Malocchio e Fascino

Malocchio e Fascino: Origini, Differenze e Come Difendersi dalle Energie Negative

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Il malocchio è una delle superstizioni più antiche e radicate, presente in numerose culture da almeno cinque millenni. Le prime testimonianze scritte risalgono ai testi cuneiformi sumeri del III millennio a.C., da cui la credenza si diffuse attraverso la Mezzaluna Fertile, toccando Palestina, Egitto, Nord Africa, Etiopia, Grecia e Roma, fino a raggiungere l’India, la Russia europea e l’Europa occidentale con i movimenti delle popolazioni celtiche.

L’espansione dei popoli indoeuropei e semitici contribuì alla diffusione della paura dell’invidia, spesso legata alle disuguaglianze economiche. Nel mondo antico, il malocchio era particolarmente diffuso nelle culture circum-mediterranee, fulcro della sua espansione. Secondo l’antropologo David D. Gilmore, rappresenta una delle credenze religiose più antiche della regione. Studi comparativi mostrano che solo il 36% delle culture globali ne conserva tracce evidenti.

Presente nei testi sacri di varie religioni, il malocchio si è adattato nel tempo e resta ancora oggi diffuso in paesi come Italia, Spagna, Grecia, Turchia, India e Sri Lanka, dove si praticano rituali apotropaici e si usano amuleti protettivi. Studi etnografici di Clarence Maloney e Alan Dundes (1750-1814) hanno evidenziato la costanza di questa credenza nelle dinamiche sociali ed economiche.

Nell’antica Roma, il malocchio era temuto per i suoi presunti effetti su uomini, animali e raccolti. Nel Medioevo, con la caccia alle streghe, fu reinterpretato in chiave demonologica e associato alla stregoneria. Nel XVIII secolo, Nicola Valletta (1750-1814) tentò di razionalizzarlo nel suo trattato Cicalata sul fascino volgarmente detto jettatura (1787), collegandolo al fascinum romano e contribuendo alla diffusione di amuleti come il corno rosso e il gesto delle corna.

Nonostante i progressi scientifici, il malocchio continua a influenzare la psicologia collettiva, spingendo molti a cercare rimedi contro questa minaccia invisibile. In questo articolo analizzeremo le sue origini, manifestazioni e interpretazioni, cercando di capire perché questa credenza persista nei secoli senza perdere la sua forza evocativa.

Malocchio e Fascino: due credenze a confronto

Conosciuto anche come iettatura (o jettatura), il malocchio è spesso liquidato come una semplice superstizione, ma affonda le sue radici in antiche credenze magico-animistiche. Diffuso dal Mediterraneo al Medio Oriente, dall’Asia alle Americhe, continua a influenzare molte culture, intrecciandosi con pratiche religiose, esoteriche e folkloristiche nonostante i progressi della scienza.

Malocchio e fascino, sebbene percepiti come fenomeni distinti, hanno profonde connessioni storiche e antropologiche. Mentre il primo è stato ampiamente studiato da etnologi e antropologi, il fascino ha ricevuto minore attenzione accademica. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela intrecci e trasformazioni nel tempo, dimostrando come entrambe le credenze abbiano attraversato i secoli con significati mutevoli.

Il Malocchio nella Storia e nelle Antiche Civiltà

La credenza nel malocchio ha radici profonde che risalgono alle prime civiltà della storia umana. Dall’Antico Egitto alla Mesopotamia, dalla Grecia a Roma, il concetto di uno sguardo invidioso o malefico capace di causare danni fisici e spirituali era già ben radicato. Testi sacri, iscrizioni e reperti archeologici testimoniano come culture diverse abbiano sviluppato proprie interpretazioni di questo fenomeno, associandolo spesso a divinità, demoni o forze soprannaturali. Allo stesso tempo, la paura del malocchio ha dato origine a una vasta gamma di amuleti, rituali e pratiche apotropaiche utilizzate per contrastarlo. In questa sezione esploreremo come il malocchio fosse concepito nelle civiltà antiche, analizzando le sue origini linguistiche, le credenze religiose ad esso collegate e i metodi di protezione sviluppati nei vari contesti storici.

