbire l’energia negativa.
- Sicilia – Si tramanda una filastrocca legata a San Pitruzzo di Roma, una figura popolare simile a San Pietro, invocata per scongiurare il malocchio:
«San Pitruzzo di Roma vinìa,
‘ncontrau ‘u Signuri cu la vergine Maria
“Chi hai, Pitruzzo, ca chiangi pi vvia?”
”E c’aviri, matri mia…
‘a testa mi ciaccaru
e ‘a mirudda m’immobilizzaru”
“Picchì non ci dicisti ‘a razione mia?”
“Picchì nunn’a sapìa”
“Ntô nomu dû Patri, dû Figghiu e dû Spiritu Santu”»
«San Pitruzzo veniva da Roma,
incontrò il Signore con la Vergine Maria.
“Cosa hai, Pitruzzo, che piangi per la strada?”
“E cosa devo avere, Madre mia…
mi hanno schiacciato la testa
e la nuca mi hanno immobilizzato.”
“Perché non hai detto la mia preghiera?”
“Perché non la sapevo.”
“In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”»
Queste credenze dimostrano come il timore del malocchio sia ancora vivo in molte comunità italiane. Nonostante il progresso scientifico, il bisogno di protezione da energie oscure continua a influenzare la cultura popolare, preservando un patrimonio di tradizioni antiche.

Amuleti e gesti apotropaici: simboli di protezione
Oltre ai rituali di purificazione, la tradizione popolare ha tramandato numerosi amuleti e gesti apotropaici per proteggersi dal malocchio e dalla sfortuna. Alcuni di essi, già menzionati in precedenza (corno rosso, gesto delle fiche, ferro di cavallo), sono ancora oggi molto diffusi.
Tra gli amuleti più caratteristici troviamo la Mano di Fatima (Mano di Alo o, per gli arabofoni: Khamsa o Hamsa), particolarmente popolare in Puglia e Sicilia, di origine mediorientale, raffigurante una mano aperta con un occhio al centro, simbolo di protezione contro le energie maligne.
Gesti scaramantici e il potere del tocco
Alcuni gesti apotropaici si sono diffusi nel tempo con significati differenti:
- Il gesto delle corna – Usato per allontanare la sfortuna, viene eseguito con le dita rivolte verso il basso, distinguendosi dalla versione con le dita in alto, legata all’infedeltà coniugale.
- Bussare sul legno – Pratica diffusa in molte culture, nata dalla credenza che gli spiriti benigni risiedessero negli alberi e reinterpretata in epoca cristiana come riferimento alla Croce.
- Toccare il ferro – Deriva dall’uso del ferro come protezione contro gli spiriti maligni nell’antichità, rafforzatosi nel Medioevo con il simbolismo delle armi sacre.
- Toccarsi i testicoli o la mammella sinistra – Gesti legati alla protezione della virilità e della fertilità, con radici nell’Antica Roma, dove gli uomini toccavano i genitali durante i giuramenti ufficiali.
Inoltre, esiste il fasc’natura, tipico del Sud Italia, è un piccolo sacchetto di stoffa contenente oggetti ritenuti sacri e protettivi, come immagini di santi, croci, incenso e rametti di ulivo benedetto. Può essere portato addosso o collocato in punti strategici della casa, come sopra la porta d’ingresso o sotto il cuscino, per difendere dagli influssi negativi.
Il Malocchio oggi in Italia
Nonostante il progresso, il malocchio continua a occupare un posto significativo nella cultura popolare italiana. Molte persone portano ancora amuleti portafortuna, mentre il rito dell’olio nell’acqua, già descritto in precedenza, viene praticato con devozione in diverse famiglie, tramandato come un sapere segreto.
La credenza nel malocchio influenza tuttora atteggiamenti e superstizioni quotidiane: dalla diffidenza verso chi è ritenuto “troppo invidioso” all’uso di gesti scaramantici, come il classico “tié” accompagnato dal gesto delle corna per scongiurare la sfortuna. Il concetto di ucchjatúre rimane radicato soprattutto nelle comunità rurali e nelle famiglie legate alle tradizioni popolari.


Sebbene spesso relegato al folklore, il malocchio rappresenta un ponte tra passato e presente, dimostrando la persistenza di credenze ancestrali nella cultura mediterranea. Anche chi non vi crede pienamente tende a eseguire certi riti con atteggiamento scaramantico, secondo la mentalità del «non è vero, ma ci credo». Questo fenomeno evidenzia il bisogno umano di protezione contro l’invidia e la negatività, sia attraverso la fede che tramite gesti simbolici tramandati nel tempo.
Differenza tra Malocchio, Fascino e Malia
Nelle credenze popolari, malocchio, fascino e malia indicano influenze energetiche negative, ma con differenze specifiche:
- Malocchio – Energia negativa trasmessa attraverso lo sguardo, che può imprimersi nella mente della vittima. Può essere lanciato inconsciamente da persone invidiose o deliberatamente tramite rituali magici, spesso usando oggetti personali o fotografie. Si ritiene possa causare sfortuna, malessere o malattie.
- Fascino – Un’energia inviata inconsciamente attraverso pensieri invidiosi o gelosi rivolti a una persona in sua assenza. È associato a sintomi come stanchezza, malessere improvviso o piccoli incidenti.
- Malia – Un’azione consapevole che mira a incantare o manipolare qualcuno, spesso con fini amorosi o di controllo. Legata a incantesimi e pratiche magiche, può influenzare la volontà di una persona.
Fatture e Maledizioni: un legame con il malocchio?
Quando l’influenza negativa è deliberata e intenzionale, si parla di fattura o maledizione. Queste pratiche prevedono rituali complessi, l’uso di oggetti personali e la recitazione di formule magiche per causare danni o sfortuna alla vittima.
Queste credenze, radicate in molte culture, riflettono l’antica concezione di energie invisibili capaci di influenzare la vita delle persone.
Il Malocchio e le Società di Stregoneria
Dal punto di vista antropologico, il malocchio è spesso associato alle società di stregoneria, ovvero culture in cui si crede che alcune persone possiedano un potere innato capace di influenzare la vita altrui. La stregoneria, più che una semplice superstizione, è una concezione culturale radicata, presente anche nelle comunità bibliche, dove il malocchio era legato alla credenza in spiriti, demoni e angeli.
Queste società operano secondo logiche interne precise e distinguono il vero dal falso con criteri specifici. Pertanto, la fede nel malocchio o nella stregoneria non può essere liquidata come irrazionale. Persino pensatori come Plutarco (46-125 d.C.) ne discutevano, dimostrando quanto fosse radicata anche tra gli istruiti.

