Specchio
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Lo Specchio nel Folklore e Paranormale: Misteri, Leggende e Storie Inquietanti

32 minuti di lettura

Lo Specchio rappresenta uno degli elementi domestici più comuni che sono associati a sentimenti di terrore, inquietudine e disturbi psicologici. Tra gli oggetti che potrebbero sembrare minacciosi nelle nostre abitazioni, troviamo il letto, che forma uno spazio oscuro sotto di esso; il frigorifero, che di notte sembra emanare rumori strani; le bambole, in particolare quelle antiche; e ovviamente gli specchi. Se consideriamo gli ambienti domestici, potremmo includere anche cantine e soffitte, anche se questi sono più spazi che oggetti. Tuttavia, gli specchi si distinguono per il loro legame unico con antiche credenze e superstizioni, un aspetto che altri oggetti come i frigoriferi non possiedono. Infatti, non esiste un detto popolare che collega la rottura di un frigorifero a sette anni di sfortuna.

Lo specchio è stato ed è tuttora al centro di credenze popolari, superstizioni, miti e racconti dell’orrore. Cosa li rende così perturbanti? La sua storia potrebbe essere molto più antica di quanto si immagini, e il timore che suscita potrebbe essere più diffuso di quanto si creda comunemente.

La paura degli specchi

Il timore degli specchi è conosciuto con tre differenti terminologie, elencate senza un ordine specifico:

  • Catoptrofobia: derivante dal termine greco κάτοπτρο (catropto o katoptron), che si traduce in specchio.
  • Spettrofobia: originata dalla parola latina spectro, che significa spettro o fantasma.
  • Eisotrofobia: composta dalle parole greche eis, che significa dentro, e ὀπτῐκός (optikos), che si riferisce a vista o visivo.

Il suffisso -fobia proviene anch’esso dal greco antico: -φοβία (-phobía), da φόβος (phóbos), che significa paura. La presenza di questi termini, che risalgono a circa 2.300-2.800 anni fa, indica che la paura degli specchi è un fenomeno antico.

Avviso di Sensibilità: se provate timore verso gli specchi, potreste preferire di non proseguire nella lettura. Inoltre, se ritenete di poter sviluppare una paura intensa degli specchi, continuare a leggere potrebbe non essere consigliabile.

Lo Specchio nel folklore e nel paranormale

Nel folklore, lo specchio è visto come un varco o un passaggio che permette agli spiriti, compresi fantasmi e demoni, di entrare nel nostro mondo fisico. Si crede che in casi di infestazioni e presenze demoniache, gli specchi possono rappresentare un problema. Da tempi immemorabili, qualsiasi superficie riflettente è stata vista come un portale spirituale e può essere usata intenzionalmente per invocare gli spiriti nel nostro mondo. Gli specchi sono anche utilizzati per avere visioni del futuro.

Lewis Carroll nel 1863 (Pubblico dominio)
Lewis Carroll nel 1863

Lo specchio, grazie alle sue proprietà uniche, ha affascinato e stimolato la fantasia umana, diventando un elemento centrale nel folklore e nelle storie mitologiche di diverse culture. È frequentemente associato a concetti come il doppio, un universo parallelo o un mondo capovolto, la bellezza e la divinazione. Tra le molteplici citazioni, si distinguono particolarmente lo specchio incantato, quello di Alice creato da Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson (1832-1898), la leggenda di Narciso e alcune illustrazioni della vanitas (un genere di natura morta che incorpora elementi simbolici per riflettere sulla transitorietà e sulla fragilità della vita).

Ci sono anche molte credenze legate agli specchi e alla morte. Quando una persona muore, tutti gli specchi della casa dovrebbero essere girati o coperti, perché se un defunto si vede in uno specchio, l’anima del morto non troverà pace o diventerà un vampiro. Anche i cadaveri che si vedono allo specchio porteranno sfortuna alla famiglia. Queste credenze risalgono ai tempi in cui i cadaveri venivano esposti nelle case e la gente credeva che le anime rimanessero vicino al corpo fino al funerale.

Un’altra credenza diffusa sostiene che se una persona vede il suo riflesso in una stanza dove qualcuno è morto, è un presagio di morte. Gli specchi, quindi, dovrebbero essere coperti nelle stanze dei malati nella credenza popolare che l’anima sia indebolita e più vulnerabile alla possessione durante la malattia.

Quindi, lo specchio può rappresentare un significato sia negativo che positivo a seconda delle circostanze: in esso ci si smarrisce e ci si identifica, si rileva ciò che è effimero (la bellezza) e ciò che è immortale (l’essenza), si differenzia l’atipico dal comune.

Nel corso di questo articolo, ci addentreremo nel misterioso e affascinante mondo degli specchi, esplorando le numerose credenze e leggende folcloristiche che li circondano.

Le Origini dello Specchio

Uno specchio di ossidiana trovato nella zona nord (Foto: Jason Quinlan)
Uno specchio di ossidiana di 8000 anni fa (Foto: Jason Quinlan)

Gli specchi utilizzati dai primi uomini erano probabilmente specchi d’acqua, come nel mito di Narciso. I primi specchi “fabbricati” risalgono infatti al Neolitico, un periodo della Preistoria, l’ultimo dei tre che costituiscono l’Età della pietra, che va dall’8000 a.C. al 3500 a.C. circa. Erano realizzati in ossidiana lucida, un tipo di vetro vulcanico. Successivamente, specchi in rame apparvero in Egitto e Mesopotamia intorno al 4000-3000 a.C.; nell’antico Egitto, infatti, gli specchi erano strettamente associati con il culto della dea-madre Mut (anche Maut, Mout) e Hathor, la dea del cielo, della gioia, della danza e dell’amore.

Specchi precolombiani sono stati trovati nelle Americhe, fatti di materiali non metallici come antracite e cristallo di rocca. Greci e Romani produssero specchi, con i Romani che svilupparono la capacità di creare specchi in vetro. La Naturalis historia (Storia naturale, dal latino, propriamente “Osservazione della natura”, 77-78 d.C.) di Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), menziona specchi di vetro e specchi fatti con l’oro. Dopo il crollo dell’Impero Romano, la lavorazione del vetro di alta qualità scomparve per un po’. Il primo stabilimento di produzione di specchi di vetro noto fu aperto a Norimberga, in Germania, nel 1373.

I veneziani perfezionarono la fabbricazione di specchi di vetro, con il primo specchio noto prodotto a Murano nel 1364. Nel XV secolo, Angelo Barovier (1405-1460), discendente da una famosa dinastia di vetrai ancora operativa nell’isola di Murano, a Venezia, sviluppò un vetro chiamato cristallino, un vetro trasparente simile al cristallo di rocca; era estremamente puro e rappresentò una svolta significativa nella storia della lavorazione del vetro. Nel 1540, il veneziano Vincenzo Redor (o Rador), inventò un processo per livellare e lucidare le lastre di vetro, creando superfici specchiate perfettamente piatte. Questa innovazione ha segnato un importante passo avanti nella produzione di specchi e i progressi si diffusero in tutta Europa entro il 1700.

Gli Specchi nella Tradizione dei Fantasmi

Da tempi immemorabili, dalla preistoria egizia alla dinastia Shang in Cina, dai santuari degli oracoli aztechi alle torri di pietra degli alchimisti del Medioevo, la tradizione degli specchi è stata tramandata. Questa tradizione è stata sussurrata, incisa in antichi libri di magia, perpetuata attraverso le credenze popolari di generazione in generazione e intrecciata nel tessuto di fiabe e miti di tutto il mondo. Nel corso dei secoli, gli specchi sono stati considerati come portali per altri universi; ci hanno offerto protezione dal male; ci hanno rivelato il futuro e la verità; e hanno riflettuto allo spettatore un’immagine profonda dell’anima umana. Ma qual è la correlazione tra specchi e fantasmi?