Il Malocchio nell’Antica Roma

Il concetto di malocchio era profondamente radicato nella cultura e nella religione romana, influenzando sia la lingua che le pratiche quotidiane. Derivato dal greco baskanos, il termine latino fascinus indicava sia la capacità di infliggere danno con lo sguardo sia le contromisure per contrastarlo. L’idea che uno sguardo malevolo potesse portare sfortuna, malattia o persino la morte era così diffusa che persino imperatori e nobili adottavano amuleti e rituali per proteggersi.

Le credenze romane sul malocchio si basavano su un’eredità culturale greca, ma si arricchirono di specificità proprie, influenzando profondamente il linguaggio e la religione.

Origine e terminologia

Malocchio mosaico romano
Malocchio in un mosaico romano

I Romani assimilarono la terminologia greca relativa al malocchio adattandola al latino. Il termine baskanos, che indicava una persona in grado di infliggere danno con lo sguardo, venne assimilato come fascinus, mentre il verbo baskainein divenne fascinare, nel senso di “incantare” o “stregare”. Questo adattamento riflette l’evoluzione fonetica delle lingue indoeuropee e il processo di romanizzazione del concetto.

Il malocchio era strettamente associato all’invidia, un legame già presente nella cultura greca ma rafforzato in ambito romano. Il termine invidia e il verbo invidere (“guardare malevolmente”) divennero sinonimi di fascinare, confermando il legame tra lo sguardo e l’influenza negativa. Nella Vulgata, la traduzione latina della Bibbia, il verbo greco baskainein viene reso con invidere, e il sostantivo baskanos con invidus, dimostrando la persistenza di questa credenza.

L’influenza del malocchio si rifletteva anche nelle espressioni quotidiane. Una formula comune per scongiurare effetti negativi derivanti da un elogio era praefiscine dixerim (“che non sia un malocchio”), un’espressione che dimostra quanto fosse radicata la paura dello sguardo malevolo nella società romana.

Protezione dal Malocchio nell’epoca romana

Il timore del malocchio portò alla diffusione di amuleti e rituali protettivi, utilizzati in tutti gli strati sociali:

  • Fascinum – Amuleto fallico ritenuto potente contro le influenze negative, inciso su edifici, mosaici stradali o indossato come pendente, specialmente dai bambini, considerati particolarmente vulnerabili.
  • Bulla – Ciondolo protettivo indossato dai bambini fino all’età adulta, spesso contenente simboli apotropaici.
  • Pietre prezioseAmbra, corallo e occhio di tigre erano considerati materiali capaci di assorbire e neutralizzare energie negative.
  • Sacchetti protettivi – Contenevano erbe sacre o iscrizioni magiche, usati per garantire benessere e protezione.
Amuleti fascinum in bronzo di epoca romana
Amuleti fascinum in bronzo di epoca romana

Il fascinum non era solo un oggetto, ma anche il simbolo di una divinità minore, Fascinus, protettore della fertilità e della prosperità. Il suo culto era curato dalle Vestali, sacerdotesse incaricate di mantenere il fuoco sacro di Vesta, dea del focolare domestico e protettrice della città di Roma. Le Vestali celebravano riti per proteggere la comunità dalle influenze negative e usavano il fascinum come simbolo di forza e difesa.

Persino gli imperatori cercavano protezione dal malocchio. Si racconta che Augusto (63 a.C.-14 d.C.) portasse sempre con sé un pezzo di ambra, ritenuta una pietra capace di respingere le energie negative.

Il Malocchio nella letteratura romana

Le fonti letterarie confermano quanto il malocchio fosse diffuso e temuto in tutte le classi sociali:

  • Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), nella Naturalis Historia (XXVIII, 7), menziona persone capaci di avvelenare con lo sguardo, un riferimento diretto alla credenza nel malocchio.
  • Virgilio (70-19 a.C.), nelle Bucoliche (VIII, 80), parla di streghe in grado di lanciare il malocchio, riflettendo il timore popolare per questa forma di magia.
  • Petronio (27-66 d.C.), nel Satyricon, descrive episodi in cui il malocchio era considerato una minaccia reale, dimostrando quanto fosse radicata la credenza tra la popolazione.

