Erlendur Haraldsson (1931-2020) è stato un accademico islandese, professore emerito di psicologia presso la facoltà di scienze sociali dell’Università d’Islanda e ricercatore nel campo della parapsicologia. Considerato uno dei più esperti ricercatori sul campo in questo settore, ha scritto oltre un centinaio di articoli e una mezza dozzina di libri su apparizioni, medianità, reincarnazione e altri fenomeni psichici (psi).
Il cognome Haraldsson è patronimico, non un cognome di famiglia: in Islanda, infatti, non esistono cognomi. Le persone sono identificate con il loro nome di battesimo, seguito da un nome derivato dal nome del padre. Anche negli elenchi telefonici islandesi, le voci sono ordinate per nome di battesimo. Per questo motivo, Erlendur preferiva essere chiamato per nome piuttosto che per cognome.
Il padre di Erlendur si chiamava Haraldur, quindi Erlendur era conosciuto come “Erlendur figlio di Haraldur”, che si traduce in Haraldsson. Tuttavia, nei riferimenti accademici in Europa e negli Stati Uniti, viene utilizzata la convenzione del cognome, quindi nei documenti accademici è indicato come Haraldsson e nelle liste di riferimento le sue opere sono elencate sotto Haraldsson, Erlendur. Tuttavia, questo è tecnicamente scorretto.
Infanzia e studi accademici

Erlendur Haraldsson nacque il 3 novembre 1931 a Seltjarnarnes, una località vicino a Reykjavík, in Islanda. Suo padre, Haraldur Erlendsson, era un bracciante, mentre sua madre, Anna Elimundardóttir, era una casalinga. Durante la sua infanzia e adolescenza, Erlendur visse numerose esperienze psichiche. In un’intervista su White Crow Books, una casa editrice specializzata in libri che trattano di spiritualità, parapsicologia e fenomeni psichici, Erlendur raccontò un’esperienza particolarmente significativa che ebbe un grande impatto sulla sua vita. Ad intervistarlo c’era Michael E. Tymn, un promotore della parapsicologia e autore spiritualista americano noto per i suoi libri sulla vita dopo la morte e per essere stato il caporedattore del Journal for Spiritual and Consciousness Studies, la rivista dell’Academy for Spiritual and Consciousness Studies (ASCS), letteralmente, Accademia per gli studi spirituali e della coscienza.
«Quando avevo circa 15 anni, sono come rinato in me stesso e ho preso coscienza di una realtà interiore che era anche misteriosamente esterna, e così immensamente più grande di qualsiasi cosa avessi mai sperimentato o di cui fossi stato consapevole prima. Cominciò all’improvviso sotto una forte pioggia a metà giornata, vicino ad alcune rive di ciottoli sulla riva del mare che si illuminarono quando il sole improvvisamente brillò e si rifletté su di esse. Poi ebbi l’esperienza di essere riempito di luce che era immensamente deliziosa e indescrivibile. Dopo un po’ questa svanì ma una vivida traccia di essa rimase con me per sempre e a volte – specialmente nella mia giovinezza – mi travolgeva di nuovo. Dopo di ciò non ci fu mai dubbio che esistesse una realtà superiore/sovrannaturale che a volte era più vicina e a volte più lontana dal mio sé normale. In qualche modo le due cose erano collegate, ma come?»
Intervista con il Dott. Erlendur Haraldsson, 24 agosto 2015 – di Michael E. Tymn