Sembra che esista un legame spirituale tra specchi e apparizioni, una convinzione che ha le sue radici nel Medioevo. Ho avuto l’opportunità di leggere il libro Dreaming in the Middle Ages (1992) di Steven F. Kruger, professore presso il Queens College e l’Università della Città di New York, in cui descrive come, nel Medioevo, lo specchio fosse percepito come un elemento che coinvolgeva forze superiori e inferiori, capace di raggiungere “il sopra” e “il sotto”, l’interno e l’esterno di sé. In particolare in Europa, in quel periodo, lo specchio era da un lato simbolo di introspezione e di acquisizione della consapevolezza di sé, dall’altro un oggetto negativo associato al lusso e al narcisismo, considerato una fonte di vanità. Tuttavia, indipendentemente dalle sue caratteristiche effettive, lo specchio è da sempre considerato un oggetto dotato di proprietà magiche e una possibile via di accesso a mondi paralleli o all’Oltretomba.

Lo specchio dell’illusione e la trappola della vanità

L’acqua, come lo specchio, ha la capacità di riflettere, e questa caratteristica è al centro di molte tradizioni legate agli specchi. Si riteneva che l’anima fosse irresistibilmente attratta dall’acqua, manifestandosi in qualsiasi specchio d’acqua disponibile. In Macedonia, ad esempio, si usava lasciare un recipiente pieno d’acqua in una tomba vuota dopo l’esumazione, con l’intento di intrappolare l’anima e impedirle di seguire le ossa trasferite in chiesa per riutilizzare la tomba. Questa pratica è comune anche nei cimiteri bulgari.

Gli antichi Greci temevano gli spiriti dell’acqua che si nascondevano in pozze, laghi e ruscelli riflettenti, credendo che potessero trascinare sott’acqua l’anima riflessa dell’ignaro, causando la morte del corpo privo di anima. Questi spiriti dell’acqua evocano l’immagine della sirena con il suo pettine e lo specchio – simboli di crudeltà e vanità – che attira i suoi amanti nelle città sommerse sotto il mare, annegandoli nel processo.

Narcissus (1598) dipinto da Caravaggio (1571-1610) - Pubblico dominio
Narcissus (1598) dipinto da Caravaggio (1571-1610)

La paura degli spiriti maligni dell’acqua dei Greci potrebbe aver gettato le basi per il mito di Narciso. Questo affascinante giovane, durante una battuta di caccia in montagna, attirò l’attenzione delle ninfe, che si innamorarono perdutamente di lui. Tuttavia, Narciso respinse tutte le loro avances. Una delle ninfe respinte pregò che Narciso potesse un giorno sperimentare il dolore del rifiuto. Gli dèi esaudirono il suo desiderio.

Un giorno, esausto e assetato dalla caccia, Narciso trovò una fontana di acqua pura e limpida nel bosco e si chinò per bere. Vide un’immagine di straordinaria bellezza riflessa nell’acqua, pensò fosse lo spirito dell’acqua che abitava la fontana, e se ne innamorò. Cercò di conquistare l’amore della sua immagine riflessa nell’acqua, ma senza successo. Alla fine, il rifiuto lo consumò, si lasciò andare e morì. Il suo corpo non fu mai ritrovato, al suo posto crebbe un bellissimo fiore viola che ora porta il suo nome. Si dice che quando la sua anima attraversò il fiume Stige, si sporse dal bordo della barca per dare un’ultima occhiata al suo amore riflesso nell’acqua.

Miti, superstizioni e folklore dello specchio

Nei paragrafi successivi esplorerò i miti, le superstizioni e il folklore che circondano lo specchio, quest’oggetto che, nonostante la sua semplicità, ha suscitato un’ampia gamma di interpretazioni e credenze.

Dalla credenza che uno specchio rotto porti sette anni di sfortuna, alla pratica di coprire gli specchi in una casa in lutto, esamineremo come queste storie e tradizioni si sono sviluppate e perché continuano a persistere nel tempo. Esploreremo anche il ruolo dello specchio nelle varie forme d’arte e letteratura, e come esso è stato utilizzato come simbolo di verità, vanità, e dualità.

Lo Specchio rotto: sette anni di sfortuna

La superstizione sugli specchi, che è profondamente radicata in molte culture, ha origine dalla credenza che l’anima possa proiettarsi fuori dal corpo e manifestarsi negli specchi come riflesso. Questa convinzione ha dato vita a una delle superstizioni più diffuse: quella che rompere uno specchio porti sette anni di sfortuna.

Specchio rotto

La superstizione legata allo specchio rotto ha radici profonde nell’antica Roma, derivando da due credenze principali. Innanzitutto, rompere uno specchio era considerato di cattivo auspicio, probabilmente a causa della difficoltà nel produrli. Inoltre, i Romani credevano che la vita si rinnovasse ogni sette anni, perciò qualsiasi danno subito sarebbe stato riparato in quel lasso di tempo.

Quindi si pensava che rompere uno specchio avesse l’effetto di frantumare l’anima di chi lo aveva rotto. L’anima, sentendosi ferita e offesa, avrebbe quindi richiesto sette anni di sfortuna come riparazione per tale negligenza. Pertanto, rompere uno specchio era come rompere la propria salute, che non sarebbe stata restaurata per sette anni.

Tuttavia, esistevano metodi per evitare questa sfortuna. Ad esempio, si poteva ridurre in polvere i frammenti dello specchio in modo che non riflettessero più immagini spezzate. Un altro metodo, adottato dai primi schiavi americani, era quello di immergere i pezzi di specchio rotti in un corso d’acqua che scorreva verso sud, credendo che la sfortuna sarebbe stata spazzata via in sette ore.

In alcune culture, la rottura di uno specchio era vista come un presagio di una morte in famiglia entro l’anno. Questa associazione tra specchi e morte è comune nel folklore e deriva dalla convinzione che l’anima possa rimanere intrappolata nello specchio, causando la morte. Per questo motivo, spesso ai bambini non era permesso guardarsi allo specchio fino all’età di almeno un anno. 

Circa 8.000 anni fa, in Anatolia (nell’attuale Turchia centro-meridionale), si credeva che il riflesso in uno specchio di ossidiana nera rappresentasse l’anima della persona. Danneggiare uno specchio significava ferire l’anima. Oltre a queste credenze, ci sono molte altre superstizioni e leggende associate agli specchi rotti. In diverse culture, si pensa che gli specchi possiedano proprietà mistiche e possano fungere da portali per il mondo soprannaturale. Si narra di persone che, guardando uno specchio rotto in certe condizioni o luoghi, abbiano visto apparizioni spettrali o udito voci dall’aldilà.

Coprire o girare gli specchi quando qualcuno muore

La questione se una credenza religiosa possa essere considerata una superstizione è complessa e non esiste una risposta definitiva. Tuttavia, è interessante notare come diverse culture e religioni abbiano sviluppato credenze specifiche riguardanti gli specchi e la morte.

Una credenza comune in molte religioni è che, alla morte di una persona, gli specchi dovrebbero essere coperti o girati verso il muro. Questo per prevenire che l’anima del defunto possa utilizzare lo specchio per tornare nel corpo o vedere il proprio corpo senza vita. Alcune varianti di questa credenza sostengono che l’anima potrebbe rimanere intrappolata nel mondo dello specchio, incapace di passare all’Aldilà. Alcune culture addirittura seppelliscono i propri morti con specchi per impedire agli spiriti di risorgere dalla tomba.

Nel Buddhismo giapponese, ad esempio, viene posto uno specchio di bronzo vicino alla testa del defunto come protezione della sua anima dalle forze maligne. Una pratica simile è presente anche in Egitto, ma lo specchio utilizzato è di rame.

Nell’Islam e nell’Ebraismo, esisteva la pratica di capovolgere gli specchi o di coprirli per evitare che lo spirito del defunto lasciasse il mondo terreno prima della fine della funzione e della veglia funebre. Nella religione ebraica, Shiva (שבעה in ebraico, che significa “sette”) è un periodo di lutto di sette giorni per i parenti di primo grado: padre, madre, figlio, figlia, fratello, sorella e coniuge. Subito dopo la sepoltura, i parenti stretti assumono lo stato halakhico di Avel (אבל in ebraico, che significa “persona in lutto”). Durante i sette giorni, i familiari si riuniscono tradizionalmente in una delle loro case, preferibilmente nella casa della persona defunta, e ricevono visitatori per esprimere il loro cordoglio.