Anche la terminologia latina evidenzia questa paura: espressioni come oculus malus (occhio maligno), oculus invidus (occhio invidioso) e oculus nequam (occhio malizioso) testimoniano quanto fosse diffusa la convinzione che lo sguardo potesse portare sciagura.

Nell’Antica Roma, il malocchio non era solo una credenza popolare, ma un concetto profondamente integrato nella cultura, nella lingua e nella religione. L’influenza greca, unita alle credenze locali, portò allo sviluppo di pratiche specifiche per contrastarlo, molte delle quali sopravvivono ancora oggi nelle tradizioni italiane e mediterranee. La paura dello sguardo invidioso continuò a influenzare la società romana per secoli, lasciando un’eredità ancora visibile nelle superstizioni moderne.

Lamia: il Fascino nella Mitologia

Lamia - Chiesa di San Giovanni Evangelista, Ravenna
Lamia – Chiesa di San Giovanni Evangelista, Ravenna

Il potere dello sguardo nella fascinazione ha una forte connessione con la mitologia. Un esempio è Lamia, la regina libica resa madre da Zeus, poi punita da Era con l’uccisione dei suoi figli. Secondo la leggenda, il dolore la trasformò in una creatura mostruosa, predatrice di bambini, e Zeus, impietosito, le concesse di rimuovere i propri occhi a piacimento, donandole una percezione profetica e un potere magnetico legato allo sguardo.

Questa figura mitologica riflette la credenza che bambini e donne belle siano particolarmente vulnerabili al fascino, ma che chiunque possa esserne vittima, poiché lo sguardo e la parola sono considerati strumenti di influenza occulta in molte culture.

Il Baskanos nell’Antica Grecia

Il termine greco baskanos (βασκανός) indicava il malocchio, una credenza diffusa nell’Antica Grecia secondo cui lo sguardo invidioso poteva trasmettere un’influenza negativa, colpendo la vittima a livello fisico e mentale. Questo fenomeno era strettamente legato all’invidia (phthonos), considerata una forza distruttiva capace di sottrarre energia vitale.

La paura del malocchio era così radicata che filosofi, poeti e scrittori ne discussero nelle loro opere. Omero, Esiodo, Pindaro, Eschilo ed Euripide menzionarono lo “sguardo malevolo”, mentre Platone, Aristotele e Plutarco tentarono di spiegarlo in chiave filosofica e scientifica. Aristotele, nelle Problemata Physica (Προβλήματα, III-IV secolo d.C.), ipotizzò che lo sguardo umano emettesse un’energia dannosa simile al calore, mentre Plutarco parlò del baskanos daimôn, il “demone del malocchio”, legandolo alla sfortuna.

Origine del termine e attestazioni linguistiche

Il termine baskanos e i suoi derivati (baskainein, “infliggere il malocchio”, e baskania, “maleficio”) compaiono nei testi dal V secolo a.C.. Il poeta Ferecrate (vissuto a metà del V secolo a.C.) fu il primo a usare il verbo, mentre Aristofane (ca 450-385 a.C.) impiegò baskanos per indicare individui maligni e diffamatori. La scarsa presenza del termine nei testi più antichi potrebbe dipendere da un tabù linguistico, per il timore di attivarne l’effetto.

In epoca romana, il concetto si arricchì di elementi demonologici: Strabone (ca 60 a.C.-ca 24 d.C.) descrisse i Telchini (Telhin), mitici artigiani di Rodi, come baskanoi, portatori di malocchio.