Da giovane, Erlendur Haraldsson si interessò all’astronomia, ma dopo aver contemplato le dimensioni dello spazio, si dedicò alla filosofia e ai problemi della mente e dell’esistenza. Studiò filosofia all’Università di Copenaghen, laureandosi nel 1954, e successivamente proseguì gli studi alle università di Edimburgo e Friburgo. Oltre ai filosofi accademici, lesse autori non ortodossi come il vescovo e militare romano di origine pannona del IV secolo Martino di Tours (in latino Martinus, ca 316-397), l’autore britannico di libri spirituali Paul Brunton (pseudonimo di Raphael Hurst, 1898-1981 e il filosofo russo Pëtr Dem’janovič Uspenskij (1878-1947), così come scritti teosofici e traduzioni di testi tibetani dell’antropologo Walter Yeeling Evans-Wentz (1878-1965). A Friburgo frequentò anche le lezioni del medico e psicologo tedesco Hans Bender (1907-1991) sulla parapsicologia e rimase colpito dall’approccio empirico di Bender e dalla notevole quantità di ricerche condotte nel campo.
Dopo un anno e mezzo a Friburgo, Erlendur tornò in Islanda, lavorando principalmente come giornalista. All’inizio del 1962, si trasferì alla Freie Universität Berlin per continuare gli studi in psicologia. Durante questo periodo, il Muro di Berlino era appena stato costruito e la città era un punto di attrito tra le superpotenze. Erlendur trovò più interessante seguire gli eventi a Berlino piuttosto che studiare, ottenendo accesso alla Berliner Pressekonferenz (un’importante conferenza tenuta a Berlino) dove poteva ascoltare Willy Brandt (1913-1992), sindaco di Berlino Ovest e in seguito cancelliere della Germania, e partecipare alle conferenze stampa del Festival del cinema di Berlino.
Alla Freie Universität, Erlendur incontrò studenti del Kurdistan, sviluppando un interesse per la loro politica. Durante la guerra civile in Iraq, Erlendur Haraldsson divenne uno scrittore freelance e viaggiò molto in Medio Oriente e scrivendo resoconti sui ribelli curdi iracheni. Successivamente, viaggiò in Iran, Pakistan e India, dove rimase per un anno scrivendo il suo primo libro sulla storia politica curda. Tornò in Germania nel novembre 1963 per studiare psicologia all’Università di Friburgo, principalmente per seguire Hans Bender, e poi si trasferì all’Università di Monaco.
Gli studi sulla Parapsicologia di Erlendur Haraldsson
Erlendur Haraldsson iniziò il suo interesse per la parapsicologia nel 1961, quando scrisse al parapsicologo Joseph Banks Rhine (1895-1980) per acquistare un mazzo di carte ESP, segnando il suo primo contatto diretto con la parapsicologia. Le carte ESP, note anche come carte Zener, sono un mazzo utilizzato per esperimenti di percezione extrasensoriale (ESP) e chiaroveggenza. Create negli anni Trenta dallo psicologo Karl Zener (1903-1964) proprio per il parapsicologo Joseph B. Rhine, queste carte presentano cinque simboli diversi: un cerchio, una croce, tre linee ondulate, un quadrato e una stella.
Decise di studiare questa disciplina per il suo dottorato sotto la guida di Bender e nel 1968 partecipò all’incontro annuale della Parapsychological Association a Freiburg, in Germania Ovest. Nell’autunno del 1969, si recò a Durham, in Carolina del Nord, per collaborare con Rhine presso il suo Institute for Parapsychology. Durante l’anno trascorso presso l’istituto, Erlendur condusse esperimenti sulle risposte psicofisiche nei test di telepatia e utilizzò un generatore di numeri casuali, ottenendo risultati significativi.




Dopo aver lasciato Rhine, Erlendur si trasferì all’Università della Virginia a Charlottesville per un anno di tirocinio in psicologia clinica con Robert L. van de Castle (1927-2014), un rinomato psicologo americano, noto per i suoi studi sui sogni e il suo contributo alla parapsicologia. Durante il suo soggiorno all’università, conobbe lo psichiatra Ian Stevenson (1918-2007).
Studi sperimentali e ricerche psichiche
Erlendur Haraldsson è stato un parapsicologo di rilievo, contribuendo sia agli esperimenti che agli studi di casi. Tra il 1969 e il 1970, presso l’Institute for Parapsychology, ha condotto ricerche su ESP e psicocinesi. Successivamente, ha esaminato la performance psi in relazione ai test psicologici, in particolare il Defense Mechanism Test, scoprendo che la religiosità e la fede nella sopravvivenza post-mortem erano migliori predittori di risultati positivi negli esperimenti psi rispetto alla fede nell’ESP. Erlendur stesso era un buon soggetto e un sostenitore della PSI.
Nel 1975, Erlendur ha condotto un ampio sondaggio nazionale in Islanda sulle esperienze e credenze psichiche e religiose, scoprendo che il 31% degli intervistati aveva avuto incontri con persone decedute. Questi risultati sono stati confermati dal sondaggio European Values Survey (EVS), un programma di ricerca trasversale ripetuto, su larga scala e a carattere transnazionale sui valori umani fondamentali, rilevando che un quarto della popolazione credeva di aver avuto tali incontri. Erlendur Haraldsson ha confrontato questi dati con il suo studio del 1975 e ha anche riferito sulle pratiche di guarigione spirituale in Islanda.
I numerosi resoconti di contatti con i defunti hanno spinto Erlendur a indagare ulteriormente sulle comunicazioni post-mortem, portando alla pubblicazione del suo libro del 2012, The Departed Among the Living (I Defunti tra i Vivi), in cui ha analizzato casi eccezionali per ottenere ulteriori informazioni.
Dal 1972 all’inizio del 1974, fu Research Associate presso l’American Society for Psychical Research (ASPR) a New York, dove lavorò con Karlis Osis (1917-1997), un parapsicologo lettone specializzato nell’esplorazione dei fenomeni del letto di morte e della vita dopo la morte. Nel 1972, Erlendur e Karlis Osis scrissero insieme il libro At the Hour of Death (Nell’ora della morte), in cui descrivevano la ricerca sulle visioni in punto di morte negli Stati Uniti e in India. Il libro fu tradotto e pubblicato in italiano solo nel 1979 con il tiolo Quello che videro nell’ora della morte. Nel 2013 fu pubblicato un altro libro in Italia: Incontri dopo la morte (Apparizioni, contatti e manifestazioni tra gli spiriti dei defunti e i viventi), che riprende parte del primo libro e altri testi.
Tuttavia, lo psicologo James E. Alcock ha contestato lo studio, definendolo aneddotico e giudicando i risultati come «inaffidabili e non interpretabili». Anche Paul Kurtz (1925-2012), considerato “il padre dell’umanesimo secolare” e scettico scientista, ha espresso critiche simili, sostenendo che tutti i dati raccolti erano di seconda mano e condizionati dalle aspettative culturali.