Le accuse di malocchio, analoghe a quelle di stregoneria, avevano una funzione sociale: servivano a screditare e isolare individui ritenuti pericolosi. Si credeva che lo sguardo di chi possedeva il malocchio potesse nuocere alle vittime, alimentando tensioni e rafforzando il controllo sociale attraverso la paura di un potere invisibile ma temuto.
Il Malocchio nel Mondo
Sebbene il malocchio sia spesso associato alle culture mediterranee, la sua presenza è documentata in tutto il mondo, dall’America Latina all’Africa, dal Medio Oriente all’Asia. In ogni regione, il concetto assume sfumature diverse, influenzato dalle credenze locali e dalle tradizioni religiose. In Spagna e America Latina si parla di Mal de Ojo, una superstizione ancora oggi radicata nella cultura popolare. In Africa, il malocchio è spesso connesso alla stregoneria e alla magia tribale, mentre nelle religioni afroamericane come il Vudù e la Santería ha assunto un significato rituale. Nel Medio Oriente e in Asia, invece, l’uso di amuleti come il Naẓar e la Hamsa testimonia l’importanza della protezione contro lo sguardo malevolo. Questa sezione esaminerà il malocchio nelle diverse parti del mondo, analizzando le pratiche e i simboli che ancora oggi vengono utilizzati per contrastarlo.


El Mal de Ojo: credenze e pratiche di protezione in Spagna
Il Mal de Ojo è una credenza profondamente radicata nella cultura spagnola, soprattutto nelle regioni meridionali come Andalusia, Estremadura e Castiglia, dove l’influenza araba e gitana ha lasciato un segno indelebile sulle tradizioni magico-religiose. Simile al malocchio italiano, è considerato una forma di maleficio ancora oggi diffusa, specialmente nelle famiglie legate alle tradizioni popolari.
Chi può essere colpito e come si manifesta
Si ritiene che il Mal de Ojo colpisca in particolare bambini, neonati, donne in gravidanza e animali, considerati più vulnerabili. Tra i sintomi più comuni si segnalano:
- Neonati: pianto inspiegabile, malattie frequenti, rifiuto del latte materno.
- Adulti: mal di testa persistente, insonnia, ansia e improvvisa sfortuna.
La tradizione spagnola distingue tra malocchio involontario (causato dall’ammirazione eccessiva senza un gesto di protezione) e malocchio intenzionale, lanciato da persone consapevoli del loro potere. In alcune regioni si crede persino che alcuni individui nascono con la capacità di stregare gli altri con lo sguardo, anche inconsapevolmente.

Amuleti e gesti di protezione
Per difendersi dal Mal de Ojo, gli spagnoli hanno sviluppato una serie di amuleti e rituali apotropaici, molti dei quali di origine araba o gitana:
- Azabache – Pietra nera incisa a forma di mano o occhio, regalata ai neonati per proteggerli dal malocchio. Particolarmente popolare in Galizia, è considerata dotata di poteri magici.
- Mano di Fatima (Khamsa o Hamsa) – Ritroviamo questo talismano di chiara origine moresca, usato come ciondolo o decorazione per la casa.
- Corno rosso – Simile a quello utilizzato nel Sud Italia, viene indossato per respingere le energie negative.
Un gesto tradizionale per proteggersi consiste nel fare il segno della croce sulla fronte di un bambino, accompagnandolo con la benedizione:
«Que Dios te bendiga y te libre de todo mal»
«Che Dio ti benedica e ti liberi da ogni male»
Alcuni genitori rafforzano questa protezione bagnando le mani con acqua benedetta e tracciando una croce sulla fronte del bambino.
Il rito dell’olio e le pratiche di purificazione

