La fotografia spiritica, fenomeno che ha intrecciato arte, tecnologia e spiritualità, ha attraversato un periodo di grande popolarità tra la metà del XIX e l’inizio del XX secolo. Questa pratica, che cercava di immortalare su lastra fotografica le manifestazioni degli spiriti dei defunti, ha rappresentato non solo una curiosità tecnica, ma anche una risposta culturale e psicologica ai traumi e alle incertezze di un’epoca. In questo panorama si staglia, spesso relegata ai margini delle cronache, la figura di Hannah Frances Green, una delle possibili inventrici della fotografia spiritica, il cui contributo rimane ancora oggi poco conosciuto ma di fondamentale importanza.
Per comprendere il contesto in cui operava Green, occorre considerare il fascino esercitato dalla fotografia nel periodo vittoriano. In un’epoca segnata da rivoluzioni tecnologiche e una profonda fascinazione per l’occulto, l’idea di poter comunicare con i propri cari defunti, o almeno intravedere tracce della loro presenza, divenne un potente strumento di conforto per le masse. Durante gli anni della Guerra Civile Americana, quando la perdita di vite era una tragedia quotidiana, queste immagini assumevano un valore quasi sacro. Le fotografie spiritiche non erano semplici ritratti: erano veri e propri ponti visivi tra il mondo dei vivi e quello dei morti, una promessa tangibile che i legami con i propri cari potessero sopravvivere anche oltre la morte.
William H. Mumler, noto incisore e fotografo amatoriale, viene spesso accreditato come il primo ad aver sperimentato con questa forma di fotografia. Nel 1862, la sua celebre immagine di sé stesso con il presunto spirito del cugino defunto segnò l’inizio di un fenomeno che avrebbe attirato l’attenzione di spiritualisti e scettici. Tuttavia, le ricerche moderne suggeriscono che non fosse il solo a esplorare questa strada. Figure come Hannah Frances Green, conosciuta anche come Hannah Mumler dopo il matrimonio con il celebre fotografo, potrebbero aver svolto un ruolo altrettanto significativo nello sviluppo della fotografia spiritica, combinando competenze tecniche e una profonda sensibilità spirituale.
Hannah Frances Green rappresenta un esempio emblematico del contributo femminile alla fotografia spiritica, spesso sottovalutato o dimenticato. Le donne, infatti, furono protagoniste chiave nello Spiritualismo del XIX secolo, sia come medium che come innovatrici. Green potrebbe essere stata tra le prime a utilizzare la fotografia non solo come mezzo tecnico, ma anche come strumento spirituale, unendo rituali medianici e abilità artistiche per produrre immagini che evocavano la presenza di un mondo invisibile. La sua opera sfidava le convenzioni del tempo, ponendo le donne al centro di un discorso artistico e spirituale spesso dominato dagli uomini.
Questa marginalizzazione storica solleva interrogativi importanti sul riconoscimento delle donne nelle narrazioni della storia tecnologica e culturale. Se l’eredità di Mumler è stata studiata e dibattuta, quella di Hannah Frances Green e di altre donne simili rimane spesso confinata nell’ombra. La fotografia spiritica non era solo un mezzo per elaborare il lutto: era una forma d’arte, una pratica rituale e un campo di innovazione tecnica che richiedeva intuizione, creatività e abilità. Green, con la sua visione unica, incarnava tutte queste qualità.
Esplorare la storia di Hannah Frances Green significa non solo riscoprire una figura ingiustamente dimenticata, ma anche rivedere l’intero panorama della fotografia spiritica attraverso una lente più inclusiva. È un viaggio che ci porta a riflettere sulla nostra comprensione della tecnologia come strumento non solo di progresso, ma anche di connessione umana e di espressione spirituale. Nelle immagini sfocate e suggestive dei “ritratti di spiriti”, si cela non solo un gioco tecnico, ma il bisogno eterno dell’uomo di dare un volto all’ignoto e di costruire ponti verso l’invisibile.