Durante il funerale, per tradizione, le persone in lutto strappano un indumento esterno in un rituale chiamato Keriah (קריעה in ebraico). Questo indumento viene indossato per tutta la durata della Shiva. La copertura degli specchi è per evitare che i demoni visitino le case dove si sono verificate tragedie o perdite – e sebbene non possano essere visti ad occhio nudo, si può vedere il loro riflesso negli specchi. Mantenere gli specchi coperti impedirebbe alle persone in lutto di spaventarsi alla vista di questi goblin amanti della morte.

In Serbia e in Croazia, esisteva una tradizione che prevedeva di porre uno specchio assieme al morto, per evitare che il suo spirito vagasse invano e per impedire agli uomini malvagi di sorgere.

In alcune culture tedesche e olandesi del passato, gli specchi venivano coperti dopo la morte perché si credeva che intravedere se stessi dopo la morte di un membro della propria famiglia significasse che saresti stato il prossimo a morire. Alcuni storici hanno documentato un’antica superstizione cinese secondo la quale se un cadavere viene portato davanti a uno specchio scoperto, diventerà un fantasma. Alcune antiche credenze irlandesi sostenevano anche che l’anima di una persona morta potesse rimanere intrappolata all’interno di uno specchio portato vicino al corpo. Rituali che prevedevano la copertura degli specchi dopo la morte sono stati trovati anche in alcune culture indiane, inglesi e scozzesi.

Durante l’epoca vittoriana, era comune coprire gli specchi quando qualcuno moriva. Questa usanza era radicata in diverse credenze e superstizioni. Una di queste era che se uno spirito vedeva la propria immagine riflessa, poteva rimanere intrappolato nello specchio. Un’altra convinzione era che gli specchi riflettessero la vita e l’energia vitale, perciò coprirli simboleggiava il riconoscimento della morte. Questa pratica divenne gradualmente aconfessionale, cioè non legata a specifiche religioni. Rifletteva piuttosto le norme sociali e le convenzioni dell’epoca, più che una dottrina religiosa precisa. Inoltre, coprire gli specchi era anche un modo per mostrare rispetto verso il defunto e i suoi cari in lutto.

La cultura vittoriana era fortemente influenzata da un senso di decoro ed etichetta, e le pratiche funerarie rispecchiavano queste norme. Coprire gli specchi era solo uno dei numerosi rituali e tradizioni legati al lutto in quel periodo. Un esempio emblematico di questa usanza fu durante l’esposizione del corpo di Abraham Lincoln (1809-1865) alla Casa Bianca, quando tutti gli specchi furono coperti. Ne ho scritto anche un articolo per un quotidiano che potete leggere: Il fantasma di Abraham Lincoln alla Casa Bianca… o forse no?

Appendere specchi per allontanare gli spiriti maligni

Uno specchio Bagua
Uno specchio Bagua

La superstizione di appendere specchi per allontanare gli spiriti maligni è un fenomeno affascinante che si riscontra in diverse culture in tutto il mondo. Questa pratica, radicata in antiche credenze e mitologie, continua a influenzare le nostre abitudini domestiche anche oggi. Ad esempio, in Cina, lo specchio Bagua è un potente talismano utilizzato nel Feng Shui (風水, 风水, fēng shuǐ), un’antica arte geomantica taoista, per respingere le energie negative. Questo specchio, solitamente ottagonale, è incorniciato da otto trigrammi del I Ching, un antico libro di divinazione cinese. Lo specchio Bagua viene spesso appeso all’esterno delle case, rivolto verso la direzione da cui si ritiene provenga l’energia negativa.

In Cina, infatti, era comune appendere specchi d’ottone sopra gli idoli nei luoghi di culto. Si credeva che se gli spiriti maligni entrassero nel tempio, vedrebbero il loro riflesso nello specchio e sarebbero stati spaventati, costringendoli a fuggire. Questa pratica riflette la convinzione che gli spiriti maligni temano la propria immagine riflessa.

La superstizione non si limita agli specchi. Qualsiasi oggetto altamente riflettente può essere utilizzato con lo stesso scopo. Un esempio interessante proviene da Cambridge, in Inghilterra, dove una squadra di manutenzione del St. John’s College, ha scoperto una scarpa all’interno di un muro che si ritiene abbia circa trecento anni.

La scarpa trovata appesa dentro un'intercapedine (fonte: Cambridge Archaeological Unit)
La scarpa trovata appesa dentro un’intercapedine (fonte: Cambridge Archaeological Unit)

La scarpa sinistra, usurata ma ben conservata (all’incirca una taglia 37), è ciò che gli storici chiamano un classico esempio di magia apotropaica, magia popolare progettata per portare fortuna e allontanare il male. Infatti, questa scarpa «era posizionata tra la cappa del camino e la finestra, che è esattamente il tipo di luogo in cui ci si aspetterebbe di trovare una scarpa utilizzata in questo modo», ha riferito Richard Newman, dell’Unità Archeologica di Cambridge. «Data la sua ubicazione, è molto probabile che fosse lì per svolgere un ruolo protettivo nei confronti del Maestro del Collegio. Potrebbe anche essere stata una delle sue vecchie scarpe.»

Oggi, molte persone continuano a utilizzare gli specchi come strumenti di protezione. È comune appendere specchi all’ingresso delle case per riflettere l’energia negativa e proteggere l’abitazione. Questa pratica, oltre ad essere un rimedio economico per la sicurezza domestica, è un esempio di come le antiche superstizioni continuino a influenzare le nostre abitudini quotidiane.

Non appendere uno specchio in camera da letto

Uno specchio in camera da letto

Il Feng Shui, un’antica arte cinese di armonizzare l’energia (o “chi”) in un ambiente, offre linee guida specifiche su dove posizionare gli specchi. Ad esempio, gli esperti di Feng Shui sconsigliano di appendere uno specchio direttamente sopra o di fronte al letto. La ragione di ciò è che gli specchi possono disturbare la sensazione di calma e pace a causa del peso simbolico che pende sulla testa. Ma al contempo, si crede che L’energia riflessa raddoppierà in forza in base al tipo di energia che già possiedi. Quindi, se hai fortuna, raddoppierà, ma se hai sfortuna, potrebbe raddoppiare anche quella.

Un’altra superstizione legata agli specchi in camera da letto riguarda la possibilità di causare incubi. Si crede che la nostra anima lasci il corpo quando dormiamo e, se l’anima si vede allo specchio, potrebbe spaventarsi. Inoltre, se l’anima vede il suo riflesso in uno specchio mentre è lontana dal corpo, potrebbe confondersi e cercare di entrare nel corpo nello specchio invece che nel corpo reale. Questo potrebbe aprire l’opportunità per un’entità esterna di rubare un’anima.

Il Potere degli Specchi nel Mondo Soprannaturale

Nella pratica del Vudù (o Voodoo, Vodou) mettere uno specchio nella cucina era un modo per alimentare gli spiriti, poiché si credeva che potessero nutrirsi del cibo riflettente nello specchio, rendendoli contenti. Molti rituali Vudù prevedono l’offerta di cibo agli spiriti dei morti per calmare loro o per chiedere loro di eseguire un’azione specifica. Inoltre, quando un fantasma tormenta i viventi, può essere catturato e confinato in un contenitore particolare o all’interno di un grande specchio, da cui può infestare il mondo solo dall’interno.

Per liberarsi degli spiriti che infestano un luogo specifico, una persona potrebbe guardare intensamente e costantemente nello specchio fino a quando non appare il riflesso del fantasma, e poi rompere immediatamente lo specchio. Questo atto equivale a intrappolare lo spirito in un’altra dimensione, dove può infestare senza disturbare i viventi.

Immagine rappresentativa di una donna vudù
Immagine rappresentativa di una donna vudù

Se una persona riceve uno specchio come regalo, potrebbe sospettare che sia infestato. In tal caso, potrebbe eseguire un rituale per determinare se è infestato o meno. Il rituale consiste nel posizionare due candele bianche accese davanti allo specchio a mezzanotte. Guardando lo specchio tra le due candele, se è effettivamente uno specchio infestato, apparirà il riflesso di un fantasma.

