«Gli spiriti… assumono le forme e le occupazioni che le speranze e i pensieri dei mortali, e i ricordi che hanno accumulato, danno loro.»
The Chimes (1844) di Charles Dickens,
La fotografia spiritica ha affascinato e intrigato l’umanità sin dalla sua nascita nell’epoca vittoriana. Questo fenomeno misterioso ha catturato l’immaginazione di molti, suscitando domande e controversie che perdurano fino ai giorni nostri. In questo articolo, esploreremo la storia affascinante della fotografia spiritica, dalle prime immagini enigmatiche del XIX secolo alle moderne tecniche digitali. Scopriremo come i pionieri della fotografia spiritica cercarono di catturare l’invisibile, esaminando le prove, le frodi e le interpretazioni che hanno plasmato questa peculiare forma d’arte. Un viaggio tra scienza, spiritualismo e cultura popolare, per comprendere meglio il legame tra immagine e credenza nell’impossibile.
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Cos’è la Fotografia Spiritica e i suoi albori
Le persone di ogni ceto sociale erano convinte: gli spiriti esistono e possono essere fotografati! Queste immagini potevano servire come prova della loro esistenza, come canale di comunicazione tra regni spirituali e materiali e, nel caso delle fotografie di fantasmi, come consolazione duratura per i defunti. È iniziato tutto nell’epoca vittoriana e continua ancora oggi. L’incontro tra fotografia e spirito ha unito la tecnologia moderna alle antiche credenze, conciliando la ragione con la religione.
Ha combinato due espressioni di fede: una nella realtà invisibile, l’altra nell’imparzialità della fotocamera e nella sua capacità infallibile di catturare la verità. Lo spirito, a differenza di qualsiasi altro soggetto, ha messo in luce il paradosso della doppia natura della fotografia: uno strumento scientifico e un processo quasi magico.
John Werge (1824-1911), pioniere della fotografia, nel 1890 dichiarò che la prima fotografia che vide gli sembrò spettrale. Entro la metà del XX secolo, la fotografia e gli spiriti erano così intimamente connessi da offuscare la distinzione tra i due. Questa associazione illuminava sia il campo della fotografia sia la natura percepita degli spiriti.
Le incisioni prima della fotografia spiritica
Si credeva che gli spiriti risiedessero in un regno etereo, immateriale, invisibile e infinito, che si sovrapponeva al mondo visibile, fisico e transitorio. Questo mondo parallelo permetteva alle anime disincarnate e agli esseri sovrannaturali di attraversare il confine tra l’aldilà (in Paradiso, Inferno o Purgatorio) e la vita terrena. Sebbene normalmente invisibili, questi spiriti potevano manifestarsi a loro piacimento, rivelandosi sia in contesti privati che pubblici. Le apparizioni potevano essere percepite da una sola persona o da una folla intera.
Nel XIX secolo e agli inizi del XX, la facoltà di vedere e comunicare con gli spiriti era spesso associata a medium e sensitivi. Tuttavia, nel Medioevo e nella prima età moderna, tali esperienze erano vissute da persone di ogni ceto sociale e di tutte le età, senza che fosse necessario possedere un “dono” particolare o una “seconda vista”. Le apparizioni erano fenomeni spontanei, talvolta fugaci e talvolta prolungati, che potevano ripetersi nel tempo o verificarsi una sola volta. Erano eventi che oscillavano tra il quotidiano e lo straordinario, l’inspiegabile e il portentoso, affascinando e suscitando timore in chi li viveva o ne era testimone.
L’identità di queste entità – che si trattasse di demoni, angeli, spiriti elementali o fantasmi – era stabilita anche attraverso una tradizione di rappresentazione, basata su immagini comuni e descrizioni tramandate nei racconti orali e scritti. Questa tradizione aveva il compito di definire le caratteristiche distintive di ogni tipo di spirito e di orientare le aspettative riguardo alla loro apparizione. Tali rappresentazioni erano profondamente influenzate da fattori sociali, geografici e storici, e di conseguenza, l’aspetto degli spiriti variava, talvolta drasticamente, tra diverse culture e persino all’interno di una stessa cultura con il trascorrere dei secoli.