L’ombra dietro il “primo sviluppo” della fotografia spiritica
William H. Mumler (1832-1884), figura controversa e affascinante della fotografia spiritica, non mancò di sottolineare nelle sue dichiarazioni pubbliche e durante il processo del 1869 la natura apparentemente accidentale della sua prima fotografia di uno spirito. Tuttavia, una più attenta analisi delle sue affermazioni suggerisce una storia molto più complessa, intrecciata con la presenza di figure chiave come Hannah Frances Green (1832-1912). Mumler sosteneva di essere un autodidatta, privo di una formazione fotografica strutturata, e di aver lavorato in solitaria, ma alcuni dettagli sollevano dubbi.
È significativo, ad esempio, che Hannah Frances Green, menzionata da Mumler stesso come dotata di «poteri magnetici meravigliosi», fosse presente durante quello che lui descrisse come il “primo sviluppo” della fotografia spiritica. Questo riconoscimento, sebbene velato, suggerisce che Green potrebbe aver avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione di questa tecnica. La sua esperienza come segretaria nello studio di Helen F. Stuart — figura che potrebbe persino aver concepito per prima la tecnica della fotografia spiritica, successivamente adottata dai coniugi Mumler — e la sua presenza nei giorni immediatamente successivi al celebre episodio del marzo 1861, rafforzano l’idea che Hannah Frances Green abbia esercitato un’influenza diretta, se non decisiva, sullo sviluppo di questa pratica.
Sebbene Mumler si riferisca a lei in modo distaccato, chiamandola semplicemente Mrs. M. nei suoi scritti dedicati alla moglie, è evidente che il suo ruolo fosse tutt’altro che marginale, rivelandola come una figura centrale nella storia della fotografia spiritica. La sua presenza e il suo coinvolgimento implicito gettano una luce nuova sul mito della solitaria genialità di Mumler, sollevando il velo su una collaborazione potenzialmente fondamentale, ma spesso sottovalutata, nello sviluppo della fotografia spiritica.
Il trasferimento a New York e le accuse di frode: un punto di svolta nella carriera di Mumler
La carriera di William H. Mumler raggiunse un momento cruciale nel 1868, quando le crescenti accuse di frode lo spinsero a lasciare Boston e trasferirsi a New York insieme alla moglie Hannah e ai due figli. Nonostante la speranza di trovare un ambiente più favorevole, la situazione peggiorò rapidamente. L’interesse mediatico e le sospette testimonianze sulla legittimità delle sue fotografie attiravano sempre più l’attenzione delle autorità cittadine.
Fu così che il sindaco di New York, Abraham Oakey Hall (1826-1898), inviò sotto copertura il maresciallo Joseph H. Tooker (1830-1896) per indagare sulle attività di Mumler. Tooker, posando per una fotografia spiritica sotto falso nome, divenne un test chiave: quando nell’immagine risultante apparve una figura spettrale sconosciuta, l’investigatore dichiarò di non riconoscere il presunto spirito. Questo evento portò all’incriminazione di Mumler per frode. Tuttavia, l’ostinata affermazione di Mumler che fosse solo il giorno del suo primo esperimento fotografico potrebbe riflettere non tanto la verità, quanto piuttosto un tentativo di proteggere Hannah e gli altri membri della famiglia da un controllo crescente e potenzialmente pericoloso.
Il ruolo di Hannah Frances Green e delle donne nello sviluppo della fotografia spiritica
La vicenda di William H. Mumler, accreditato come ideatore della fotografia spiritica, suscitò grande attenzione, culminando in un processo preliminare molto seguito. Accusato di frode per aver creato fotografie spiritiche false, Mumler fu alla fine assolto, continuando la sua attività. Durante questa fase, la stampa riportò che una donna, identificata come Mrs. Stuart, gestiva gli studi in cui erano state scattate le prime fotografie spiritiche. Tuttavia, Mrs. Stuart non si presentò mai in tribunale e, nonostante le accuse, i metodi utilizzati da Mumler e dalla Stuart non furono mai dimostrati. Alcune ricerche suggeriscono che Mrs. Stuart fosse probabilmente uno pseudonimo, ma il suo ruolo rimane avvolto nel mistero.