Poiché gli specchi “non possono mentire”, alla luce delle candele tutto nella stanza sarà riflettuto sulla superficie dello specchio, compresi eventuali spiriti che infestano lo spazio riflettente. Secondo alcune credenze, gli spiriti dei defunti possono essere intrappolati all’interno della realtà alternativa riflessa nello specchio e non possono fuggire da lì fino a quando lo specchio non viene rotto.

Quando uno specchio cade dal muro senza motivo apparente, si ritiene che lo spirito intrappolato al suo interno stia cercando di fuggire dalla dimensione in cui è prigioniero. Per impedire a questi spiriti prigionieri di fuggire, quando fuori c’è un temporale con fulmini e tuoni, gli specchi noti per essere infestati dovrebbero essere coperti per evitare che gli spiriti fuggano.

Un Portale per Fantasmi e Demoni

Una raffigurazione di un diavolo nello specchio

La credenza che gli specchi possano fungere da portali per fantasmi e demoni è un tema ricorrente in molte culture e tradizioni in tutto il mondo. Questa idea affascinante e inquietante ha radici profonde nella storia e continua a influenzare la nostra cultura popolare e le nostre superstizioni. La credenza che gli specchi possano essere un portale per i fantasmi è comune in molte culture. Si pensa che gli spiriti dei defunti possano usare gli specchi come mezzo per comunicare con il mondo dei vivi o per spostarsi tra i mondi. Questa idea è spesso presente nelle storie di fantasmi e nei racconti di case infestate, dove gli specchi sono spesso al centro di fenomeni paranormali.

Se una dimora è afflitta da fenomeni spirituali sgradevoli, gli esperti, inclusi i demonologi non religiosi, potrebbero suggerire l’eliminazione o l’oscuramento degli specchi. Alcune dottrine cristiane, infatti, sostengono che anche il Diavolo e i suoi demoni possono utilizzare gli specchi come portali per attaccare gli esseri umani. Questa credenza è spesso associata a pratiche di divinazione o magia nera. In alcuni racconti, gli specchi vengono utilizzati in rituali per evocare demoni o per stabilire un contatto con il regno infernale. Nelle antiche leggende russe, gli specchi sono considerati un’opera malefica del Diavolo, capace di rubare le anime dalle persone. Diverse culture antiche ritenevano che gli specchi fossero in grado di riflettere l’ombra dell’anima, rivelando così la vera natura dell’individuo riflesso. Questa convinzione ha alimentato la credenza popolare secondo cui vampiri e demoni, essendo privi di anima, non possono essere riflessi negli specchi.

Dipinti risalenti tra il XIII e il XVI secolo raffigurano lo specchio come simbolo di lussuria o come un portale che collega l’inferno al nostro mondo terreno. Durante il Medioevo, alle giovani virtuose non era consentito guardarsi troppo allo specchio, poiché era considerato un’opera del Diavolo, che avrebbe potuto uscire dallo specchio e rapire l’anima della giovane. Questa credenza sopravvive ancora oggi in alcune culture particolarmente oppressive e moraliste, in cui la religione condiziona ogni istante della vita dell’individuo.

Esiste una leggenda, poi trasformata in superstizione, che afferma che fissare uno specchio durante la notte potrebbe evocare il Diavolo, che apparirebbe nello specchio stesso. Questa credenza deriva da un’antica morale cristiana, secondo la quale l’unico specchio puro è quello divino, mentre tutti gli altri specchi sono associati alla vanità e all’autocompiacimento.

Nelle leggende russe, gli specchi sono visti come un’opera malefica del Diavolo, capaci di rubare le anime dalle persone, mentre antiche culture ritenevano che gli specchi riflettessero l’ombra dell’anima, rivelando la vera natura dell’individuo riflesso. Questa convinzione ha alimentato la credenza popolare che vampiri e demoni, essendo privi di anima, non possono essere riflessi negli specchi.

Una raffigurazione di Johannes Hartlieb
Una raffigurazione di Johannes Hartlieb

Un medico della Baviera tardo medievale, Johannes Hartlieb (ca 1410-1468), affermò di aver incontrato maestri che sostenevano di poter preparare gli specchi in modo tale che ogni uomo o donna potesse vedere in essi ciò che desideravano. Sosteneva anche che altre superfici riflettenti potevano essere utilizzate, e che esistevano persino sacerdoti che avrebbero utilizzato la stessa patina che serve alla messa per ospitare l’ostia, credendo che solo gli angeli, e non i demoni, potessero apparire su un oggetto così consacrato.

A questo punto non è un caso che in Giappone, numerosi specchi di bronzo sono stati rinvenuti nelle tombe di personaggi potenti del periodo Yayoi (200 a.C.-250 d.C.) e del periodo Kofun (250-552 d.C.). Templi e santuari contengono un gran numero di specchi antichi che sono stati tramandati per secoli. Questo dimostra che anche i giapponesi credevano che gli specchi avessero poteri soprannaturali. Gli specchi erano usati per feste ed esorcismi, perché considerati simboli di potere!

Nell’estate del 2023, durante un corso di sopravvivenza, la diciassettenne Aviv Weizman ha scoperto un frammento di ceramica identificato come parte di uno specchio magico bizantino. Questi specchi, usati tra il IV e il VI secolo d.C., servivano come sacramentali per proteggere le famiglie dagli spiriti maligni, simili alle antiche “ciotole magiche” ebraiche. Queste ciotole contenevano preghiere e versetti biblici per proteggere le persone dai demoni e venivano sepolte capovolte nelle case. Entrambi gli oggetti offrono intuizioni sulle pratiche religiose e culturali delle comunità ebraiche e bizantine dell’epoca. Gli specchi bizantini per l’esorcismo erano usati come sacramentali, non in modo superstizioso, per santificare la vita e condurre ai sacramenti.

La leggenda di Bloody Mary

Infine, come non citare la leggenda di Bloody Mary, un racconto popolare diffuso in tutto il mondo occidentale. Secondo questa storia, Bloody Mary è una figura che può essere evocata davanti a uno specchio seguendo un rituale specifico. La leggenda racconta che, se ti poni davanti a uno specchio alla luce di una candela, girando su te stesso e pronunciando il nome di Bloody Mary più volte (di solito tre), vedrai il riflesso di una ragazza con le mani insanguinate accanto al tuo.

Bloody Mary può apparire come un fantasma o una strega, e viene evocata per rivelare il futuro o per terrorizzare, e talvolta uccidere, chi la invoca. Le storie più diffuse su di lei provengono dal Nord America, dove si dice che Mary fosse una ragazza morta in un incidente stradale o una giovane sepolta viva dal padre per evitare la diffusione di una malattia sospetta. Nel tempo, questa figura leggendaria ha incorporato elementi storici della vita di Maria I d’Inghilterra (1516-1558), divenuta regina dopo la morte del fratello Edoardo VI (1537-1553), e soprannominata Bloody Mary per il suo violento tentativo di riportare l’Inghilterra al cattolicesimo.

Il futuro marito allo specchio

Un biglietto di auguri di Halloween del 1904 - Wikimedia Commons
Un biglietto di auguri di Halloween del 1904

Nell’epoca medievale, emergeva la pratica di evocare immagini attraverso superfici riflettenti come specchi o secchi d’acqua. Questi rituali rappresentano le prime tracce dell’uso dei riflessi nella magia dell’amore. Si riteneva possibile evocare l’immagine del futuro partner. Questa credenza ha resistito al tempo, sopravvivendo ben oltre il Medioevo.

Un esempio di questa tradizione persistente è una superstizione di Halloween risalente al 1800. Secondo questa tradizione, una ragazza doveva sedersi davanti a uno specchio alla luce di una candela, tagliare una mela in nove pezzi, mangiare otto fette e poi lanciare l’ultima fetta allo specchio. Si credeva che il riflesso del suo futuro marito avrebbe colto l’ultimo pezzo. Una variante più semplice di questo rituale prevedeva che una ragazza si pettinasse i capelli mentre si guardava allo specchio, e avrebbe visto il suo futuro marito.