Secondo Terence Michael Hines, accademico e ricercatore americano:
«Il modo in cui vengono raccolte le segnalazioni pone un altro serio problema per chi vuole prenderle sul serio come prova di una vita ultraterrena. Lo studio di Osis e Haraldsson (1977) si basava sulle risposte ricevute da 10.000 questionari inviati a medici e infermieri negli Stati Uniti e in India. Solo il 6,4% è stato restituito. Poiché erano i medici e gli infermieri a fornire i rapporti, non i pazienti che presumibilmente avevano effettivamente avuto l’esperienza, i rapporti erano di seconda mano. Ciò significa che erano passati attraverso due sistemi di memoria umana altamente fallibili e costruttivi (quello del medico o dell’infermiera e quello del paziente vero e proprio) prima di raggiungere Osis e Haraldsson. In altri casi (ad esempio Moody, 1977) le segnalazioni furono fornite dai pazienti stessi, ma mesi e anni dopo l’evento. Tali rapporti difficilmente sono sufficienti per sostenere la realtà dell’aldilà.»
Pseudoscience and the Paranormal (1988, Ed. Prometheus Books) di Terence Michael Hines (pagina 69)
Credenze popolari
Nel 1973, Erlendur Haraldsson divenne membro della facoltà presso l’Università d’Islanda, dove fu promosso a professore di psicologia nel 1989. Si ritirò dall’insegnamento nel 1999. Condusse sondaggi sulle credenze religiose e popolari, stabilendo che una percentuale insolitamente alta di islandesi credeva nel paranormale, in particolare in figure soprannaturali come Huldufólk e Draugar.
Gli Huldufólk primi sono creature mitologiche delle tradizioni islandese e faroese (delle Isole Faroe), spesso paragonate a elfi o folletti; abitano in luoghi nascosti nella natura, come rocce e campi di lava, e hanno la capacità di apparire agli esseri umani quando lo desiderano.
I Draugar sono esseri non-morti della mitologia norrena. Sono spesso descritti come guardiani delle tombe vichinghe, dotati di forza sovrumana e poteri magici. Possono cambiare forma, controllare il clima e apparire nei sogni dei vivi. Questa ricerca fu sviluppata negli anni 2000 da Terry Gunnell dell’Università d’Islanda e del Dipartimento di Folkloristica/Etnologia e Studi Museali.
Erlendur ricevette l’Outstanding Career Award dalla Parapsychological Association, che premia gli ex studenti per i loro successi, la loro leadership e il loro contributo alle loro professioni, alle loro comunità e alla loro alma mater; inoltre, ricevette il Myers Memorial Award, premio introdotto nel 1995 dalla Society for Psychical Research (SPR) londinese per onorare la memoria del fondatore Frederic WH Myers (1843-1901). Il libro di Erlendur Haraldsson del 2005, Látnir í heimi lifenda (tradotto: Morti nel mondo dei vivi), descrisse indagini su presunte apparizioni e fenomeni correlati in Islanda.
Gli studi su Sathya Sai Baba
Negli anni Ottanta, Erlendur Haraldsson e Karlis Osis indagarono sui presunti miracoli e poteri paranormali del predicatore indiano Sathya Sai Baba (nato Sathya Narayana Raju Ratnakaram, 1926-2011). Durante le loro visite in India, raccolsero testimonianze e osservazioni, nonostante Sai Baba si rifiutasse di sottoporsi a test in un ambiente controllato. Erlendur documentò le sue ricerche nel libro Miracles Are My Visiting Cards pubblicato nel 1988, successivamente pubblicato in Italia nel 1999 con il titolo: Miracoli d’amore. Dieci anni di indagini sui sorprendenti poteri di Sri Sathya Sai Baba.