Parallelamente, Hannah Frances Green, moglie di William, ebbe un ruolo significativo nell’attività del marito e nella crescente popolarità dello spiritismo. La stampa e le testimonianze la descrissero come una figura centrale nell’interazione con i clienti: preparava i partecipanti agli incontri spirituali e li guidava nell’identificazione degli spiriti presenti. Secondo alcuni, dopo l’assoluzione del marito, si diceva persino che fosse posseduta dagli spiriti desiderosi di comunicare con i vivi. William, nelle sue memorie, minimizzò il suo coinvolgimento diretto, definendola una semplice segretaria durante gli esordi della loro attività. Tuttavia, diverse fonti sostengono che Hannah Frances Green possedesse presunti poteri medianici fin dall’infanzia, sebbene non ci siano prove concrete sul momento esatto in cui iniziò a esercitarli.
Fu solo intorno al 1865 che Hannah iniziò a pubblicizzarsi come chiaroveggente, offrendo anche trattamenti come “medico ipnotizzante” per disturbi fisici e psichici, attività che continuò fino alla sua morte nel 1912. Nonostante la sua crescente notorietà, non venne menzionata come medium nei primi resoconti sulla nascita della fotografia spiritica negli studi di Stuart.
Hannah F. Green e Helen F. Stuart: legami di destini e segreti
Hannah Frances Green incontrò William H. Mumler dopo il suo divorzio da Thomas Miller Turner, con cui si era sposata a vent’anni e aveva avuto due figli. Secondo il Boston Post dell’8 ottobre 1864, i registri del divorzio indicano che Green e i suoi bambini furono abbandonati dal marito nel 1859. In quello stesso anno, mentre Green affrontava la vita di madre single, una certa signora A. M. Stuart comparve negli elenchi di Boston come “artista dei capelli” al numero 191 di Washington Street, specializzata anche nella “produzione di lavori per capelli” nello stesso indirizzo.
Nel 1861, Helen F. Stuart, forse la stessa figura o la figlia, risultava operare come produttrice di gioielli per capelli al numero 221 di Washington Street. L’elenco telefonico di Boston di quell’anno conferma questa attività. Nel 1862, Helen F. Stuart si espanse aprendo uno studio fotografico professionale al numero 258 di Washington Street, luogo associato alla nascita della fotografia spiritica. Tuttavia, continuò anche a produrre gioielli per capelli, come attestato dai timbri sul retro di molte delle sue carte-de-visite, ritratti fotografici popolari all’epoca.
L’arte commemorativa dell’intreccio di capelli nell’epoca vittoriana
Durante l’epoca vittoriana, l’arte della lavorazione dei capelli raggiunse una notevole popolarità come forma di espressione commemorativa. Questo raffinato processo consisteva nell’intrecciare ciocche di capelli in elaborati ornamenti artistici, gioielli o decorazioni, destinati a celebrare e custodire il ricordo di persone care, sia defunte che ancora in vita. Un esempio emblematico di questa tradizione è rappresentato dalla signora Stuart, che per anni fu riconosciuta come artista dei capelli, consolidando il suo prestigio in questo peculiare artigianato.
Queste creazioni possedevano un’intensità emotiva unica: molti degli ornamenti erano pensati per essere indossati vicino al cuore o esposti in casa come simboli di affetto. I capelli venivano talvolta utilizzati anche per creare pigmenti con cui dipingere scene commemorative. Sul retro di alcuni gioielli, ad esempio, si inseriva una ciocca di capelli della persona amata, a simboleggiare un legame profondo e duraturo. Tali oggetti si collocavano all’interno di una complessa rete di rituali di lutto dell’Ottocento, che includevano abiti elaborati e ritratti postumi dei defunti.
Pur essendo strettamente legata ai memento mori e al lutto, questa forma d’arte celebrava anche la vita. Molte creazioni rappresentavano alberi genealogici o simboli di amicizia. Alcuni pezzi, ad esempio, incorniciavano fotografie di famiglia con intricate ghirlande di capelli, celebrando non solo la persona, ma anche il legame visivo ed emotivo con essa.
L’arte della lavorazione dei capelli non era soltanto un segno di lutto, ma anche una celebrazione delle relazioni umane e della memoria. Ogni pezzo costituiva un omaggio all’essenza della persona, trasformando un elemento fisico in una testimonianza di valore emotivo e spirituale, destinata a sfidare il trascorrere del tempo.