Come in Italia, il rituale dell’olio nell’acqua è uno dei metodi più diffusi per diagnosticare il malocchio. Per rimuovere l’influenza negativa, si recitano preghiere segrete, tramandate di generazione in generazione, mentre si passa un ramo di rosmarino o alloro sulla testa della vittima, simbolicamente “spazzando via” l’energia maligna.
Nelle zone rurali, i guaritori popolari, noti come curanderas — spesso donne, ma anche numerosi uomini — adottano metodi più intensi per purificare le persone afflitte da energie negative. Tra le pratiche più diffuse vi è l’uso di incenso o foglie di salvia bruciate, il cui fumo è considerato capace di allontanare le influenze nocive e ristabilire l’equilibrio spirituale.
I curanderas non sono soltanto guaritori, ma anche custodi della tradizione, mediatori tra il mondo materiale e quello spirituale. La loro conoscenza è tramandata oralmente, spesso all’interno della stessa famiglia, e include non solo pratiche spirituali ma anche rimedi erboristici per curare malattie fisiche. In molti villaggi, le persone si rivolgono ai curandero prima ancora di consultare un medico, confidando nella loro capacità di guarire non solo il corpo ma anche l’anima.
Il Mal de Ojo oggi
Nonostante il diffondersi del razionalismo, il Mal de Ojo continua a sopravvivere nella cultura popolare spagnola. Anche chi non è particolarmente superstizioso porta ancora con sé piccoli amuleti protettivi, tramandati dai nonni o acquistati nei mercati tradizionali. Nei negozi di artigianato si trovano facilmente mani d’argento e occhi di vetro blu, venduti come souvenir ma ancora considerati potenti simboli di protezione.
Il Malocchio nel Medio Oriente e in Asia
Nel Medio Oriente e in molte parti dell’Asia, la credenza nel malocchio è profondamente radicata nella cultura e nella religione, tanto da essere menzionata nei testi sacri e praticata ancora oggi nelle comunità musulmane, ebraiche e hindu. Il termine arabo più diffuso è ‘ayn al-hasad (عين الحسد), che significa “l’occhio dell’invidia”, e si ritiene che possa causare malattie, fallimenti, infertilità e disgrazie. Secondo questa credenza, lo sguardo invidioso di una persona può esercitare un’influenza negativa sul benessere di un individuo, di una famiglia o persino di un’intera comunità.
L’Occhio di Allah e gli Amuleti Protettivi
Uno degli amuleti più diffusi è il Naẓar, noto anche come Occhio di Allah, un talismano di vetro blu raffigurante un occhio stilizzato, usato per deviare le energie negative. Diffuso in Turchia, Iran, Pakistan, India e Nord Africa, viene appeso nelle case, nei negozi, sulle auto o indossato come gioiello. Il colore blu è considerato particolarmente efficace contro il malocchio, poiché si crede che gli occhi chiari possano proteggere dall’invidia, e questa credenza risale a epoche antichissime, influenzata dalle culture greche, turche e persiane.
Un altro amuleto fondamentale contro il malocchio è la Hamsa (خمسة) o Khamsa (ﺧﻤﺴـة), nota come Mano di Fatima nel mondo islamico e Mano di Miriam (Hamesh) nella tradizione ebraica. Questo simbolo, raffigurante una mano aperta con un occhio inciso al centro del palmo, rappresenta protezione, forza e benedizione divina.
L’origine della Hamsa è incerta, ma si ritiene che derivi da culture berbere, fenicie ed egiziane, venendo poi assimilata sia dall’Islam che dall’Ebraismo.
- Nella tradizione musulmana, è associata a Fatima, figlia del Profeta Maometto (ca. 570-632 d.C.), e simboleggia purezza e protezione.
- Nella cultura ebraica, rappresenta Miriam, sorella di Mosè, ed è considerata un segno dell’intervento divino contro il male.
La Hamsa viene portata come braccialetto o ciondolo, oppure appesa a porte, culle e ambienti di lavoro. Alcune versioni contengono incisioni di versetti coranici o della Torah, rafforzandone il potere protettivo.
Pratiche Apotropaiche e Rituali di Protezione
Oltre agli amuleti, nel Medio Oriente e in Asia sono diffusi numerosi rituali apotropaici contro il malocchio:
- Uso di sale e acqua: in molte famiglie arabe e asiatiche, il sale viene sparso davanti all’ingresso o passato sulla testa della persona affetta, per poi essere gettato dietro le spalle come gesto di purificazione.
- Perline rosse, ambra e corallo: in Iran, Pakistan e India, si ritiene che proteggano dai mali invisibili. In particolare, ai bambini viene spesso legato un filo rosso o un braccialetto d’ambra per proteggerli.
- Peperoncini rossi: in Pakistan e India, si crede che il malocchio possa essere assorbito dai peperoncini, che vengono poi bruciati. Se scoppiettano o producono fumo intenso, significa che l’influsso negativo è stato neutralizzato.
Queste pratiche ricordano le tradizioni mediterranee e mesopotamiche, dimostrando una diffusione trasversale della credenza nel malocchio.
Il Malocchio nella Cultura Contemporanea
Nonostante modernità e razionalismo, la credenza nel malocchio è ancora diffusa nel Medio Oriente e in Asia. Il Naẓar e la Hamsa si trovano ovunque, dalle case alle automobili, dagli uffici agli abiti, e persino politici e celebrità indossano braccialetti rossi o amuleti protettivi.
Questa resistenza dimostra come il malocchio, pur adattandosi ai tempi, continui a influenzare profondamente la spiritualità e la cultura di molte popolazioni.
Il Malocchio nelle culture indigene delle Americhe
Molte civiltà indigene delle Americhe avevano già credenze simili al malocchio prima dell’arrivo degli europei. Tra Aztechi, Maya e Inca, si riteneva che lo sguardo di alcune persone potesse influenzare negativamente il destino altrui, colpendo in particolare bambini, donne incinte e guerrieri.
Il Malocchio nella cultura Azteca
Gli Aztechi credevano che alcuni stregoni o sacerdoti malvagi, noti come tlacatecolotl (termine che significa “uomo gufo”), potessero lanciare maledizioni attraverso lo sguardo o tramite rituali segreti, invocando spiriti maligni per danneggiare le vittime. Per proteggersi da queste influenze oscure, gli Aztechi ricorrevano a vari metodi di difesa spirituale. Tra i più comuni vi erano gli amuleti realizzati con teschi di animali, ossa sacre o pietre incise con simboli protettivi, come il Ollin (movimento) o l’occhio di Tezcatlipoca, dio della notte e della stregoneria. Questi amuleti, spesso consacrati da sacerdoti benevoli, venivano indossati o posti nelle abitazioni per formare una barriera contro le maledizioni.