Il filosofo della religione David Christopher Lane, professore di filosofia e sociologia al Mt. San Antonio College, a Walnut, in California, elogiò il libro di Erlendur, definendolo «il più equilibrato mai scritto sui miracoli di Sai Baba». Tuttavia, Erlendur non giunse a conclusioni definitive sull’autenticità dei miracoli, pur considerando improbabile la frode. Alcuni studiosi, come i filosofi Paul Edwards (1923-2004) e Janak Pandey, notarono che Erlendur era impressionato da Baba ma non riuscì a convincerlo a produrre fenomeni paranormali in condizioni controllate.
Il parapsicologo e antropologo Martin Johnson (1930-2011) criticò Erlendur Haraldsson per aver pubblicato resoconti ingenui dei testimoni oculari, mentre Daniel Bassuk affermò che Erlendur e Osis non trovarono prove di frode, considerando le materializzazioni di Sai Baba come «possibilmente paranormali». Lo scettico indiano Basava Premanand (1930-2009) e l’umanista Babu Gogineni criticarono il libro, definendolo una raccolta di aneddoti piuttosto che un resoconto scientifico oggettivo. In sintesi, Erlendur cercò di distinguere le affermazioni genuine dai giochi di prestigio, ma non riuscì a ottenere prove definitive sui presunti miracoli di Sathya Sai Baba.




Studi sulla Medianità e sulla Reincarnazione
Erlendur Haraldsson ha approfondito sia la medianità mentale che quella fisica in Islanda. In collaborazione con Ian Stevenson, ha studiato due comunicatori occasionali attraverso il medium Hafsteinn Björnsson (1914-1977): Finna e Rúnólfur Rúnólfsson (1827-1879), meglio noto come Runki.
Insieme a Ian Stevenson e altri ricercatori, ha condotto numerosi esperimenti con Bjornssön, verificando se i partecipanti potessero identificare in modo cieco le letture effettuate per loro. Inoltre, con Loftur Reimar Gissurarson, Erlendur ha esaminato un’ampia gamma di materiali storici e d’archivio per il suo libro del 2015 sul medium Indriði Indriðason (1883-1912): Indriði Indriðason: The Icelandic Physical Medium. Questo lavoro rappresenta un contributo significativo alla comprensione della medianità in Islanda, offrendo una prospettiva dettagliata e ben documentata su questo fenomeno.




Erlendur iniziò a interessarsi ai ricordi delle vite passate dei bambini nel 1988, quando Stevenson lo invitò a partecipare a un progetto per replicare le sue scoperte. Decise di recarsi in Sri Lanka per esaminare nuovi casi e riportò i risultati in un articolo, sia da solo che in collaborazione con l’antropologa Antonia Mills e il parapsicologo Jürgen Keil (1930-2024). Successivamente, studiò casi tra i drusi del Libano (un gruppo etnoreligioso arabo che pratica una dottrina monoteista di derivazione ismailita) e, insieme a Stevenson, confrontò formalmente i loro casi, trovando forti somiglianze.
Nel 1982-83, Erlendur lavorò con Ian Stevenson all’Università della Virginia sulla ricerca sulla reincarnazione e trascorse un anno con Joseph B. Rhine a Durham, nella Carolina del Nord. Fu coautore di studi sulla personalità, sulle capacità e sulle caratteristiche psicologiche dei bambini che affermavano di avere ricordi di una vita precedente in Sri Lanka, confrontandoli con bambini senza tali ricordi.
Erlendur Haraldsson analizzò la psicologia dei bambini con ricordi di vite passate rispetto ai loro coetanei senza tali ricordi, sia in Sri Lanka che in Libano. In entrambe le società, i bambini con ricordi di vite passate erano considerati più adattati socialmente e avevano migliori risultati scolastici. Tuttavia, quelli che ricordavano morti violente spesso soffrivano di problemi emotivi simili al disturbo da stress post-traumatico. Erlendur studiò anche la persistenza dei ricordi di vite passate oltre la tarda infanzia, scoprendo che il 38% dei soggetti in Sri Lanka e l’86% in Libano ricordavano ancora alcuni dettagli in età adulta.
Erlendur dedicò diversi capitoli del suo libro Towards the Unknown (pubblicato postumo nel 2021) a questa ricerca e ne parlò anche in un libro del 2017 scritto con il parapsicologo James G. Matlock, “I Saw a Light and Came Here: Children’s Experiences of Reincarnation”. Sebbene avesse sospetti di avere ricordi di vite passate, non riuscì mai a determinarne l’origine. Tuttavia, i casi studiati lo convinsero dell’esistenza della reincarnazione, affermando che la teoria della reincarnazione meglio si adattava ai dati raccolti.