Tuttavia, esisteva anche una variante più pericolosa di questo rituale. Questa prevedeva di scendere (o salire, a seconda della versione) una rampa di scale a mezzanotte mentre si guardava uno specchio portatile. Questo rituale poteva portare a uno di questi tre risultati:

  • una ferita grave e forse la morte;
  • mostrare il volto di un futuro marito;
  • mostrare un teschio, il che significava che la donna sarebbe morta prima di sposarsi.

Nei primi anni del XX secolo, i biglietti di auguri di Halloween ritraevano spesso giovani donne che si specchiavano. Questi biglietti erano accompagnati da versi come «On Hallowee’n, look in the glass/ Your future husband’s face will pass», ovvero, «Ad Halloween, guarda nello specchio/La faccia del tuo futuro marito passerà». Si credeva anche che, se l’individuo rifletto nello specchio fosse destinato a morire prima del matrimonio, avrebbe visto un teschio.

Con il passare del tempo, l’interesse nell’evocare l’immagine dell’amato è diminuito, mentre è aumentata la tendenza a cercare di far apparire immagini spaventose. Un esempio classico è il rituale per evocare Bloody Mary.

Rompere uno specchio durante il matrimonio

Sebbene nel vasto panorama delle superstizioni, rompere uno specchio è spesso considerato un segnale di cattiva sorte, in alcune situazioni, come durante un matrimonio, può essere interpretata come un segno di buon auspicio. Queste credenze variano notevolmente a seconda delle diverse culture e tradizioni.

Questa specifica superstizione suggerisce che i novelli sposi debbano guardarsi allo specchio insieme subito dopo la cerimonia e poi romperlo. Questo gesto simbolico rappresenta la creazione di un universo alternativo in cui le anime dei due sposi possono vivere insieme per sempre. Inoltre, il numero di frammenti dello specchio rotto può indicare gli anni di felicità coniugale che la coppia sperimenterà.

Nonostante queste credenze, è fondamentale ricordare che le superstizioni si basano su convinzioni culturali e non hanno un fondamento scientifico. Che si scelga di crederci o meno, è sempre prudente maneggiare gli specchi con attenzione per evitare possibili incidenti.

I vampiri non hanno riflessi

Tornando all’idea di uno specchio che mostra l’anima, questa superstizione dice essenzialmente che i vampiri non hanno anima e quindi non hanno riflesso. Questa convinzione è stata spesso utilizzata nella letteratura e nel cinema per rappresentare i vampiri come creature misteriose e soprannaturali. Uno dei lavori più celebri che enfatizza il fatto che i vampiri non hanno riflessi è il romanzo epistolare Dracula (1897), scritto dall’irlandese Bram Stoker (1847-1912). Questo romanzo ha avuto un impatto significativo sulla tradizione dei vampiri e l’idea che i vampiri non si riflettano negli specchi è ora ampiamente accettata.

Richard Roxburgh e Kate Beckinsale nel film Van Helsing (2004)
Richard Roxburgh e Kate Beckinsale nel film Van Helsing (2004) Universal Pictures

Tuttavia, se i vampiri fossero reali e questa credenza non fosse vera, potrebbero dimostrare di non essere vampiri semplicemente apparendo davanti a uno specchio. Questo sarebbe esattamente ciò che i vampiri vorrebbero, poiché potrebbero facilmente ingannare gli esseri umani e nascondere la loro vera natura.

Non possedere mai uno specchio rotto o vecchio

Secondo la mitologia cinese, una leggenda narra che un tempo il mondo degli specchi e quello degli uomini non erano comunicanti. I due mondi erano molto diversi: esseri, colori e forme non coincidevano. I due regni, quello speculare e quello umano, vivevano in pace e gli specchi fungevano da portali tra i due mondi.

C’è una leggenda orientale, poi nel tempo diffusa anche in Occidente, che uno specchio rotto possa attirare i morti o il male in generale, quindi avere uno specchio rotto in casa sarebbe come lasciare un’insegna al neon lampeggiante sulla tua porta di casa con la scritta “Vieni ad uccidermi!”
La stessa superstizione vale per gli specchi già posseduti, soprattutto quelli antichi; hanno in qualche modo catturato l’essenza dei precedenti proprietari e sono tutti malevoli. Un po’ strano, considerando che non tutti coloro che possiedono uno specchio sono malvagi… a meno che non si creda alla visione mitologica cinese degli specchi.

Lo specchio e la sua capacità di calmarti

Quando ci osserviamo nel riflesso, si crede che il mondo spirituale prenda su di sé tutti i nostri problemi, rendendoci così più leggeri e liberandoci dal peso di questi problemi nel mondo fisico. Esistono varie tecniche e terapie che utilizzano gli specchi per promuovere l’auto-accettazione e ridurre l’ansia. Ad esempio, la meditazione allo specchio è un esercizio semplice ma molto efficace per migliorare la percezione di sé e aumentare l’auto-accettazione. Questo esercizio consiste nel guardarsi allo specchio per un periodo prolungato, non per criticarsi, ma per accettarsi e imparare ad amare il proprio corpo.

Un’altra tecnica è la terapia di esposizione allo specchio (MET, Metabolic Equivalent of Task), spesso utilizzata insieme alla terapia cognitivo-comportamentale per aiutare le persone a superare l’ansia e altri disturbi mentali. Questa terapia incoraggia le persone a confrontarsi con le proprie paure e insicurezze, sviluppando una maggiore auto-accettazione e un miglior senso di sé. Tuttavia, queste tecniche dovrebbero essere utilizzate con cautela e preferibilmente sotto la guida di un professionista qualificato.

Divinazione attraverso Psicomanteo e Catoptromanzia

Quando si parla del rituale di invocazione di Bloody Mary, ripetendo il suo nome tre volte di seguito, ci si immerge in una pratica antica e misteriosa. Questa pratica ha le sue origini nei rituali ancestrali utilizzati per stabilire un contatto con l’aldilà. Questi rituali, noti come psicomanteo, erano metodi di comunicazione con i defunti.

L’uso dello psicomanteo era diffuso in molte culture antiche, e consisteva nell’utilizzo di uno specchio o di una superficie riflettente per facilitare la comunicazione con gli spiriti dei morti. Il rituale di Bloody Mary, che coinvolge la ripetizione del suo nome davanti a uno specchio, può essere visto come una forma moderna di questo antico rito.

Evocazione nello specchio nero nel triangolo dell'arte.
Evocazione nello specchio nero nel triangolo dell’arte (fonte: Pinterest)

Nell’antica Grecia, lo psicomanteo viene “citato” nell’Odissea, scritta probabilmente tra il VIII e il VI secolo a.C da Omero (IX secolo-VIII secolo a.C.). In una scena memorabile, Ulisse, osservando in un fossato colmo del sangue di pecore sacrificate, riceve conforto dalla madre defunta che la sua morte non è stata né violenta né dolorosa. Nel corso degli anni Cinquanta del secolo scorso, è stato scoperto un autentico psicomanteo a Efira, situata nella regione occidentale dell’Epiro in Grecia. Questo complesso sotterraneo conteneva frammenti di un enorme calderone di bronzo, che potrebbe essere stato utilizzato come superficie riflettente, sia per la sua esterna lucentezza che per il liquido al suo interno.

Raymond A. Moody Jr., un medico, psicologo e parapsicologo statunitense, noto per i suoi studi sugli stati di premorte (NDE), ha reinterpretato il concetto greco dello psicomanteo, adattandolo ai tempi moderni. Ha ideato un ambiente particolare, una stanza di dimensioni ridotte, con una luce soffusa e uno specchio posizionato in modo da riflettere soltanto l’oscurità. Questa stessa configurazione viene impiegata anche nelle pratiche di divinazione tramite specchi.

Tutte queste tecniche che impiegano gli specchi rientrano nella categoria della divinazione. La divinazione consiste nell’osservare attentamente un mezzo, che può essere uno specchio, una sfera di cristallo, dei carboni ardenti, dell’acqua, o addirittura lo schermo oscurato del tuo smartphone (tra gli altri), al fine di interpretare un messaggio di rilevanza.