Un altro metodo essenziale di purificazione era l’uso del copal, una resina sacra bruciata durante i rituali per allontanare le forze oscure e ristabilire l’equilibrio spirituale. Il fumo del copal non solo purificava l’ambiente ma era anche offerto alle divinità come gesto di rispetto e richiesta di protezione. I sacerdoti passavano il fumo attorno al corpo delle persone colpite da maledizioni, accompagnando il rituale con preghiere e canti in lingua nahuatl per rafforzarne l’efficacia. Inoltre, bagni rituali con erbe sacre come l’epazote e l’utilizzo di specchi di ossidiana per riflettere le influenze negative erano pratiche comuni per contrastare il potere dei tlacatecolotl. Questi metodi dimostrano la complessità della spiritualità azteca, incentrata sull’interazione costante tra il mondo fisico e quello spirituale.
Il Malocchio nella cultura Maya
Per i Maya, lo sguardo malevolo era considerato un’alterazione pericolosa dell’equilibrio tra gli esseri umani e le divinità della natura, capace di portare malattie, sfortuna e discordia. Per contrastare queste influenze negative, gli sciamani (ajq’ij) eseguivano complessi rituali di purificazione volti a ristabilire l’armonia tra l’uomo e il cosmo. Uno degli strumenti principali era il fumo di erbe sacre, come il copal e la salvia maya, bruciato in coppe rituali durante cerimonie accompagnate da preghiere in lingua quiché. Il fumo serviva a purificare non solo la persona ma anche l’ambiente circostante, creando una barriera invisibile contro le energie maligne.


Un altro elemento fondamentale era l’uso dell’acqua benedetta, spesso raccolta da cenote considerati sacri, e delle conchiglie marine, simboli della comunicazione tra il mondo terreno e l’inframondo (Xibalba). Le conchiglie venivano utilizzate per soffiare su chi era colpito dal malocchio, simboleggiando il respiro divino che scacciava le impurità. In alcuni rituali, l’acqua benedetta veniva spruzzata sul corpo della vittima mentre lo sciamano tracciava simboli sacri nell’aria con un bastone cerimoniale. Inoltre, gli ajq’ij recitavano invocazioni agli alux (spiriti protettori della natura) e offrivano candele colorate e mais, rafforzando così l’intervento divino contro le forze oscure. Questi rituali dimostrano la profonda connessione dei Maya con le forze della natura e la loro sofisticata comprensione dell’equilibrio spirituale.
Il Malocchio nella cultura Inca
Gli Inca interpretavano il malocchio come una manifestazione dello squilibrio cosmico causato dall’invidia, capace di interrompere l’armonia tra gli esseri umani, la natura e le divinità. Per ristabilire l’ordine spirituale, i sacerdoti (paqos) eseguivano rituali complessi, affidandosi a pietre sacre, note come khuyas, considerate potenti strumenti per assorbire e neutralizzare le energie negative. Queste pietre, spesso ricavate da sorgenti sacre o vulcani, venivano passate lungo il corpo della persona colpita mentre il paqos recitava preghiere in lingua quechua per trasferire il malocchio nella pietra stessa. Dopo il rituale, le pietre venivano sotterrate o immerse in corsi d’acqua per disperdere le energie maligne.

(fonte: CC BY-SA 3.0/Martin St-Amant)

Un altro metodo fondamentale per contrastare il malocchio era rappresentato dalle offerte agli apus, gli spiriti delle montagne considerati divinità protettrici della comunità. Le cerimonie si svolgevano sui huacas (luoghi sacri) e prevedevano l’offerta di foglie di coca, mais, conchiglie mullu e piccoli oggetti d’oro o d’argento. Gli paqos bruciavano queste offerte su pietre rituali, lasciando che il fumo si alzasse verso le cime delle montagne, simbolo dell’ascesa delle preghiere agli apus. In cambio, le divinità montane avrebbero dissipato le influenze maligne e ristabilito l’equilibrio cosmico. A completare i rituali, venivano spesso eseguiti despachos (offerte rituali incartate), sigillati con fili colorati e consacrati con chicha, una bevanda sacra a base di mais. Questa complessa rete di pratiche evidenzia la profonda connessione degli Inca con la natura e la loro concezione di un cosmo armonico in cui ogni squilibrio doveva essere immediatamente sanato.
Influenze europee e sincretismo culturale
Con l’arrivo degli spagnoli e dei portoghesi, le credenze indigene sul malocchio si fusero con il Mal de Ojo europeo, dando origine a nuove pratiche di protezione che combinavano elementi precolombiani e cristiani. Questa fusione culturale è ancora evidente oggi nelle tradizioni popolari delle comunità indigene del Messico, del Perù e di altre regioni latinoamericane.
In America Latina, la credenza nel Mal de Ojo è ancora molto diffusa, specialmente nelle zone rurali e nelle comunità tradizionali. Si ritiene che lo sguardo malevolo possa causare malesseri, sfortuna o malattie, colpendo in particolare neonati, bambini e donne incinte.
Uno dei rimedi più noti per individuare e rimuovere il malocchio è il rituale dell’uovo, praticato in Messico, Perù, Argentina e altri paesi dell’America Latina.
Il Rituale dell’Uovo: Diagnosi e Purificazione
Il rituale dell’uovo segue una procedura specifica:
- Passaggio dell’uovo – Un uovo crudo viene passato sul corpo della persona affetta, mentre si recitano preghiere o formule specifiche.
- Rottura dell’uovo in acqua – Dopo il rito, l’uovo viene rotto in un bicchiere d’acqua e si osservano eventuali alterazioni nell’aspetto.
- Interpretazione dei segni – La presenza di bolle, filamenti o formazioni insolite nel tuorlo o nell’albume indica che la persona era colpita dal malocchio.
Se il malocchio viene confermato, si possono eseguire ulteriori rituali di purificazione per eliminare l’influenza negativa.