La vita di Erlendur Haraldsson dopo il pensionamento
Erlendur Haraldsson si ritirò dalla sua cattedra presso l’Università d’Islanda nel 1999, ma rimase attivo come ricercatore, scrittore e docente. Nel 2007, contribuì a creare una dotazione presso l’Università d’Islanda per sostenere la ricerca sui fenomeni paranormali e sulle esperienze psichiche, in linea con la sua carriera. Nel 2012, insieme al giornalista Hafliði Helgason, pubblicò un libro di memorie intitolato Á vit hins ókunna, in cui discusse i risultati delle sue interviste con bambini che affermavano di ricordare vite precedenti. Fu un relatore frequente in incontri professionali, come la convention dell’American Psychological Association a Orlando, Florida, nel 2012, e tenne diversi discorsi presso l’Institute for Frontier Areas of Psychology and Mental Health (IGPP) a Freiburg, Germania, e presso l’Austrian Society for Parapsychology and Frontier Areas of Science a Vienna.




(fonte: Öst. Ges. f. Parapsychologie)
Erlendur mantenne un sito web dettagliato sulla sua carriera, che fu successivamente trasferito su un sito tedesco (sterbebegleitung-jenseitskontakte.de) ospitato dalla sua amica Gesa Dröge dopo essere stato rimosso dal server dell’Università d’Islanda.
Erlendur Haraldsson morì il 22 novembre 2020, lasciando un’eredità duratura nel campo della parapsicologia e della psicologia. La sua dedizione alla ricerca e la sua apertura mentale hanno ispirato molti altri studiosi a esplorare i confini della conoscenza umana e a considerare seriamente i fenomeni che sfidano le spiegazioni convenzionali. La sua vita e il suo lavoro rimangono un esempio di curiosità intellettuale e rigore scientifico, contribuendo a una comprensione più profonda della mente umana e dei misteri che la circondano.
La comunità scientifica ha avuto opinioni contrastanti sul lavoro di Erlendur Haraldsson. Mentre alcuni ricercatori hanno apprezzato il suo approccio rigoroso e metodico nello studio dei fenomeni paranormali, altri hanno criticato la mancanza di prove concrete e replicabili. Tuttavia, anche i critici riconoscono che il suo lavoro ha aperto nuove strade di ricerca e ha stimolato un dibattito importante sulla natura della coscienza e delle esperienze umane.
Conclusioni
Quando si chiude un articolo come questo, dedicato a Erlendur Haraldsson, non si tratta semplicemente di tirare le somme di una carriera. È qualcosa di più. È come salutare un viaggiatore che, con la pazienza dello studioso e la sensibilità del cercatore, ha osato inoltrarsi in territori che molti evitano per paura o per comodità.
Haraldsson non era un “guru”, né un fanatico del paranormale. Era un uomo che — con rigore, sì, ma anche con coraggio — ha cercato di restituire dignità a esperienze che la scienza spesso liquida troppo in fretta. Fenomeni legati alla morte, alla reincarnazione, alla medianità… Temi difficili, spigolosi, spesso ridicolizzati. Ma lui ci si è messo dentro fino al collo, senza perdere mai l’equilibrio.
E allora a noi che leggiamo, resta una traccia.
Una domanda che continua a vibrare, anche dopo aver spento lo schermo.
E se avesse avuto ragione, almeno in parte?
E se il mondo fosse davvero un po’ più profondo, misterioso e stratificato di quanto ci raccontano?
Ecco, questo è forse il lascito più potente di Haraldsson: non tanto le risposte, ma il modo in cui ci ha insegnato a porre le domande. Con rispetto, con metodo, ma anche con quello slancio interiore che appartiene a chi non ha paura di confrontarsi con l’ignoto.
Perché il mistero, quando lo affronti con onestà, non ti rende ingenuo. Ti rende umano.