Influenza delle Ghost Stories
Nel XVII e XVIII secolo, le illustrazioni grafiche si diffusero principalmente all’interno delle cosiddette “storie degli spiriti” (Ghost Stories). Queste opere raccoglievano testimonianze di incontri ritenuti autentici con spiriti e altre entità soprannaturali. Compilate da ecclesiastici sia protestanti sia cattolici, avevano lo scopo di preparare le persone alla morte e di contrastare le credenze emergenti dell’ateismo e del sadducismo, che negavano l’esistenza di Dio, dell’aldilà e degli spiriti.
Il sadducismo si riferisce alle credenze attribuite ai Sadducei, una setta religiosa ebraica attiva durante il periodo del Secondo Tempio (dal II secolo a.C. fino alla sua distruzione nel 70 d.C.). I Sadducei erano una delle principali correnti dell’ebraismo, insieme ai Farisei ed Esseni, e rappresentavano soprattutto l’élite sacerdotale e le classi benestanti.Il loro obiettivo era, dunque, di «promuovere la causa della moralità nella società».
Inoltre, le storie degli spiriti si collocavano nella tradizione dell’exemplum medievale, offrendo racconti dal tono morale o omiletico, in cui entità spirituali si presentavano ai testimoni per trasmettere ammonimenti, avvertimenti o incoraggiamenti di valore educativo e spirituale. Molti di questi racconti non venivano accompagnati da illustrazioni, poiché le descrizioni verbali risultavano generalmente sufficienti e più accurate nel rappresentare gli eventi. Inoltre, i resoconti erano spesso complessi e intricati nei dettagli e nello sviluppo, difficili da condensare in una singola immagine.
Le illustrazioni non riuscivano a restituire le sfumature narrative, apparendo troppo concrete o artificiose e, a volte, involontariamente comiche. Le incisioni erano per lo più realizzate da artigiani, con una tecnica spesso semplice e convenzionale, evidenziando la loro origine umana e artificiale, senza trasmettere l’aura di mistero propria delle fotografie di spiriti, considerate come una manifestazione visiva dell’aldilà. Si credeva infatti che tali fotografie fossero una prova concreta, un messaggio comunicato direttamente dagli spiriti stessi.
Fin dal Medioevo, si tramandava la credenza che i fantasmi avessero una presenza fisica e potessero manifestarsi sotto varie forme. Le storie di spiriti nell’epoca della prima modernità riportano che i fantasmi a volte prendevano forme corporee temporanee, permettendo loro di manipolare e spostare oggetti. Questo fenomeno dei “fantasmi solidi”, che si protrasse fino al XIX secolo, veniva considerato la manifestazione più straordinaria e tangibile della medianità fisica.
Celebre è il caso della medium Florence Cook (1856-1904), che evocò lo spirito di Katie King, una materializzazione completa, apparentemente generata dall’ectoplasma ma dotata di caratteristiche tipiche di un essere vivente. Durante le sedute spiritiche, Katie King consentiva ai presenti di toccare i suoi abiti, accarezzare i suoi capelli e la pelle esposta, misurarle la temperatura corporea, percepire il suo battito cardiaco e persino scattare delle fotografie.
Nel XVII secolo, le xilografie e le incisioni su legno, utilizzate in libri e opuscoli economici e stampate sui fogli di giornale, tendevano a schematizzare l’aspetto degli spiriti. I disegni, spesso scolpiti con semplicità e privi di dettagli raffinati, unitamente alle piccole dimensioni delle matrici, rendevano difficile differenziare importanti elementi visivi. Anche prima dell’invenzione della fotografia, la tecnologia delle lenti veniva utilizzata non solo per osservare il soprannaturale, ma anche per creare un’impressione di sua reale presenza.