Amuleti e Rimedi Tradizionali
Oltre al rituale dell’uovo, in America Latina esistono diversi amuleti e pratiche di protezione, spesso ereditati da un sincretismo tra tradizioni indigene, cattolicesimo e superstizioni europee:
- Braccialetti rossi – Simili a quelli usati nel Mediterraneo, sono indossati al polso per allontanare le energie negative e proteggere i neonati dal Mal de Ojo.
- Amuleti con occhio blu – Simili al Naẓar mediorientale, sono usati per respingere lo sguardo invidioso.
- Medaglie di San Benito – Oggetti sacri ritenuti particolarmente efficaci contro maledizioni e negatività.
- Erbe medicinali – Rosmarino, basilico e ruta sono utilizzati per bagni purificatori, infusi protettivi o fumigazioni.
Queste pratiche, pur non avendo fondamento scientifico, rappresentano un elemento culturale profondo nelle tradizioni latinoamericane. Molte persone, anche in contesti urbani moderni, continuano a eseguire rituali di protezione, testimoniando quanto il Mal de Ojo sia ancora radicato nel folklore e nella spiritualità delle comunità locali.
Il Malocchio in Africa: Credenze e Pratiche di Protezione

L’Africa è probabilmente la culla più antica delle credenze nel malocchio, una forza maligna capace di influenzare negativamente la vita delle persone. In molte culture africane, il malocchio non è percepito solo come una superstizione innocua, ma piuttosto come una vera e propria arma spirituale, impiegata da stregoni e guaritori — come i nganga nell’Africa centrale, i babalawo nella tradizione yoruba e i marabout nell’Africa occidentale — per infliggere danni fisici, psicologici o sociali alle vittime. Questa concezione del malocchio è radicata in una visione animistica e spirituale del mondo, dove le forze invisibili giocano un ruolo cruciale nella vita quotidiana delle persone.
La percezione del malocchio varia a seconda delle regioni:
- In Africa occidentale, si ritiene che alcune persone possano emanare energie negative involontariamente, mentre altre lo fanno deliberatamente per invidia o vendetta.
- In Nord Africa, il malocchio (‘Ayn al-Hasad) è simile a quello del Medio Oriente, e il Naẓar (occhio blu) è uno degli amuleti più usati per proteggersi.
- In Africa centrale e meridionale, il malocchio è spesso associato alla stregoneria tribale, con rituali specifici per contrastarne gli effetti. Tra le pratiche più comuni troviamo il consumo di infusioni di erbe sacre o l’uso di tatuaggi protettivi.
Metodi Tradizionali di Protezione
Le culture africane hanno sviluppato numerosi rimedi apotropaici contro il malocchio, molti dei quali ancora oggi utilizzati, combinando pratiche spirituali, materiali naturali e simbolismi profondamente radicati nelle tradizioni locali. Ecco alcuni dei più noti:

Gris-gris (o grigrì) – Piccoli sacchetti di stoffa contenenti erbe, preghiere scritte su pezzi di carta, ossa, pietre o simboli sacri. Originari dell’Africa occidentale, in particolare in Senegal, Mali e tra i popoli Mandinka, i gris-gris sono spesso consacrati da marabutti (guide spirituali) per rafforzarne il potere protettivo. Nelle comunità afroamericane di New Orleans, i gris-gris si sono trasformati in potenti talismani della tradizione Vudù, utilizzati sia per proteggere che per influenzare eventi e persone.
Tatuaggi sacri – Realizzati con inchiostri misti a polveri magiche e spesso accompagnati da rituali specifici. In diverse tribù, come i Berberi del Nord Africa e alcune popolazioni del Sahel, i tatuaggi non sono solo decorativi ma rappresentano veri e propri scudi contro gli influssi maligni. Simboli geometrici, occhi stilizzati e forme ispirate alla natura vengono incisi sulla pelle per confondere e respingere gli spiriti maligni e l’invidia.
Cenere di carbone – La pratica di strofinare cenere di carbone sulla pelle è diffusa in molte regioni dell’Africa sub-sahariana. La cenere, considerata un elemento purificatore, serve a neutralizzare le energie negative e a sigillare il corpo contro attacchi occulti. In alcuni rituali, viene anche sparsa attorno alla casa o lungo i confini dei villaggi per creare una barriera protettiva contro spiriti maligni e stregoneria.