Metodi di protezione: amuleti e riti apotropaici

Per contrastare il malocchio, gli antichi Greci utilizzavano amuleti e simboli protettivi (apotropaia, “che allontanano il male”):

  • Mati (Μάτι) – Amuleto a forma di occhio, spesso blu, ancora oggi diffuso nella cultura greca e mediterranea.
  • Gorgoneion – Rappresentazione della testa di Medusa, incisa su scudi, armature e porte per respingere il male.
  • Nodo di Eracle – Simbolo di protezione e guarigione, usato in amuleti e gioielli.
  • Amuleti in osso o metallo – Spesso incisi con formule magiche o nomi di divinità protettrici.
Gorgoneion con la testa di Medusa
Gorgoneion con la testa di Medusa

Oltre agli amuleti, si ricorreva a rituali e gesti specifici per spezzare l’influenza del malocchio:

  • Lo sputo rituale (ftou ftou ftou) – Si sputava simbolicamente tre volte per neutralizzare le energie negative, soprattutto dopo un complimento, per evitare di attirare invidia.
  • Piante protettiveAglio, alloro e iperico (erba di San Giovanni) erano ritenuti efficaci contro il malocchio e spesso bruciati nei rituali purificatori.
  • Preghiere e formule magiche – Recitate da guaritori o sacerdoti, spesso accompagnate dall’uso di acqua e olio, pratica simile a quella del rito dell’olio ancora presente in Italia.

Il Baskanos tra filosofia e scienza

Il malocchio non era solo un fenomeno superstizioso, ma attirò anche l’attenzione di filosofi e studiosi. Platone, nel Fedone (Φαίδων, IV secolo a.C.), usò il termine baskania per descrivere il malocchio, mentre Aristotele cercò di spiegarlo con una teoria naturalistica basata sull’emissione di energia dallo sguardo. Plutarco ipotizzò che l’occhio umano potesse proiettare forze invisibili capaci di influenzare l’ambiente esterno.

Nel periodo ellenistico e romano, il malocchio divenne un tema ricorrente nella letteratura. Apollonio di Rodi (295-215 a.C.) e Eliodoro (VIII secolo d.C.) ne discussero diffusamente, dimostrando quanto la paura del Baskanos fosse radicata in tutte le classi sociali, non solo tra il popolo.

L’Occhio di Horus e il Malocchio nell’Antico Egitto

L’Antico Egitto, situato all’estremità occidentale della Mezzaluna Fertile, sviluppò una tradizione millenaria legata alla credenza nel malocchio, simile a quella della Mesopotamia. Il legame tra agricoltura, forze naturali e credenze magico-religiose favorì la diffusione di questa superstizione, che rimase costante dalla IV Dinastia fino all’epoca romana. Influssi mesopotamici, presenti già dal 2500 a.C., contribuirono alla diffusione di queste credenze, poi rielaborate in chiave egiziana.

Il Malocchio e la Protezione Magica nelle fonti antiche

Le prime attestazioni sul malocchio compaiono in epoca saitica, persiana e tolemaica, con riferimenti a divinità come Sekhmet, Neith e Chons, invocate per contrastare le influenze negative. Tuttavia, riferimenti alla protezione magica erano già presenti nei Testi delle Piramidi e nel Libro dei Morti, dove il simbolo dell’Occhio di Horus (Udjat o Wedjat) appare come amuleto contro le disgrazie.

Occhio di Horus
Occhio di Horus

Gli amuleti con l’Occhio di Horus, trovati nelle tombe della IV Dinastia, dimostrano che la credenza nella protezione dagli influssi nefasti era diffusa ben prima della comparsa del concetto esplicito di malocchio nei testi egizi. Secondo gli egittologi E.A. Wallis Budge (1857-1934) e Geraldine Pinch, questa credenza risale già all’Antico Regno, con l’Occhio di Horus utilizzato come simbolo difensivo contro malattie e sventure.

Durante il periodo ellenistico-romano, la fusione tra le culture egiziana, greca e romana rafforzò ulteriormente queste pratiche, con il greco come lingua principale e la diffusione di riti apotropaici simili a quelli mesopotamici e greci. L’iconografia dell’Occhio di Horus si diffuse in tutto il Mediterraneo, arrivando in Palestina e Israele, fino a influenzare il simbolo medico moderno Rx, che potrebbe derivare dalla rappresentazione rituale dell’Occhio di Horus nei processi di guarigione.

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