Se questa nozione vi suona familiare fin dalla vostra infanzia, potrebbe venirvi in mente la scena di Biancaneve e la Regina Cattiva con il suo Specchio Magico. Lo Specchio Magico della Regina Cattiva non si limitava a prevedere il futuro attraverso le immagini, ma permetteva alla Regina di interagire con un’entità intelligente e malefica. Ricordate il film di animazione del 1937 della Walt Disney, Biancaneve e i sette nani (Snow White and the Seven Dwarfs), di David Hand (1900-1986)?

Lo specchio magico della Regina in Biancaneve e i sette nani (Snow White and the Seven Dwarfs),1937 (fonte: Walt Disney)
Lo specchio magico della Regina (fonte: Walt Disney)

Lo specchio può anche essere utilizzato per scopi di protezione. Alcune persone credono che gli specchi possano riflettere o respingere l’energia negativa. Per questo motivo, potreste trovare specchi appesi o posizionati strategicamente in alcune case o luoghi di lavoro come forma di protezione.

Inoltre, gli specchi possono essere utilizzati in vari rituali magici. Ad esempio, possono essere utilizzati in incantesimi d’amore, dove una persona si guarda allo specchio mentre visualizza l’amore che desidera attrarre. Allo stesso modo, possono essere utilizzati in rituali di guarigione, dove il praticante si guarda allo specchio mentre visualizza la propria guarigione.

Tuttavia, è importante ricordare che, come con qualsiasi strumento magico, l’uso dello specchio dovrebbe essere fatto con rispetto e consapevolezza. Per chi crede nalla magia, questa è una pratica potente che richiede intenzione e concentrazione, e lo specchio non fa eccezione.

La terrificante mitologia dello specchio cinese

Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges (1899-1986), sosteneva che gli antichi cinesi non ritenevano così stravagante l’idea che esprime nel suo libro del 1957, Manual de zoología fantástica, in cui narra un mito dell’antica Cina. Borges racconta che, secondo le credenze popolari dell’antica Cina, i nostri riflessi negli specchi non sono semplici riflessi, ma rappresentano un’altra specie che ci imita per apprendere i nostri comportamenti. Dopo averci imitato a sufficienza, queste creature emergono dallo specchio per sostituirci, e quando ciò accade, non abbiamo più un “riflesso”.

La leggenda narra che nel 2.697 a.C., durante il regno dell’Imperatore Giallo (Huangdi, in cinese: 黃帝), queste creature speculari si liberarono e lanciarono un’ampia invasione contro l’umanità, divorando migliaia di persone e prendendo il loro posto. Huangdi riuscì in qualche modo a respingere gli invasori nel loro mondo speculare e a intrappolarli temporaneamente.

Borges definì queste creature come la Fauna degli Specchi e affermò che il mondo oltre lo specchio sembrava essere il nostro riflesso, ma in realtà era molto diverso. Questo mondo era popolato da demoni, i più bassi dei quali erano quelli che ci imitavano. Al di sopra di questi, c’erano creature capaci di cambiare forma e di dichiarare guerra all’umanità in modi inimmaginabili. Il capo dei demoni era una tigre che tentò di impersonare una delle tigri domestiche di Huangdi, ma questi scoprì l’inganno e intrappolò il capo dei demoni sotto forma di tigre domestica, attirando poi tutti i demoni in una trappola e imprigionandoli. Tuttavia, Huangdi sapeva che la prigione non avrebbe potuto contenere i demoni per sempre e che un giorno sarebbero ritornati per un’altra invasione.

Secondo la leggenda narrata da Borges, un altro tipo di creatura presente nel mondo dello specchio era un tipo di pesce che a volte vediamo come un lampo di luce nell’angolo dell’occhio quando ci avviciniamo o ci allontaniamo da uno specchio. Questi pesci sarebbero i guardiani tra i mondi. Huangdi ci ha lasciato con un avvertimento: «quando smetteremo di vedere questi pesci, il ritorno della Fauna degli Specchi sarà vicino.»

Ma una mia ricerca personale mi ha portato alla conclusione che non esiste alcuna leggenda simile in Cina e che Borges aveva un modo interessante di mescolare fatti, finzione, mitologia e la sua stessa immaginazione nelle sue opere. Curioso di questa fantomatica leggenda, ho deciso di procurarmi il libro originale di Borges e un’edizione italiana dal titolo Manuale di zoologia fantastica (El libro de los seres imaginarios) del 2007.

La storia narra di “Animali che vivono nello specchio” e fa riferimento alle Lettres edifantes et curieuses provenienti da Parigi nella prima metà del XVIII secolo, scritte da Jacob Anton Zallinger zum Thurn (1735-1813), un filosofo e canonista tirolese, che registrò una leggenda dei tempi dell’Imperatore Giallo in Cina. Una cosa che ho trovato molto strana è che la storia della Fauna degli Specchi di Borges, nell’edizione originale, fa riferimento ad un certo “Padre Zallinger”, ma in altre versioni successive (soprattutto quelle anglosassoni), lo hanno cambiato in “Padre Fontecchio”. Nella versione italiana del 2007 pubblicata da Einaudi, il nome è ancora “Padre Zallinger”. Onestamente non ho idea del perché, ma è sconcertante. Sembra anche che la storia di Borges non abbia molti dettagli e le persone ne hanno aggiunto sempre di più da qualche parte lungo il percorso.

Nella versione italiana leggo:

«Il padre Zallinger morì nel 1736, e il lavoro iniziato dalla sua penna rimase inconcluso; centocinquant’anni dopo, Herbert Alien Giles riprese l’opera interrotta. Secondo Giles la favola del Pesce fa parte di un mito più ampio, che si situa nell’epoca leggendaria dell’Imperatore Giallo.»

Manuale di zoologia fantastica (2007, Einaudi) di Jorge Luis Borges & Margarita Guerrero

Ho scoperto versioni digitali e ricercabili delle opere integrali di Herbert Allen Giles (1845-1935), ma non ho trovato riferimenti a Fontecchio, Zallinger, o a entità legate agli specchi. Giles fa un breve accenno all’Imperatore Giallo, ma non ci sono collegamenti tra i suoi scritti e questi argomenti. Ho anche rintracciato due archivi con le Lettres édifiantes et curieuses. Ho fatto tradurre dal francese e ho esaminato attentamente, alla ricerca di qualsiasi riferimento al mito dell’Imperatore Giallo di Borges. Purtroppo, non ho trovato nulla. E a quanto pare non sono stato l’unico a fare queste ricerche, perché mi sono imbattuto nel folklorista Daniel Peretti, che lavora alla Memorial University of Newfoundland, in Canada, e sembra aver intrapreso la sfida nel suo tempo libero; Peretti ha scoperto che almeno alcune delle fonti di Borges nel libro, sono autentiche.

Ma Peretti pare riferirsi ad una mitologia cinese riguardante uno specchio chiamato Nieh-ching-t’ai (cinese: 孽鏡臺), che risiede nel Diy” (cinese: 地獄), ovvero, l’Oltretomba. Il nome dello specchio si traduce approssimativamente in Specchio dei Malvagi, Specchio della Retribuzione, o Specchio delle Esistenze Passate. Le anime sono fatte stare di fronte allo specchio e vedono l’aspetto che avevano nelle vite precedenti e vedono gli eventi delle loro esistenze passate, compresi i crimini, prima che Yama (cinese: 閻魔/閻摩), il Re dell’Inferno, emetta un giudizio su di loro. Ma questo non avvalora la tesi che Borges abbia inventato la leggenda ispirandosi a questo mito. Continuerò a cercare, ma non mi aspetto di trovare nulla. Se trovo qualcosa, aggiornerò questo articolo.

Ho anche consultato vari esperti di storia e folklore cinese, ma nessuno sembra averne sentito parlare al di fuori del contesto del libro di Borges. Quindi, se state leggendo questo e conoscete qualcosa della mitologia cinese che presenta delle somiglianze con la storia raccontata da Borges, fatemelo sapere.