Occhi di conchiglia (Cowry) – Oltre a essere utilizzate come moneta tradizionale, sono simboli di protezione contro il malocchio. Portate come collane, bracciali o cucite sugli indumenti, sono ritenute capaci di riflettere e allontanare le energie negative. In particolare, la loro forma simile a un occhio avrebbe la capacità di sorvegliare e neutralizzare gli influssi maligni.
Amuleti metallici – In diverse regioni, soprattutto nel Nord Africa, si usano amuleti in ferro, rame o bronzo incisi con simboli sacri o versi coranici. Il metallo, ritenuto capace di bloccare le energie maligne, viene spesso combinato con pietre come l’occhio di tigre o la tormalina per amplificarne gli effetti protettivi.
Infusi e abluzioni – Piante come la ruta, il pepe nero e la mirra vengono utilizzate per preparare infusi con cui lavarsi o aspergere l’ambiente domestico. In Nigeria, ad esempio, le abluzioni rituali con acqua infusa di foglie sacre vengono praticate per rimuovere la negatività e proteggere i membri della famiglia.
Danza e musica rituale – In molte culture africane, la danza estatica accompagnata da tamburi è vista come un potente mezzo per spezzare il malocchio. Il ritmo e i movimenti frenetici servono a disorientare le energie negative, mentre i canti invocano gli spiriti protettori per allontanare le influenze maligne.
Queste pratiche, tramandate di generazione in generazione, testimoniano la complessità e la profondità delle tradizioni apotropaiche africane, in cui il malocchio non è solo un atto di invidia, ma una minaccia concreta contro cui armarsi spiritualmente e fisicamente.
Il Malocchio e il Vudù Afroamericano
Con la tratta degli schiavi africani, le credenze nel malocchio si diffusero nelle Americhe, influenzando profondamente la nascita di religioni sincretiche. Nel Vudù haitiano e della Louisiana, il malocchio è visto come una potente forza maligna contrastata attraverso rituali con offerte e amuleti protettivi come i gris-gris. Nella Santería cubana, l’influenza negativa viene combattuta con l’aiuto degli orisha tramite sacrifici e bagni purificatori. Il Candomblé brasiliano utilizza cerimonie con danze sacre e polveri magiche per annullare le maledizioni, mentre l’Obeah caraibico impiega amuleti, incantesimi e rituali segreti per difendersi dagli attacchi spirituali. Queste pratiche hanno mantenuto vivo un legame profondo con le tradizioni africane, adattandole ai nuovi contesti culturali.




In questi sistemi spirituali, il malocchio è spesso interpretato come una maledizione inviata da uno stregone o da uno spirito maligno.
Le pratiche per contrastarlo variano:
- Nel Vudù haitiano, il mauvais œil (malocchio) è una delle cause più temute di malattia e sfortuna. Per proteggersi si usano pozioni a base di erbe, amuleti di ferro e rituali con candele e sacrifici animali.
- Nel Candomblé e nella Santería, si praticano purificazioni con fumo di erbe, acqua sacra e sacrifici rituali per rimuovere l’influenza negativa.
- Nell’Obeah caraibico, il malocchio viene contrastato con sigilli magici scritti su foglie di banano e bruciati durante i riti notturni.
Oggi, la credenza nel malocchio è ancora profondamente radicata sia in Africa che nelle Americhe. Persone di ogni estrazione sociale continuano a portare amuleti di protezione, praticare rituali di purificazione e credere nell’esistenza di energie invisibili capaci di influenzare la loro vita.
Il Malocchio tra Psicologia, Sociologia e Scienza
Oggi, in un’epoca dominata dal razionalismo e dalla scienza, il malocchio continua a essere una credenza diffusa. Ma come si spiega questo fenomeno dal punto di vista psicologico e sociale? Gli studi di antropologia e sociologia hanno dimostrato che il malocchio non è solo una superstizione, ma anche un meccanismo culturale e sociale che regola i rapporti tra individui, limitando l’ostentazione e l’invidia. Dal punto di vista scientifico, invece, la psicologia ha evidenziato come la suggestione e l’effetto nocebo possano spiegare molti dei sintomi attribuiti al malocchio. Inoltre, le neuroscienze hanno dimostrato che il cervello umano è sensibile agli stati emotivi altrui, e che il condizionamento sociale può effettivamente influenzare il benessere di una persona. Questa sezione analizzerà il malocchio sotto la lente della scienza, della psicologia e della sociologia, cercando di capire perché questa credenza persista ancora oggi.
Il Malocchio tra Psicologia e Scienza