La Lanterna Magica: precursore della macchina fotografica
Già nel 1600 esisteva, in una forma o nell’altra, la lanterna magica. Tecnicamente, era il contrario di una macchina fotografica: mentre quest’ultima catturava la luce per creare un’immagine, la lanterna magica emetteva luce. Le immagini della lanterna erano dipinte su lastre di vetro e proiettate su superfici come pareti, tende o, talvolta, su tessuti traslucidi illuminati da dietro. Con l’invenzione della fotografia, fu possibile sviluppare immagini in bianco e nero su diapositive di vetro. Molte illustrazioni dell’epoca mostrano la lanterna magica mentre proiettava immagini di creature soprannaturali come diavoli, fantasmi e apparizioni varie. Inizialmente, queste proiezioni avevano un scopo educativo, miravano a commuovere, a spingere alla riflessione e a esortare gli spettatori a prepararsi alla morte, a fuggire dal peccato e a temere il giudizio.
La capacità della lanterna magica di suscitare paura era già riconosciuta. Durante il Medioevo, immagini simili erano visibili sulle pareti delle chiese, ma grazie alla proiezione, esse apparivano quasi animate, risultando più spaventose e potenti. I diavoli potevano materializzarsi e svanire rapidamente, creando un effetto sorprendente.
Fantasmagoria
Alla fine del XVIII secolo, l’aura di mistero della tecnologia veniva sfruttata più per intrattenere che per educare, e diversi showmen iniziarono a utilizzare la lanterna magica per creare spettacoli horror, conosciuti come fantasmagoria.
La fantasmagoria era uno spettacolo di intrattenimento popolare che utilizzava la lanterna magica e altre tecniche di proiezione per creare illusioni visive spaventose, simili a quelle di apparizioni di fantasmi o spiriti. Questo tipo di spettacolo combinava l’uso di luci e ombre, proiezioni di immagini pitturate su lastre di vetro, e talvolta effetti sonori, per simulare la manifestazione di entità soprannaturali. Le proiezioni venivano fatte su pareti, tende o superfici traslucide, creando l’illusione che figure spettrali apparissero e scomparissero in modo rapido e sorprendente.
La fantasmagoria divenne famosa soprattutto grazie a figure come il francese Étienne-Gaspard Robert (1763-1837), noto come Robertson, che perfezionò la tecnica e portò gli spettacoli in vari luoghi, incluse le sale da teatro. Questi eventi erano caratterizzati da un’atmosfera misteriosa e terrificante, ed erano spesso associati a temi della morte, del peccato e del giudizio finale, in linea con la tradizione medievale delle immagini spaventose nelle chiese. Con il tempo, la fantasmagoria si evolse in uno spettacolo di intrattenimento più commerciale e divenne una delle prime forme di “cinema” in grado di suscitare emozioni visive e psicologiche attraverso l’illusione ottica.
Fotografare la morte
La fotografia spiritica si è integrata nei rituali legati al lutto e nella sua professionalizzazione. Per molti familiari e amici in lutto, sedersi davanti a un fotografo di spiriti era diventata una consuetudine, tanto quanto lo era stata una visita a un fotografo “tradizionale” quando la persona defunta era ancora in vita, o un incontro con l’impresario di pompe funebri dopo la sua morte.
La fotografia, in questo contesto, fungeva da ponte tra il cielo e la terra, tra i vivi e i morti, catturando questa connessione su una lastra di vetro. In questo processo, il fotografo assumeva un ruolo quasi “sacerdotale”, evocando lo spirito e trasformando l’emulsione fotografica. Come nel caso dei ritratti convenzionali e delle fotografie post-mortem, anche le fotografie spiritiche venivano acquistate principalmente dai familiari più stretti e venivano poi condivise, spesso in formato tascabile, tra le persone care.
I parenti erano spesso determinanti nel confermare che l’apparizione fotografata somigliasse al defunto, sia come era in vita, sia come continuava ad esistere simbolicamente nei ritratti fotografici. Convinti dalla somiglianza, molti testimoni si rivolgevano ai fotografi di spiriti per ottenere immagini delle persone care. In questo modo, l’entusiasmo per la fotografia spiritica si diffuse rapidamente, attraverso il passaparola, come un contagio.