Aggiornamento: 20 maggio 2024

Un estimato lettore di Archaeus.it ha avuto la cortesia di inviarmi un documento di notevole interesse. Si tratta della Cartas edificantes, y curiosas, escritas, de la Missiones estrangeras, y de levante por Algunos Missioneros de la compañia de Jesus – Tomo Octavo (ovvero, Lettere edificanti e curiose, scritte dalle missioni straniere e d’oriente da alcuni missionari della Compagnia di Gesù – Ottavo Volume). Il testo è del 1755 ed è la traduzione in spagnolo di affascinanti lettere scritte da missionari in Cina, che ho reperito in formato digitale.

Nel particolare, nel volume otto, si fa riferimento a un piatto di porcellana di aspetto ordinario che, una volta riempito di liquido, rivela l’immagine di un pesce. Se si è in grado di comprendere lo spagnolo missionario di quel periodo, si può consultare direttamente il documento di cui vi riporto un estratto nell’immagine qui sotto. Il passaggio di interesse si trova a pagina 89 del testo (pagina 102 del documento PDF). Si prega di notare che la lettera “s” in questi antichi manoscritti ha un aspetto molto simile alla lettera “f”.

Cartas edificantes y Curiosas - Tomo 8 - frontespizio
Cartas edificantes y Curiosas – Tomo 8 – frontespizio
Cartas edificantes y Curiosas - Tomo 8 - pagina 89
Cartas edificantes y Curiosas – Tomo 8 – pagina 89

«Tenian el arte de pintar en los lados de una Porcelana peces, y otros animales, que no se percibian, si no se llenaba la taza de algun licor.»

Traduzione: «Avevano l’arte di dipingere sui lati di una porcellana pesci e altri animali, che non si percepivano se non si riempiva la tazza di qualche liquore.»

Cartas edificantes… – Tomo Octavo (1755) tradotto da Padre Diego Davin

In ogni caso, non vi è nulla nell’intera concezione del nostro sé-specchio che suggerisca l’esistenza di un altro essere senziente.

Errata identificazione del sé rispecchiato

Esiste un fenomeno chiamato errata identificazione del sé-specchio, ed è stato studiato affondo. Questo fenomeno riguarda la rappresentazione del sé e la capacità di riconoscersi allo specchio.

Gli studi di Gallup, multinazionale americana di analisi e consulenza fondata nel 1970 da George Gallup (1901-1984), hanno analizzato diverse specie di scimmie e hanno esaminato la loro capacità di riconoscersi allo specchio. Gallup ha scoperto che solo alcune specie, come orangutan, scimpanzé e bonobo, erano in grado di farlo. Queste scimmie utilizzavano lo specchio per osservare le proprie espressioni facciali e per esplorare parti del corpo altrimenti inaccessibili alla vista.

Gallup ha ipotizzato che la capacità di riconoscersi allo specchio fosse un indicatore della presenza di una coscienza di sé. Il professore di biologia Daniel J. Povinelli ha approfondito queste tematiche, esaminando gli aspetti evolutivi che hanno portato alcune specie di scimmie a sviluppare un’autocoscienza e quindi la capacità di riconoscersi allo specchio.

Inoltre, lo psicanalista francese Jacques Lacan (1901-1981), ha teorizzato sulle radici del narcisismo, sviluppando e integrando gli studi di Sigmund Freud (1856-1939). Lacan ha evidenziato il ruolo dell’immagine del proprio corpo allo specchio nella costituzione psichica del bambino dai 6 ai 18 mesi. Questa immagine del proprio corpo si colloca nella serie delle immagini dell’altro primario che circondano il bambino sin dalla nascita.

Questi studi mostrano come la rappresentazione di sé e l’identificazione con la propria immagine riflessa allo specchio siano fondamentali per la formazione dell’identità e della coscienza di sé. Ci sono molti fenomeni correlati che indicano che i doppelgänger speculari sostituiscono le persone.

L’errata identificazione del sé allo specchio è una condizione in cui un individuo ha un’illusione specifica e nient’altro. Gli antipsicotici comunemente usati per trattare i deliri sembrano avere un effetto limitato su questa condizione. Inoltre, l’ipnosi è un metodo impiegato per studiarla e curarla, anche se è ancora oggetto di molte controversie.

Per quanto riguarda i deliri, come determiniamo esattamente cosa è un delirio e cosa non lo è? Perché è considerato un’illusione dire che gli alieni ti stanno parlando, ma non dire che Dio ti sta parlando? Come fanno i medici a distinguere tra la sanità mentale e la follia?

Ecco, permettetemi di introdurvi all’esperimento Rosenhan del 1973, che mette in luce le difficoltà dei medici nel distinguere tra chi è mentalmente sano e chi non lo è. Nel seguente link c’è un video del canale L’Inspiegabile (ma ne potete cercare anche altri) che racconta dell’esperimento di Rosenhan (di David Rosenhan, 1929-2012): L’incredibile esperimento di Rosenhan sulla follia

È un video di circa 10 minuti che spiega tutto molto meglio di quanto io possa sintetizzare. L’esperimento di Rosenhan ha messo in discussione l’intero sistema di assistenza psicologica. Come potete immaginare, gli psicologi erano sconcertati. Hanno sfidato Rosenhan a dimostrare la loro validità, e lui li ha fatti apparire sciocchi senza nemmeno sforzarsi. E poi sono iniziate le giustificazioni.

Lettera a una nazione cristiana

Lettera a una nazione cristiana (Letter to a Christian Nation) è un’opera del filosofo e neuroscienziato statunitense Sam Harris (vero nome; Samuel Benjamin Harris), esponente di spicco del nuovo ateismo. Questa lettera è stata scritta come risposta alle critiche ricevute dopo la pubblicazione del suo libro La fine della fede (The End of Faith) nel 2004.

«Se ritieni che il cristianesimo sia la manifestazione più pura e diretta di amore e compassione, allora non sei molto informato sulle altre religioni presenti nel mondo.»

da Lettera a una nazione cristiana (Letter to a Christian Nation) di Sam Harris (2004)
Lettera a una nazione cristiana (Letter to a Christian Nation, 2004) di Sam Harris
Lettera a una nazione cristiana (Letter to a Christian Nation, 2004) di Sam Harris

L’obiettivo del saggio è di evidenziare le incongruenze a cui un cristiano negli Stati Uniti d’America deve sottostare se vuole veramente aderire alla fede che dichiara di seguire. Utilizzando la logica come strumento, Harris sottolinea come ogni religione si proclami l’unica vera e ispirata dall’unico vero dio, relegando tutte le altre al ruolo di credenze superstiziose. Harris mette in discussione la moralità prescritta dalla Bibbia, secondo la quale si dovrebbero punire con la morte i figli ribelli, lapidare gli eretici, gli adulteri, gli omosessuali e coloro che lavorano nel giorno del Signore.

«Il presidente degli Stati Uniti ha affermato, in più di un’occasione, di essere in dialogo con Dio. Se dicesse che sta parlando con Dio attraverso il suo asciugacapelli, ciò provocherebbe un’emergenza nazionale. Non riesco a capire come l’aggiunta di un asciugacapelli renda l’affermazione più ridicola o offensiva.»

da Lettera a una nazione cristiana (Letter to a Christian Nation) di Sam Harris (2004)

Sono consapevole di aver fatto riferimento a un autore che suscita dibattito, ma indipendentemente dalle vostre opinioni su Sam Harris, ritengo che la citazione sia pertinente. Pertanto, sembra che ciò che viene definito “follia” sia più legato alla cultura che ai fatti oggettivi. Quindi, come possiamo essere sicuri che l’idea di Borges sugli specchi non sia corretta?

Meditazione con gli specchi

Nel periodo classico della Grecia, era comune l’usanza di entrare in uno stato di trance per sperimentare visioni e apparizioni. In Messico, gli specchi sono visti come portali sovrannaturali legati alla Luna e al Sole, e si crede che il fuoco avesse originariamente la forma di uno specchio. Di conseguenza, durante le sessioni di divinazione, si usano specchi circolari.