Il malocchio è una delle credenze più antiche e diffuse, presente in molte culture e tramandata attraverso secoli di tradizioni popolari. Con l’avanzare della scienza e della psicologia, questa idea è stata sottoposta a un’analisi più razionale. Sebbene molte persone continuino a credere nei suoi effetti, la comunità scientifica cerca di spiegarlo attraverso concetti psicologici, neurologici e sociologici.
Oggi il malocchio viene spesso esaminato sotto due prospettive principali: il ruolo dell’autosuggestione e l’influenza del contesto sociale e culturale. Alcuni studiosi ritengono che i sintomi attribuiti al malocchio siano il risultato di effetti psicosomatici, mentre altri evidenziano come la pressione sociale e la credulità rafforzino questa convinzione. Analizzare il malocchio attraverso la lente della scienza aiuta a comprendere come credenze ancestrali continuino a modellare la mente e il comportamento umano, anche in un’epoca dominata dalla razionalità.
Autosuggestione e il Potere della Mente
Uno degli aspetti più studiati del malocchio è l’autosuggestione, un meccanismo psicologico per cui una persona sviluppa sintomi fisici reali credendo di essere stata colpita da un’influenza negativa. Questo fenomeno, ben documentato nella psicologia moderna, si collega agli effetti placebo e nocebo.
L’effetto nocebo, in particolare, descrive come la convinzione di essere vittima di un maleficio possa provocare malesseri concreti, tra cui mal di testa, stanchezza, insonnia o disturbi digestivi. Il cervello, rispondendo alla paura e all’ansia, innesca reazioni fisiologiche che confermano la percezione di essere sotto attacco.
L’autosuggestione collettiva può amplificare questi effetti: se una persona è circondata da individui che credono nel malocchio, il suo malessere può intensificarsi a causa della pressione sociale e della suggestione condivisa. Studi di psicologia della salute hanno dimostrato che le credenze culturali possono influenzare direttamente la fisiologia del corpo. Ad esempio, l’ansia legata al malocchio può aumentare i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, causando disturbi somatici che rafforzano l’idea di un’influenza maligna. Da questa prospettiva, il malocchio non è tanto una forza sovrannaturale, quanto una forma di stress psicologico autoindotto.
Il Malocchio come Costrutto Sociale e Culturale

Oltre agli aspetti psicologici, il malocchio può essere interpretato come un fenomeno socioculturale che si sviluppa all’interno di comunità in cui invidia, gelosia e sfortuna sono concetti strettamente legati alla spiritualità e alla superstizione.
In molte società tradizionali, la credenza nel malocchio offre una spiegazione per eventi negativi che altrimenti sarebbero difficili da comprendere o accettare. Ad esempio, fallimenti economici, malattie improvvise o disgrazie inspiegabili vengono attribuiti al malocchio piuttosto che a scelte personali o circostanze casuali. In questo modo, la superstizione fornisce un meccanismo psicologico di giustificazione, sollevando le persone dalla responsabilità individuale.
Un altro aspetto interessante è il ruolo del malocchio nel controllo sociale. In molte culture si crede che l’invidia e l’ostentazione della felicità o della ricchezza possano attirare l’energia negativa. Di conseguenza, le persone sono spinte a moderare i propri successi e a evitare atteggiamenti che potrebbero suscitare gelosie. Questa dinamica funziona come un meccanismo regolatore, incentivando discrezione e umiltà nelle interazioni sociali.
La Scienza e la Fisiologia del Malocchio

Alcuni sintomi tipicamente associati al malocchio, come mal di testa, spossatezza e nausea, possono essere spiegati da reazioni neurologiche e fisiologiche legate allo stress e alla suggestione.
Uno studio in ambito psicosomatico ha dimostrato che chi crede nel malocchio può avvertire sintomi di malessere dopo aver ricevuto uno sguardo percepito come ostile, anche in assenza di reali fattori esterni. Questo suggerisce che il cervello può generare risposte fisiche basate esclusivamente sulla percezione della minaccia, un fenomeno studiato dalla psiconeuroimmunologia, disciplina che analizza l’interazione tra mente e sistema immunitario.
Le emozioni negative, come ansia e paura, hanno effetti misurabili sulla salute: possono alterare la pressione sanguigna, il battito cardiaco e persino la digestione. Da questa prospettiva, la convinzione di essere colpiti dal malocchio può effettivamente peggiorare le condizioni fisiche, pur non avendo alcuna base sovrannaturale.
Studi Antropologici e Sociologici sul Malocchio
Il malocchio è una delle credenze più radicate nella storia dell’umanità, presente in culture di tutto il mondo, dall’Europa mediterranea al Medio Oriente, dall’Africa alle Americhe. Come abbiamo già visto, questa credenza non è solo una superstizione, ma svolge anche un ruolo sociale e culturale, regolando i rapporti interpersonali e fungendo da meccanismo di protezione contro l’invidia. Per questo motivo, antropologi e sociologi l’hanno studiata non solo come fenomeno magico-religioso, ma anche come elemento chiave della vita comunitaria.
Il Malocchio come Fenomeno Antropologico: Protezione e Controllo Sociale
Gli antropologi hanno osservato che il malocchio è particolarmente diffuso in società in cui la coesione comunitaria è essenziale e dove l’invidia è percepita come una forza capace di alterare l’equilibrio sociale. Come già detto, nelle culture tradizionali si ritiene che individui di successo, persone benestanti o in buona salute siano più vulnerabili al malocchio, poiché attirano lo sguardo invidioso degli altri. Questo ha portato alla creazione di rituali e amuleti protettivi, volti non solo a difendere l’individuo, ma anche a mantenere l’armonia sociale, scoraggiando l’ostentazione e promuovendo atteggiamenti di moderazione.
L’antropologo George M. Foster (1913-2006) ha teorizzato che il malocchio sia legato alla “mentalità del bene limitato”, secondo cui le risorse — salute, ricchezza, fortuna — sono finite e la prosperità di una persona può tradursi in una perdita per un’altra. Questa concezione alimenta il timore che l’invidia possa tradursi in una forza negativa capace di arrecare danno.