Per la civiltà azteca, gli specchi avevano un significato duplice che suggeriva sottilmente il legame acqua-fuoco come emblema di guerra. Un altro impiego degli specchi è quello decorativo, ma non si può escludere che fossero usati anche come talismani. Due di questi venivano portati al collo, uno davanti e uno dietro, per proteggere il portatore dalle energie negative provenienti da tutte le direzioni, respingendole o assorbendole.

Era noto, infatti, che Tezcatlipōca (“specchio fumante”), un dio azteco, avesse uno specchio di ossidiana che gli consentiva di “guardare nei cuori degli uomini”. Si ritiene che uno di questi specchi aztechi, portato in Europa durante il Rinascimento, sia finito nelle mani di John Dee (1527-1608), un filosofo inglese dell’occulto che ha diffuso l’arte della divinazione: l’uso di specchi o altre superfici riflettenti per osservare eventi lontani e prevedere il futuro.

Quando le sirene emergevano dall’acqua e si posizionavano su una roccia, osservavano il loro riflesso che si formava sulla superficie dell’acqua e si pettinavano i capelli. Le storie che narrano degli spiriti elementali raccontano che escono al mattino per riflettersi nelle gocce di rugiada sulle foglie. Gli specchi degli elfi sono piatti d’argento in cui viene versata l’acqua per permettere alle immagini di riflettersi.

Leggende e simbolismi

Nel campo artistico, gli specchi sono da sempre simboli di infinito e illusione. Le leggende narrano che possiedono poteri segreti che possono essere utilizzati dai loro detentori. Si racconta che Merlino abbia incantato uno specchio per funzionare come un occhio onniveggente, rivelando tutto ciò che succedeva nel dominio di Re Artù.

Le storie infernali raccontano che nel Pandemonium, la metropoli dell’Inferno o Ocularis Infernum, esiste un occhio onniveggente che può rivelare qualsiasi cosa sulla Terra, nell’Inferno o nel Paradiso, indipendentemente dal fatto che sia del passato, del presente o del futuro. Medusa è stata sconfitta da Perseo con l’ausilio di uno scudo perfettamente lucidato, nel quale si rifletteva la sua immagine trasformandola in pietra.

Altre leggende sostengono che sia stato il Diavolo a inventare gli specchi per ingannare e intrappolare gli spiriti dei morti nella dimensione dello specchio, impedendo loro di raggiungere l’aldilà.

Inizialmente, il termine specchio poteva riferirsi a qualsiasi superficie o metallo ben lucidato che permettesse la formazione di un riflesso. Gli specchi antichi più pregiati e costosi erano quelli fatti d’argento e le superstizioni che li circondavano non tardarono ad emergere. Oggi, esiste un vasto universo di mitologia che circonda gli specchi in diverse culture in tutto il mondo.

Conclusioni

In questo nostro viaggio attraverso il mondo degli specchi, abbiamo scoperto che dietro a un oggetto così semplice si nasconde un universo di significati.

La sfera di cristallo di John William Waterhouse (1902) Pubblico dominio
La Sfera di Cristallo di John William Waterhouse (1902)

Nel campo del paranormale, lo specchio è tutt’altro che un elemento neutro: è visto come un portale, un varco sottile tra il mondo fisico e quello spirituale, un passaggio segreto per entità che sfuggono alla nostra comprensione. Gli antichi racconti ci parlano di specchi capaci di trattenere energie, anime, persino presenze malevole. Non è un caso se, in molte tradizioni, ancora oggi si coprono gli specchi in presenza della morte: perché si teme che lo spirito possa rimanervi intrappolato, sospeso tra i mondi.

Allo stesso tempo, gli specchi sono stati — e continuano a essere — strumenti di divinazione. Attraverso lo scrying (letteralmente, scrutare), i medium cercano visioni e messaggi dall’altrove, scrutando la superficie riflettente come si scruta un lago nel buio. Ancora oggi, nelle fiere New Age, si trovano specchi neri destinati a queste pratiche: il fascino dell’antico non si è mai davvero spento.

Ma la forza dello specchio non si esaurisce nel paranormale.
Nella vita quotidiana, rimane un potente simbolo psicologico.

Lo psicanalista Jacques Lacan ci ha insegnato che la nostra relazione con l’immagine riflessa è basata sulla méconnaissance, il “misconoscimento”: quando ci guardiamo allo specchio, non vediamo noi stessi, ma una proiezione idealizzata, una fantasia. Ce ne accorgiamo nei piccoli gesti inconsapevoli: labbra che si serrano, colli che si tendono, teste che si inclinano alla ricerca della luce migliore. Come osservava Charles Dickens (1812-1870) in Nicholas Nickleby (1839), non vediamo il nostro vero volto, ma l’immagine piacevole che abita la nostra mente.

«”Come la maggior parte di noi” — nota il domestico — “non vedeva se stessa, ma il riflesso di qualche immagine gradevole nel suo cervello»

da Nicholas Nickleby (1839) di Charles Dickens
Charles Dickens (Pubblico dominio)
Charles Dickens

E tutto questo si è amplificato nell’era moderna.
Un tempo, le fotografie tradizionali ci restituivano il nostro volto così come gli altri lo vedevano, senza l’illusione speculare che ci consola allo specchio. Ma oggi, con l’avvento degli smartphone e dei selfie, abbiamo creato una nuova forma di specchio digitale.
Scorrendo i feed di Instagram e Facebook, vediamo una galleria di méconnaissance collettiva: sorrisi posati, posture studiate, un’esibizione pubblica di quello che un tempo era un momento intimo e privato davanti allo specchio del bagno.

Eppure, nemmeno qui riusciamo a sentirci davvero a nostro agio.
La fotocamera frontale degli smartphone imita lo specchio mentre scattiamo… ma poi l’immagine si ribalta, mostrandoci come ci vedono gli altri. È per questo che spesso ci percepiamo “strani”, “storti”, “sbagliati” nelle foto: perché vediamo una verità che il nostro Io ideale non riconosce.

Da questo nasce il bisogno crescente di ricorrere ai mirror selfie, foto scattate direttamente allo specchio, che ci restituiscono l’illusione familiare dell’immagine speculare.
Un disperato tentativo di conservare quel piccolo delirio di perfezione.

E qui il mito antico ritorna: il mito di Narciso, aggiornato ai tempi moderni.
Oggi, la morte per selfie — quelle tragiche storie di persone cadute da scogliere o divorate dagli squali mentre cercavano la foto perfetta — ci racconta che il desiderio di immortalare la nostra immagine può ancora, letteralmente, costarci la vita.

Selfie con squalo

Ancora più inquietante è il fenomeno del selfie funebre: autoritratti scattati ai funerali, pubblicati tra hashtag e filtri colorati, a dimostrare quanto abbiamo smarrito il senso profondo di quei miti antichi che avevano intuito il legame tra riflesso e mortalità.

C’è chi oggi promette che, caricando migliaia di selfie e video online, potremo ottenere una sorta di immortalità digitale, un DNA virtuale che ci permetterà di “resuscitare” nel futuro.
Ma la verità è forse molto più malinconica.

Forse resteranno solo ombre di noi stessi, sospese in quell’immenso aldilà che è il Grande Archivio di Internet: maschere sorridenti, post ironici, battute dimenticate, mi piace che risuonano nel vuoto. Proprio come nel Libro dell’Ecclesiaste, dove si parla di un mondo sotterraneo fatto di echi e ombre.

Alla fine, nel suo silenzio riflettente, lo specchio continua a parlarci.
Nel paranormale, è un portale; nella psiche, è uno specchio dell’anima; nella cultura di massa, è una trappola per l’Io.

Qualunque sia il modo in cui scegliamo di guardarlo, lo specchio ci ricorda una verità profonda e universale:
la realtà non è mai una sola.
Ci sono mille volti nascosti oltre quello che vediamo. Mille dimensioni che si svelano solo a chi ha il coraggio di fermarsi… e scrutare.

E chissà: forse, se guarderemo abbastanza a lungo nella sua superficie lucida, riusciremo a intravedere un’altra realtà, pronta ad accoglierci.
Una realtà che non è né qui, né là, ma nell’infinito riflesso della nostra stessa curiosità.

In fondo, ogni specchio è solo una domanda: hai il coraggio di guardare davvero?

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