Nel contesto dell’Europa mediterranea, Ernesto De Martino ha studiato il malocchio e le credenze magiche nel Sud Italia, evidenziando come esse fossero strettamente legate alle strutture sociali ed economiche delle comunità rurali. Secondo De Martino, il malocchio non era soltanto una superstizione, ma un sistema simbolico che aiutava a dare un senso alle disgrazie quotidiane, fornendo una spiegazione accettabile per eventi negativi e difficilmente prevedibili.
Questa credenza fungeva anche da meccanismo di regolazione sociale: fin da piccoli, gli individui venivano educati a non vantarsi, a condividere la propria fortuna e a evitare di attirare troppa attenzione su di sé, per prevenire sentimenti di invidia e le conseguenze del malocchio.
Il Malocchio e la Dinamica dell’Invidia nelle Società Tradizionali
Uno degli aspetti più interessanti degli studi antropologici sul malocchio è il suo legame con l’invidia, non solo come emozione individuale, ma come forza capace di influenzare la realtà. Nelle società contadine, in cui la sopravvivenza dipendeva da fattori imprevedibili come il raccolto o la fertilità del bestiame, si riteneva che l’invidia potesse alterare questi equilibri, generando sfortuna e malattie.
Per proteggersi, le persone svilupparono rituali apotropaici simili a quelli già citati: il segno delle corna in Italia, lo sputo simbolico nei paesi arabi o la recitazione di formule magiche. Michael Herzfeld, antropologo inglese specializzato nelle culture mediterranee, ha osservato come il malocchio possa servire a esternalizzare ansie e frustrazioni, attribuendo a una forza esterna la responsabilità di eventi negativi. Questo meccanismo riduce il senso di colpa individuale e offre una spiegazione sociale alle avversità.
Il Malocchio nella Sociologia Moderna: Superstizione o Controllo Sociale?
Se il malocchio è stato a lungo un elemento centrale delle culture tradizionali, la sociologia moderna si interroga su come questa credenza persista anche in contesti urbanizzati e tecnologicamente avanzati.
Oggi, il malocchio si manifesta in nuove forme, adattandosi ai mezzi di comunicazione contemporanei. Un esempio è il fenomeno del “malocchio digitale” sui social media, dove molte persone temono che postare foto di momenti felici o di successo possa attirare invidia e sfortuna. Frasi come «tocchiamo ferro» o «che Dio mi protegga» appaiono spesso nei post come moderne formule apotropaiche.
Dal punto di vista sociologico, il malocchio continua a svolgere una funzione di regolazione sociale, scoraggiando l’ostentazione e promuovendo comportamenti più discreti per evitare gelosie. In un mondo sempre più competitivo, la paura dell’invidia può influenzare le scelte personali, portando molte persone a minimizzare i propri successi o a condividerli con maggiore cautela.
Conclusioni
Il malocchio, diciamolo, è una di quelle credenze che non passano mai di moda. Ha attraversato i secoli, le culture, le religioni… ed è ancora lì, vivo e vegeto, in mezzo a noi. Non importa quanta scienza o psicologia ci siano oggi in giro: l’idea che uno sguardo carico di invidia possa farci del male continua a far parte del nostro immaginario collettivo. E non solo nei racconti della nonna.
Come abbiamo visto, non si tratta solo di superstizione, ma di qualcosa di più complesso, che tocca psicologia, sociologia, antropologia. Certo, possiamo leggerlo come effetto placebo al contrario (quello che chiamano effetto nocebo), ma il malocchio ha anche una funzione sociale ben precisa. Ci ricorda che l’invidia esiste, che l’ostentazione può attirare malumori, e che anche oggi – con tutto il nostro progresso – continuiamo a farci i conti, magari sui social, dove si evita di “tirarsela troppo” o si postano emoji “scaramantiche” per tenere lontane le energie negative.
Una parte davvero interessante è il collegamento con le neuroscienze. Sì, perché i neuroni specchio ci dicono che le emozioni sono contagiose, e stare accanto a chi è costantemente negativo, invidioso o aggressivo può davvero influenzare il nostro stato mentale e fisico. Non servono pozioni o rituali: a volte basta l’ambiente giusto (o sbagliato) per sentirsi prosciugati.
E poi c’è l’aspetto più profondo, quello esistenziale. Il malocchio, in fondo, è una maniera semplice e immediata per spiegare le sfortune che ci piombano addosso all’improvviso. Dare la colpa a uno sguardo malevolo è spesso più rassicurante che mettersi in discussione o accettare che, a volte, le cose succedono e basta. È un meccanismo psicologico che ci accompagna da sempre… e che, guarda caso, funziona ancora.

Anche sul piano spirituale e religioso il malocchio ha messo radici profonde. C’è in quasi tutte le fedi, accompagnato da preghiere, benedizioni, rituali di protezione. Ma non è rimasto fermo nel tempo: si è evoluto con noi. Oggi magari non usiamo più il corno rosso nel taschino, ma indossiamo braccialetti portafortuna, usiamo filtri anti-negatività su Instagram o cerchiamo energie positive nei podcast di crescita personale.
In conclusione? Il malocchio non è solo una leggenda popolare. È un riflesso delle nostre paure più profonde, del nostro bisogno di proteggerci, di trovare risposte quando tutto sembra andare storto. Finché ci sarà l’invidia e finché sentiremo il bisogno di schermarci da ciò che non possiamo controllare, il malocchio continuerà a esistere, trasformandosi, adattandosi… ma sempre presente. Un po’ come un’ombra discreta, sempre dietro l’angolo.


